The Project Gutenberg eBook of Opera nova amorosa, vol. 3

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Title : Opera nova amorosa, vol. 3

Author : Napolitano Notturno

Release date : March 29, 2010 [eBook #31818]

Language : Italian

Credits : Produced by Carlo Traverso, Barbara Magni and the Online
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*** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK OPERA NOVA AMOROSA, VOL. 3 ***

  

Comedia Nova Composta
Per Nocturno
Neapolitano.

copertina

Libro Tertio.


INDICE

Personaggi

Introduzione

Atto primo

Atto secondo

Atto terzo

Atto quarto

Atto quinto

Sonetti


Interloquutori.

Minerva nontio.
Provida madonna.
Scaltra Ruffa.
Philotea messaggia.
Belvico servo.
Livida serva.
Orio Il riccho.
Avido servo parassito.
Virido virtuoso.
Numio servo.
Donna A chaso.
Fachin portator.
Scalco dil pasto.

ARGVMENTO, MINERVA,
DICE.

M

Nobil Caterva di excellentia ornata,

Per haver vostre menti a virtù, volte

Vengomi, di este quatro insegne armata,

Che a fortuna, amor, tempo, e morto, ho tolte

Per che ogn'alma, qui stia, quiete, e rimota

Senza tema d'alcun: con voglie sciolte,

Prima, non pò fortuna, la sua Rota

Voglier contra di voi: ch'io l'ho qui al braccio

E al tutto, e d'ogni sua possanza, vota,

D'amor, l'arco, gli strali, il foco, e 'l laccio,

Eccogli quivi al fianco e il colpo intenso

Suo, non temete hor, che gli è freddo giaccio

Dil tempo, eccovi il corso: il qual dispenso

In virtù, noscho qui: che a l'huom riserba

Nome in vita, e dopoi, cellebre, e immenso

Di morte poi, ecco la falce acerba

Dila qual non spavite: che nel fondo

Hor iace, ogni possanza sua, superba

Questi, son quelli, che domano il mondo

Quai n'harran forza in voi: se a tal dechoro

Porgerete le orecchi, e il cor, iocondo,

Anci nel fin, voi vincerete loro

Qual io fo: che per vera experientia

Vincesi con virtute il sacro choro,

Io son Minerva: dea di la sientia,

Ch'io vi apresento, una Comedia, nova

Misteriosa e colma, di excellentia,

I nella qual per modi assai, si prova,

Quanto sagace sia, l'arte amorosa,

E come agrada, spiace, noce, e giova,

E fra l'altre, una Donna ingeniosa

Vederete di nulla: in tempo corto,

Farsi riccha, potente, alta, e famosa

E fantesce, e famigli, a dritto, e a torto,

E gioti Parassiti, e Ruffe astute,

Far l'impacito, il saggio, il vivo, e il morto

E dopo, quanto val, vie più virtute

Che la Ricchezza: vederte aperto

Per diverse, e potissime, dispute

Et altri assai bei tratti, in stil, coperto

Da maraviglia, e riso, intenderete

Da far venir un huom di marmo, experto

Hor mentre che a virtù, pronti, starete

Sempre seconda, vi serà, la sorte

Et io propitia: expettator: valete:

Ch'io mi ritorno alla celeste corte


Provida da se stessa dice Cusì.

Poi che invidia fortuna, e ingorda morte

Tolto m'ha in questa giovenil etade

L'una, la facultà, l'altra, il consorte

Et lassatomi sola, in povertade

Senza amico, o parente: al tutto i' voglio

Haver di me, poi che altri, n'ha pietade

Castità, e fede, usar, a chi amo, soglio

Morto, è chi amavo assai più che me stessa

Senza il cui viver, mi distrugo, e doglio

Ben ch'io non vo' per questo haver demessa

Mia ioventute: anci sempre adoprarla

Che vecchiezza in pocche hore, a noi si appressa

Parmi che d'altro al mondo hor non si parla

Se non di facultade, e di ricchezza

Perciò, fin che poss'io, vo' seguitarla

E s'io non son in cotal arte, avezza

Bisogna entrar, senza timor, né affanno

Che al ciel fin va, chi a quello il passo adrezza

Ma chi son quelle dua, ch'insieme vanno

Ragionandose in là: Scaltra parmi una

E l'altra philotea, se non m'inganno

Anci di queste, non mi par nissuna

Sì pur, l'è Scaltra, Scaltra, la non ode

L'è pur svegliata più di donna alcuna

Per certo qualche affanno che le rode

Costei, conta a quell'altra, che non sente

Over qualche piacer, di che 'l cor gode

Scaltra

S

madonna

P

ov'eri con la mente

Ch'io t'ho chiamata un'hora

S

a te sol volta

Ma tu sai da lontan, che mal si sente

Lagrimando a Costei, con doglia molta

Narravo tua sventura, e per ch'io t'amo

Son venuta insensata, sorda, e stolta

P

Non ti achade doler, vien meco, andiamo

Che già più dì disidero parlarte

S

E anch'io de udirti, e di parlarti, bramo

P

Donque da costei vogli, acombiatarte

S

Philotea vane, e fa seco mia scusa

E quel ti ho detto, vogli ricordarte

Ph

Parto senza di te, tutta confusa

S

Pò far il Ciel, che tu non saprai dire

Che m'hai parlato, essend'io in casa chiusa

E che al presente: i' non posso venire

Ch'io verrò poi doman

Ph

hor sia con dio

Resta, non mi saprei mai dipartire

P

Scaltra, perché a te sola, il pensier mio

fu oghor palese: hor vo' ch'intendi il tutto

Per sapermi redir se, è buono, o rio

Che havesti il cor, d'ogn'arte, ognhor, sì instruto

Che mai non seminasti in me consiglio

Ch'io non vi raccogliesse, ottimo, frutto

Fo cunto che se' il padre, e ch'io sia il figlio

Che se cosa dirò, che non riescha

Corregier mi saprai con un sol ciglio

Tua madonna già fui, tu mia fantescha

Ben che ognhor te hebbi in luoco di sorella

Per la bontà, che ognhor par che in te crescha

Questa vita ch'io fo, misera, e fella

Vo' lassar, per tenerme una megliore

E per non esser più di me ribella

Mai non mi vo' trovar in tanto errore

Che quel dir, che ogni femina il suo pegio

Seguita, hebba in me, forza, né vigore

Duro, è d'alto cader, in basso, seggio

Scaltra mia d'ogni ben sai ch'io ere in cima

Hor più d'ogn'altra, al fondo esser mi veggio

Mediante tua virtute in prima

E il mio saper, sarò più che mai lieta,

Che tanto è, pover un, quanto il si extima,

Non son per haver mai l'anima quieta

Ma questa, vita in tuto, adoprar tanto

Ch'io giungeroe, a la desiata meta

Tutto il giorno ambasciate ho d'ogni canto

Non di persone vil, ma d'homin degni

Da portarne alfin gloria, utile, e vanto,

El bisogna mo, scaltra che t'ingegni

A pensar quel che in ciò debbiamo fare

E che a tuo modo, mi amaestri, e insegni.

S

Ti son stata madonna, ascoltare

Ben che n'happristi apena pur, la boccha

Ch'io intesi apien, di che volei trattare,

Poi che ragion, e il proprio ben, ti toccha

Seguita questa impresa, e lassa ogn'altra

Che non si acquista haver, per fuso, e roccha

Tu hai de gli amanti assai, credilo a scaltra,

Ogni giorno ne ho diece a la mia porta

E a tanto sei, che non si parla d'altra

E pur poco, è che una messaggia accorta

De un de' megliori, e primi, dil paese,

Volea ti havesse, una sua, letra porta

Credo che 'l sia passato più d'un mese

Che ognhora, e letre, e messi, e priegi, ho habuto

D'alme gentil, che di te sonno acese

Gemme, oro, argento, e munili: in tributo

Offerendosi darti: & io temea

Dirtil: che non mi festi reo saluto,

Quella gentil fantesca, philotea,

Che era qui meco adesso: a ciò che intendi

Vien per chi, per te vive, in pena rea,

E perché sappi come ognuno, accendi,

Ecco una letra qui: dil suo patrone

In che vol che 'l suo caldo amor, comprendi

Questo è bello gentil riccho, e gargione,

Quel che vorrai di lui, tanto farrai,

Ma bisogna proceder con ragione

P

Dammi la letra

S

l'haria persa mai

No, no, l'è qui, to' leggi, che 'l si veda

Quel che gli scrive: e il tuo parer, dirai

P

Che cosa, è questa, un bolletin ca seda

Ben, l'è la fitation di la tua casa

Che tu dei dar, tre lire, di moneda,

Sarebbe questa mai qualche tua rasa

S

Certo madonna non, ch'io l'ho cangiata

In fallo: che la me era in sen rimasa

Eccola qui

P

so che l'è sigillata

Et ha qui, pinto, dentro, un mordace angue

Che gli haver mostra, o me, l'alma arabiata

la letra

Quel che per tua beltà, morendo langue

Privo di cor, d'arbitrio, e d'intelletto,

Questa ti manda, scritta, dil suo sangue,

Che apena visto, il tuo divino, aspetto

La dolcissima gratia, e il caro, riso,

Me ti fei sviscerato, e humil, sugetto,

Et son a tal, ch'io bramo esser occiso,

Né curo più richezza, né thesoro,

Non potendo fruir, il tuo bel viso

Et ogni mio poter, argento, &, oro,

Dedico a tua beltà, senza la quale

Struggo, peno, tormento, languo, e moro

Hor non trovando aiuto, al mio gran male

Né possendo altro far, diterminai,

Drizar questa al conspetto tuo, regale,

A la qual, se benigna, e humil, serai,

Per concluder mia, vita, o morte, presto

Una sola risposta, donerai

Letta

Scaltra, costui fa sì, lo afflito, e mesto,

Vistomi havendo una sol volta, apena,

Che ciò parmi un inganno, manifesto,

Forsi, è legato, in qualche aspra catena

E non potendo haver, quel che disia

Vien per meco sfochar l'ardente pena

O per che ognuno volentier se invia

A qualche praticha, amorosa, e nova,

Per pascer, sua, volubil, fantasia

S

Madonna credi a me, ch'io 'l so, per prova

Che quel che va, per ingannar altrui

Nela fine ingannato, esser, si trova

Ma tal consulto, hor vo' faccian, tra nui

Se a quel che ai prima detto, conrispondi

Che sarà il vinto, e il subgiugato, lui

Prima, vo' che a la letra, non rispondi

Per questa volta: e che tu faci il grave

E anchor come tu 'l vedi, che ti abscondi

Poi se 'l te scrive anchora: in stil soave

Vo' che tu gli rispondi: e honestamente

Che dil ioco d'amor, questa, è la chiave

Pur concludendo, che non voi far niente

De cosa che 'l ti chiggia: che a sto modo

Terrai te in pregio, e gl'intrerà in la mente

Ben ch'io credo che, gli habia fermo il chiodo

A quel che ognhor vist'ho, d'amarti sempre

E ad ogni stratio, star constante, e sodo

P

Scaltra, talhor un huomo, è di tal tempre

Che vol alciarti al ciel: che in un momento

Poi veder brama che 'l tuo cor, si stempre

Ma sia quel che si voglia, alcun contento

Non sia da me, se da lui non son prima

Che solo, è l'amor mio, oro, & argento

Non sia, chi belle parolette, exprima

Con humidi occhi, e con pietoso aspetto

Che di me, non d'altrui, fo cunto, e stima

S

Donque madonna, n'hai di me dilletto

Donque nulla mi extimi

P

come nulla

Anci t'ho sempre sculpta in mezo il petto

Quando nomino me, come fanciulla

Nel cor qual madre, ognhor ti pongo inanti

Che tu sei 'l mio sepulcro, e la mia culla

E che 'l sia 'l vero, voglio da qui avanti

Che habi a star meco, e lassi ogni altra cosa

Che farem nostra vita in gioia, e canti

Iovene, e frescha, anchor come una rosa

Schaltra tu sei: ove potremo insieme

Con utii star, su la vita, amorosa

Conoscho ben alcun, che per te, geme

E tu non curi, e ciò te, è danno molto

Che 'l si de' coglier, fin che rende il seme

Tutte le crespe, e machie, c'hai sul volto

Ti le traroe, con licor, lambicati

Di questo, non ti haver affanno tolto

Et altro che verzin, e sulimati

Adopreroe, in frati rossa, e biancha

Ne' unti, a capei lungi, e in anellati

Poi cercha i vestimenti, mai non mancha

A chi si adopra: che in ogni delitia

Si trova quella, che, è più ardita, e francha

Ma lassian questo andar, tua massaritia

Farai da me portar, e dopo il fitto

Pageren con danari, o co' amicitia

E se tu hai altro debito, o altro scritto

Qual suol haver, chi povertate, incalza

Lassa la briga a me, sai quel ti ho ditto

S

Madonna i' son, senza camisa, e scalza

Sol per voler pagar dilletto, il nolo

Onde da freddo, in corpo: il cor, mi sbalza

E questo guardacor, che ho indosso: solo

È, mio: e, tutto il resto, è dil patrone

Qual son i muri, il colmo l'aria: e il suolo

Ma poi ch'io veggio ch'ai compassione

Di me scaltra tua, misera, e tapina

Son per te sempre, a torto, &, a ragione

P

Taci mo, chi, è colui che in qua camina

Sarebbe 'l mai quel che ti diè la letra

S

Chi, Orio, no 'l cavalco stamatina

Certo gli è quel

P

voi tu, ch'io me gli aretra

S

Sì, entra in casa: e lassa che una baglia

Vo' dargli, da spezar un cor di pietra

O

Scaltra

S

signor

O

che fai

S

nulla che vaglia

O

Non ti degnasti, venir l'altro giorno

Viemmi voglia di far teco battaglia

S

Da indi in qua, so' in tanto, affanno, e scorno

Ch'io credo certo perderò il cervello

Se 'l perduto d'altrui, non gli ritorno

O

Che cosa, è questa

S

i' ti dirò, uno anello

Diemmi un per ch'io l'impegnasse al giudeo

E il persi per la via: o destin fello:

O

Ad ogni modo questo è un caso reo

Guarda, se alcun di questi, se gli aviene

To', piglia, e a lui lo torna, o va a lo Ebreo

S

Parmi veder le stelle in Ciel serene

Mirandoti le dita, e alcun di questi

Con quel, per che val tropo, non conviene

O

Quanto potea valer, quel che perdesti

S

Egli mi disse, to', ch'el val tre scudi

Fa che sopra il Iudeo, duo, ti ne presti

O

To', un, e duo, e tre, e quatro, chiudi

Va, e fa, quel che ti piace, e se 'l ti achade

più cosa alcuna, fa che in me concludi

S

Signor, per questa immensa tuo bontade

O

Odi, non mi formar belle parolle

Che ognun tenuto, è ad aiutar, chi chade

S

I' ti volevo dir duo cose sole

L'una, che gratie assai ti rifferischo

L'altra, de adempir quel che tuo cor, vole

O

A questo ultimo dir, tutto indolcischo

O me felice, se fusti la trama

Dila tela gentil, che ardendo, ordischo

S

Possi la luce tua, vedermi, grama

O

Come la luce

S

sì, vedermi trista

S'io no cerco far quel che 'l tuo cor brama

O

Per dio che dea grama la mia vista

Che dicesti haver brama di vedere

Ch'io meza havea di tosco l'alma mista

S

Non, dio mi guardi anci ti fo a sapere

Che pria scemasse dil tuo ben, sintilla

I' mi vorrei per te, morta, vedere

O

Hor quanto amo costei tu 'l sai, che in villa

Hito ero, questo mane, e oltra mia voglia

Tornato i' son, che 'l cor di lei sfavilla

Né conosco altri, che d'affanno, e doglia

Mi possi trar, se non te, scaltre fida

In che ogni mio ben, pullula, e germoglia

Tu sol sei quella vera scorta, e guida

Che pò levarmi al Ciel, e a tuo comando

Far che a un punto, per sempre pianga, e rida

S

Senza ch'io 'l dica, sai quel ch'io dimando

O

So il tuo voler, e di lei quello anchora

E però scaltra, a te, mi racomando

Duo notti son, ch'io n'ho dormito un'hora

I' voglio ir a posar, scaltra ti prego

Che mi vogli aiutar, prima ch'io mora

S

Al comandar, no al tuo pregar, mi piego

E dimostrar ch'io t'amo, son disposta

Che a iusta gratia mai non si fa niego

Col pel parlar, che tanto poco, costa

Farò che harrai da lei, quel che ti piace

O

haver presto de ciò, vorrei risposta

S

L'harrai

O

me ricomando

S

vane in pace


Finisce il primo atto, Orio va a posar & Scaltra va, a provida & dapoi consulato insieme un pezo, Scaltra vien di casa fori sola col viso volto & provida cusì dicendo.

Io t'ho intesa, non più, basta una volta

Replica tante fiate una parola

Come s'io fuse, smemorata e stolta

Se sei legera e se 'l cervel ti vola

Ponderosa son io, e non mi movo

Che in quest'arte, tenuto ho sempre scola

Ogni volta più instabile, la trovo

E più superba: benché per usanza

Sempre hebbe questo: e non me, è caso novo

Crede costei col suo darmi speranza

De inrichime: ch'io sia la rufiana

Et viver ella in amorosa danza

Com'ella, esser cred'io bona putana

E pur volesso degli amanti, ch'io

Saria tenuta diva, più che, humana

E se 'l volto com'ella voless'io

Farmi bello, e lisciar, persino i sassi

Accenderei, d'amoroso disio

Crede la stolta, far che al tutto i' lassi

Ogni mia impresa: e ch'io vadi a star seco

Per tenirmi la robba a un tratto, e i' passi

Non bisogna a 'sta foggia venir meco

Per ch'io son sì dottata in ciascun'arte

Che al fin, io seria il fusto, & ella, il cieco

In casa sua non voglio alcuna parte

Portar dil mio: ma solo la persona

Per exequir quel che mio cor comporte

Del mio corpo esser voglio honesta, e bona

Né haver la fede a belvico spezata

Che dopo eterna infamia ne risuona

Faci questo chi vol, che una fiata

Pria con honor vo' sutta la camisa

Che haverla con vergogna mai bagnata

Dil resto, adoprerommi in ogni guisa

In truffe, in rase, in futii, e in tradimenti

Se ben restar dovesse al fin conquisa

Pur che restino i spirti miei contenti

Di qualche facultade: e che nel fine

Belvico mio di me non si lamenti

Credo che esser già den l'hore vicine

Di trovar orio in casa, ecco che 'l viene

Vo prepararmi, a dolci paroline

Qual orio, anci gli è belvico mio bene

Belvico mio gentil

B

io ti ringratio

Fai proprio quello che a me si conviene

D'alcuni giorni in qua, fai di me stratio

Ma se me ti rivolgo un tratto intorno

Ti ne darò per fin ch'io sarò satio

Ti partisti sta mane al far dil giorno

E infina ad hor, che già discende il sole

Non t'hai degnato a casa far ritorno

S

Taci Belvico, ascolta tua due parole

B

Non mi romper la testa, che hora mai

Son satio de tue baglie, zancie, e sole

S

Que ch'io ti voglio dir, anchor non sai

E se 'l sapesti, saria la più cara

Femina, che tu havesti anchora mai

So che non mi vedendo, pena amara

Tu senti al cor, & hai di me martello

Send'io d'ogni beltade, al mondo, rara

E non troppo è, che un gioven, vago, e bello

Parlar mi fece, & io ripulsa i diedi

Per non ti dar infamia, né flagello

Ma se ho intelletto, hor voglio che tu vedi

Che una a chi già fui serva, pel mio ingegno

Se, è venuta a gettar sotto miei piedi

Questa è bella gentil, e vol nel regno

Intrar dile

B

putane dillo almanco

S

Ma de sì, e far tutto quel ch'io gl'insegno

Tanti ella ha drieto, che han ferito il fianco

E per ch'io l'alzo sopra ogn'altra in cima

Chi si struge, chi langue, e chi ven manco

Questa, è belvico sol, la causa, prima

Ch'io me affatico, per acquistar tanto

Che al fin de noi sia fatto qualche stima

I' vo' darmi fra gli altri, questo vanto

Che non ella, e suo amanti, spoglieri

Con arte ma dil Ciel se 'l fusse un santo

La briglia in man, un tratto ho di costei

E de' suo amici, hor sia la volta questa

Ch'io poterò far bene, i fatti miei

E per mia virtù farti, manifesta

To' questi quatro scudi, e doman torna

Ch'io ti vo' por indosso ancho, una vesta

B

Scaltra per certo, tu mi fai le corna

S

Come le corna

B

sì gli fusi torti

S

Dhe per mio amor da novo, a dir, ritorna

B

Dico che vesti i nudi, e avivi, i morti

Ch'io era nudo e morto

S

ben t'o inteso

Belvico se in ciò pensi hai mille torti

Che pria che haverti in un sol pelo offeso

Me stessa ociderei

B

dio mai nol volia

più presto, mi vedess'io in foco acceso

Anima mia non pianger

S

che una folia

Credi ch'io sia quando un va drettamente

E che 'l sia improperato, e gli è gran doglia

B

Se non mi fusti sempre nella mente

Non direi tal parole: benché certo

Sia, che tu sei, qual fusti, ognhor prudente

S

Belvico mio, sacreto alcun coperto

Mai non fu in me, che a te, fusse nascoso

Né serà, fin che 'l tumul, me sia aperto

B

O parlar dolce, caro, & amoroso

Basciami scaltra, e se teco mi adiro

Talhor, io, so, ch'i' son di te, giloso

S

Anch'io dì, e notte, pur per te sospiro

Dolce belvico mio, e non già dico

Che habi per altra Donna, al cor martiro

B

Scaltra tu sai che gli è un, proverbio antico

Che amar ben non si pò, se non si teme

Io t'amo, e temo, e per te vo mendico

Taci, che cosa, è quel

S

parmi un che geme

B

El non, è il ver, gli è vesper

S

sì a la fede

B

Voi tu restar, o voi che andiamo insieme

S

Come restar volgo in tal luoco il piede

Che più che certa son, in men d'un'hora

Guadagnar forsi: quel, che altri non crede

B

Donque scaltra men vado

S

va in bon'hora

Odi, se qualche dì, senza me resti

Guarda dil mio vassel, la salamora

B

Ah ah, sia maledetti, gli tuoi giesti

Che con le tue parole, di dolcezza

E di luxuria, i marmi accenderesti

Non mi tener più, dolce mia vagezza

Ch'io non so se heba ben, la porta chiusa

Ch'io non vorrei restar, pien di grameza

S

Credo che per partir, trovi 'sta scusa

E che pò torti

B

come che pò torme

La granata, la scranna, e la gratusa

S

Hor vane

B

resta

S

so costui non dorme

Ma in mille parti sempre, ha volto il core

O quanto al mio voler, questo, è conforme

So ch'io son stata qui, ben duo grosse hore

Tal che mi par che troppo tardi il sia

Che Orio di casa, esser de', uscito fore

Io non so che mi far s'io vada, o stia

Tornerò, indrieto, per non ira a fallo

E in penneroli, qualche mia, bugia

Scaltra non far, anci fin che se' in ballo

Vogli ballar, e seguitar, la traccia

A vele, a remi, a piede, &, a cavallo

Ecco, apunto che 'l vien, bisogna audacia

Usar, per far le sue bugie coperte

E che in tutto, al voler mio, sotto giaccia

O

Scaltra

S

signor

O

queste non son le offerte

T'ho expettata tutto oggi, e non so dove

Venga, che tu mi pasci sol, di berte

S

Vengo hora in fretta a te, con buone nove

Ne possuto ho più presto, dispacciarmi

Che gran tempo, bisogno, a far gran prove

Se tu sapesti come ho preso, l'armi

E per te fatto qual guerier, in campo

Cercheresti per idolo, adorarmi

O

Scaltra son tuo d'ognhora infin ch'io campo

Ma non tener più il dolce parlar, quieto

Scopri de mia salute, il chiaro lampo

S

Dimi Orio, per costui che ti vien drieto

Si pò parlar

O

sì che gli è mio famiglio

Sopra d'ogn'altro, tacito, e secreto

S

I' ti dirò, quel colorito giglio

De chi sei preso, ito, è fuori esta mane

Dil che da parte tua, gran dolor piglia

O

Sempre burli

S

non certo

O

vane, vane

S

Io so, che tu n'havesti, quasi, un grosso

O

Po', spiace a, tutti, le parole, strane

Ma di' su presto, che omai più non posso

S

Dissi pria come, che per sua beltade

A durissima morte, sei, percosso

E che essendo tu pien, de humanitade

Riccho, saggio, gentil, bello e modesto

Dovesse haver, dil tuo penar, pietade

Ella che 'l viver suo, sempre hebbe honesto

Prima, scaciommi, & io pur lagrimando

Gli faceva il tuo caso, manifesto

Dicendo volto, sacro, e venerando

Questo spirto gentil, che per te, langue

Spinta da gran pietà, ti 'l ricomando

Se, è ver che sei di nobile stirpe, e sangue

E che qual dici, scaltra ami tua serva

Agiuterai, chi per te, fassi, exangue

E con altro parlar, che in me, si serva

Con faticha, la si hebbe, a me, rimessa

Che duro, è agiunger, fugitiva, e cerva

A

Patron, va in là, colui, da la promessa

O

Va non mi romper, matto bestiale

Quella gratia dal ciel, che hor me, è concessa

A

So che tu voli, molto ben, senz'ale

O

Che cosa

A

a fin di ben, dico, il dicea

O

Non ti curar de mio ben, né mio male

Seguita scaltra

S

infin quest'alma dea

Tanto sarà, quanto saprò mostrarli

Che liberalitade in te, si crea

O

Meravigliomi assai, che questo parli

Non sai tu, che oltra il corpo, il cor, e l'alma

Ch'io le ho dato: ancho l'haver, mio, vo' darli

E per segno dil vero, apri la palma

To' questi duo annelli, e 'sta catena

Ch'io ne fo un dono a sua beltà magn'alma

E fa scaltra gentil, d'ingegno, piena

Ch'io parli sieco a fronte, un tratto, e poi

Ovonque piace a te, mi guida, e mena

S

Odi farem cusì, oggi ambe doi

For di casa, ir, debiamo, e tu per strada

Fa che la incontri, e digli i casi tuoi

Prima, di' che altri ch'ella, non ti agrada

E con tremante dir, humile e, piano

Di', ch'in tal duol, più non ti tengi, a bada

Da l'altra parte, io poi con prego humano

Gli sarò drieto sì, che al fin sia forza

Che la ti porga la sua biancha mano

O

O quanto il tuo bel dir, lo ardor mi amorza

Se non fusse te scaltra, i' sarei morto

Che quanto in lei più penso più rinforza

S

Orio non più men vo, ch'el tempo, è corto

Tu ad espettarla qui serai rimaso

Et io gli harrò, questo presente, porto

Fa che tu fingi, passar oltra, a caso

Aciò non para, che noi siam, d'acordo

Che ella de assai discorsi, ha, colmo il vaso

O

Hor vane scaltra

S

ascolta, i' ti aricordo

Che non ti perdi a mezo dil camino

Ma che tu tessi ben com'io ben, ordo

O

O ciel, se questa volta, il mio destino

Come ch'io spero, mi serà propitio

Potromi sopra ognun, chiamar divino

Avido mio, tu ch'ai saldo iuditio

Consigliami

A

patron questo si, è il punto

D'alciarsi, o de ruinar, in precipitio

O

Che debio far

A

se a parlar seco giunto

Serai, bisogna esser, sagace, e tristo

O

Aymè, mi sento già, mezo, deffunto

A

Quando il vago suo volto, haverai visto

Che farai donque

O

resterò di sasso

A

Forsi anco polve

O

forte cosa o cristo

Ma sia quel che si voglia affretta il passo

Peggio qui, intravenir, non pò, che morte

Se moro proprio per quel sei, ti lasso

A

Ti ringratio patron

O

grida ben forte

Ch'io non te intendo

A

non voi tu ch'io grida

O

Nun quand'io treppo

A

pacientia, o sorte

O

Ascolta pazo, come scorta, fida

Starai quivi, a veder, se la venisse

Et io di, là come al thesoro, Mida

Presto verrà, che presto venir disse

A

Va pur che ella faratti ben vedere

A mezo dì, le stelle nel ciel fisse

O ignorantazo, senza antivedere

Lassa pur far a me, so ben star quieto

Quando il bisogna, e far anco, il dovere

Vivi pur se tu sai, contento, e lieto

Ti farò riportar, cotal partita

Che non fu mai trovata, in alphabeto

O vedimo, s'egli ha tesa polita

Questa reta: possendo a ognun si deve

Torre, i dannari, la robba, e la vita

Altra cosa, da me, non si riceve

Però ch'el dado, il bichier, e le carte

Fammi ogni gran delitto, parer leve

Ma se ben miro, parmi, in quella parte

Ivi apresso le mura, un vago volto

Veder, più bel, di quel, che accese, Marte

Sì che gli è quello, questa volta, stolta

Orio divien: a sua tanta, beltade

Ecco che 'l va, che pargli il spirto tolto

Ella camina, e d'una voluntade

Mi paion ambo, e questo sol voglio

Per meglio pro mia falce, né lor biade

Ir voglio per vederla, inanti, anch'io

Provida ella, è che la sia mi glorio

Per poter presto oprar, come disio

P

Scaltra

S

madonna.

P

quel che vien, parmi, orio

S

Quello, è

P

mo' perché va, sì lento, e pegro

S

Per che, è come ombra, senza il tuo aiuto rio

Et, è venuto, come infermo, & egro

E se una dolce tua parola, o un riso

Non riceve da te mai non fia alegro

O

Quel che governa il mondo, e il paradiso

Ti salvi, e guardi sacra e immortal, diva

E faci me, da te, non mai, diviso

P

Tua signoria ben venga, e sempre viva

L'alto nome di quella, e in chiara fama

Eternamente, ognun, ne canti, e scriva

O

Madonna, i' son collui, che tanto, ti ama

Che al tutto smenticato, è di se stesso

E altri che te, dì, e notte, mai non chiama

Tu sai ch'io t'ho mandato, più d'un messo

Per discoprirti com'io peno, e moro

Pel tuo bel volto, che ho nel petto, impresso

L'anima, il cor, la facultà, e il thesoro

Offerendoti, pur che chiaro il raggio

Me sia, de tua beltà, che in terra adoro

E s'io non son, cusì ellegante, e saggio

Come a te si convien, in colpa, il sguardo

Tuo, che mentre ch'io 'l miro, alma non haggio

Tutto hor teco parlando, agiaccio, & ardo

E se non mi soccorri, il debil corso

Mio correr sento, al fin, qual, celler pardo

P

Tanto sai dolce dir, che un tigre, e un orso

Aquieteresti, col pietoso stile

E già m'hai tottalmente posto il morso

E per che mi mandasti un don gentile

Qual porto perch'io t'amo: anchor, tu voglio

Che porti per mio amor, questo, manile

O

Prima col cor, poi con la man, il toglio

Et son da gran letitia, fuor di senso

Che tal diletto, in me sentir non soglio

Et al bel volto tuo, d'amor, accenso

Gratie rendo infinite, de un tal dono

Qual fin sotterra, portar meco, i' penso

O lieto dì, per cui felice, io sono

O dolce tempo, o aventurato loco

Cagion da terra, alciarmi, al sacro trono

Altra gratia dal ciel, più non invoco

Se non che degno, facimi, al tuo albergo

Ch'io venga a star, e a parlar teco un poco

P

Signor, iusta dimanda, non postergo

Con honestade ame, venir pò ognuno

Perché il ben seguo, & il mal lasso atergo

A casa mia, non vi vien huomo, alcuno

Ma per che da ben sei, doman te invito

Quando a te piace, satollo, o digiuno

S

Madonna se dei far, fa' il ben compito

Fal venir a desinar

P

horsù, sia fatto

O

Io ti ringratio, & accetto, il partito

P

Orio signor, men vado, observa il patto

O

Vane, verrò, son servo de tua imago

S

O questo, è 'sta madonna, il nobil tratto

O

S'io fui contento, e mesto, hor lieto, e vago

Trovomi sopra ognun che viva in terra

Che de lieto, e gaudio, sol mi apago

S

Madonna il se suol dir, che in l'aspra guerra

Si vede un cor magnalmo: in 'sta batalia

Conosciuto il saper, che in te, si serra

P

Non fu bel tratto, per darli, la baglia

E trarlo sotto: darli il manil prima

E a mensa convitarlo, ala battaglia

Chi alto, vol ir, comincia in la parte, ima

E sì de grado, in grado, va scandendo

Che ne la fin, poi si ritrova in cima

Lassa pur far a me, s'io non atendo

Fin su l'osso, a pelarlo, mio sia il danno

S

Madonna adhor, per saggia, i' ti comprendo

P

Horsù va dentro e bussa, tu sta' un anno

Vedi ch'io son tutta straccha, e sudata

L

Chi, è quel

P

apri, che dia ti dia il mal anno

S

So che ho batuto più d'una fiata


Qui finisce il secondo atto, Provida con Scaltra va in casa a far preparamenti per far honor a orio che de' andar a disinar seco & di là un poco manda scaltra per un servitio la qual vien fuori & provida dal balcon cusì gli dice.

P

Scaltra

S

madonna

P

presto che li è tardi

S

Più ch'io posso mi afretto, asassinarti

Poltrona, falsa, e vil che 'l foco te ardi

Quello che a me voi far, quel volio farti

E cusì come al ciel, salir te credi

Cusì voglio nel fin precipitarti

Ma extender con misura, voglio, i piedi

Né a furia correr, che mio seria il danno

Ma volio che 'l sia tuo, qual proprio il chiedi

Malvagia, trista rea, colma d'inganno

Che mi promette far che 'l tutto io sia

Poi mi fa come, le bugiarde, fanno

Con carezze, e con basci, scaltra mia

Dicendo, non pensar, ch'io faccia, cosa

Che di consentimento tuo, non sia

E poi sen va, la stolta, e viciosa

Aprir in casa, alcuni novi, amanti

Credendo a me, sia tal malitia ascosa

E se almen fusser, qualche nobil, fanti

I' non haverei certo, doglia, tanta

Ma son poveri, e vil come furfanti

Ma mi duol più di quel, che suona, e canta

Dil qual, veggio sì accesa: esser costei

Che l'alma, e il cor, nel pette, se le schianta

Ma per suoni, o per canti, buoni, o rei

Non pensi alcuna, acquistar mai, valore

Se di la vita sua, non fa, de sei

Ma so ben dove vien, questo fettore

Quella serva che tolta ella ha, da novo

Sola, è cagion, de tutto questo, errore

Ma, a tutto, quand'io vo', rimedio, i' trovo

Scaltra, è il mio nome, e scaltro, è 'l mio inteleto

E ad ognun pur ch'io volio nozo e giovo

Poi che la val a farsi, ogni dispetto

E mostrar d'un sì un, no, e d'humil grave

Mostrati anch'io se vaglio, i' ti prometto

Questo, è quel, che gettando, le mie fave

La trovai petto, a petto, e bocha, a bocha

Con certi genti vil, povere e prave

O insatiabil, sciagurata, e scioccha

Nol voglio ad orio dir, per la mercede

Non perder, dil servir mio, che a me tocha

Anci voglio in più modi, fargli fede

Come l' è saggia, sancta, casta, e pura

Per poter d'ambo far, poi magior prede

Io voglio tesser, fin che a la misura

Sia questa tela mia: né esser mai stancha

Che cusì fa, chi 'l proprio ben, procura

Ciò ch'io voglio da loro, non mi mancha

Et ho, qualchosa al mondo infin quest'hora

Ben che con gran sudor, l'anima il fiancha

B

Eccola apunto, questa, è proprio, l'hora

Bisogna far l'offeso, e il corociato

Per farla de qualchosa, venir fora

S

Chi è quel, che vien in qua, che, è tuto armato

Gli è il barisello no, gli è il capitano

Anci s'io 'l miro ben, parmi un soldato

Voglio andarmine in qua, cusì pian piano

Ch'io non vorrei, pel fitto di la casa

Che 'l mi occorresse, qualche, caso, strano

B

Non fugir scaltra

S

o fuss'io in cha rimasa

Tien pur a mente, che questa, è la volta

Ch'io purgerò in un punto, ogni mia rasa

B

Schaltra raffrena, il passo, aspetta, ascolta

S

Che deb'io far, costui vien via disteso

Mi giungerà, gli è meglio ch'io mi volta

Di' tu a me

B

S

certo n'haveati inteso

Che iva sopra pensier

B

anci fuggivi

S

Per che fuggiva

B

per che tu m'ha offeso

S

Non so pur chi tu sei

B

belvico, scrivi

Questa parola:

S

o belvico ben mio

Ove sì armato vai, dove derivi

B

Ben tuo, non son, né mai, fui tuo ben io

Mi vedi, e senti, e ti fai, ciecha, e sorda

Forsi un dì, de vedermi, harrai disio

S

Se visto, o udito, i' t'ho, che mi aricorda

Che dire, alegra, non mi veda mai

B

Iura sopra di te, poltrona, lorda

Hor, non mi vo' sdegnar, non so se 'l sai

Venivo per trovarti, adesso, in fretta

Per dirti quello, cha tu intenderai

Vist'io che senza me, star ti dilletta

E che con altri godi, & io sol stento

Ratto hebbi un'altra, meglior vita, elletta

Che tutto il giorno, andar fiachato, e lento

Drieto gli asini, come un vil poltrone

Me, è gran vergogna, e magior il tormento

Tanto più, che per strada, le persone

Che a exercitio sì misero, sia posto

Mi guardan colme, de admiratione

Dicendo sei pur sano e, ben, disposto

Grande, grosso, gagliardo, ioven, frescho

Et a tanta viltà, stai sotto posto

E peggio, è anchor, che s'io vo' al letto, o al descho

Trovomi sempre solo, come un cane

Tal che insino a me stesso alfin, rincrescho

E andando ognhor cusì, de ogg'in domane

Dil ciel mostrommi il mon, un chiaro, lampo

Da guadagnar, più nobilmente, il pane

Dove conclusi, ridrizarmi, al campo

E preso ho, già due page, in questa terra

E in ciò penso di viver, fin ch'io campo

Che un sol proverbio degno, in noi si serra

Che vil: è chi si pone, a cosa vile

E degno, è quel che vive, e mor in guerra

Io per che fui di cor sempre gentile

Voglio hor mostrarlo: e poi quando non fusse

Gli è bel, farsi di rustico, civile

Il disfrenato amarti, a tal m'indusse

Che non pur d'huomo, fecemi animale

Ma quasi a darmi morte, mi condusse

E per mostrarti quando, come, e quale

Sia il mio partire, scaltra i' son venuto

Hor a prender da te, l'ultimo vale

E tanto sento in petto, il duol accuto

Di te cor mio, ch'io temo nel camino

Morto non rimaner, senza il tuo aiuto

E se in viaggio, o in campo, per destino

Manco ricorderatti qualche fiata

Dil tuo servitor Belvico, tapino

S

Ecco la chiave, la porta, è serata

Aymè, donque gli è ver, che vuoi partire

O me infelice, misera, e mal nata

Fa quel che vuoi, che prima che adimpire

Habbi questa tua scioccha fantasia

Voglio aspramente, di tua mano morire

Belvico mio gentil, anima mia

Non vo' che parti, né serà mai vero

Che altra donn'habbi, o che d'altr'homo i' sia

Di te sol mi nutrico, in te sol spero

Per te sol stento, & a te solo ho volto

L'animo, il, cor, il spirito, e il pensiero

Non ti aricordi ah, can, con lieto volto

Quando che tu dicevi sopra ogn'altra

T'amo, anci adoro, né serò mai sciolto

Non ti aricordi, se dicevi scaltra

Voltati un poco, mi voltava tutta

Che a contentar non have person'altra

Sempre m'havesti, o piaque a te, riduta

E per far cosa che ti agrada e piaccia

Non curava per te, restar, distrutta

Non, è questo, il tenermi, nele braccia

Non son questi, gli basci e le carezze

E il dir voi tu ch'io resta, o voi ch'io facia

Non son questi gli gaudi, e le dolcezze

Ch'io expettava da te, né questo, è il merto

Di le usate a te tante gentilezze

Soffro, son per soffrir, & ho, sofferto

Per te ogni cosa, e stretti ho sempre e denti

Lassando tutto andar, col cor aperto

Et hor in premio de mie affanni, e stenti

Vuoi misera lassarmi, a tal partito

E ch'io finischa, in lagrima e tormenti

B

Scaltra, non pianger, cusì ho stabilito

E se altro far volesse, i' non potrei

Che esser non vo' da ognun, mostrato, a dito

S

Quanto tocchasti

B

i fur duchati sei

Et hogli spesi, come vedi in arme

Con altratanti anchora, de gli miei

Quel corsaletto, e quel che havevi, parme

B

Come quel, questo viemmi otto duchati

E nol vede huom: che più non voglia darme

Questi bracciali fini: e lavorati

E questa spada e questa, piccha insieme

Non men di esta armatura, enno extimati

S

Hor se ragion, e amor, punto, ti preme

Belvico a viver, sian tuoi spirti accesi

Non a quel che l'hom guida, a l'hore extreme

To', piglia, ecco i dannari, habili resi

Con qualche honesta, e lici a, tua scusa

Che in acceptarli, i non ti fian contesi

B

Scaltra a ciò che tu intendi, qui, non, si usa

Dargli adrieto i dannar: e poi huom tristo

Tenuto, è chi la data fé, richusa

S

Belvico hor tu m'ha inteso, habbi provisto

Che tu vadi, per niente, i' nol consento

Che, è troppo duol, perder sì degno acquisto

To' la borsa, i dannar, tra oro, e argento

Diece duchati son Belvico vane

E fa sì ch'el cor mio, resti contento

B

Scaltra, non vo' che credi, ch'io sia un cane

Ch'io non t'ami: e che in me non habin forza

tuoi dolci priegi, e tue parole humane

Che non pur ciò farei, ma quella scorza

Spoglierei con mia mano per tuo amore

Che tanta humanità troppo mi sforza

Ben che hor sento combattermi, nel core

Duo gran guerrieri, l'uno, è il tropo amarte

Scaltra mia dolce e l'altro, è poi l'honore

Ma conviemmi gettar questo da parte

Che amor mi astringe, mi comanda, e vole

Ch'io debba in tutte cose, contentarte

S

O benigne, e dolcissime parole

Dammi la mano belvico, mio bene

Sempre, esser vo' tua serva, al'ombra, e al sole

B

Questo m'è, grato: ma sento al cor pene

Ch'io non so dove tanti dannar, trovi

Ch'io temo faci quel, che non conviene

S

Sempre s'io antico tuo parlar, rinovi

Mai non ti feci torto, in cosa, alcuna

Ben ch'io so, per scherzar, tal parlar movi

Son da quell'hora in qua, che sai, digiuna

Che dolcemente, tu mi salassasti

A modo usato, la vena comuna

B

So ben che tu non vivi, agli miei pasti

S

Mo, veggio che mi vuoi far voltar carta

B

Ben, ti dispiace, quand'io toccho i tasti

S

So che 'l fai per che in sdegno, mi diparta

A ciò ch'io senta in me, doppio, martello

Ma i' n'ho pur troppo, ch'el cor me apre, e squarta

B

De chi, di me

S

di te, sì can ribello

B

O me mammina mia

S

lasiami stare

Senza se mescredente, ingrato, e fello

S'io ti volesse tal ingiuria, fare

Tanti amorosi, harrei, giovani, e belli

Ma honesta vo', qual soglio sempre, usare

Quegli ducati, moneti, e marcelli

Ch'io t'ho dati in più volte: con ingegno

Gli ho guadagnati, & altre ioie, e annelli

E se serai humil, fido, e benegno

Tutto fia tuo: che solo mi affatico

Per far che giungi a qualche richo segno

Hor voglio ir, nota ben, quel ch'io ti dico

Per che haver cercha, provida un familio

Non voglio che tu mostri esser mio amico

Ella si regge sol per mio consiglio

Dirogli che un garzone, gli ho trovato

Obediente, più che al padre, il figlio

Dove fia forza haverti a lei guidato

E tu con modi ingeniosi, e desti

Mostreraiti, & assai più di l'usato

E cusì converta, che nosco resti

E a questo modo, tutti i suoi sacreti

A noi doi soli, ci fiam manifesti

Insieme viverem, contenti, e lieti

Ambo tirando l'aqua, al molin, nostro

E tendendo per noi, sempre, le reti

L'util, l'honor, e il proprio ben, ti mostro

Non si de' mai cessar: io che son donna

Con fortuna qual sai dì, e notte, iostro

A un punto, cangierai pensiero, e gonna

E di tutto il suo haver, ti so dir questo

Che tu sara' il messer, io la madonna

B

Ben, farò quel che vuoi: ma con quel cesto

O vai, che tu ivi sì veloce, e leve

S

A comprar da mangiar che 'l tempo, è presto

Orio venir a disnar nosco deve

E per che m'hai tenuta, a parlar tanto

Meglio, è tu vadi, che serai più breve

B

S'io son qual vedi, armato, tutto quanto

E' conviemmi a la bancha, ir in persona

Come vuoi, ch'io mi volga, in altro canto

S

E, non defferir più, che presto, è nona

B

Si, non, è anchora pur sonata terza

Taci mo, ecco apunto, che la suona

Dei pur veder al sol, se non sei guerza

Tu sei come insensata, e scemiviva

S

Sì son la forcha

B

o, che baston di querza

S

O t'hai tornata in boccha, anchor, la piva

B

Che la voresti tu

S

sì che l'è cara

B

Cara, la ti fe già de morta, viva

S

Non più Belvico hor suso, i' prepara

Andar a spender, to', prendi il camino

B

I' non so spender

S

se tu non sa, impara

Compra prima, de cievali, un carlino

E poi di calcinelli, e peveraci

Con qualche altro menuto, pesciolino

Erba bona, persuol, zuchar, spinaci

Per far cosa che al gusto humano agrada

E sopra tutto, prego, che ti spaci

B

Horsù men vo, poi che tu vuoi ch'io vada

S

Vane, ti expetto a casa, e dirò come

I' ti ho trovato, a sorte, per la strada

Per, che, l'altr'ieri, dissigli il tuo nome

E che eri buon, da ben, fidato, e saggio

Pronto al servir, più che fanciullo, al pomo

B

Hor resta

S

vane, e torna, in buon viaggio

B

O, t'ho pur fatto star, vecchia, ruffiana

E buttar fuori, come aprile, e maggio

Ma questo, è niente, provida putana

Che vol ch'io vada sieco, per vassallo

Vo' che soni altramente, la campana

Lassa pur far a me, guiderò il ballo

S'io gli entro in casa, in cotal forma, e modo

Che correr senza spron farò il cavallo

S

Da l'un canto ho spiacer, dal'altro, godo

Spiacer, perché riffonder mi bisogna

Godo che dil mio amor, gli ha stretto, il nodo

E poi chi 'l sa: forsi, che non menzogna

Mi tol il mio: & spaciami per scioccha

Se ben penso, me, è danno, e gran vergogna

Gli è forsi un mese, e più che 'l non mi tocha

Né mi move parola, e che 'l sia, credo

Per che 'l dà, da mangiar, a un'altra bocca

Gran cosa, che a me mai, venir, nol vedo

Se non per tormi: e col dir sì mi aciega

Che ogni cosa, nel fine, gli conciedo

Io son ben stolta, ognuno a me si piega

Offerendomi doni, argento, &, oro

E il mal per me si acetta, e il ben si niega

Avido egli è, qual dice scaltra, i' moro

Se date non ho un bascio: e se mi 'l doni

Tu me alci fin, sopra il celeste choro

Ma chi, è che 'l che da sé, par che ragioni

Che in qua vien, virido, è che provida ama

Che maledetti siam suoi canti, e suoni

Par che 'l sapesse ben, ordir, la trama

A far fila amorosa, & ella sieco

Adimpir senza me, sua ingorda brama

Voglio andar verso lui, piangendo meco

Con una rasa, s'io posso far starlo

Ma certa son che 'l farà il sordo, e il cieco

V

Scaltra che vai facendo

S

i' piango, e parlo

Fra me, di la mia sorte, e rea, sventurata

Che 'l cor mi rode, come legno, tarlo

V

Certo, che sei mutata, di figura

S

Come mutata, i' moro, aymè meschina

Se ad aiutarmi alcun, non pone cura

V

E che cosa hai

S

il patron ier matina

Di la casa, mi tolse, il pegno, e tutto

Ond'io rimasta, son, trista, e tapina

V

Che per questo ti struggi, e spargi, luto

S

Non debbo pianger ma donarmi morte

Ch'io sparto, il sceme, & altri acolto a il frutto

V

Bisogna per te stessa ti conforte

Scaltra mia dolce, a te mi ricomando

Sai che sempre non si ha, propitia sorte

S

Va che 'l tuo fin sia tristo, e miserando

Poltron, ingrato, vil, rozo, e ignorante

Spero anchor, vederte ire, mendicando

Ti par che 'l mio pensier, fusse distante

Dal suo voler hor la parola, è verra

Che viltà, se riceve, da un furfante

Perché provida i mostra buona, ciera

Né se gli pò parlar, ma non sia troppo

Che i' farò parer notte, nanti, sera

Chi, è quel che vien in qua, sì lento, e zopo

Che par che caminando il chiegia aiuto

O che 'l tema trovar, dannoso intoppo

F

Bon dì madona

S

tu sia 'l ben venuto

F

Dom sta ch'io ina dona, chai ga dis

Porfida

S

al cesto pria t'ho conosciuto

Non ti manda un armato

F

se in hom fis

S

E che, è di lui

F

a l'ho lassachg em piazza

S

Hai comprato buon pesce

F

com, bo bis

M'ha comprat de i cegoli, e ina spinazza

Piver, meli, ma zucha, e dol'incenso

S

O belvico insensato, o scaltra, pazza

Per certo questa, è grande, se pen penso

Cevali dissi, el mi manda cevole

Guarda se a la ragion, risponde, il senso

De tor spinaci, che mangiar, si sole

E lui da spinazar lin, m'ha, mandato

Cosa da far meravigliar il sole

Zucharo, e peveraci, holli ordinato

E tu zuche, con pevere, mi porti

Caso, che al mondo mai, non fu nomato

Mele, erba bona, che al cor dà conforti

Ordinai mi mandasse, e lui mi manda

Pomi da fanciullin, erbe da morti

O che disnar gentil, o che vivanda

Belvico m'hai chiarito, tottalmente

Scaltra, per sempre, a te, si ricomanda

Come faria, s'io non fusse, excellente

Non pur in far di tal cose, un buon pasto

Ma se possibil dir, fusse, de niente

Più volte son di ciò, stata al contrasto

Con osti, chochi, giotti, e tavarnari

E il mio honor sopra ogn'altro è, ognor rimasto

Hor basta, portator che voi dannari

F

So sta 'l pagachg me

S

mo dammi il panier

E va, che ambo so dir sete, di rari

Sia maladechg, quachg fanteschi, e masser

Al mont sga trova, cha noi, e sno boni

Sta dre 'l cul ai berto, leccha, i, taer

Al ge ina ma, de sti vachi poltroni

Cha noi sa nient, e suuol fa de ol dises

Per descretio che intenda, li personi

Ale u gra fachg, sa l'haues leidichg pes

Cha l'haues lu quell'hum, crompat, cegoli

Ma inotro la balorda havial cuor mes

Che sti pvita, va sno con milli foli

E quant ai la cosa chag va l'honor

I al cuor a bressa, e a bergem, li paroli

Tuo cha ta vegna ol cancher, in duol cuor

Non portarif plu robba, a sta bagassa

Sa credes cha la m' des, u ducathg d'or

L

Tu me n'hai fatto tre, con questa, lassa

S

Livida

L

ben

S

le chiavi de gli argenti

L

Guardate che le sonno, nella cassa

Che viver mai volesse, in tanti stenti

Mi faria prima femina, d'ognuno

Che esser, notte, e dì, schiava, a tante genti

Pur fin quest'hora, non e conosco, uno

Che un sol quatrino, di presente, o manza

Mi donasse: anci mi torria, ciascuno

Ma se non fusse in me, ferma speranza

Che numio mi vol ben, a un'altra guisa

Dispenserei quel tempo, che mi avanza

Ecco apunto che 'l vien, a la divisa

Tutto vestito: o persona mia isnella

Son da dolcezza, già, vinta, e conquisa

Numio gentile

N

livida mia bella

Dove ne vai

L

al tuo patron mi extendo

N

Con che subietto

L

con buona novella

Dimi ello in chasa

N

L

hor donque havendo

Io fretta di tornare, l'ambassiata

Farai sufficiente, e saggio, essendo

Digli che mia madonna, è preparata

A far quel che richiesse l'altro giorno

E che 'sta sera vengi a l'hora, usata

N

Donque, bisogna, ch'io faccia, ritorno

Mo me, livida mia, che tanto t'amo

Non harrò teco mai alcun sogiorno

L

Più che non brami me, Numio te, bramo

E se harrò questa sera, tempo, e loco

Mostrerò qual di te, son presa, a l'amo

Se quella vecchia, femina, da poco

De scaltra, pur non c'interompe, voglio

Che stiamo tutta questa notte, in gioco

N

Livida se mi trai, di tal, cordoglio

Non sol di cor amarti, son disposto

Ma scrivermeti sempre, schiavo in foglio

L

Tu lo vedrai, hor fa quel ch'io t'ho imposto

N

L'invidia i' me ne vo

L

numio va in pace

Mai non fia 'l mio voler, dal tuo discosto

O quanto che costui me agrada, e piace

Gli volea gettar le braccia al collo

Per dargli un bascio, ma fui poco audace

O dio, quando serà il mio cor satollo

Ch'io possa un tratto, uscir, di servitute

E a costui mostrar quanto avampo, e bollo

O

E a tempo, e loco, haver le labia mute

Che stolto, è quel che in riso, e in zancie, abonda

E saggio, è chi honor ama, e sua salute

Questa, è come tu sai, l'hora, ioconda

Ch'io mi debbo trovar, con quella, a mensa

Che pò saldar la piaga mia, proffonda

Questo, è il dì, che, da sua beltade, imensa

Debbo accoglier quel frutto, che ogni, amante

Espetta di sua fé, verace, e intensa

Questo, è quel punto, che a mie pene tante

Darò fin: e a mia pace, tal principio

Ch'io giungerò nel ciel, tra l'alme sante

Avido, non ti far da me, mancipio

Che se da gran letitia, ivi, non manco

Farò più che in battaglia, non fe', scipio

A

Vedi tu già, come ch'io arosso, e imbianco

Pos' tu creppar

O

che dici

A

i' dico molto

Esser bisogna, a chi ama, ardito, e franco

O

Ecco le sacre mura, ove 'l bel volto

Nobilmente si chiude, o Iove, aiuto

Dami, che 'l cor mi manca, e vengo stolto

A

Tu non verrai patron, che sei venuto

O

Come hai tu detto

A

dico che non lice

Pria lamentarti, se non sei battuto

O

Horsuso, o ch'io farò, tristo, o felice

Avido, va guarda se l'uscio, è chiuso

A

Gli è chiuso

O

pulsa

L

chi, è che picha

S

Ben, sete voi signor, venite suso

O

amice


Finito il terzo atto, Orio va dentro a disnar con Provida e dopoi disnato Avido famiglio de Orio vien fuori imbriaco cusì da se solo dicendo

A

Qual corpo è più dil mio contento al mondo

Che con varie, oncioni, dila gola

Fol pieno, gonfio, lustro, grasso, e tondo

O vita mia felice, in gaudio, sola

Haggio un patron, che più che lui mi ha caro

Né mai mi dice torta, una parola

Solco a mia posta il mar, tranquillo, e chiaro

Di Cerere, e di Bacco, e altre vivande

Mio danno, se di quel d'altrui, so' avaro

La pigritia mi stringe in tutte bande

Il letto a lungo sonno, mi diffida

Quel che poi segue, alcun non mi dimanda

La mia scorta, mia duce, e la mia guida

È, adullation, inganni, e tradimenti

E più questo uso, con chi più, si fida

Hor che miei spirti, son satii, e contenti

Tornar vo' a casa, e dormir tuto il giorno

Lassando a chi vo' haver affanni, e stenti

Horsù, col fiasco allato, al bel sogiorno

De buon passo men vo, pasciuto, e pieno

E surga quanto sa poi, danno e scorno

Aymè mi sento quasi, venir meno

Ecco scaltra che vien, vo' far l'amore

Sieco: e dir come per lei, languo e peno

S

Avido anima mia

A

Scaltra mio core

Eri pur hora in casa, e dove vieni

S

Vengo che esser vorria, de vita, fore

A

Sempre chi te ode, par che stenti, e peni

Fa come facio me, che neva, o piova

D'ogn'hora facio, i giorni miei, sereni

S

Se sapesti il dolor, che in me, si cova

Tu crepperesti, amandomi, da doglia

A

Creppa pur te, e chi de' tuoi, si trova

S

Parmi, sei più di me, di mala voglia

A

Io son alegro, ma quand'un mi offende

Tor con questa, i' vorrei, la vital spoglia

S

Mai non offessi alcun, e non se intende

Offesa quando narrassi, il suo male

Ma in altra parte, il tuo pensier si extende

Avido resta, non disto altro vale

Va pur là, tu stai fresco gli è pur vero

Ch'el vin, fa pegio l'huom che uno animale

Humil agnel fatto, è de luppo, fiero

O, dio, come un huom presto, il cervel, perde

Che non conosce il bianco, via dal nero

Come una vaccha il muggia, che disperde

Ti so dir per un tratto, che 'l sta, bene

Gli è carco d'altro che di legna, verde

Ecco virido apunto che in qua, viene

Sia maledetto lui, non pur gli è orio

De avido dir gli vo' quel che intraviene

O

Scaltra gentil

S

signor mio

O

che mormorio

È, quel che spargi, di letitia, misto

S

È che imparando, esser viva, mi glorio

O

Harresti tu per forte, avido visto

S

Non io

O

ti giuro se'l mi vien appresso

Farlo don tanto error, pentito, e tristo

Io gli havea, ordinato, per expressa

Che 'l non se dipartisce: e lui, pasciuto

Hebbe il comandamenti mio, demesso

Te par mo Scaltra, che 'l fusse il dovuto

Un huom qual me lassar come un poltrone

Non mai tal caso, anchor, me, è intravenuto

S

Orio di lamentarti, hai gran cagione

Hor l'ho incontrato, somnolento, e fiaccho

E parlò meco, e ognhor fuor di ragione

Veder mi parve, quand'io 'l vidi, baccho

Pur per la via di la limaca, andando

Come quel che de vino, ha, colmo il saccho

E certo meraviglia hebbi, pensando

Che tu eri a casa solo: e che egli andasse

Atorno senza te, cusì vagando

O

Horsù, lassiamo andar, se hora il trovasse

Son sì sdegnato, che forza saria

Che a colpi de baston, morte, i donasse

Sai Schaltra, di che, è più la doglia, mia

Che tolto un servo ha provida, da novo

Che un giotto, e un rufian, mi par che 'l sia

S

Orio gli è un huom da ben, io 'l so che 'l provo

Et io 'l conosco, e Belvico, il si chiama

O

Basia il vedrà, se in qualche fallo, il trovo

Se 'l fia cagion di qualche nova, trama

De messi, o d'ambasciate, i' ti prometto

Di far la vita sua, misera, e grama

S

Perché non habbi, sopra lui, sospetto

Advertisci Orio, Provida ama un altro

Il qual va in casa, & vien, al suo diletto

O

E chi, è costui

S

hor sta basta, non dico altro

Se non che virido, è suo proprio nome

Dottor musico, giotto, acuto, e scaltro

O

Dimmi di sua statura, il che, e il come

S

Un tal grande ben fatto, ioven, bello

Con pochissima barba, e nere, chiome

O

Tu dici il ver, per mia fede, gli è quello

Che mai non stendo il piè, per questa strada

Ch'io non m'incontri, in questo tristo: e fello

S

Ecco, apunto che 'l viene

O

o, la mia spada

S

Per men mal orio, ch'io mi parta, è buono

Che a lui dispiaccio, e a me, lui manco, agrada

O

Dimi tu huom da ben, sai tu chi sono

V

Per che

O

per il malan che dio ti dia

Asino da baston caval da sprono

V

Orio credo il cervel, volto, ti sia

Che non ti havendo fatto alcun, oltraggio

Dicimi in su la strada, vilania

O

Hor voglio far sì come fa, l'huom, saggio

Che de qui, più non passi, i' ti protesto

Che un giorno, mal per te sia tal viaggio

V

Certamente Orio non sapeva questo

Che tu fussi signor, di questa terra

O, in quanta degnità, sei giunto presto

O

Tu intendi quel che 'l mio parlar, disserra

Lassa Provida star, e vivi, in pace

Se tu non vuoi far tristo fin, in guerra

V

Non so quel che tu dichi: e me dispiace

Che mi usi modo tal: ma per natura

Tu havesti, de esser sempre, sì loquace

O

Hor basta, acciò che fai, poni ben cura

Non ti dico altro: da qui inanti ognuno

Si guardi, da la rea, disventurata

Chassi, che 'l giorno da oggi, non sia bruno

Ch'io farò che costui, di tal, impresa

Bramerà mille volte, esser degiuno

N

Per dio patron, che havea l'alma sì accesa

Di darli a sto poltron, ma dubitai

Non far a l'honor vostro, alcuna, offesa

V

El non si debbe, Numio, voler mai

Far degno un vil di nobile, risposta

Né adegnar con la notte, i solar rai

Crede questo ignorante, che a sua posta

Debba Provida star: e ch'ella l'ami

Ma ad altri, ella ha la voglia sua disposta

Ella amica, è de gli apollinei rami

Non di, mida o di, crasso onde li è forza

Che l'uno apreci, e che l'altro disami

Io fin che duro in questa fraggil scorza

Suo vivo i' son, e se potrò morto, anco

Che sua virtute, e gran beltà, mi sforza

P

Presto

S

sì ch'aver debbo l'ale al fianco

Da volar: in 'sta casa maledetta

Mille homini di ferro, verrian manco

Eccola apunto qui camina in fretta

Livida, presto, o che femina morta

L

Che c'è

S

l'è un'hora e più, che la ti expetta

L

Io son stata a cerchar, porta per porta

De ciaschun speciai, sanita, pesta

E ognun drieto mi fa, la boccha torta

S

Livida mia tu non intendi, questa

Di provida sagace, e le une rasa

Che avanti che hora, la me, è manifesta

Per far venir, e nasconder, in casa

Virido giotto, e che noi nol vediamo

Via ci ha mandate, e sola, ella, è rimasa

Che dubita che ad orio, nol dichiamo

A me mi disse, scaltra, è tardi, hor vedi

Costei non vien, e noi fuor ir, debiamo

Vagli in contra correndo, hor movi i piedi

E che, o trovar, o non, che la ne vegni

E fra me dissim alhorm ch'io creda, credi

Cusì, con questi soli, suoi, dissegni

Hor questo, hor quello, mille amanti al giorno

Muta: e se 'l dico, par che ella si sdegni

Orio qual sai, per me gli ha il dosso adorno

De aserichi, & aurati, vestimenti

Et ella il fugge, & fagli offesa, e scorno

Altri signori, de ioie, & de argenti

L'hanno per me adobbata, e ben fornito

In casa, de superbi adornamenti

E a virido qual sai, che n'ha, la vita

Per quella sola, di quel sono, e canto

Gli ha data l'alma, e da ogni altro, è relita

Ma ben so, che orio andrà cercando tanto

Che se in casa de provida, lol trova

Gli muterà il cantar, in grido, e in pianto

L

Scaltra

S

ben

L

trista me credo che piova

S

Non, gli è un poco de nebia, che vien giuso

L

Come nebia, anci, è neve, e di la nova

S

Andiamo a quella man, che ai

L

qui, fu il fuso

E le scudelle, guarda st'altra anchora

Che io non posso far ben, il pugno chiuso

Tu sai, che mai non ho di requie, un'hora

S

Mo me, che notte, e dì vivo, in contese

Hor di sotto, hor di sopra, hor dentro, hor fora

L

Sei ben sbattuta, che ai, qualche diffese

S

L'è che afflitto il mio volto ognor si mostra

Quando mi vien, il mio fior d'ogni mese

Taci mo, che rumor, è in casa nostra

V

Aymè son morto, ah, sassin, a 'sto modo

O

Non ti 'l diss'io, guarda, come entri in giostra

V

In chasa mia poltron

O

Dovei star sodo

Se l'era casa tua, ti lo mostrava

Truffador, iotto pien d'ingano, e frodo

V

O, dio una sol cosa, è che mi agrava

Ch'io son nudo, senz'arme, horsù, pacientia

Si dice chi vol far fatti, non brava

L

Non vo' più star, le vo' chieder, licentia

In questa casa, è pegio star, che in campo

Mai non v'è pace, amor, né obedientia

Se in fin quest'altra settimana, i' scampo

De tutto il mio vo' farmine un farsetto

Et uscir fuor, di tanto ardente vampo

Che chi me ne parlò, sia maledetto

De in tanto labirinto avoluparme

De faticha, de stimulo, e dispetto

B

Chi, è quella che va in là, livida, parme

I' la voglio chiamar, ma non vorrei

Che scaltra sieco, vedesse, parlarme

Questo, è il tempo, da aprirle i pensier miei

Debo non debbo, sì, no i vo' chiamarla

Livida, o certo, è sorda costei

I' sento da sua posta, che la parla

Voglio ir inanti, e poi che l'è qui sola

Se, è mesta, o lieta, voglio dimandarla

Livida

L

ben

B

ascolta una parola

L

Che voi tu

B

che cosa hai che mormorando

Veloce vai, come lo augel che vola

L

Belvico tu non sai l'atto, neffando

Che in casa nostra, a virido orio ha fato

Poco è

B

non io, per questo, i' ti dimando

L

Virido si ha, di la finestra, tratto

Che orio gli corse drieto, e a che partito

Fusse, non so: e se gli ha spiacer fatto

E per saper se 'l povero, è ferito

La patrona mi manda, e per ciò vado

Col cor mesto, e col volto, impallidito

Tuttavia come vedi, a mal mio grado

Che al servir più mercede, i' non discerno

Che non fu mai come hora, a sì vil, grado

Tanti più, in casa, ove non v'è, governo

I' nella qual mirando, i' mi credea

haver il paradiso, & ho, lo inferno

Sia benedetto quel patron, ch'io havea

B

Chi ere 'l

L

l'era un murador, che siolta

Sieco senza travaglio, mi vivea

Questa fatica havea che non, è molta

Quando che 'l si poneva, a lavorare

Gli porgeva le chiappe, qualche volta

Ma quivi o son, dì, e notte, mai, cessare

Non bisogna per campi strade, e schale

Hor non dico altro, i' me ne voglio andare

B

Se vai per veder se virido ha, male

Ti so dir che gli è san, rafrena il corso

E driziamo ambo, al nostro albergo, l'ale

E più forte dirotti, che gli ha corso

Drieto orio: e se per forte il non fuggiva

Con sua man gli tronchava, il vital corso

L

Che hai tu qui dentro

B

una raina viva

Ova pizon, figa, formazo e starne

Et una anguilla grossa, e non cativa

Per ogi il pescie, e per doman la carne

L

Certo che hai speso ben, horsù da poi

Che m'ai chiarito, i' vo' teco, trovarne

B

Livida, nui siam soli, qui ambe doi

Ti vo' pregar, che tu vogli, degnarte

Darmi qualche soccorso quando poi

L

Belvico hor non ho, il tempo, di parlarte

Ma tien quando l'harrò, per cosa certa

Che tutto soffrirò per contentarte

B

Livida gran mercè

L

tiemmi coperta

B

Non dubitar

L

di' pian che alcun non senta

Belvico fischia non più, che l'è aperta

N

Ecco scaltra, che vien pensosa, e lenta

Ruffiana, poltrona, avitiata

Morrei, se non ti fesse mal contenta

Questa, falsa ribalda, causa, stata

Che quasi il mio patron, non hebe morte

Vecchia, superba, misera, e mal nata

Se la mi dice due parole torte

Gli darò tante pugna, e chusì grave

Ch'io farò forsi sue giornate, corte

S

Sia maledetto il patron di este chiavi

Dapoi che esser convengo, sua fantescha

Mai tanta servitute anchor, non havi

Il diavol non volse, che tant'escha

Non giunsi al foco, che 'l restasse extinto

D'altro certo non par, che mi rincrescha

Ma ponerollo in tanto labirinto

Con tutti amici de provida, ch'io

Farò ch'in breve, il resterà, sospinto

Echo apunto il suo servo, numio, adio

N

Ben venga scaltra

S

che vai tu facendo

N

Vengo a te che mi manda il patron mio

S

Che vuoi tu

N

quelle chavi, che fuggendo

Lu gli cascorno in casa

S

ecco che apunto

Gele portava, dil suo mal dogliendo

N

Damile qui

S

non voglio

N

e per che cunto

S

Per ch'io vo' darle a lui, o un qualche segno

Vo' che mi doni

N

guarda, ove son giunto

S

Numio non ti admira, né prender, segno

Che madonna mi ha detto habile a dare

A lui o a chi ti dona, un contrasegno

N

Da' qui, poi che tu 'l vuoi, ti 'l vo', donare

Hor tuoi

S

aimè che m'ai posto sul volto

N

Gli è il segno matta, taci non gridare

S

Ah, poltron can, che ti fia 'l fiato, tolto

A 'sto modo m'hai conza, hor ti aricorda

Che a tuo costo serai, se tu sei stolto

N

Non vo' star a gridar, con 'sta balorda

I' me ne voglio andar, resta poltrona

Disutil, trista, dissoluta, e lorda

S

Questo tutto, è cagion, de mia, patrona

Che consente che un vil famiglio, e un cane

Strapaci sì vilmente, mia persona

Che maledette sian quante, puttane

Trovansi al mondo, e quelle che han piacere

De farsele fantesche, o ruffiane

Debbo parer proprio, un conza, caldere

O d'un spaza camin sì m'ha 'l ben conza

N

Ecco qui il mio patron

V

numio

N

mesere

V

Hai tu

N

eccola qui

V

quant'ella

N

un'onza

V

Quell'altra poi

N

ecco quell'altra anchora

L'una andò ben, l'altra fu quasi sconza

V

Chi, è quel che con quell'altro, ivi dimora

N

Gli è Orio, & il suo servo

V

a, quel insano

Per mia fé questa, apunto, è proprio l'hora

Numio

N

patron

V

non iochasti de mano

Per che qual vederai, cogli ho parlato

Farò il suo fal conoscer, 'sto villanno

O

Avido il drapesel, me l'hai, ben dato

Manegoldo, pultron, va corri in fretta

Che gli è in sul letto, vil, disgratiato

A

To', piglia questo, i' verrò, adesso, expetta

Tu mi tratti a 'sto modo, basta, al fine

Vederen chi de noi fia la civetta

Questo, è virido pur, questo, è il confine

Che non debbe passar: pò far il cielo

Ch'io non porrò a tal cosa, sesto, o fine

A quel ch'io vegio, il non mi stima un pelo

Hor che gli è qui finirla al tutto, i' voglio

E solgiermi da gli occhi, questo velo

Virido pò far me, che habi anco, orgoglio

A passar di qua via

V

orio in 'sta impresa

Son fermo, e fisso, ognhor, più che in mar, scoglio

Né pensi alcun, per ciancie, o per offesa

Farmi mai cangiar stile: e ben faresti

Haver tua rete, in altro loco, tesa

O

Oltra diserto, e vil, che non potresti

Haver ferite, e bastonate, tante

Quante che di ragion, meriteresti

Non ti vergogni sozo, e reo furfante

A volerti aguagliar a un ricco, e un degno

Che essergli schiavo, tu non sei bastante

Altro che frasche, ciancie, astutie, e ingegno

Suoni, canti, e dottrina ci bisogna

Che di questi, n'habiamo il capo pregno

Stupisco, che non mori, da vergogna

A equiparar con gemme, argento, & oro

Il sterco, il fango, & una vil carogna

V

Ah, ah, non posso più, da riso, i' moro

Anci, per che ove duolti, t'hai percosso

Da parte tua, per gran pietade, i' ploro

Sì come il stolto, a far proprio t'hai mosso

Che volendo sputar da lunge, in alto

Cadendo il sputo, gli ritorna adosso

Far meco non potrei, peggior, salto

Di questo: il qual m'insegna, & argumenta

A mostrar che sei cera, & io son smalto

Le gemme, e l'or, son io, che rapresenta

La mia virtù: di valore, e splendore

Che fa l'anima in terra, e in ciel, contenta

Il sterco, e il fango, sei tu, che entro, e fore

Ti mostra tutto: per tuo danno, e scorno

Qual si vede al collo, sente, al fettore

Non, è tua quella vesta, che tu ha, intorno

Né quei pallaci, e possession, che tu hai

Ma de chi rota sempre, notte, e giorno

Hoggi tu l'ha, doman, tu non l'harrai

E se vi fusse in te, virtù, veruna

Non ti potria la sorte, offender, mai

Sì che taci, e non dir più cosa, alcuna

Né sprezar mio saper, ma tua ignorantia

Che virtù vince 'l il ciel, morte, e fortuna

O

Per certo, è stata in me, pur gran, constantia

Ad ascoltarti, non dicendo cosa

Miser, che habbi in sé, punto, di substantia

Ascondi il spini, e sol, mosti, la rosa

E in fino qui, come mendico, e tristo

Hai ricerchato il testo, e non, la chiosa

Dimi un poco impacito, onde hai tu visto

Che un huom vil, come te, povero, e nudo

Facesse mai, d'un alto dono, acquisto

Non hai pur dir possuto, in me, rinchiudo

Tanto cibbo una volta, ch'io son satio

Sì, ognhor ti copre, di miseria, 'l scudo

Mai non havesti tanto ingegno, e spatio

Di tempo: che potesti cangiar, stile

Di povertà, di miseria, e di stratio

Huomo, o fanciul, non v'è, sì abietto, e vile

Che ti doni la strada, quando, passi

Fatti pur quanto sai, feroce, o humile

In fin, va dove vuoi, che insino i sassi

De tue miserie, vitiose e, strane

Cantando, e dil desnhor, che adrieto, lassi

E val più quel che manza un sol mio cane

Che quel che mai manzasti, o un de' mie' astori

Che pur satio non fusti mai di pane

Con gli primi che, sian, duchi, e signori

Vado a paro, qual sai, e tu vuoi meco

Parangonarti, o d'intelletto, fuori

V

Orio per che, ignorante, stolto, e cieco

Sopra ogn'altro ti vegio: i' sto dubioso

S'io debbo di virtù, disputar, teco

Pur per ch'io son, dil tuo fallir doglioso

Voglio veder di quel, la strada aprirti

Per farti s'io potrò, da lui, retroso

Prima questo per sempre, voglio, dirti

Che n'habbi sì dal ver, l'alma, discosta

Che tu lodi le ortiche, e sprezi i mirti

Dicessi che 'l bel dir, giova, e non costa

Però da saggio, qual vedi, mi reggio

Che ogni parola, non de' haver, risposta

Sì che dimi se sai, pur questo, è peggio

Che d'una sola cosa, i' mi conforto

Che quel che dici a me tutto in te, vegio

La mia riccheza, e il mio thesor, qui, porto

E son per che ho virtute, e riccho, e vivo

Tu che sei senza: sei povero, e morto

Dimi nudo d'ingegno, e senso privo

Ove vedesti mai, che la richezza

Un hom mortal facesse, eterno, e divo

Curio che hebbe in thesor, l'alma, sì aveza

Et altri assai, sprezior quel per virtude

Che l'uno al fondo, e l'altra al ciel ne adreza

Quanti son già molt'anni che, compiute

Han lor giornate, e vivon più che prima

Che le chiome, ha virtù, bionde, e canute

Se loro, e non e virtù, si pone in cima

Gli è il vulgo ignaro: che è come il fanciulo

Che un pome, più, che tutto il mondo extima

Guarda omero, caton, Plauto e catullo

Mario, Mutio, Marcel, Claudio, Pompeo

Demostene, Zenon, Plinio, e Tibullo

Che ognun de lor, tenuto, è un scemideo

Sol per virtù: però tuo grave errore

Vogli conoscer, stolto, insano, e reo

V

Ecco provida apunto, che vien fore

Di quella strada: ch'io li dia una voce

A

Patron, eccola qui

O

merti l'honore

A

Famil donque

O

ti 'l fo sì che 'l mi noce

Ch'io non posso talhor tenirmi, in piede

V

Orio non più che la sen va, veloce

O

Donagli un grido

A

provida

P

chi chiede

A

Il mio patron, e virido, ti chiama

I' vengo: hor che 'l ciel gratia mi concede

Voglio loro sfochar, mia ardente brama

V

Orio, voi tu che ad hor, la si decida

N

Sì, ch'io voglio saper, qual de noi l'ama

Ben venuta tu sia, provida, fida

P

Per trovarti orio, adesso, apunto andava

Perché forza, è che un pezo teco, i' grida

Dishonesta persona, ingrata, e prava

Chi ti condusse, a farmi, un tanto insulto

In casa mia, se alcun non ti oltraggiava

Che hai tu da far, se in palese, o in occulto

Far vo' una cosa: vo' ch'abbi di gratia

Ch'io mi degna guardarti, rozo e inculto

Che credi tu ch'io sia, una tua stratia

Da piè: che mi usi tanta inhonestade

Non posso udirti, sì mi se', in disgratia

Credo che credi per ch'ai facultade

Ch'io ti debba adorar, e correr dietro

Non siamo giunti anchora, a quella etade

Tu credevi per farti, obscuro e tetro

Nel volto con minacie, e bravarie

Far che 'l disegno mio fusse di vetro

Orio, oh, oh, queste non son, le vie

Che a voler adimpir le voglie tue

Bisogna che conosci ben, le mie

Non sian ad un taglier, giotti, ambe due

Né guardar ch'io sia donna che dormendo

Sempre una, è più svegliata, di le grue

Che più tu assendi, ov'io son, non pertendo

Anci vo' d'ogni gratia, che dismonti

Che patir tanta offesa mai, no intendo

Tu sai quanto signor, principi, e conti

Vengono in casa mia né son discosti

Dal mio voler, anci a quel, caldi, e pronti

Non sia sì stolto alcun, che a me si accosti

Per obtener da me, con modi rei

Cosa alcuna: che alfin saran, discosti

Ma con dolcezza, il proprio, i' porgerei

Che crudeltà, e durezza, mi dispiace

Che l'hano in odio sino, i sacri dei

Guarda virido qui, che ascolta, e tace

Come spirto gentil, modesto, e humano

Questo, è quel che mi agrada, e che mi piace

Questo è sol quel che tien mia vita in mano

Questo, è solo collui, che pò guidarmi

Ovonque piace a lui, per monte, e piano

La più bella ricchezza, questa, parmi

Che in gentilezza, virtute, e costumi

Dolcemente, la notte e 'l dì trovarmi

O

O sian ringratiati, i sacri, numi

Provida, hor pur tu m'ai chiarito apieno

È questo il far per me, degli occhi, fiumi

È questo il dir orio mio, fin che a meno

Non mi venga esta frale, e mortal gonna

Mai non resterò amarti, e senza freno

È questo il dir, sol tu sei mia collonna

Che hor senza causa, per un vil, mi scaci

O quanto, è stolto: chi si fida, in donna

V

Orio tu ha inteso il tutto hor non più taci

O

Taci pur tu, poltron, ruffian, da poco

P

Virido vane, e non gridar con paci

Ancho men vado

A

o questo, e sta il bel ioco

Mio patrone

O

o imbriaco ti par bello

Che altri, posseder deba, il proprio loco

A

Devriati tor la vita, tristo, e fello

N

So l'hai conzo patron

V

non ti 'l diss'io

Ch'io 'l faria perder subito il cervello

Per tua fé dimi 'l ver, non ti par ch'io

Habbia con lei guidato ben, il ballo

E l'un, e l'altro, vinto

N

sì per dio

S

Madonna, certo hai fatto, expresso, fallo

P

Come

S

in cangiar un richo per un povero

P

Dhe va, che 'l non saria suo buon vassallo

Non ha far col piombo, or, nè col pin rovero


Finito, è il quarto atto, & provida va in casa Scaltra, & dentro si conclude le noci, cioè Provida in virido, Scaltra in Belvico & livida in Numio, e Scaltra vien fuori per ir dal sarto, & in altri servitù, chusì da sé dicendo.

S

Et ho l'anima mia, di gaudio piena

Che sol si acquista, in seguitar, tal arte

Scorno affanno, faticha, biasmo, e pena

Se col pensier mi volgo, in ogni parte

Provida i' veggio, che con gran dissegno

Come saputa, il viver suo comparte

De honor, e facultade, a grado, degno

Fin qui si trova, hor non bisogna dire

Che alfin si vede, un pellegrin ingegno

Parmi veder in qua, Orio venire

Non so s'io i dicha, o taccia, esta novella

Hor ge la voglio in ogni modo, aprire

O

Avido è quella scaltra

A

egli è ben quella

O

Dil tutto sieco i' vo' chiarirmi, adesso

Perché me, è fatta provida, ribella

Scaltra

S

signor

O

o' vai

S

quivi dapresso

O

Ben che ti par di tua madonna

S

o pegio

Per te: di quel, da novo, hora, è successo

O

Come, di' su

S

che voi ch'io dica, i' vegio

Il viver nostro, andar a tal partito

Che d'hora in hor, si muta forma, e segio

O

Che voi dir

S

provida ha preso, marito

O

Marito

S

O

e cui

S

virido ha tolto

O

Certo

S

certo

O

hor il bal donque, è finito

Questo, è che mi mostrò sì obscuro il volto

S

Non a te, sol mostrol, ma a tutti quanti

Quei che li haveano il cor, e il spirto volto

Tutti amici, amorosi, e tutti, i amanti

Che ella havea, li ha privati che altro stile

Vol tener, come lice, da qui inanti

Da una parte, mi duoli Orio gentile

Per te, di questo: da l'altra mi piace

Che la sia fuor, di exercitio, sì vile

O

Scaltra tu puoi pensar che 'l mi dispiace

Ma di tal dispiacer, me ne contento

Pur che ciò fusse, causa, di sua pace

Che anchor, che ognhor l'havesse il spirto intento

A mio danno, e vergogna, i' non vorei

Intender mai, che la vivesse, in stento

Se fatto altro l'havesse i' non potrei

Restar de ognhor seguirla: ma no soglio

Ir contra quel, che fanno, i sacri dei

D'ogni affettion, per sempre, hor, mi dispoglio

Che virido se, è ben nimico, mio

Offender in tal cosa, mai, nol voglio

Scaltra qual dei saper ho moglie, anch'io

Che di bellezza, un amoroso raggio

Spiega, che accende i sassi, da disio

E se da provida era, il mio, viaggio

Ogni giorno qual sai, Scaltra, il fu solo

Per che la mi facea qualche, avantaggio

S'io non fusse ito al radiante stuolo

Non harrei preso sì veloce, corsa

Che senza causa, non mi levo, a volo

Ma lassian pur andar, la cosa, è occorsa

Né a te, né a lei, mai no fui scaltra, avaro

Che aperta ognhor qual sai, vi fu, mia borsa

Non quei che ho speso, ma sei tanti, ho caro

Conoscio d'haver, in donna, questo

Che più d'ogn'altro, volontier imparo

E se non occorrea tal caso presto

Dilla mia facultade, in poco spatio

Scaltra tien certo, ch'io facea dil resto

Sì che per questo solo: la ringratio

Che se lo haver traggea che mi mantene

Saria stato altro, che amoroso stratio

Hor sì come tal volto, l'intravene

Di me, bisogno havesse, in qualche cosa

Gli mostrerei, quant'io le volsi, bene

E a te scaltra mia, fida, & amorosa

Non mi voglio offerir, per che tu sai

Che a tua, mia volia, mai non fu retrosa

S

Orio, ti refferisco gratie, assai

S'io ti potrò servir, in qualche banda

Al tuo comando sempre, mi haverai

Hor su, convien che a te mi ricomanda

Orio, che, è tarda l'hora, i' mi diparto

O

E dove vai

S

io vo, che la mi manda

Dal calzolar, dal marcer, e dal sarto

A tor pantoffe, scuffie, e vestimenti

Per questo, non ti fuggo, né ti scarto

Un'altra volta, su 'sti parlamenti

Staremo: e forsi i' ti dirò parole

Che tuoi spirti faran sempre, contenti

Hor men vo, che mi par che smonti, il sole

O

Scaltra va in pace, io son al tuo comando

S

Resta dio 'l sa che assai partir, mi dole

Certo, credea trovarlo, lagrimando

Horsù non v'è più amor: chi udiva lui

Mostrava esser di vita sempre, in bando

Poltrona me, che sempre pegra, fui

Ch'io dovea come provida, pelarlo

Che era da farse richi, con costui

Ma se sotto la rete, i' posso tirarlo

Un'altra volta: i' saro tanto desta

Che a la madre de urlando, i' sarò starlo

O

Avido che ti par

A

mi par la testa

O

Come la testa

A

i' non so quel ch'io dica

Pensava da iersera, in quella agresta

Che tu dicesti le vernaza antica

E i' dissi la non val pur un quatrino

Anchor che la sia forte, vostra amica

O

Che sto poltron, da la sera, al matino

Parli mai d'altro, hor, anco, è buon segnale

Quando un affanno, si converte, in vino

S

Ecco livida so, che la mette ale

O come il foco dentro, la lavora

Livida

L

scaltra

S

come stai tu

L

male

S

Come mal

L

non ho preso cibbo, ancora

S

Credea che fusti amalata, a la morte

Ma tu stai ben: va pur, che l'è a, bon'hora

Che hai tu qui

L

confetioni de ogni sorte

Cedri, aranci, limon, peri, e maroni

Zucharo, mele, spetie, dolce, e forte

Et altre cose

S

questi en cibbi boni

L

Ben scaltra che ti par, pur giunto, è il giorno

Che harremo un solo, e non tanti patroni

S

Mai sì alegri miei spirti, anco, non forno

Che sequitando come sai, tal ballo,

Non riceveva se non, danno, e scorno,

E non v'è troppo, che Avido vassallo

Come, imbriaco in mio dispregio, volse

Con la padella, donarmi, un cavallo

Livida poi pensar, mo, se 'l mi dolse

E tanto più, che le mie cose havea,

Hor buttai vintiun, che 'l non mi accolse,

Guarda come son fatta sozza, e rea,

Che 'l volto mio qual sai, n'haveal parecchio

De natura era bella: e mi facea

L

Perché, ancor, non ti fai

S

perché quel spechio

Che bella mi facea, perso ho, né trovo,

Alcun, che non mi faci il volto vecchio

L

Che tempo haver poi

S

naqui de anno novo

Dil quatrocento e trenta, e a punto, a punto,

Vinti anni adesso haver, i' mi ritrovo,

L

Ti par scaltra, che sappi, ben far cunto

Po tu se' gioveneta, ma devresti

Farti bella, e tenerti, ornata, e in punto

S

Se quando mi fo bella mi, vedesti,

Io pareriati la fada, Morgana,

Ai squardi, a i risi, a le parole, e a i gesti

E s'io volesse far la cortesana

Haveria de gli primi, di la terra,

Ma più tosto mi batti, la quartana

L

Tacerò scaltra, e tu le labbia serra

Men vo, tu va, che 'l par che se mi chiame

Come le trombe, gli soldati, in guerra

Il tempo, la patrona, e poi la fame

S

Donque livida resta

L

scaltra vane

Son una man, di queste vecchie grame

Torte, grime, sdentate, lorde, e insane

Che fan la nympha, e dal tempo, e faticha

Gli gozzan gli ochi, e callose han le mane

B

Non so quel ch'io mi faccia, né mi dicha

Tanto mi trovo alegro, che fortuna

Fatta mi sia, più di l'usato, amicha

Non temo più de adversitade, alcuna

Poi che la robba harrò, tutta, di scaltra

Potrò sguazzar, al sole, & a la luna

E non pur quella harrò, ma anchor di l'altra

Che in dotta mi darà, per lei, madonna

O, felice mia vita, sopra ogn'altra

Chi è quel che vien vestito in lunga gonna

Cusì veloce in qua, parmi sia il sposo

Voglio affrettami, non pur, gli è una donna

Credea che fusse scaltra, che, ioiosa

Era per ralegrarmi fiero, alquanto

Che fatto i' son marito, de amoroso

D

Vendi tu quei capon

B

ma de sì

D

quanto

B

Tre carlin

D

ne voi dua

B

ma de no,

Mia madonna non vol manco de tanto dagli

D

E come vendi l'un, 'sti caschavali

B

Qual volete

D

i' vo' questo

B

i' voglio un grosso

D

Credo che mi bertegi, o mi travalia

Se 'l fusse almanca, più l'uno, e più grosso

B

Non so che

D

horsù voi tu un baioco

B

Certo madona mia, dar non vi 'l posso

Togliete 'l mezo

D

mezo, è troppo poco

Damil tutto, se vuoi

B

i' vi fo certa

Che tal pretio n'harrete, in alcun loco

D

A tua posta

B

hor son stato pur imberta

Un pezo, dolcemente qui, a contendere

Con donna durlindana, over, fiusberta

La si credea, ch'io gli volesse vendere

Queste cose, e non sa che sian, da noce

Che in vivande anco assai ci conven spendere

S

Belvico, belvico

B

ove vien, 'sta voce

Ben sei tu, scaltra

S

sì, ti fai da sordo

B

Non certo i' non sentia, che iva veloce

Tu carca, io carco, segno che d'acordo

Fussemo sempre, in tutto, Scaltra cara

Tu dil mio ben bramosa, io dil tuo ingordo

Mai non mi fusti in cosa alcuna, avara

Anci sopra d'ognuna, a tutte l'hore

Ti trova liberal, splendida, e chiara

Ma dapoi che per gratia, dil signore

Insieme habian legato, il cor, e il piede

Ti prego Scaltra, che mi faci honore

S

Belvico a me dir questo, non richiede

Che sai che ogni mio effetto e, fantasia

Fu pronta, a mantenerti amor e fede

Ma lassian questo andar, la robba mia

Ti la do tutta, ben che 'l mi vien detto

Che sei uso a buttar, de fora via

B

Odi Scaltra mia bella, tien pur stretto

Quel che tu hai, che s'io ne spando un gozo

Chiamami tristo, e colmo, de diffetto

E se a te par ch'io habbia ingegno mozzo

Poni la robba, ove tu vuoi, te stessa

Ch'io non vo' teco ognor, darmi di cozo

Hor da poi che per mia, mi sei concessa

Voria sposarti, e far quel che si deve

S

Belvico, oh, non si corre, sì impressa

Come sai fin quel'hora, il tempo, è breve

Il patron pria de far, gli effetti suoi

E non il servo, che biasmo, riceve

Vorrei saper dove sposar mi vuoi

Belvico mio gentil, volto mio bello

B

Dove a te piace, in publico, o tra noi

S

Belvico a segno ben drizza il cervello

Che più non si usa a por l'anello, in dito

Da un tempo in qua, ma il dito, ne lo anello

B

Per dio che d'un gran dubio, m'ai chiarito

S

Tu mi berteggi, tal moglie, se ha visto

Che in più modi aperto a l'ochio al marito

B

U, siamo a cha, che non se habbiano advisto

Scaltra va inanti, che 'l patron non creda

Che sian d'acordo, che li è, acuto e tristo

S

Sì, sì, meglio, è, sta qui, che 'l non ti veda

B

Con questa vechia, andar bisogna a pelo

Fin che fatto ho, di la sua robba, preda

Com'io la guardo, la vien foco, e gelo

Mille fiate all'hora, e s'io la toccho

La non sa poi, se la sia, in terra, o in cielo

Se trovato n'havesse, questo, alocho

Che la borsa mi tien sempre, inserrata

Saria tenuto, un disertazo, e un fioccho

Ma ad esto i' vo', de buoni panni ornati

Haver questa persona, e de vivande

Morbide, e buone, haverla, satiata

Che la robba me abonda, in tutte bande,

Non son belvico più, ma son felice

Non son povero più non, ma richo, e grande

Hor mi ne volio andar, star più non lice

Ecco provida, Scaltra, e Livida, anco

Scaltra parla, qualchosa, di me dice

P

Belvico

B

che vi piace

P

sei tu stanco

B

Madonna non

P

mo sei sì aflitto, e lasso,

Son pur due hore, che sei fuori, almanco

B

I' ti dirò, scontrato ho quivi, al passo

Orio, il qual con parlar, tristo e vilano,

Come un poltron, m'a fatto, drieto, il chiasso

P

E che tal detto

B

po

P

di' suso

B

insano,

Il m'ha detto, vil tristo, doloroso

Giotto, giorgin, messetto, e ruffiano

Et altre cose

P

e tu che gli hai risposo

B

Gli dissi come il dovea vergognarsi

A usarmi tal parlar, ingiurioso

P

E lui che disse

B

il cominciò, a sdegnarsi

Spiegando de viltà, magior volume

Qual, chi vol de alcun mal suo, vendicarsi

P

Et tu

B

gli dissi che 'l non, è costume

D'un signor, contrastar, con l'humil servo

Che non si pone, il mar co un piciol fiume

P

E lui

B

me disse, rustico, e protervo

Che se un tratto, ti havesse, in poter mio

I' ti distruggerei, ogni osso, e nervo

P

E tu, e lui, e tu, & io

B

Mo, patrona, di me, ioco, ti cavi

M'hai fatto star, hor su pacientia, a dio

P

Vien in qua

B

non voi tu che mi disgravi

Di questa robba

P

sì che assai, la pesa,

Come il caval da nolo, a casa andavi

Belvico ascolta ben, habbimi intesa

Se contra te, venir vedi Orio, intento

A ciò che 'l perda teco, la contesa

Tu vagli incontra con un argumento

E fa il maestro, che non pur, confuso

Tu l'haverai ma gli farai, spavento

B

Per dio l'e fatta

P

va donque, e pon giuso

'Ste cose, e vieni ch'io ti expetto quivi

Movite, hor su, che stai guardar in suso

B

Men vado

P

va', fa che qui adesso arivi,

B

Non vo' far altro, che bever, un tratto

P

Io non so certo, de che cosa vivi

Una sol volta al dì, per ordin fatto

Mangia costui, dal mattino, a la sera

Né più né men, questo, è un cativo patto

S

Horsù madonna, la parola, è vera

Che ogni sposa lieta, e tu tanto pivi

C'hai per natura, scherzar, volontiera

P

Donque star lieti, debbian, tutti nui

Che sian da noce, e tutti, spose, e sposi

Io per me, lieta qual son, mai, non fui

S

Livida donque, habbiamo i cor, ioiosi

L

Scaltra tu poi pensar, com'io mi trovo

Se fur miei spirti in ciò, sempre disiosi

P

Scaltra

S

Madonna

P

quel Guardacor novo,

E tu quella Camora, piglierai

S

Non so se 'l mi stia ben, se non mi 'l provo

P

Se gli è fatto a tuo dosso, o christo, mai

Di te non vidi, la più, smemorata

S

Sì, sì, voi dite il ver

P

ben tu non sai

Hor ognuna de voi, sia sì, adobbata

Politamente, per 'sta sera, a cena,

Che in un tempo ogni cosa, sia parata

Ecco Belvico, il non si move, apena

S

Egli è perché, l'ha, in pugno, un sparevier, credo

P

Anci gli è, perché l'ha, la panza, piena

S

Non so, tal volta, molto presto, il vedo

P

E presto, e pegro, a l'homo, esser bisogna

Secondo i luochi

S

è vero i' ti 'l concedo

P

Belvico c'hai tu in man,

B

una Cigogna

Gli è l'argumento, che m'hai ordinato

Col qual contra Orio vada, in sua vergogna

E per haverlo vinto, e subiugato

I' vado, e che 'l conoscha ch'io son quelo

Che 'l m'hebbe iniustamente, ingiuriato

P

A dio mi segno, i' perderò il cervello

Per tua fé dimmi, dove hai tu il pensiero

B

Che vuoi ch'io faccia, non el buono, e bello

P

Perché lui ti tenisse ardito, e fiero

Dissi, con argumento, vagli incontra

E tu contra gli vai, con un crestiero

S

Tal cosa spesse volte, a l'huomo, incontra,

Et fa una cosa, e un'altra far, si extima

Ben che tu sai madonna, il pro, e il contra,

P

Sì che stata esser de', questa, la prima,

Ben che tra l'altre, colme, di tristitia

Si potrebbe questa, por in cima,

Hor vane, e porta via quella, sporcitia

Che era Orio amalato, an fuor di senso

Rustico, insano, e pieno, de stultitia

B

Più che servir dì, e notte, costei penso,

Men si cura, e mi paga di reo, merto

Ma, a tanta servitù, vo' por, compenso

P

Scaltra, odi, qui, de Belvico tuo, experto

Mi ne fe' un giorno, un'altra, e sì matura

Ch'io mi critti da sdegno, morir certo

Poi scampò via, per fuggir la sciagura

E i' dissi, non temer, d'esser, offeso,

Vieni sopra di me, n'haver paura

Costui che 'l mio parlar, torto, hebbe inteso

Corse, e gettomi in terra, e poi di sopra

Me si buttò, il poltron, lungo, e disteso

Ti par che questa, sua matteria, scopra

Perché sopra di me dissi il venisse

Lui sopra di me corse, o che bell'opra

S

E gli è, madonna, che gli ha tanto, fisse

Le voglie, in obedirvi ognhor, che errare

Il teme: e però affar questo, il si misse,

P

Sì, sì, perché gli è tuo, tu 'l voi scusare

S

Non già, che sempre al ver, l'alma o, disposta

P

Taci chi, è quel che vien

S

Orio mi pare

P

Sì certo, i' non volea, hora sua posta

Non potrò se 'l mi parla far di meno

Ch'io non gli doni honestà, e humil, risposta,

O

Provida volto mio, chiaro, e sereno

E come stai tu

P

bene

O

i' mi ralegro

Che abbi il cor tuo, d'ogni contento pieno

P

Orio son certa che mai lento, o pegro

Tu non fusti al mio ben: né mai non vidi

Che mi mostrasti il bianco per il negro,

E se con parole aspre, & alti gridi

Talhor mi volsi a te, se pensi il fine

Vedrai che iuste fur mie, voci, e stridi

Che vedendomi giunta, a quel, confine

Qual tanto disiai, lieta, mi parse,

Coglier le rose, e non tocchar, le spine

Iuste speranze mai, non furon, scarse

Sperai robba, e marito, e in tempo curto

Gli hebbi, e di sorte, assai da contentarse

Vero, è che ardita ognor, substenni, l'urto

Col mondo: senza quel d'altrui mai torre

Che 'l non si assende per inganno, e furto,

Sì che Orio mio gentil, t'habbi a disporre

Di n'haver contra me, sdegnose, voglie,

Che in questo caso, tu non poi mi opporre

Trovar non potea in te, quel che 'l fin, scioglie,

Prima perché sei riccho, e d'alto, sangue

L'altra poi che 'l tuto, è perche tu hai molie

Che se restar creduto havesse, exangue,

Non t'haverei lassato, per huom vivo,

Che, è ben di marmo, chi per te non langue

Ben che Virido mio, lucido, e Divo,

Ha in sé tal modo, tal virtute, e gratia,

Che sopra ogn'altra più felice, vivo,

Di che sempre mia lingua il ciel, ringratia,

Che m'ha sortita, a sì honorato scanno

Che dil prim'huom dil mondo, i' son in gratia

O

Provida mia, s'io ti ascoltasse, un anno,

Non pareriami un punto, veramente

Tanto i bei detti tuoi, gaudio mi danno

Ben che sempre ti ho sculpta, ne la mente

Hor perché riccha, e sposa, fatta sei,

Smisurato piacer, l'alma mia sente

P

Non sian sol duo, congiunti, ma fian sei

Virido, e me, Belvico, e Scaltra, e ancora

Numio, e Livida, qual piaceno, ai Dei,

Che son tre sponsalitii: che in bon'hora

Son fatti: e sopra questi, alti aparati

Questa sera si fa, che presto, è l'hora

Suoni canti, i triomphi, feste, hornati

Balli pasti, piaceri, pompe, iochi

Scrime, salti, moresche, e momi usati

S

Madonna noi habiamo ire, in duo lochi,

O

Hai ben gran fretta Scaltra

S

mo li è tardi

O

Quel che già tu dicesti, hora rivochi

Io t'ho per schuso, che per belvico, ardi

Provida resta in pace, i' me ne vado

P

Orio vane, che 'l ciel sempre, ti guardi

Scaltra che 'l sia contento, i' mi persuado

Che a ciò sia giunta

S

ei più che te ne gode

Che tu ti trovi a sì eminente, grado

O

O a drito, o a torto, o col vero, o con frode

Costei s'è hal ciel levata, dal proffondo

Hor su sol che ha governo, merta lode

S

E cusì a tempo, e loco, manco, e abondo

V

Scaltra lassiamo andar, questo contrasto

A te, di cotal cosa, lasso, il pondo

Ma dimi un poco l'ordin, di 'sto pasto

In che maniera, e modo, il guiderai

S

Til dirò, perché cauto fu rimasto

Prima piffari, e trombe, se vorrai

Che a te sta questo: che agli spirti humani

Dan gran conforto: e tu, gran lode, harrai

Dapoi l'aqua, odoriffera, a le mani

E tutta via in argenti, aurati, e belli,

Per non parer, da rustici, e vilani

E una salata minuta, de occelli,

E dopo, vo', che 'l rosto, sia venuto

Prima, a guacetto, giotti figatelli,

Tordi, quaglie, occellin, conci a stranuto,

Lepre, cunigli, cercene, e pizoni,

Ranci, limon: rosto grosso, e minuto,

Il lesso poi, faggian, starne, e paoni,

Conci a l'inglese, & a la Catelana,

E il rosto de vitello, con caponi,

Zelatin diverse, a la Romana,

E torte bianche, e verdi, con cupata,

Da lecchar il taglier, o ver la piana

Poi pere guaste, zucha, e codognata,

Ranzato, rinci, e cedri, più perfetti

Marzapan, pignochado, e morselata

Poi l'ultima mestura, de confetti

Pignol, mandole, nice, e fulignati,

Anesi, curiandoli, e rancetti,

Son questi i cibbi, i' ti gli ho disegnati

Cusì di grosso, hor che ti par, sta bene

V

Sì per mia fé, che gli hai ben, ordinati

S

Vo' sia questa una di le prime, cene,

Ch'io mai facesse: per ch'io vaglio in strate

E poi tuto haggio, quel, che mi conviene

Virido, voglio un punto, a ricordarte

Che quel bel razzo di seta, a figure,

Tu lo vogli mutar, da l'altra, parti

V

I' l'ho mutato: e il tassello, e le mure,

Tutte, de ricchi panni, ho ricorperte

Et ornate, di quadri, e di scolture,

S

Hai fatto come, le persone, experte,

N

Patron tardi, è

O

su donque scalco andiamo

V

Non fischiar Numio, le porte, e non aperte

S

Pur ch'io satisfi quel, che sol, tanto amo

V

Non tardar

B

messer non: mi par millanni

Che 'l sia sera

S

ecco a punto quel ch'io bramo

El lui, o non a il s'ha mutà de panni

Cor mio, nol conoscea, come gallante

Camina: sol riposo de' mie' affanni

B

Ecco Scaltra, vo' ardito, andarle inante

S

Belvico o vai

B

vo qui per un servitio

S

Vai tu lontano

B

non troppo distante

S

Ben mio gentil, senza diffetto, e vitio

Basciami, sangue dolce, sempre i' voglio

Amarti fin il giorno, dil iuditio,

B

Tu m'hai contaminato, ond'io mi dolio

Che non sian per un'hora, nele piume

Ch'io metteria quella partita in foglio

S

O parlar pien d'ingegno, e di costume,

Me generi al cor riso, e agli ochi pianto

E a un tratto, son conversa in foco, e in fiume

Belvico questo anel, me, è stretto alquanto

B

Bagnat'il dito

S

me l'hai ben conclusa

Oh, oh, oh, oh, mi vien da rider tanto

Non sai quanto, è che più bagnar non si usa

B

Non per mia fé

S

mo 'sta recetta impara

Che tra gli homin da ben solo, è deffusa

B

Hor me diparto, vane Scaltra cara

Che presto anch'io verrò, star più non posso

Che l'hora come vedi, si prepara,

S

Belvico quel da tre hai tu lo adosso

B

Non, ch'io l'ho lassà dentro, e sol per questo

Da cha, per ir a torlo, mi son mosso

S

E non far nol voler cavar sì presto

Lassalo ben gozzar

B

egli ha ordinato

Che 'l si debba tor tutto, e por, in cesto

S

Belvico fa cusì, di' che sei stato,

E che 'l tutto fatto hai: che l'hora, è tarda

Non vedi già, che 'l sol, è tramontato

B

Son contento tornar, ma Scaltra, guarda

Non palesar che tu m'habbi veduto

S

Va, me conosci, per falsa, o bugiarda,

Odi, i suoni, esser de ciascun venuto

Va inanti presto, ch'io ti verrò drieto

O eterno dì, de eterno ben, compiuto

Qual cor, è più dil mio contento, e lieto

E, pur la gloria mia qui, manifesta,

Il frutto hor pur d'ogni mio seme mieto

Donque viver ansioso, adietro, resta

Che in te non sia poter più, che mi aterri

Viverò fino a morte, in gaudio, e in festa

Poi chi riman adietro, l'uscio, serri

Finis


Sonetto.

Amor, e il mio cor sieco, un giorno intenti

Ch'io non gli udisse, trovai ragionando

Dicceva il cor, dhe signor dolce, quando

Saren mai noi dil expettar contenti

Et ei, per mitigar, magior tormenti

Rispondea con dir dolce, & venerando

Andrai gran tempo pria, dubioso, errando

Che intrar possi sicuro, ove argumenti

E il cor, come dal corpo, mai distante

Dicea, viver potrò, sì lungamente

Maxime in doglie, e lagrime cotante

E, Amor, sian pur tue voglie, in ciò contente

Ch'io do per privilegio, ad ogni amante

Che viver possi, il cor, dal corpo, absente

Sonetto.

Vado piangendo miei passati tempi

Quai vanegiando nel fral secul persi

Piango le rime mie, piango miei versi

Sparsi fra calli, campi, theatri, e tempi

E se a me mai non valser gli atru exempi

Forsi che i miei ad altri non sian persi

Donque voi per amor che ite dispersi

In me spechiando vostro cor si adempi

Vano, è nostro signor, che è cieco, e muto

In pacito, bambin, nudo augelletto

Da ognuno omai, per miser conosciuto

E chi prova ne fa, vedrà lo effetto

Che ogni saper si trova, in pel canuto

Et in pueril età, poco intellecto

Sonetto

Veggendoti esser sola, al secul nata

Di beltà, di virtù, d'ingegno, & arte

Mi disposi un bel don, natural, farte

In exempio di tua fronte sacrata,

Dove ogni mio saper, e forza ho oprata,

In mandarti este rose, sol per darte

A conoscer sei da equiperarte,

A queste: a le quai tu se', apropriata,

Vedi da mane un fior, bianco, o vermiglio

Fresco e la sera poi languido e seccho

Tutto guasta dil Tempo il fero artiglio

Però pensa che sei Narciso, ad Ecco

E mentre se' in età, prendi consiglio,

Che spinto il tuo bel fior, riami un steccho

Sonetto.

Prima, lucer vedrassi phebo, il giorno

La luna, con le stelle, a meza notte

E, gli orsi e, i lupi, albergar, nelle grotte

E di maggio, il terren di fiori adorni

Iove sempre farà nel ciel soggiorno

Pluto, nel centro: e se speranze rotte

Harran gli desperati, e le più dotte

Genti, harran lode, e le più ignare scorno

Serà calda l'instate, e freddo, il verno

Fermi i monti, il mar salso, e dolci, i fiumi

Fragile il mondo, e il paradiso, eterno

Morigerati sian, tutti, e costumi

Et fia qui giuso il mondo unico, e terno

Ch'io mai resti d'amar, tuoi sacri lumi


Impresso in Milano per Magistro Gotardo

da Ponte ad instantia. Do. Io. Iacobo & fratelli

de Legnano Anno. D.M.ccccc.xyiii adi. xxiii.

de Setember.

Edizione del 1519

frontespizio

Impresso in Milano per Rocho & fratello da
Valle che sta in corduxo apreso a la speciaria
dal Moltone ad instantia d Miser Nicolo
da Gorgonzola nel. M:ccccc:xviiij.
adi. xx. de Zenaro.

Nota del Trascrittore

La trascrizione di quest'opera è stata effettuata sulla base dell'edizione pubblicata nel 1518. Si è cercato, pur modernizzando il testo per alcuni aspetti, riguardanti essenzialmente le convenzioni tipografiche dell'epoca, di mantenerlo il più possibile fedele all'originale. Minimi errori tipografici sono stati corretti senza annotazione. Si è fatto riferimento anche a un'altra edizione (1519), della quale al termine del testo è presentata l'illustrazione di copertina unitamente ai dati di pubblicazione.