Title : Don Pietro Caruso
Author : Roberto Bracco
Release date : December 4, 2011 [eBook #38217]
Language : Italian
Credits : Produced by Carlo Traverso, Barbara Magni, and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net
PROPRIETÀ LETTERARIA
I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesi, non escluso il Regno di Svezia e quello di Norvegia.
È assolutamente proibito di rappresentare queste produzioni senza il consenso scritto dell'Autore (Art. 14 del Testo Unico 17 Settembre 1882) .
Copyright by Roberto Bracco and Miss Dircé St. Cyr in the United States of America.
Off. Tip. Sandron — 148 — I — 290514.
Questo dramma fu rappresentato la prima volta al Teatro Sannazzaro di Napoli, da Ermete Novelli , nel novembre del 1895.
PERSONAGGI:
Don Pietro CarusoMargherita , sua figliaIl Conte Fabrizio FabriziVoci interne.La scena è a Napoli. — Epoca attuale.
Una stanzetta poveramente ammobigliata. In fondo, nel centro, una porta grande, e, a qualche distanza, una finestra. A destra, una specie di basso focolare rusticano con la gran cappa affumicata, il quale serve anche da caminetto. A sinistra, una porticina. Quasi davanti al focolare, una scrivania con su carte in disordine e l'occorrente per scrivere. Una credenza, una tavola rotonda, poche seggiole sciancate, un bacile sopra un treppiede di ferro, una brocca di acqua, un asciugamani. Fra la porta d'ingresso e la finestra, un umile lettuccio con su un materasso avvoltolato. Sulla credenza, la statuina colorata d'un santo con innanzi una lampada a olio.
(È giorno, ma durante l'azione l'aria andrà lievemente oscurandosi.)
MARGHERITA E FABRIZIO.
(è seduto, con le braccia incrociate, con la faccia buia.)
(è alla finestra, e parla a voce alta con una vicina.) Grazie, signora Punzo! (Poi, rivolgendosi pianissimo a Fabrizio) Scusa. È la signora Punzo qui accanto che mi ha avvertita di tirar su le lenzuola, ch'erano a prendere aria. (Da una funicella esteriore, ritira due lenzuola e le piega, seguitando a parlare con la vicina.) Se non mi aveste chiamata voi, io non me ne sarei nemmeno accorta del cattivo tempo.
(Lampeggia un poco e si ode qualche tuono.)
(alla vicina) Ci siamo, eh!
Il babbo è in casa?
Nossignora, sono sola... come sempre.
Stanotte, ho sognato un bue a tre corna e un morto con la gobba. Volevo consultare Don Pietro, che di queste cose se ne intende.
Eh! Quando tornerà.... (Chiudendo la finestra) Permettete. (A Fabrizio, riponendo le lenzuola piegate sul materasso) Sono per il letto del babbo. Mi dispiaceva che si bagnassero. (Un silenzio. — Ella guarda Fabrizio, gli si accosta alle spalle e gli circonda il collo con le braccia, baciandogli i capelli.) Dunque, è uno scherzo.... 1
(liberandosi dalle braccia di lei) Non è uno scherzo, Margherita. Con te, non ho mai scherzato. Prima di risolvermi, ho molto riflettuto. Ed ho sofferto. Ora, sono irremovibile.
Ma io che male ti ho fatto?
Nessuno.
Ti sono di peso?
No.
Ti guasto la vita? Ti distraggo? T'importuno?
No, no! E questo ti prova appunto che io agisco esclusivamente a vantaggio tuo. Continuando, che ci rimetterei, io?
Non lo so; ma il certo è che per tenerti legato a me, io non avrei dovuto....
(interrompendola) T'inganni!
No, non avrei dovuto fare... quello che ho fatto. Credi ch'io sia tanto stupida da non capirlo?
Tu non capisci niente.
Il capriccio t'è passato.
Eccoci al solito capriccio !
Capriccio! Capriccio! Se fosse stato amore....
Va' là che non s'è ancora saputo se l'amore sia un capriccio che dura troppo, o se il capriccio sia un amore che dura troppo poco.... Non capisci niente, ti dico. Io sento per te, oggi, ciò che sentivo un mese fa.
Si vede!
Non si vedrà, pazienza! Ma è così. E perchè dovrebb'essere altrimenti? Tu sei diventata anche più bellina, più graziosa, più docile. E, anzi, è la tua stessa docilità quel che maggiormente mi fa paura. Sì, il venire qui, di nascosto, come ho fatto finora, a guisa di un mariuolo o di uno sciocco, per una persona della mia posizione sociale non è bello; e il rischio di trovarmi tra i piedi un uomo della risma di tuo padre non è mica divertente: ma, via, non di questo mi preoccupo... perchè non sono un egoista. Io mi preoccupo di te, Margherita, di te. Tu ti sei lasciata andare senza prevedere le conseguenze. Cerchiamo di prevederle almeno ora. C'è tanti guai da evitare. Evitiamoli. Se stringessimo di più i nostri vincoli, non ne saresti tu, poverina, l'unica vera vittima? (Pausa.) Tutto quello che è accaduto tra noi non lo metteremo in piazza nè tu nè io. E, facendo il sacrifizio di separarci — ed è per me un gran sacrifizio, Margherita — ce la saremo cavata il meglio possibile.
Si direbbe che non mi conosci, Fabrizio! Tu credi, senza dubbio, di parlare con un'altra donna, con un'altra Margherita. Dici che io sarei l'unica vittima? Ma di chi? Ma di che cosa? Io non sarò vittima di nessuno e di nulla se tu non mi abbandoni; e una tua parola, una tua parola affettuosa, un tuo bacio, una mezz'ora della tua presenza potranno farmi sopportare allegramente tutti i guai che tu temi, tutte le conseguenze che prevedi.
È inutile: non mi convinci.
Io ti risparmierò qualunque imbarazzo, qualunque noia, qualunque fastidio....
Ed io invece ho il dovere di risparmiarti la pubblicità del fallo... e,... chi sa,... molte sofferenze morali... e... materiali... di cui tu non hai neppure una vaga idea.
Ma giacchè io sono pronta a tutto, perchè te ne preoccupi tu?
Perchè non voglio avere altri scrupoli di coscienza!
E se non vuoi avere altri scrupoli di coscienza, non devi lasciarmi morire di crepacuore!
(viene di giù, dal cortile, fioca e cadenzatamente stentorea) Signorina Margherita... signorina Margherita!...
Auff! Che c'è ancora?
È il portinaio che mi chiama. (Rassegnata, riapre la finestra e si ode il rumore della pioggia. Ella si mette un fazzoletto sulla testa e si affaccia.)
Il signor Chianese, può salire?
Non lo sapete che sono chiusa in casa?
Bada che mi ha visto entrare.
(a Fabrizio) Che novità! Lo so; ma le mance perchè le piglia?
Credevo che Don Pietro fosse rincasato.
No, non è rincasato.
Il signor Chianese vuole quella lettera che Don Pietro gli aveva promessa. A me non ha dato niente. L'avrà dimenticata sulla scrivania.
Vedrò. (Cerca sulla scrivania inutilmente. Torna alla finestra.) Sulla scrivania non c'è nessuna lettera.
(un po' balbuziente) Allora, dite a Don Pietro, da parte mia, che è un furfante e un mancatore di parola.
Di queste imbasciate non gliene faccio, al babbo. (Chiude in fretta la finestra.)
Io me ne vado, Margherita. Tuo padre poco può tardare e una sorpresa proprio all'ultimo sarebbe un bel grattacapo per tutti e due. Questa è la chiave (cavando una chiave da una saccoccia e mettendola sulla tavola) che è stata, disgraziatamente, la nostra complice; e io te la consegno, vedi, per non avere più la tentazione di venire a trovarti in segreto. Buttala via, o nascondila. Io ti auguro... che nessun altro debba servirsene.
Fabrizio!...
Eh, mia cara, soltanto chi è bestialmente fatuo può credere di essere il solo a meritare una donna! (Pausa.) Io tornerò più tardi per aggiustare certe faccende con Don Pietro. Il suo lavoro elettorale mi è stato disastroso, ma io non me ne lamenterò, e c'intenderemo egualmente.... (Indi, prendendo il cappello) Sicchè... addio Margherita....
Fabrizio, riprenditi quella chiave.
Margherita, non tentarmi....
Riprendila... riprendila... Non togliermi ogni speranza.
No... no... Bisogna troncare!
(afferrandogli le braccia e trattenendolo) Senti, Fabrizio..... ti voglio dire un'altra parola... Senti.....
È tardi.... Lasciami.... Ne riparleremo....
Ma quando, ma come ne potremo riparlare?
Ne riparleremo... ne riparleremo.... (Si svincola ed esce richiudendo la porta.)
(piange silenziosamente. Poi, balbetta singhiozzando :) Sì, sì, «ne riparleremo».... Parole!... Parole!... (Piange ancora, prende la chiave e la intasca. Indi, versa dell'acqua nel bacile, si lava gli occhi e se li asciuga. Apre la credenza, ne trae una tovaglia e dei piatti e comincia ad apparecchiare la tavola.)
MARGHERITA, PIETRO.
(è su per le scale, cantando rocamente l'aria del «Trovatore» e intercalandovi molte pause:)
Sconto col sangue mio....
(tra sè) Il babbo....
(la cui voce va avvicinandosi)
L'amor che pósi in te!Non ti scordar di me!Non ti scordar di me!
(chiamando:) Ohè, Don Pietro! Don Pietro!... Siete voi?
Pare. In che posso servirvi, signora Punzo?
Favorirmi sempre. Volevo pregarvi: stanotte, in sogno, un morto con la gobba e un bue a tre corna. Che mi dite? Che numeri devo giocare?
È chiaro: il morto con la gobba 47 e 57, il bue 77, e metteteci il 3... per le corna.
Grazie!
Niente, per ora. Ma raccomandatevi ai santi protettori del lotto pubblico...: devono essere parecchi: e ci rivedremo a vincita fatta! (Ricomincia a cantare, ripigliando il motivo press'a poco dove l'ha interrotto :)
Non ti scordar di me!E.. le.. o.. noo... ra!E... le... o... nora...
(Si sente un poco il rumore della chiave nella serratura. La porta si apre subito. Egli entra.)
Eleonora, addio!
(Richiude la porta col lucchetto, e si avanza a passi gravi, solennemente comico. Il lungo soprabito col frusto bavero alzato e l'unto cappello a tuba grondano acqua. Ugualmente inzuppati sono i calzoni dagli orli rossi e le scarpe scalcagnate.)
In quale stato!
In quale stato?
Sei fradicio, babbo!
Lo credo, io! Non senti che pioggia?!... Brrrr....
E il tuo ombrello? E il tuo pastrano?
Prima di tutto, ragioniamo. (Il verbo «ragionare» gli corre spesso alla bocca, pronunziato lievissimamente come se gli scivolasse dalle labbra.) Appena ho messo la chiave nel buco della serratura, la porta si è aperta. (Quasi serio, mostrando la chiave che ha in mano) Come va questa faccenda?
(con simulazione) Come vuoi che vada? Quando sei uscito, avrai dimenticato di chiudere bene. Sei così distratto!
Anche questo può darsi. Brrr.... L'umido mi penetra nelle ossa....
Mio Dio!
Ci hai delle legna per fare un po' di fuoco?
Non so.... (Esce a sinistra.)
(agitando il cappello affinchè l'acqua possa colare — riflette:) Anche questo può darsi. La distrazione è il solo connotato che distingua l'uomo dalla bestia!
(di dentro) Per fortuna, ce n'è delle legna.
(continuando tra sè:) Difatti, la capra, la volpe, il cavallo, l'asino sono mai distratti? Nossignore! (Dopo avere asciugato il cappello con un fazzoletto, mette l'uno e l'altro sul cornicione della cappa.)
(entra con le legna e si adopera ad accendere il fuoco.)
(togliendosi il soprabito) Brava la mia Margherita!
Sono ancora i resti della panchetta fracassata.
E allora, siano benedette le spalle sulle quali la fracassai! (Distende il soprabito sulla spalliera di una seggiola accanto al fuoco.)
(ginocchioni, intenta alla bisogna) Ma del pastrano e dell'ombrello, babbo, che ne hai fatto?
Sei un gran tipo, tu! Quando sono uscito, pioveva, forse? No. E dunque che bisogno ne avevo?
Per altro, hai portato via ombrello e pastrano.
Naturale! (Prende dall'attaccapanni una lunga giacca vecchia, tutta sudiciume e tutta rappezzature.) E li ho utilizzati. (Infilando la giacca) Questa invece non c'è più da utilizzarla. Se andassi ad offrirla al Monte di Pietà mi riderebbero in faccia, e ne avrebbero il diritto.
(alzandosi) Come! Hai pegnorato?...
(con fierezza) Ombrello e pastrano. Beninteso! O bella! Per chi mi pigli? Pegnoratissimi!... La giornata si annunziava così scarsa....
(mite) Eppure, avevi promesso di comperare da pranzo.
Precisamente perchè io sono un uomo di risorse! Che diamine!
(con dolce rimprovero) Babbo! Babbo! (Riprende ad apparecchiare la tavola.)
(cavando dalle saccocce del panciotto una pipa e dei mozziconi) Ma... non ti dar pena, Margherita, perchè... grazie a Dio (tritola i mozziconi) .... Sì, dico, grazie a Dio, il pranzo non c'è. Questo è innegabile! Però, qualche volta, il pranzo viene giù dal cielo come l'acqua. Non sempre, veh!... Ho detto: «qualche volta». Chi sa!... Aspettiamo.
(siede presso la tavola, appoggiandovi un gomito e posando sulla mano il capo.)
(carica la pipa, l'accende con un piccolo tizzo preso dal focolare, e, fumando, siede tra il fuoco e la scrivania.) Oh! Benone! Così. (Canticchia :) «Sconto col sangue mio.... L'amor che pósi in te....» (Un breve silenzio.) Riconosco che ho sbagliato.... Non lo nego.... Ma il mio piano aveva i suoi pregi. Perchè, vedi, dopo l'operazione bancaria del pegnoramento, io ho... ragionato: «piuttosto che aspettare l'ora del pranzo con queste poche lire in mano, mettiamole a profitto e facciamole moltiplicare». Il capitale ozioso, mia cara, è una immoralità. Questa è la mia convinzione, e, tanto, non la cambio! Senonchè, mi sono ricordato che ero in pieno venerdì, e, prima di andare avanti, ho voluto prendere le debite precauzioni contro la jettatura della mala giornata. Ho stralciato una quota esigua dal capitale e mi sono provvisto di... (mettendo fuori un gran cornetto rosso) non so se mi spiego! Corallo vero non è, badiamo, chè, già, la qualità poco importa. Un corno deve essere un corno! Su questo mondo, la forma è tutto! E con l'amico in saccoccia, sono andato a... tu lo capisci, eh? Sono andato....
A giocare, babbo, a giocare....
Giocare! Giocare!... Che significa giocare? Diciamo: a negoziare. Orbene, ho negoziato....
E hai perduto.
Ma sai perchè?... Perchè non avevo più quattrini. Il corno, poverino, non ce n'ha mica colpa! Niente affatto! Se avessi continuato, se avessi potuto continuare, perbacco, (animandosi, si alza) stai pur tranquilla, Margherita, che le cose sarebbero andate altrimenti! (Fremendo di voluttà e di rabbia) Oggi mi sentivo la fortuna in pugno; me la sentivo qui, qui, (mostra le mani) e, credimi, Margherita, credimi, avrei avuto il coraggio di arrischiare non le vergognose cinque lire, maledetta la miseria!, ma migliaia di sterline belle e sonanti, e, come della luce del sole, per Satanasso!, sarei stato sicuro di saperle centuplicare. (Pausa.) Sarà per un'altra volta. Per oggi, contentiamoci di riscaldarci. Lui (al soprabito) ci dà il buon esempio. (Mutandone la posizione sulla seggiola affinchè si rasciughi da tutte le parti) Guarda, Margherita: sempre lo stesso, lui, da tanti anni! Perde il pelo, questo sì, ma non il vizio, per la semplice ragione che lui vizi non ne ha. (Sospirando, risiede.) Camperà più di me, è vero: ma non lo invidio per questo. Margherita, in fondo alla credenza troverai mezza bottiglia di Cognac. Abbi pazienza, portamela qui....
(rassegnata, prende nella credenza la bottiglia e un bicchierino e glieli pone dinanzi, sulla scrivania.)
Ne vuoi?
No, babbo. (Si allontana.)
(riempie il bicchierino, beve di un fiato e tossisce strascicatamente come per grattarsi la gola.) Di': sei in collera con papà tuo?
Mai.
Vieni qua. (Margherita gli si accosta. — Egli la carezza.) Non credere che io non ci pensi a te. Calcolavo sul conte Fabrizi. Mi sono affacchinato per lui, in queste elezioni. È restato a terra.... Che ci posso fare? Ma il compenso verrà... verrà. È un galantuomo il conte, ed è per questo che non voglio importunarlo.... Intanto, ci ho in prospettiva una buona dozzina di affari coi fiocchi: il tentativo con la vedova Verrusio, la vendita Stefanelli — e lì c'è da infinocchiare mezzo mondo!; — la causa Marotta; — e il signor Francesco Marotta se vuole la mia testimonianza sa come deve regolarsi. — Che altro? Ah! l'affare Perrotti.... Quello poi è sicuro... La copia del suo progetto è nelle mie mani, e.... (Pentendosi di aver detto troppo) Milioni non ne verranno, no; ma, via, certamente, ci sarà, per esempio..., ci sarà da comperare (tirando a sè Margherita) quella magnifica stoffa a strisce... che il De Simone spampana nella sua vetrina.... Santi numi, che stoffa! Ecco una stoffa che mi piace. E non è tutto! Compreremo anche un cappello grande... con uno di quei nastri... con una di quelle piume... con uno di quei ciuffoni di fiori..., non so, ma ha da essere un cappello così straordinario da farti sembrare meglio di una principessa.... E andremo a spasso, andremo; e la gente, per la strada, dovrà guardarci a bocca aperta, e di buona o di mala voglia dovrà esclamare: Ohè, com'è elegante la figliuola di Don Pietro Caruso! (Pausa. — Con malinconia) Già, tu non ci vuoi mai venire a spasso con me. Si direbbe... che te ne vergogni.
Che idee!
Sì, sì: te ne vergogni. Io sono uno sciamannato.... Vesto tanto male! Mi sono sempre vestito male! E perciò quand'ero studente e declamavo sui marciapiedi, mi chiamavano il filosofo . Ora mi chiamano il galoppino . Le attribuzioni sono diverse, ma il vestiario è lo stesso. E poi... e poi... le mie conoscenze non ti garbano. Quelli che mi salutano per la via non ti vanno a genio. D'altronde, se conoscessi delle brave persone, starei fresco. Le brave persone sono così inutili! Ma tu non dovresti dartene troppo pensiero. Sei una ragazza onesta tu? E che te ne importa degli altri? Pensa ai casi tuoi. Una ragazza che non va a spasso non trova marito.
(lievemente infastidita, gli volge le spalle.)
E tu devi trovarlo! (Pausa.) Ah, Margherita! Io sono molto logoro, lo vedi, molto logoro! E tu avrai bisogno di un compagno, di un sostegno. Altrimenti, quando io me ne vado, (con la mano accenna alla morte) come farai, figlia mia adorata, come farai?
(asciugandosi una lacrima) Finiscila, babbo!
È da molto tempo che dovevo ragionare con te di queste cose. Come farai?... Tu non puoi lavorare.... Non sai lavorare....
Imparerò....
(con uno scatto energico) Io non lo voglio!
Te l'ho chiesto in grazia tante volte.... Permettimi di imparare.
(con violenza) Mai! mai! mai! (Poi, animandosi sempre più) Imparare! Come si fa ad imparare? Ah, lo so! Si sta tutta la giornata fuori della propria casa, in un laboratorio qualunque, dove si parla... di tutto, dove le ragazze si guastano tra loro, dove una sola di esse cattiva o corrotta basta a corrompere tutte le altre, e dove l'esempio di quelle che fanno il comodo loro e che se la godono è una tentazione perenne, a cui non è facile sottrarsi.... (Con gli occhi spauriti) Si esce di lì, stanche, eccitate; si trovano sul canto della via i fratelli, gli innamorati delle compagne... e tutti i birbanti pronti a profittare delle prime irrequietezze d'un piccolo essere sensibile ed inesperto.... E la tentazione diventa più acuta, più insidiosa, più incalzante, più prepotente... ed ecco che da una parte s'impara a lavorare e dall'altra s'impara a transigere e ad avere nuove aspirazioni, a desiderare, a fantasticare... a perdersi!... Povere fanciulle!... Il cammino libero, quello del lavoro, quello dell'indipendenza, non vi sarà consentito, no, finchè noi uomini nasceremo con l'istinto d'inoculare nella donna tutto il veleno che può renderla più idonea al nostro egoismo. Ricòrdatelo, Margherita! Gli uomini sono vili, sono vili, sono vili!... Se io ti permetto d'andar fuori per provvedere alla tua esistenza, essi, che sono lì in agguato, non avranno pietà di te... non ne avranno di me. No, Margherita! (Abbracciandola, quasi difendendola cupidamente) No, Margherita mia.... No! No! Papà tuo ti vuole come sei.... Il tuo onore, il tuo onore è il suo riposo, è la sua luce, è la sua aria, è il suo alimento, è l'unico filo, l'unico che ancora lo leghi alla vita! (Tossisce. — Pausa.) E tu, per dare una consolazione a tuo padre, devi maritarti. Ragioniamo. L'andare attorno, alla ricerca d'un marito, non ci garba? Be'! Tanto meglio! Aspetteremo che il marito venga da noi. Le richieste non mancano. Non te ne sei accorta che Biagio mi sta alle calcagna?
Ah! L'antiquario....
(rifacendo la voce un po' nasale di Biagio) «Don Pietro, parlate con Margheritina.... Don Pietro, ditele che io ho una grande tenerezza per lei....»
Sì, sì....
Bello non è, e neppure giovanissimo.... Ma ha una buona clientela, è un negoziante intemerato, vende per roba antica tutto ciò che gli pare e piace.... Insomma, è un uomo per bene che ha parecchie dita di cervello e, all'occorrenza, ha anche tanto di cuore. Ieri, poveretto, voleva per forza prestarmi cinque lire....
(con un repentino moto d'orrore) E tu le prendesti?!
(calorosamente, in uno slancio irruente di protesta orgogliosa) No che non le presi, perdinci! Da lui, no, mai!... Appunto perchè so che ti vuol bene! (Un silenzio.) Dunque, Margherita?...
(Si picchia alla porta comune con le nocche delle dita) .
Chi è?
PIETRO, MARGHERITA, FABRIZIO.
(di fuori) Son io, don Pietro.
(con giubilo) Non è la voce del signor conte?
(turbandosi) Mi pare di sì.
Apri, apri.
(alza il lucchetto e si ritrae.)
(facendo capolino) È permesso?
(andandogli incontro, cerimonioso) Avanti, avanti, signor conte.... Siete in casa vostra, lo sapete.
(avanzandosi) Vi saluto, Don Pietro. (Con un cenno del capo) Signorina....
È la pioggia che vi mena da queste parti?
Avete ragione, sono manchevole....
Non dico per questo. (Gli toglie di mano il cappello.) Margherita, una sedia....
No, no... Me ne vado subito.... Ho da recarmi a Roma, e forse più lontano,... e ho stabilito di partire stasera, col treno delle sei e quaranta....
(ne ha una scossa.)
Ah? Di partenza?
Sì, e giacchè debbo sbrigare ancora qualche faccenda a casa....
C'è tempo, c'è tempo.... Ma, del resto, eccomi a voi. Quali comandi, signor conte?
Nessuna preghiera, don Pietro. Prima di partire, desidero di saldare quel conticino.
(giubilante e affaccendato) Caro signor conte, voi siete un portento... voi siete un prodigio.... Margherita, una sedia, t'ho detto.... Che cosa fai lì, come una statua?
Non ce n'è bisogno, don Pietro....
(tremante e con lo sguardo rivolto altrove per non lasciarsi scorgere, gli avvicina una seggiola.)
Grazie, signorina.
(portando la seggiola presso la scrivania) Qui, qui! (Quasi costringendolo a sedere) Accomodatevi, ve ne prego.
Sì, ma non perdiamo tempo.
Eh, che volete! La sorpresa... il piacere.... Voi non potete immaginare come arrivate opportuno.... (Sedendo dall'altro lato della scrivania) La manna nel deserto!... E tu, Margherita, non salti dalla gioia?
(tenta di sorridere.)
(a Fabrizio) È commossa. Vedete, non ho vergogna di dirvelo: senza di voi, oggi, io e lei avremmo passata la giornata così... a bocca asciutta.
(siede presso la tavola, a lavorare all'uncinetto, sempre perplessa, sofferente, con le orecchie tese.)
Cioè, a bocca asciutta, no, perchè questa è una bottiglia di Cognac.
Posso offrirvi? (Ne versa nel bicchierino.)
Grazie, no.
Alla vostra salute! (Beve e tossisce.)
Non bevete, don Pietro; dobbiamo parlare di affari.
Per me, oramai, è come l'acqua. Sono all'ordine, io. (Apre un registro sulla scrivania.)
(cava di tasca qualche carta. — Piano:) Vorreste pregare la signorina di allontanarsi un poco?
(forte) Oh, non vi preoccupate! Quella lì non ci disturba.
(subito) No davvero.
Tuttavia....
Niente, niente. Lasciatela stare.
(malvolentieri) Come volete.
Il conto completo delle spese fatte nella settimana precedente alle elezioni ve lo mandai martedì, e, se non sbaglio, è quello che avete in mano.
Perfettamente.
E dovete convenire che, fra tutti i vostri collaboratori elettorali, don Pietro è stato il più economico.
Economico, così così.
Oh! oh! Mi date un dolore....
Veniamo al quatenus , se non vi dispiace.
Veniamoci.
Secondo la vostra noticina, la somma che vi versai il giorno sette fu tutta esaurita.
I cento voti che vi promisi li avete avuti sì o no?
Va bene, li avrò avuti.
E la neutralità di quel camorrista di Attanasio Belfiore dovevo o non dovevo ottenerla a qualunque prezzo?
Ma va benissimo....
Le carrozze che servirono a portarvi tutti gli elettori sciancati e paralitici, dovevo o non dovevo pagarle?
(spazientito) Ho capito, don Pietro, ho capito....
E non lo sapete che feci risuscitare otto morti affinchè venissero a votare per voi?
O Dio, don Pietro, finiamola!
Volevo ragionare, volevo.
Ma che ragionare! Abbiamo assodato che quella somma fu esaurita?...
Sissignore.
E non ne parliamo più. C'è stata qualche altra spesa che per caso abbiate dimenticata?
Siete d'una delicatezza degna del nome che portate. Un momentino. (Legge nel registro, mormorando:) «Conte Fabrizio Fabrizii... Conte Fabrizio Fabrizii... Conte Fabrizio Fabrizii»... (A lui) Nessun'altra spesa, signor conte. (Altero di questa sua risposta) Cheh!... Questo significa aver le mani pulite!
(si stringe nelle spalle) Sicchè, ora non mi resta che compensarvi di tutto ciò che avete fatto per me. Se il risultato non è stato quello che voi più di tutti mi facevate sperare, io non ve ne serbo rancore. Anzi... desidero di remunerarvi largamente... molto largamente....
(il cui volto s'irradia) Signor conte!
(ascolta impallidendo.)
... Anche perchè... mi avete resi tanti altri favori....
Servigi sempre.
... e il vedervi, proprio ora, ridotto in queste condizioni....
Agli estremi! agli estremi!
... mi rattrista, mi fa male....
Troppo buono!
Sì, voglio lasciarvi (sottolineando le parole, affinchè Margherita comprenda) una grata memoria di me; e, uscendo da questa casa, voglio sapervi lieto, voglio sapervi felice... insieme con la vostra figliuola.
(inebriandosi) Non senti, Margherita?
(cui manca la voce) Sì, sento, babbo.
(a lui) È commossa.
Ma intanto... ho da chiedervi un ultimo piccolo favore.
Ordinate.
(pianissimo) Voi, di certo, non avrete distrutte alcune lettere mie riguardanti qualche affaruccio,... In esse non c'è nulla di grave... Nondimeno,... se me le renderete, io, francamente,... starò più tranquillo.
(abbassando la voce più di lui) Mi offendete.
Via, don Pietro, ci conosciamo....
Io non so che cosa intendiate dire, ma,... per non contrariarvi... (apre un cassetto della scrivania, e cerca) obbedirò. (Dandogli un pacchetto di carte) Ecco le vostre lettere.
(dopo averle contate) Oh, bravo! Così mi piace! (Si alza.)
(con premura e smarrimento) Come!! Ve ne andate?
(amaro e fiero) Adesso siete voi che offendete me!
Eh! Potrei rispondere alla mia volta che... ci conosciamo....
Siete un impertinente!
(mutando) Ma appunto perchè ci conosciamo, io ho piena fiducia nella vostra parola.
(contenendosi) Ciò non mi commuove che mediocremente. Sorvoliamo. (Pausa. — Cavando fuori una busta) Questa busta è per voi.
(più che mai inquieta, guarda con la coda dell'occhio.)
(avidamente tende le mani.)
Prima di prenderla, però, voi mi dovete promettere, mi dovete giurare che non sciuperete questo danaro per i vostri vizii e per le vostre solite stravaganze. (Con gentilezza e con sincera bontà) Vi parlo da amico, don Pietro. Ricordatevi che avete una figliuola grande e che tutto ciò che sperperate è tolto a lei, verso cui avete dei sacri doveri.
(umilmente) Nella vostra voce c'è qualche cosa di buono e di affettuoso a cui non sono abituato. Ve ne ringrazio, signor conte... E io vi giuro sul mio ono... (s'interrompe, mortificato; indi, si corregge) vi giuro... sull'onore di Margherita....
(Come per un fluido magnetico, s'incontrano gli sguardi, furtivi, di Margherita e di Fabrizio .)
(continuando) ... che questo danaro, dal quale sottrarrò appena quel poco che è necessario alle esigenze momentanee, sarà conservato, scrupolosamente... per lei.
(si leva, frenandosi e parlando senza fiato) No, babbo.... Io... non potrò mai permettere che....
(con giocondità) Silenzio, tu! Quello che potrai permettere lo saprai più tardi.
A voi, don Pietro. (Gli consegna la busta.)
(col cuore palpitante apre la busta e subito il suo volto si anima e i suoi occhi brillano di stupore e di ebbrezza.) Signor conte!... Che cos'è questo?!... Ma io sogno!... Io non merito tanto! (Mostrando con la mano in alto, in preda ad una gioia pazza, i biglietti di banca) Margherita! Margherita!
(si sorregge alla tavola.)
(spaventato) Margherita!... Figlia mia!... Tu sei pallida....
(ritrovando la forza nella sovraeccitazione) Babbo, tu non devi accettare quel danaro!
Non devo accettarlo? O scherzi, o impazzisci!
Non le date retta, don Pietro!
(gridando) Non devi, non devi accettarlo!
(dilatando le pupille) Non devo accettarlo? (Invaso dal dubbio atroce) Ma perchè?... Ma perchè?... (Un silenzio.) Margherita? Parla, parla: perchè non devo accettare il suo danaro?...
Non lo hai ancora compreso?! Ebbene, te lo dico io....
Parla!
(prorompendo) Perchè esso è il prezzo della mia colpa....
(disperatamente, gettando via il danaro) No!
Tacete, Margherita!
Perchè esso è il prezzo del mio peccato....
No! No!
(con lacerante veemenza) È il prezzo del mio povero amore, del mio amore sciocco e insensato, ed è ciò che egli paga, intendi?, è ciò che paga a me e a te per avere il diritto di licenziarmi come si licenzia la serva di cui non si ha più bisogno!
(alla figlia, sentendosi strozzare dal dolore e dall'ira) Esci.... Esci di casa mia.... Esci.... Vattene... Mi fai ribrezzo!....
Babbo!
Mi fai ribrezzo!... Vorrei essere cieco per non vederti, vorrei essere sordo per non udire la tua voce. (Terribile) Esci!
Vi prego, don Pietro....
Non parlo con voi, signor conte. (A Margherita) Esci! (Restano tutti e tre qualche momento in silenzio, come paralizzati.)
(lenta e dimessa, singhiozzando, si avvia per uscire.)
(con un impeto subitaneo) No, aspetta! (Supplichevole) Aspetta! (Pausa.) Te ne andavi davvero, eh?... Dove andavi?... (Sottovoce) Le strade sono piene di pericoli... e, tra poco... (avendone un brivido) sarà notte.... (Poi, rivolgendosi risoluto a Fabrizio) Signor conte, voi non mi lascerete così la mia figliuola.
(cortese) Don Pietro, innanzi a lei non possiamo parlare liberamente.
È giusto. (A Margherita) A te: hai inteso?
Sì.
(la prende per un braccio, e, con lieve violenza, la conduce verso la porta a sinistra, parlandole all'orecchio concitatamente:) Mi hai confessato tutto?
(sempre singhiozzando) Tutto.
Non hai altro da dirmi?
Niente altro.
Non hai conosciuto che lui?
Lui! Lui!... Il solo! (Via.)
PIETRO E FABRIZIO.
(chiude l'uscio, raccoglie i biglietti e li porge a Fabrizio in atto quasi di preghiera.) Riprendete, signor conte....
(pazientemente, scrollando il capo, intasca i biglietti.)
Ora, potrete rispondere. Voi non me la lascerete così la mia figliuola.
Don Pietro, io non vi capisco.
(tutto tremante nella voce) È tanto semplice, è tanto naturale, è tanto chiaro....
Gli è che siete troppo eccitato. Parleremo con più calma un'altra volta.
Ma qui non si tratta d'un qualche affare che riguardi voi e me. Qui si tratta di lei, della mia creatura,... infame sì, ma sventurata.... E noi non abbiamo il diritto di prolungarle questi momenti d'angoscia.... Parleremo adesso, signor conte.
(rassegnato, siede.) E parliamo.
Voi, da quel galantuomo che siete, non negate, non potete negare che la mia creatura, quando ha conosciuto voi, era una ragazza onorata.
Non lo nego.
Non potete negare che la sua confessione... quella che le è uscita di bocca un momento fa... è stata veritiera.
Non nego neanche questo.
E dunque, ragioniamo: la responsabilità di chi è?
Di tutti e due, perchè Margherita non è più una bambina e io non sono nè un seduttore, nè un ingannatore.... Ci siamo amati, ci siamo piaciuti, siamo stati deboli, imprudenti.... Non dovrei parlare così, ma voi mi ci costringete. Ognuno di noi due ha la sua parte di responsabilità.
Ah, già! (Animandosi dolorosamente) Responsabile il maschio, responsabile la femmina! La natura umana è uguale per tutti, come la legge. Senonchè, questa eguaglianza finisce dove finisce il peccato e dove comincia la pena. La responsabilità è comune, sissignore, ma la femmina sconta la sua debolezza con la vergogna di tutta la vita, e il maschio la sconta con alcune migliaia di lire o, qualche volta, solamente con un'alzata di spalle. Ecco l'uguaglianza della natura umana! (Pausa.) Signor conte, io sono e sono stato sempre una persona orribile, perchè, nascendo, ereditai, insieme con un po' di triste ingegnaccio, tutti i germi che man mano si sviluppano per ammiserire un uomo. Pure, un giorno, dopo un momento di brutalità, quando mi trovai dinanzi una povera donnetta che non aveva commessa altra colpa che quella a cui io l'avevo trascinata, sentii il desiderio e la necessità di farne mia moglie. (Con tenera soavità) Mi visse due anni, e furono i più lieti della mia esistenza.... Non sentite lo stesso desiderio, la stessa necessità, voi, che siete una persona sana e virtuosa?
Ma come c'entra tutto questo? Io non comprendo come voi, che, in fondo, siete un uomo assai intelligente, mi possiate chiedere sul serio ch'io sposi vostra figlia. Il suo caso mi sta a cuore più che non crediate. Le ho voluto bene veramente e ancora gliene voglio, ancora mi piace.... Mi separavo da lei per evitarle... guai peggiori. Prontissimo a qualunque accomodamento, ma sposarla?!... sposarla?!
Sposarla, s'intende!
Via, non scherziamo. Io non sono un uomo superiore, e non aspiro ad esserlo. Se la società in cui viviamo è fatta male, volete che la rifaccia proprio io?
Sposare una ragazza che vi si è data anima e corpo significa rifare la società?
Significa sfidarla, il che è più pericoloso.
La sfidereste se non foste sicuro dell'onestà di lei.
Ma non devo esserne sicuro io; ne devono essere sicuri gli altri.
Il vostro nome è una garanzia.
Il mio nome esige precisamente ch'io dia conto agli altri della rispettabilità di mia moglie.
E allora a che serve un nome come il vostro se esso non è la marca di fabbrica che può garantire la rispettabilità della donna a cui lo date?
Don Pietro, voi mi obbligherete a dirvi delle cose molto crudeli....
Ma dite, dite....
Voi dimenticate o fingete di dimenticare la circostanza più importante.
La circostanza più importante è che quella ragazza è rovinata.
La circostanza più importante, la circostanza che esclude le speranze, le discussioni e i cavilli, don Pietro, è che essa è....
(intuendo) Zitto, per carità!
(vibratamente) ... è che essa è vostra figlia !
(colpito e annichilito, non può pronunziare una sillaba.)
(alzandosi) Tutto sommato, è bene che voi abbiate udito il suono di queste parole. Ma io vi domando: se anche amassi Margherita sino alla follia, in che modo potrei distruggere tutto ciò che le sta d'intorno, in che modo potrei annullare il vostro passato, il vostro presente, tutta la vostra vita, tutto il discredito — per non dir di peggio — della casa in cui ella è nata ed è vissuta? Sì, vi scalmanate in favore delle donne.... Ne sposaste una probabilmente perchè essa non aveva per padre un uomo come voi e perchè voi non avevate niente da perdere e niente da sacrificarle. Ma per vostra figlia, che avete saputo fare?
(oscillando da capo a piedi come preso dalla paura) No, no, non continuate, non continuate....
Fra questi medesimi muri, che mi accoglievano di nascosto, io avevo visto le cose più strane e più equivoche. Venivo qui quando volevo. Trovavo una fanciulla sola, sempre sola, disfatta dalla noia e dalla malinconia, inutilmente desiderosa di una vita attiva e proficua, abbandonata a sè stessa....
(quasi vedesse il triste quadro con le sue pupille dilatate e fisse) È vero!
... senza una risorsa, senza un sollievo....
È vero!
... disposta a preferire qualunque lotta, qualunque rischio e financo la perdizione all'ozio lugubre del suo carcere. Nessuna traccia dell'autorità e dell'affetto paterno ci frenava, ci tratteneva, ci correggeva; nessun ostacolo si opponeva a me, nessuno a lei.... E mentre la solitudine contribuiva ad aumentare gli scoraggiamenti e le insidie nell'animo della vostra figliuola, che facevate voi, don Pietro?... Dove eravate?... Dove eravate?
(sfinito, esausto, parlando a stento) Basta, basta, per pietà.... Non ho più la forza di ascoltarvi.... Avete ragione.... L'avaro losco, che nasconde il suo tesoro in un pozzo senza fondo, non lo ritrova e non ha il diritto di ritrovarlo.... Avete perfettamente ragione.... Ma non mi tormentate più.... Mi aspettano ancora tante torture.... Concedetemi una tregua... e concludiamo il nostro colloquio.
(con affabilità contenuta) La conclusione è che Margherita potrà sempre contare sul mio affetto. Credevo di giovarle rompendo ogni legame e facendole indirettamente... una mia doverosa offerta. Ma io come io non desidero che di continuare ad essere per lei... quello che sono stato sinora, assumendo l'impegno... di provvedere alla sua vita, senza restrizioni.
(come ebetito) Questa è la vostra proposta?
Questa.
Siamo intesi. (Un silenzio.) (Un'idea tremenda gli occupa d'un subito il cervello.)
A rivederci, Don Pietro
Riceverete a casa la risposta di mia figlia, fra pochi minuti.
Come vi accomoda. (Fa per andare.)
Non volete neppure stringermi la mano?
(torna, porgendogli la destra) Ma sì.
(gliela stringe e gliela trattiene) E non lo dimenticate questo saluto.
Perchè?
Perchè... se Margherita vi dirà di sì.... Don Pietro andrà a fare il galoppino... nell'altro mondo.
Non dite scioccherie!
A voi sembra assurdo che un uomo della mia qualità non abbia il coraggio di assistere alla... discesa della sua figliuola?... (Lugubre) E intanto è così, signor conte, è proprio così.
Vedrete, vedrete. Accomoderemo le cose in maniera che....
... che tutti saranno soddisfatti?
Precisamente.
E io non ne dubito.
Di nuovo, a rivederci, don Pietro....
Sì, sì, a rivederci.
PIETRO E MARGHERITA.
(si stringe le braccia, incrociate sul petto, come per una sensazione di morte. Vede la bottiglia di Cognac. L'afferra, e beve. Tossisce. Si alza a guisa di uno stordito. Si accosta alla porta della camera dov'è Margherita, e mette l'occhio al buco della serratura. Poi, guardingo, tremando, apre un cassetto della scrivania, ne cava una rivoltella. Nasconde l'arma nella giacca. Ciò fatto, con accento per quanto gli è possibile fermo, chiama:) Margherita! Margherita!... Margherita!
(comparisce cogli occhi rossi, ansiosa, timida.)
(cercando di dissimulare il colmo dell'orgasmo e parlando con solennità, cui mal s'addicono la voce tremula e la pronunzia alquanto debole) Margherita, ho ragionato a lungo col conte Fabrizii, e ci siamo detto... tutto ciò che potevano dirsi due uomini nelle nostre condizioni. Il risultato del colloquio è il seguente: Egli non può sposarti, e non ti sposerà. Su questo, niente da osservare.... La figlia di Don Pietro Caruso non si sposa. (Pausa.) Ma c'è, in compenso, una sua proposta... di altro genere. Il conte Fabrizii, per mezzo di tuo padre, ti propone di essere la sua... la sua amica, come sei stata sino ad oggi; e ti offre, senza restrizioni, il suo appoggio. Vedi che son riescito a dire con disinvoltura e con garbo quello... che, probabilmente, nessun padre avrà mai detto a una figlia! (Pausa.) Ora, Margherita, sei tu che devi decidere. Su, dunque! Animo!... Animo!... Che decidi?
(vorrebbe, ma non osa guardarlo, nè rispondere. È pallidissima.)
(fissandola acutamente e penosamente) Rispondi, Margherita.... Rispondi. (Pausa.) (Quasi con energia) Che decidi?
(abbassa il capo.)
(trepidante, le si avvicina, e, tuttora fissandola, le solleva delicatamente il capo, costringendola a sentirsi in faccia lo sguardo di lui.)
Babbo....
Avanti!
(a un tempo umile e risoluta) Io l'amo!
(ne ha una tremenda stretta al cuore; ma si padroneggia.) E sta bene. Non è necessario di aggiungere altro. Egli aspetta la tua risposta. Te la dètto io. Scrivi.
(sospesa, timorosa, non si muove.)
(con cupa violenza) Ti ordino di scrivere!
(automaticamente, siede presso la scrivania, e si dispone a scrivere.)
(ridiventando mite) Poche parole, ma compendiose. Scrivi, scrivi. (Dettando:) «Accetto la vostra proposta»... (Pausa. — Con un intimo avanzo di speranza) Hai scritto?
Sì.
(sente la condanna che è in quel SÌ, e continua a dettare:) «L'accetto... imperciocchè vi amo e fido ciecamente in voi»... Se sei abituata a dargli del tu, correggi! (Dètta:) «Vi prego di venire appena avrete ricevuta questa lettera... imperciocchè ... urge la vostra presenza».... (Ancora un lampo di speranza) Hai scritto?
Sì.
(sente ribadire la condanna; le forze gli mancano, si piega un istante sul tavolino; ma di nuovo si padroneggia e si solleva.) Benissimo. Firma, chiudi e mettici l'indirizzo.
(esegue.)
(girando intorno lo sguardo smarrito) Il mio cappello?...
Babbo, non uscire, adesso!
(prende la lettera di su la scrivania) Il palazzo Fabrizii è qui vicino. Porto la tua risposta al signor conte....
Ma no, non c'è bisogno.... Non è indispensabile! (Con uno slancio affettuoso) Non voglio! Non voglio!
(ha un raggio di illusione negli occhi) Non vuoi?... Che cosa non vuoi?
Non voglio che ci vada tu stesso.... Sarebbe brutto, babbo, sarebbe sconveniente!...
Ah! (Pausa. — Ricascando nella sua profonda tristezza) Questo è che non vuoi!... Eppure, è la prima volta che ti sono, in certo modo, un poco utile... Finora, non ti ho fatto che del male, Margherita. Assai te ne ho fatto!... Ti prometto di non fartene mai più!... Oh, non pensare che la testa mi giri! So quello che dico.... Poc'anzi..., questo è vero..., poc'anzi ho ancora bevuto.... Ma, credimi, ho le idee chiare, precise, fisse, ben inchiodate nel cervello, come non le ho mai avute.... (Le si avvicina, profondamente commosso, con dolcezza, quasi con devozione) Senti, Margherita. Tu... ti perdi... sì, ti perdi perchè sei mia figlia....
Babbo!...
Ed io... ti chiedo perdono d'essere tuo padre!
Babbo, non parlarmi così....
(stringendosela forte tra le braccia e scoppiando in un pianto dirotto) Dimmi, dimmi che mi perdoni....
(anche lei piangendo) Io non ho nulla da perdonarti!
La tua incoscienza è la mia peggiore condanna! Dimmi che mi perdoni, Margherita, dimmi che mi perdoni... te ne supplico....
E sia.... E sia. Ti perdòno.... Sì, ti perdòno... ti perdòno....
(coprendola di baci e di lagrime) Grazie... Grazie.... (Frena il pianto, e, fingendo di calmarsi, a poco a poco si distacca da lei) Ecco... lo vedi... ora sono tranquillo. (Sorride. Si drizza quasi impettito. Piglia il cappello e se lo calca in testa.)
Con questa giacca esci, babbo?
Ah?... (Stranamente imbarazzato) Con questa giacca? No. (Se la toglie e cerca un pretesto per sottrarsi all'attenzione di Margherita.) Guarda un po', Margherita, se piove ancora.
(Mentre ella va alla finestra e l'apre e la richiude, Don Pietro, con circospezione e sveltezza, cava la rivoltella dalla tasca della giacca e la ficca in una tasca del soprabito.)
No, babbo, non piove più.
Be'!
(lo aiuta a indossare il soprabito.)
(ne ha un brivido come se ella gli mettesse addosso la Morte.)
(resta immobile, quasi attonita, seguendo lui con lo sguardo interrogativo.)
(dopo di aver indugiato qualche istante, abbottonandosi) Addio, eh?... (Ed esce, cantando con un estremo sforzo di volontà:)
Sconto col sangue mioL'amor che pósi in te....Non ti scordar di... me...
(La voce, lontana, si spezza come in un singulto.)
[1] |
Nota per gli interpreti: — Fin qui, la scena deve procedere lentamente, con mollezza tutta napoletana. |
*** END OF THIS PROJECT GUTENBERG EBOOK DON PIETRO CARUSO ***