The Project Gutenberg eBook of I Puritani di Scozia, vol. 2 This ebook is for the use of anyone anywhere in the United States and most other parts of the world at no cost and with almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included with this ebook or online at www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you will have to check the laws of the country where you are located before using this eBook. Title: I Puritani di Scozia, vol. 2 Author: Walter Scott Translator: Gaetano Barbieri Release date: August 13, 2013 [eBook #43459] Language: Italian Credits: Produced by Carlo Traverso, Claudio Paganelli, Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images generously made available by The Internet Archive) *** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK I PURITANI DI SCOZIA, VOL. 2 *** Produced by Carlo Traverso, Claudio Paganelli, Barbara Magni and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images generously made available by The Internet Archive) I PURITANI DI SCOZIA ROMANZO STORICO DI WALTER SCOTT VOLGARIZZATO DAL PROFESSORE GAETANO BARBIERI _TOMO II._ FIRENZE TIPOGRAFIA COEN E COMP. _All'insegna della Minerva_ MDCCCXXVII. I PURITANI DI SCOZIA CAPITOLO PRIMO. »Cresce il fragor dell'armi e d'ogni loco »S'affoltan de' monticoli i drappelli, »Che ciechi d'ira de' moschetti il foco »Sfidan con vanghe e rustici randelli.» _Hudibras._ Il giovine Graham scese dalla montagna facendo sventolare quella bandiera, di cui non havvi oste inviperita che non rispetti il colore. Gli tenea dietro un trombetta. Ei vide allora distaccarsi dai due fianchi del picciolo esercito presbiteriano cinque o sei uomini a cavallo che, prima unitisi al centro, presero insieme la dirittura del fossato. Avviatosi parimente ver quella banda, si trovò a poca distanza dalla riva opposta. Le due parti tenean gli occhi fisi l'una su l'altra, e senza dubbio entrambe desideravano che il parlamento al quale accigneansi prevenise la sanguinosa lotta imminente. Allorchè Graham si trovò a petto degli uomini a cavallo mossigli incontro, ordinò al trombetta desse il segno solito ad indicare che si domanda un colloquio. Non avendo i sommossi alcun strumento di musica militare a fin di rispondergli, un d'essi fece qualche passo innanzi chiedendo in aspro tuono al Reale a qual fine s'innoltrasse verso le loro file. »Per intimarvi, rispose Graham, a nome del re, del Consiglio privato di Scozia e del colonnello Graham di Claverhouse di mettere abbasso l'armi e tostamente di andarvene ognuno alle vostre case.» »Ritorna ai tuoi commettenti; dì ad essi come fin d'allor quando Carlo Stuardo, da voi altri chiamato re, fu spergiuro ai giuramenti che a noi lo obbligavano, noi ci teniamo sciolti da quelli che ne univano a lui; che noi non riconosciamo più la sua autorità; che abbiam prese l'armi per vendicare i mali da lui fatti alla patria ed alla chiesa; che la nostra forza viene dall'alto, e che i nostri fratelli e i nostri predicatori, vittime da voi sagrificate al martirio...» »Sono inutili tutti questi preamboli; rispondetemi strettamente. Volete mettere a basso le armi, e disunirvi con promessa di perdono generale.... fuorchè però agli assassini dell'arcivescovo di S. Andrea?... »Ebbene, in una sola parola: no. Noi abbiam prese l'armi per la buona causa, nè le dimetteremo finch'ella non abbia, se ci assiste l'Altissimo, trionfato.» »Non vi nomate voi Balfour di Burley?» gli chiese Graham, che in questo mezzo avea confrontati i lineamenti dell'uomo cui favellava, coi contrassegni trasmessine per ogni dove. »E quand'anche mi nomassi Balfour di Burley, qual cosa avresti tu a dirgli?» »Che essendo egli escluso dal perdono ch'io sono incaricato d'offerirgli, non sono spedito a negoziar seco lui.» »Sei ancor giovine, amico mio, e quindi assai novizio nel tuo mestiere. Altrimenti sapresti che non è lecito negoziare con un esercito se non se pel canale de' capi dello stesso esercito, e che chi si comporta diversamente perde il diritto a' suoi salvocondotti.» Così parlando afferrò la sua carabina volgendone la punta contro Graham. »Le minacce d'un assassino non faran sì ch'io non adempisca il mio debito. -- Brava gente, si fece indi a promulgare alzando la voce. Perdono generale se deponete le armi!...» »T'ho avvertito» aggiunse Burley, mettendosi l'arme alla guancia. »Eccetto continuava Graham, per coloro...» »Dio abbia misericordia dell'anima tua!» sclamò allora Burley, e fe' scattare il grilletto della carabina. Fu mortale il colpo. Graham cadde da cavallo. »Povera madre mia!» furono le sole parole che articolò, nè più aperse gli occhi. Il trombetta che lo accompagnava si diè tosto a fuggire alla volta del suo reggimento e il cavallo del defunto il seguì. »Che faceste?» chiese a Burley uno dei suoi compagni. »Il mio dovere, con feroce tuono questi rispose. Samuel forse risparmiò Agag? Che un di costoro venga adesso a favellarne di perdono.» Claverhouse vide la caduta del suo nipote, e volgendo ad Evandale un'occhiata nunzia di tal commozione che non saprebbe esprimersi con parole: »Voi lo vedete!» gli disse; indi i lineamenti di lui si composero tantosto alla ordinaria loro serenità. »Lo vendicherò, o morrò» aggiunse in appresso queste parole; poi spronando il cavallo scese di gran galoppo dalla montagna, seguitato da tutta la compagnia, e da molti amici del defunto, fra' quali ciascuno voleva essere primo ad assalire il nemico. »Alto là! sclamò Claverhouse. Alto là! Questa foga sarà la nostra rovina.» Ma tutta la prima linea di già era partita. Mettendosi colla sciabola alla mano dinanzi al secondo corpo del reggimento, soltanto a furia di minacce e preghiere pervenne a distorlo dal seguire un esempio sì pernicioso. Non appena li vide tornati alla subordinazione. »Allan, disse volgendosi al maggiore, conducete di passo la seconda linea verso la falda della montagna, affinchè soccorra lord Evandale che sta per abbisognare assai di soccorso. -- Bothwell tu sei un diavolo, coraggioso, intraprendente...» »Sì, sì! borbottò tra i denti Bothwell, in questo momento ve ne accorgete.» »Prendi venti uomini al tuo comando, cerca di girare attorno la palude, e assali di fianco il nemico intantochè noi lo combatteremo di fronte.» Bothwell partì sull'istante per eseguire un tale comando. Intanto lo squadrone comandato da lord Evandale, sceso con troppo impeto ne' bassi luoghi, non tardò a trovare impacci che al suo progredire opponea la natura stessa del sito; specie di fangosa palude, per mezzo a cui i cavalli non potevano camminare. Chi fra i cavalieri facea non ostante ogni sforzo per andar più avanti all'indirittura della fossa, chi si traeva più a' fianchi, tutti sperando di aggiugnere finalmente un più fermo suolo. Ma non appena si trovarono a gittata d'archibuso, il trarre de' Puritani fe' cadere una ventina di loro, cosa che aumentò grandemente lo scompiglio in cui si trovavano. Intanto lord Evandale, animando col proprio esempio un drappello eletto de' suoi uomini a cavallo, trovò modo di varcare il fossato, ma tocca appena l'altra sponda, ebbe a sostenere l'impeto di tutta la banda sinistra della cavalleria de' Puritani, i quali s'infiammarono di nuovo coraggio in veggendo quanto fosse poca la truppa che il lord conduceva, e piombando con furore sovr'essa sclamavano: »Morte ai Filistei! Pera Dagone, e seco i suoi adoratori!» Il giovane capitano si difese a guisa di lione, ma uccisi erano per la maggior parte que' che il seguirono, e tal destino avrebbe corso egli pure, se Claverhouse giunto allora col restante del reggimento al primo orlo della fossa non avesse ordinato un fuoco, sostenuto con tanta maestria contro i nemici che finalmente incominciarono a piegare; momento di cui profittò Evandale per ricongiugnersi insieme ai pochissimi che gli rimanevano col colonnello. Benchè questa fazione operata da Claverhouse avesse cagionata una grave perdita nelle truppe de' Puritani, i capi delle medesime comprendevano cionnullameno il vantaggio che aveano e di numero e di sito, nè dubitavano che il coraggio e la perseveranza alla lunga non dessero loro una infallibil vittoria. Essi pertanto trascorsero le file de' lor soldati, le riordinarono, gli esortarono a tenersi ferme, e soprattutto a non cessare dal trarre sul reggimento reale. Claverhouse sperimentò a più riprese il guado della fossa, onde potere dar battaglia sopra terreno meno svantaggioso, ma gli fu impossibile aggiugnere questa meta. »Converrà pensare alla ritirata, diss'egli a lord Evandale, semprechè non ci sia propizia la diversione cui si è accinto Bothwell. Mentre ne aspettiamo l'effetto, ordinate un moto retrogrado fintantochè i nostri sien fuor di gittata degli archibusi nemici, e mettete dietro le macchie i cacciatori con ordine di tribolare e dar faccende ai ribelli.» Le quali cose essendo state eseguite, il colonnello aspettava ansiosamente l'istante, che Bothwell incominciasse l'assalto a fine di rinnovellarlo egli pure nel tempo medesimo. Ma Bothwell parimente incontrò per parte sua gravissime difficoltà; la fazione ch'egli eseguiva non ingannò l'antiveggenza di Burley, che una fazion simile ordinò al suo corpo di cavalleria dell'ala diritta in guisa che quando il sergente ebbe fatto il giro della palude e attraversato un ruscello che era di mezzo, si trovò a petto d'una forza nemica tre volte più numerosa della sua. Ma l'inaspettato ostacolo non atterrì l'uom coraggioso. »Avanti, miei amici! sclamò alla truppa. Non si dica mai che indietreggiammo alla vista d'una banda di masnadieri.» E quasi lo invadesse lo spirito dei suoi maggiori; _Bothwell!_ esclamò, _Bothwell!_ e facendo impeto sulla cavalleria de' nemici, impeto sì forte, che di sbalzo uccise tre uomini di propria mano, la costrigneva a ripiegare. Ma Burley prevedendo quai conseguenze funeste avrebbe portata alla sua gente una rotta in quel punto, si trasse nelle prime file, e cercando Bothwell lo assalì petto a petto. Ognuno dei due combattenti veniva riguardato come il campion principale di ciascuno de' due drappelli che allor si azzuffavano, la qual circostanza diede luogo ad un avvenimento più facile a incontrarsi ne' romanzi che nelle storie. I soldati di entrambe le parti si soffermarono, come se l'esito di una singolare tenzone dovesse risolvere quello della battaglia. E di tale avviso mostraronsi Bothwell e Burley, perchè dopo brevi istanti di pugna generale, si arrestarono quasi di comune accordo per prendere fiato, e prepararsi a tale duello, ove ciascun dei due si accorgeva d'aver trovato nell'altro un degno competitore. »Riconosco in te lo scellerato assassino Burley, sclamò Bothwell brandendo la sciabola e digrignando i denti. Ti sei a me sottratto una volta, ma oggi (e qui aggiunse un giuramento che non oserei tampoco ripetere) quest'oggi o sospenderò alla sella del mio cavallo la tua testa posta a prezzo di tant'oro quant'ella pesa, o il mio cavallo se n'andrà senza padrone.» »Sì: disse Burley, lanciando un feroce sguardo sopra Bothwell, sì: io sono quell'Iohn Balfour, quell'istesso da cui avesti parola che s'ei giugneva a rinversarti non ti rialzavi più mai. Ti ricordi del giorno della rassegna?» »Ebbene! la morte o mille marchi d'argento!» e ciò esclamando Bothwell menò sull'altro un colpo di sciabola. »La spada di Gedeone è con me[1],» gridò Burley parando il colpo, e a sua volta assalendo l'altro. [1] Anche prima di Walter Scott tutti gli scrittori drammatici (e in certo modo ai drammatici appartengono i romanzieri) se sonosi attenuti alla verità nel mettere in azione i Puritani, loro han sempre attribuito questa specie di scritturale linguaggio; e il nostro Alfieri, allorchè introduce Lamorre a rimproverare Maria Stuarda rendutasi cattiva moglie, lo fa esclamare »Oh nuova »Figlia d'Acab! già l'urla orride sento, »Già di rabidi cani ecco ampie canne, »Cui tuoi visceri impuri esser den pasto.» _N. del T._ Forse una pari tenzone non s'era ancor vista. Stava in entrambi i combattenti eguale vigoria di corpo, eguale coraggio, eguale arditezza; nè l'uno nè l'altro cedeva di maestria nel maneggio dell'armi e nel governo de' corridori. Ognun fece all'altro molte ferite fino allor non mortali. Ma andata in ischeggie la sciabola di Bothwell, gli fu addosso impetuosamente Burley che afferratolo per la bandoliera, lo scavalcò, e fu egli parimente trascinato dal peso del nemico in tale caduta. Accorsero in aiuto di Burley gli altri compagni, che i dragoni si sforzavano a rispignere, onde la pugna si fe' generale. Più d'una volta i cavalli passarono su i corpi de' due combattenti inveleniti oltre ogni dire l'un contro l'altro, e studiosissimi scambievolmente di darsi morte. Finalmente il piede d'un cavallo avendo fracassato il braccio destro a Bothwell, e Burley rialzandosi, costui di feroce gioia infiammato passò attraverso al corpo dell'altro la sciabola. Bothwell disarmato ebbe anche una volta il tempo di sorgere. »Trionfa sciagurato, gli disse. Tu versasti sangue di re[2].» [2] Fra i tanti pregi drammatici e pittoreschi di Walter Scott, sommo è pur quello di non dimenticare mai in qualunque circostanza della lor vita i caratteri attribuiti ai suoi personaggi. Bothwell, che come diceva Claverhouse a pag. 170 del primo tomo stava sempre _a cavallo de' suoi antenati_, a cavallo d'essi spira l'ultimo fiato. -- _N. del T._ »Muori, soggiunse trafiggendolo una seconda volta Balfour, muori, cane avido di sangue! muori come vivesti senza fede, senza speranza...» »E senza paura». Il pronunziar tai parole fu l'ultimo sforzo vitale per Bothwell. Cadde in quell'atto e immantinente spirò. Il selvaggio Burley calpestò co' piedi il nemico trafitto; indi salito sul cavallo medesimo di Bothwell rimasto presso de' combattenti, galoppò in soccorso de' suoi partigiani, cui la caduta del sergente inspirò nuovo coraggio, come depresse la fiducia de' dragoni. Il successo quindi di quella pugna non fu più ne dubbioso nè disputato. Una parte de' Reali rimase uccisa, l'altra si diede a fuggire sbandatamente ver la palude. Ma Burley ordinò di non inseguirla, deliberato d'operare contro Claverhouse quel medesimo strattagemma che questi contro di lui ordinò. Spedito un uomo a cavallo che divulgasse a tutto il campo la notizia del buon successo ottenuto, mandò un ordine generale a' suoi di attraversare la fossa e attaccar battaglia su tutti i punti. Indi corse di galoppo col suo corpo d'armati per far impeto sull'ala destra degli inimici. In questo mezzo Claverhouse fe' il possibile per richiamar l'ordine fra suoi, venuti, com'è naturale, in tutto quello scompiglio che è l'effetto solito delle pugne intraprese contro regola e tornate con isvantaggio. I cacciatori da lui posti entro le macchie non si stavano dal molestare il nemico con un fuoco regolare e ben ordinato, perchè Claverhouse aspettava sempre di vedere le conseguenze della fazione da lui ordinata a Bothwell per movere indi contro i Puritani il restante del reggimento. In quell'istante gli si presentò innanzi un dragone coperto di sudore e di sangue, e il cui cavallo, col non potere tirar fiato dava a divedere che non era venuto di passo. »Ebbene! quai notizie abbiamo Holliday? (chiese il colonnello, che conoscea di nome tutti gli uomini del suo reggimento) ov'è Bothwell?» »Morto, rispose Holliday, e più d'un valoroso in sua compagnia.» »Il re ha dunque perduto un prode soldato, soggiunse colla solita sua indifferenza Claverhouse. Il nemico, non ne dubito, avrà compito egli il giro della palude.» »Sì, e con una grossa banda di cavalleria comandata da Burley, da quel diavolo incarnato che uccise Bothwell.» »Zitto là! lo interruppe Claverhouse, zitto là! vi proibisco il dirlo a chichessia. -- Maggiore Allan, è duopo ritirarsi, la necessità ne costringe a tale partito. -- Lord Evandale, richiamate i cacciatori, ed ordinate il reggimento in tre corpi. Allan comanderà il primo, voi rimarrete al centro, io starò al retroguardo, per tenere cotesti malandrini in faccende sintantochè abbiam raggiunto di nuovo lo spianato della montagna. Non perdete tempo. Vedo in moto tutta la loro linea, e certo or s'accingono a traversare il fossato.» »E che diverrà intanto di Bothwell e del Suo squadrone?» »Silenzio!» il colonnello interruppe Evandale, indi fattosegli all'orecchio: »Bothwell, disse, sta adesso al servigio d'un altro padrone. -- Su via, miei signori! non abbiam tempo da perdere, ordinate il reggimento. Una ritirata, nol nego, è cosa nuova per noi, ma ne verrà il giorno di ricattarci.» Allan ed Evandale si preparavano ad eseguire tale comando, allorchè una porzione de' Puritani avendo già superata la fossa, movea, mandando grida spaventevoli contro i Reali. Claverhouse raccolse attorno di sè coloro ch'ei conoscea per li più valorosi, e a capo d'essi fece impeto su questo antiguardo nemico, parte uccidendone e parte rispingendone verso la fossa, che intanto era stata varcata da tutta la fanteria Puritana. Allora Burley incominciò l'assalto sulla sua destra, e Haxton di Bathillet a capo del suo squadrone di cavalleria faceva altrettanto sulla sinistra. Il maggiore e lord Evandale in veggendo che il colonnello e la sua poca truppa stavano per essere inviluppati, misero a banda le idee di ritirata, e ordinarono ai propri corpi il marciare in avanti per torgli d'impaccio. Ma si fatto comando non venne generalmente eseguito. I soldati avean già visti i preparamenti d'una ritirata, e molti di loro non vollero essere gli ultimi ad operarla; quindi il declivo della collina scorgeasi tutto coperto di fuggiaschi, i quali non pensavano che a mettersi in sicurezza. Non poterono dunque raggiugnere il colonnello se non se con un piccolo drappello d'uomini risoluti, che unirono i propri agli sforzi di lui per coprire la ritirata de' fuggitivi. Non fuvvi mai occasione in cui Claverhouse avesse dovuto far mostra d'intrepidezza cotanta. Egli era capo di tutti i fuochi da esso ordinati; e poichè il suo cavallo nero, e il pennacchio bianco lo additavano meglio ai nemici, ed era inoltre il principale scopo dell'odio loro, ei vedea ciascun colpo indirigersi contro di lui, e udiva le palle che gli fischiavano parallelamente alle orecchie senza dare a scorgere nè inquietudine nè turbamento. E non avendo egli riportata veruna ferita, i Puritani che il credean fatto invulnerabile dal demonio, asserivano di veder le palle, allorchè lo colpivano, tornare addietro a guisa di gragnuola ripercossa ad una rupe di granito. Altri, convinti che il ferro ed il piombo non avessero forza sopra di lui, rompevano le proprie monete d'argento per caricarne gli archibusi. Claverhouse combattea pertanto con tutti gli svantaggi che vanno uniti ad una ritirata in disordine; poichè gli era stato impossibile l'instituire una linea di battaglia; onde quella pugna avea piuttosto l'apparenza d'una mischia, in mezzo a cui ciascuno combattea dal sito ove il caso lo avea collocato. Le file de' dragoni si diradavano ad ogn'istante, e quai rimanevano morti, e quai si davano alla fuga. Tanto che durò questa scena di tumulto e di confusione, cui accresceano orrore le grida de' feriti, e i barbari urlamenti dei Presbiteriani; e il fracasso de' non mai muti archibusi, Evandale non potè starsi dall'ammirare l'imperturbabile calma del colonnello. La sua fisonomia in quell'istante non discerneasi da quella del mattino, allorchè facea colezione con lady Margherita. Nè era certamente ch'ei non s'accorgesse del disordine impadronitosi del suo campo. »Qualche minuto ancora, ei dicea placidamente ad Evandale, e tutto il reggimento è perduto. Ritiratevi insieme ad Allan, unite ciascuno per parte vostra i fuggiaschi, e riordinateli alle falde della montagna; io terrò ancora per qualche poco a bada il nemico, e vi raggiugnerò, se mi riesce. Voi però non pensate a soccorrermi, ma a salvare il reggimento, e se soggiaccio, direte al re ed al Consiglio privato che soggiacqui compiendo quant'era mio debito.» Intantochè questi due ufiziali eseguivano l'ordine dato da Claverhouse, egli postosi a capo di circa venti dei migliori fra que' soldati che mai non l'avevano abbandonato, fece un impeto sì vigoroso ed improvviso, per cui disordinatesi le file de' nemici incominciarono a dare addietro. Avendo in quell'istante riconosciuto Burley, gli si fe' contro, e gli menò un colpo tanto violento sull'elmo, che il trasse giù dell'arcione. Ma in questa foga d'inseguire il nemico essendosi troppo inoltrato il colonnello, si trovò circondato da tutte le bande. Il maggiore già era corso affrettatamente verso lo spianato della montagna per raunare que' dragoni che nella premura di ripararsi colà lo avevano preceduto. Evandale rimasto alle falde raccozzava coloro che erranti per quella valle paludosa, cercavano di raggiugnere le alture. Vide egli il pericolo del suo colonnello, e in allora inteso unicamente a salvarlo, comandò ai soldati che aveva raccolti di ritornare all'assalto. Una parte di essi ubbidì; ma altri si diedero a fuggir verso il monte; ciò non di meno gli bastarono i pochi che lo seguirono a trar d'impaccio Claverhouse. E veramente il soccorso di Evandale non potea giugnere più necessario; perchè in quel punto un contadino, dopo avere colla sua falce ferito il cavallo del colonnello, si preparava ad una seconda prova, mandatagli a vuoto da Evandale che con un colpo di sciabola lo atterrò. Usciti della mischia Claverhouse ed Evandale, si guardarono attorno. La divisione di Allan tenea già il pendio opposto delle montagne, perchè l'autorità stessa del maggiore non fu valevole a rattenere i fuggitivi. E quelli parimente che ricusarono seguire Evandale davano opera ad uscire di quei pantani per toccare una volta le alture; talchè questi due ufiziali superiori non aveano miglior difesa di una ventina di uomini in tutto. Alcuni squadroni si battevano tuttavia a destra e a sinistra, piuttosto per assicurarsi una fuga che mossi da una speranza benchè menoma di vittoria. »Che facciam colonnello?» disse Evandale a Claverhouse. »Che cosa possono fare venti uomini contro mille? rispose il colonnello. Noi siam rimasti gli ultimi sul campo di battaglia. Non è una vergogna il fuggire dopo aver combattuto con valore, e quando non rimangono modi a resistere di sorte alcuna. Salvatevi miei amici, e vi riordinerete tutti dietro lo spianato del monte. -- Andiamo, Milord, partiamo.» Detto ciò, fe' sentir lo sprone al cavallo, e l'animal generoso parve dimenticar la ferita nè accorgersi del sangue che perdeva; e addoppiò d'ardore come se avesse saputo che dalla velocità del suo correre dipendea la salvezza del proprio padrone. In cotal guisa i Puritani rimasero padroni del campo, e le grida di trionfo risonarono per tutte le loro file, allorchè videro Claverhouse darsi alla fuga. CAPITOLO II. »In fra gli orrori che a feral battaglia »Vengon seguaci, e di strage e paura »Compion le rupi intorno e la boscaglia »Ve' sciolto palafreni che tua ventura »Ti guida, e innanzi a te sofferma il corso, »E molle di sudor t'appresta il dorso.» _Campbell._ Nel durar dell'azione da noi descritta, Morton, Cuddy e il reverendo Gabriele Kettledrumle erano rimasti sullo spianato della montagna, presso quell'altura coperta di musco, ove Claverhouse innanzi la pugna avea tenuto consiglio di guerra co' suoi ufiziali; laonde poterono osservare tutto quanto accadde; nè spettatori meno attenti di essi erano stati il caporale Inglis, e i quattro uomini a cavallo che li custodivano. »Ah! se avessero coraggio, dicea con sommessa voce a Morton Cuddy, non avremmo perduta ogni speranza di sottrarre al brutto laccio le nostre gole; ma non mi fido gran che di costoro; han poca esperienza e della guerra e del maneggio dell'armi.» »Non ne hanno bisogno, o Cuddy, Morton gli rispondeva. Sono eccellentemente situati, provveduti d'armi, e il lor numero è due volte doppio del numero de' nemici. Se in questo momento non sanno combattere per la lor libertà, si meritano di non acquistarla giammai.» »Oh quale spettacolo! intanto esclamava Mausa che pareva un'ossessa. Il mio spirito è come quello del profeta Elia! Il fuoco della verità mi consuma; ecco il giorno del giudizio e della nostra liberazione! -- Ebbene! che mal vi sentite degnissimo sig. Kettledrumle? Voi siete giallo come lo zafferano. -- Quest'è il momento di orare, d'intonar cantici per ottenere da Dio che confonda i persecutori del popolo d'Israele.» Un tal proposito racchiudeva una specie di rampogna, e il reverendo che tonava dal pergamo allorchè il nemico era lontano, e che, siccome vedemmo, non taceva neanco quando sarebbe stato il tacere in sua facoltà, si era fatto muto all'udire il rumore del continuo trarre che venia dalle valli; e lo spavento l'avea sì compreso che non trovò forza di predicare il Puritanismo, benchè ciò s'aspettasse da lui l'intrepida Mausa. Nondimeno non perdè tanto ogni accortezza da dimenticar nel risponderle la cura che doveva alla propria fama. »Tacete olà, donna! sclamò, tacete: e non mi turbate in mezzo alle mie meditazioni ed alla lotta del mio spirito. -- Però (andava pensando fra se medesimo) qualche palla d'archibuso potrebbe giugnere fin qui; nè farò male a ritrarmi dietro di quest'altura, come in luogo di sicurezza.» »Egli è un vigliacco, soggiugneva Cuddy, vero vigliacco!» »Un tale spettacolo è orribile, lo confesso, diceva Morton; pur non posso, a mio malgrado, stoglierne il guardo.» »Dio si mostri, e i suoi nemici saranno dispersi!» cantava la vecchia, fatta dimentica del pericolo dal proprio entusiasmo. Tutti e tre dunque rimasero spettatori della pugna, cui però non erano assai vicini per comprendere di chi fosse il vantaggio; oltrechè la densa nebbia di fumo, che il vento spignea da quella banda, loro impediva spesse volte persino la vista de' combattenti. Finalmente osservarono qua e là sbandati per la valle diversi cavalli privi di cavaliere, i quali però era facile l'accorgersi che appartenevano al reggimento guardie. Poi vari cavalieri a piedi che fuggivano verso la montagna, e molta mano d'uomini a cavallo che non tardarono a seguir le tracce dei primi, non lasciaron più luogo ad incertezza sulla peggio di quell'azione toccata ai Reali. I fuggiaschi non si trattennero che un istante sullo spianato del monte, onde il maggiore Allan fu costretto seguirli nella lusinga di riordinarli ad una distanza maggiore dal pericolo. Intanto spesseggiava meno il fuoco dei combattenti, sicchè i prigionieri poterono più distintamente scorgere i successivi fatti, e videro l'ultima prova di disperato impeto che Evandale fece su i Puritani, e la molta mano di Reali, che lo abbandonavano per raggiugnere senza perder tempo que' che cercavano scampo per le montagne. »Essi fuggono! Essi fuggono! sclamò l'estatica Mausa. Israello ha vinti i Moabiti! la spada del Signore si è aggravata sovr'essi! Questa colonna di fuoco, l'altra di fumo che le succede, son le colonne che salvarono il popolo di Dio, quando gli empi Egiziani l'inseguivano.» E qui la nostra vecchia intonò un cantico di rendimenti di grazie. »Tacete dunque in nome di Dio, madre mia! sclamò Cuddy, andate piuttosto a starvene con Kettledrumle, con quell'uom coraggioso che or pensa a tutt'altro fuorchè a cantar inni. Queste indiavolate palle non guardano in faccia a nessuno, e tanto ammazzerebbero una vecchia che salmeggia quanto un dragone che bestemmiasse.» »Non temere per me, mio Cuddy, rispose la vecchia fanatica; voglio, siccome Debora, ascendere quell'altura, e sollevar la mia voce contra i persecutori de' veri fedeli.» E avrebbe di fatto eseguito il suo divisamento; ma Cuddy temendo che ella non facesse venire la mosca al naso dei custodi, l'afferrò saldamente per un braccio, obbligandola a rimanersi dov'era. »Sig. Enrico, diss'egli allora, credo non anderà guari che sarem liberi; il caporale e i suoi soldati non fan che guardarsi addietro, e se non m'inganno hanno un grande prurito di seguire i lor camerati.» Nè s'ingannava egli. Appena Inglis s'accorse di Claverhouse che tornava a tutta briglia sulla montagna, e che un corpo di Puritani s'accigneva ad inseguirlo, nè il caporale nè i suoi compagni giudicarono salubre cosa lo indugiar più lungo tempo in quel luogo e tennero compagnia ad altri fuggiaschi che passavano per quello spianato. Morton, le cui mani erano sciolte, si diede tosto all'opera di sciogliere quelle de suoi compagni, e mentre terminava questa faccenda che non era scevra delle sue difficoltà, arrivò il restante del reggimento, in mezzo a cui dominavano il disordine e la confusione inseparabili da tai generi di ritirate. Questi avanzi però formavano un corpo di quaranta uomini in circa. Li guidava brandendo la sua sciabola Claverhouse tutto coperto di sangue e di sudore. Veniva ultimo lord Evandale che confortava que' soldati a farsi coraggio e a non si disunire. Essi passavano non molto lungi dal luogo ov'erano Morton e i suoi compagni. Mausa cogli occhi raggianti di entusiasmo e di gioia, e coi grigi capelli in balia de' venti, stendea le sue scarne braccia, simile ad una vecchia baccante o ad una strega della Tessaglia; nè potè starsi dal mandare invettive ai fuggiaschi e dallo spacciare contr'essi improperj tolti da qualche frammento di Salmo. Ma Claverhouse e la sua gente avean ben altre faccende che badare alle ingiurie d'una vecchia in delirio, onde continuarono il proprio cammino, solleciti di ordinarsi laddove fossero sicuri dall'inimico. Peggio instrutta della loro la cavalleria puritana, non avea potuto raggiugnerli, ma li seguiva in vicinanza, traendo sempre sovr'essi; il quale continuo fuoco, se non li danneggiava, certamente contribuiva ad accelerare la loro fuga. Una palla però colpi il cavallo di lord Evandale nell'atto ch'ei pervenne allo spianato. Due uomini a cavallo presbiteriani gli furono tosto addosso per ammazzarlo, che non si usava dar quartiere in tal guerra; ma Morton benchè disarmato si lanciò innanzi ad essi, e mentre copriva col proprio corpo Evandale tanto che si rialzasse, riconobbe Burley nell'uomo che avea sollevata la sciabola per mettere a morte il milord: »Concedetemi, esclamò, la sua vita! la negherete voi a quell'uomo che ha salvata la vostra?....» »Enrico Morton! (gridò Burley che intanto si rasciugava la fronte con una mano tutta intrisa di sangue.) Ben lo diss'io che il figliuolo del prode Silas non tarderebbe a passare sotto le tende di Giacobbe. Tu sei una tavola sfuggita al naufragio; una canna che l'incendio della pianura non potrà consumare. -- Quanto a costui, egli morrà. La spada d'Israello non dee risparmiare un solo Amalecita.» E ciò dicendo alzò la sciabola una seconda volta sopra Evandale. »Egli non morrà, (tornò a gridare Morton afferrando il braccio a Burley) egli non morrà, o morirò io prima di lui. Ei mi salvò stamane la vita, quella vita ch'io dovea perdere per avervi campato da morte. Vorreste farvi reo d'un'ingratitudine la più infame?» Burley abbassò la sciabola. »Tu hai ancora un piede nelle vie del mondo, sì disse a Morton; ho compassione della tua debolezza, della tua cecità. Il pane de' forti non è fatto pe' deboli: ma egli è meglio guadagnare un'anima alla verità, che immergerla nelle tenebre eterne. -- Viva egli dunque, se tale è il volere del cielo, che ne ha compartito in quest'oggi favori i più segnalati. Quanto a te, Morton, ricordati di aspettarmi qui. Tornerò a trovarti dopo che avrò finito di sperdere i nemici dei giusti.» Indi spronato il cavallo continuò ad inseguire i Reali. »Presto, Cuddy! fate presto, Morton sclamò, per amor del cielo fermate un di que' cavalli che corrono qua e là e conducetelo a lord Evandale. La vita di lui non sarebbe sicura se qui indugiasse più lungo tempo. Voi siete ferito, o milord. Vi trovate in istato di risalire a cavallo?» »Così spero, rispose Evandale. Ma è egli possibile? Ed è a voi, sig. Morton, che io sono debitore della mia vita?» »In qualsivoglia circostanza, o milord, l'umanità m'avrebbe persuaso a procurar di salvarvi, ma in questo momento la gratitudine me ne facea un sacro dovere.» »Montate a cavallo, milord, disse Cuddy nell'offerirgli un palafreno, montate a cavallo, e fuggite alla presta: questi disperati non la perdonano a quanto lor capita.» Intantochè lord Evandale s'accigneva a salire sul cavallo, Cuddy volea tenergli la staffa. »Ritirati, bravo giovinotto, questi gli disse; il servigio che vuoi rendermi potrebbe costarti la vita. -- Signor Morton, eccovi sciolto d'ogni debito che crediate avere verso di me: non dimenticherò mai, credetelo, quest'atto vostro di generosità. Addio.» E un istante dopo che Evandale era partito, comparve una grossa banda di fanteria puritana, postasi ad inseguire i fuggitivi e che spietatamente uccideva e feriti e sbandati. »Morte ai traditori! (alcuni di essi esclamarano additando Morton e Cuddy) costoro agevolarono la fuga ad un Filisteo.» »E che cosa dovevamo fare? gridò Cuddy. Eravamo lor prigionieri, quindi privi d'armi potevam forse trattenere un uomo fornito di sciabola e di due pistole?» La quale scusa non sarebbe stata ammessa, se Kettledrumle, già riavutosi dallo spavento, ed encomiato e rispettato dalla maggior parte de' Puritani, non si fosse fatto ad esclamare con voce di tuono: »Fermatevi: nol toccate. Eccovi il figlio del famoso Silas Morton, per la cui mano il Signore operò un dì tanti prodigi. Egli è un fiore eletto del giardino d'Eden. Fu perseguitato dai vostri persecutori, ed è venuto a prestar soccorso all'opera della giustizia.» »Ed ecco, soggiunse Mausa, le cui massime eran note a tutti i partigiani del Puritanismo, ecco il figlio del proprio padre, di Judden Headrigg e di me Mausa Middlemas, indegna serva del puro Vangelo, e vostra serva ad un tempo. Noi siamo tutti della tribù di Levi.» Questa banda pertanto continuò il suo cammino, ma altre ne sopraggiunsero, alle quali convenne ripetere la medesima spiegazione; e tutte le volte tornò necessario ed utilissimo l'intervento di Kettledrumle, il quale riprendendo baldanza a mano a mano dal vedere vantaggiosa la propria protezione agli antichi compagni di schiavitù, attribuì a se medesimo gran parte del buon successo ottenuto, e chiamò questi compagni medesimi ad attestare come egli avesse, simile a Mosè sulla montagna, sollevate la mani al cielo affinchè Israello trionfasse di Amalecco, e retribuiva nel tempo stesso a Morton e a Cuddy la gloria di avergli sostenute le braccia nella guisa che Aronne ed Hur al profeta ebreo le sostennero. Forse ei concedea loro d'aver avuta una tal parte nel buon esito delle cose per indurli a tacere sul panico terrore che lo costrinse a nascondersi nel durar della pugna; e questi per parte propria trovarono prudente consiglio il non far motto di ciò. Tutte le cose dette da Kettledrumle si ripetevano da labbro a labbro colle aggiunte e le varianti che vi mettea ciascuno del proprio, come in questi casi è costume; laonde non tardò a divulgarsi per tutte le file che il giovine Morton di Milnwood, figlio del colonnello Silas Morton, uno dei più fermi sostegni della buona causa, e il degno predicatore Gabriele Kettledrumle, erano arrivati con cent'uomini armati di tutto punto a rafforzare il campo presbiteriano. CAPITOLO III. »Fattisi trombe di scordanti chiese, »I pergami rintronan di parole, »Da chi le proferì talor nè intese, »E di que' boschi trasformati in scole »Ripete ogn'eco i colpi vigorosi »Che mena il prete ai pulpiti petrosi. _Hudibras._ In questo mezzo la cavalleria puritana tornava dall'avere inseguiti i Reali, non poco spossata dagl'inutili sforzi fatti per raggiugnerne gli sbandati avanzi. La fanteria intanto stava schierata sul campo, di cui i Puritani erano rimasti padroni. Comunque estenuati per fame e sopportata fatica, la gioia del trionfò li sosteneva, e faceva sovr'essi le veci di riposo e di cibo. E per vero dire ottennero più di quanto mai avrebbero osato sperare: senza sofferire una grave perdita eglino stessi, non fu poco vanto l'aver messo in compiuta rotta un reggimento di scelti uomini, comandato dal primo ufiziale della Scozia, il cui sol nome bastò lungo tempo ad agghiacciarli di spavento. Oltrechè, la disperazione, non la speranza di un buon successo suggerì loro il cimentarsi a giusta battaglia; talchè questo buon successo medesimo facevagli attoniti. Pressochè fortuita fu quella loro confederazione; niun de' capi che li comandava era stato nominato o riconosciuto legalmente; e questo stato medesimo di disordine li collegò, e fu cagione che tutto l'esercito s'ergesse per così dire a consiglio di guerra onde risolvere sul partito da abbracciarsi. Nè vi fu genere di stravagante opinione che non trovasse sostenitori in quella congrega. Si volea nel tempo stesso marciare alla volta di Glascow, d'Edimburgo, e persino di Londra. Chi poneva il partito di mandare una deputazione a Carlo II per dettargli i patti della pace, e chi meno caritatevole domandava che un nuovo re fosse acclamato. Non mancarono altri che pretendevano instituire la Scozia in repubblica. I più gridavano sulla penuria delle vettovaglie, e nessuno pensava agli espedienti opportuni per procurarne. In una parola il campo de' Puritani nel momento il più bel del trionfo stava in atto di sciogliersi per mancanza d'unione fra gli elementi che il componevano, ed era come i caratteri segnati nell'arena, che il primo soffio di vento disperde. In tale stato trovò i suoi Balfour di Burley quando tornava dall'inseguire i Reali. Con quella maestria di uomo avvezzo a trarsi dai difficili passi, incominciò ordinando che cento uomini fra' meno stanchi, si assumessero la fazione di far la sentinella attorno del campo; poi di coloro che sostennero le parti di capi nel durar del conflitto compose una commissione direttrice, che dovea rimanere in tale ministero sintantochè gli ufiziali fossero scelti regolarmente. Per ultimo a coronare la vittoria volle che il reverendo Kettledrumle improvvisasse un discorso di rendimento di grazie al cielo, provvisione, su i vantaggi della quale molto fondavasi, nè a torto come stiamo per vederlo. Ei ben sapea che con tale espediente avrebbe dato pascolo all'attenzione della massa de' confederati, avidissimi delle dicerie de' loro predicatori; e in questo mezzo divisava tenere vero consiglio di guerra con due o tre capi, senza che dal risolvere il meglio lo distornassero o insensati clamori o partiti ridicoli. Kettledrumle corrispose magistralmente alla espettativa di Burley, predicando senza prender fiato due lunghe ore, capaci d'ammazzare di noia tutt'uomo non Puritano; ma egli forse in quel momento era il solo che potesse sì a lungo cattivarsi l'attenzione di un tale uditorio. Ei possedeva perfettamente quel genere d'eloquenza adatta al volgo, che era il caratteristico de' predicatori di que' giorni, e comunque il cibo spirituale che da costui dispensavasi sarebbe stato efficacissimo a movere nausea in persona di un gusto alquanto dilicato; era il più opportuno a vellicar gratamente que' palati pei quali manipolavasi. Il testo del costui sermone era tolto dal capitolo XLIX del profeta Isaia; »Anche gli schiavi de' potenti saran liberati: farò guerra a chi ti fa guerra e i figli tuoi saran salvi.» L'orazione pronunziata su tale argomento venne divisa in quindici punti, ognun dei quali non andava privo di molte suddivisioni. Consacrò il primo punto a favellare della liberazione propria e de' compagni, additando il giovane di Milnwood come un campione inviato dallo stesso Dio a trionfo della buona causa. Negli altri punti si passavano in rassegna i moltiplici flagelli, che il cielo dovea far piovere sopra un _governo persecutore_. Gonfio e familiare a vicenda, or si elevava a quanto aveasi per sublime, or discendeva al di sotto dello scurrile. Terminata che ebbe la predica, e dopo essere sceso da una punta di roccia, suo pulpito, venne in luogo di lui un secondo predicatore, che per nulla somigliavasi al precedente. Il reverendo Kettledrumle era già pervenuto assai avanti negli anni, corpulento a dismisura, e i lineamenti medesimi del suo volto, stupidi e privi d'espressione, sembravano annunziare, come nella formazione del suo essere entrasse molta più materia che spirito. Il successore di lui era un giovane che certamente il quinto lustro non oltrepassava. Scarne guance e incavate ne attestavano le vigilie e i digiuni, e le fatiche d'un apostolato, che spesse fiate avventurò l'apostolo alle vendette de' Reali, e a quella palma che i settarj della sua specie chiamarono del martirio. Egli era uno de' più fanatici Puritani di tutta la Scozia, e grande fama gli avea presso costoro acquistata il suo stile enfatico e figurato. Primieramente volse in giro gli occhi attorno a quell'assemblea e al campo della battaglia: e l'ilarità del trionfo gli si pinse tanto nel volto, che il pallor d'esso sembrò parimente dar campo al fuoco del contento e dell'entusiasmo. Giunte entrambe le mani, levò le pupille al cielo, rimanendo alcuni istanti, come assorto in morale contemplazione. All'atto di schiuder le labbra, una voce debole e un organo difettoso per tramandarla pareano vietar persino che le parole ne fossero intese; ma profondissimo silenzio regnava e quegli uditori stavano per ricevere i costui detti con quella sollecitudine che narrossi degli Israeliti nel raccorre la manna in mezzo al deserto. Scaldatosi a poco a poco, ne divenne più chiaro il tuono, più espressivi i gesti, e parve che lo zelo di religione trionfasse in lui de' difetti della natura; dipinse con colori vivissimi lo squallore in cui giacea la Chiesa presbiteriana, ch'ei paragonò ad Agar, studiosa di rianimare la vita del suo fanciullo moriente fra le arsure delle vaste sabbie ove peregrinava. Congratulatosi indi cogli ascoltanti della riportata vittoria, gli esortò a non dimenticare giammai, come questa fosse il frutto della protezione celeste, ed a continuare con passo franco e sicuro nella carriera che Dio stesso aveva ad essi dischiusa. Intantochè i due predicatori intertenevano di tal maniera l'esercito, non si stava neghittoso Burley. Egli avea fatto accendere fuochi, collocate scolte per ogni dove, ordinate scoperte, e s'era procacciato vettovaglie dai villaggi i meno lontani. Spedì messi da diverse bande affinchè divulgassero gli ottenuti buoni successi, e al fulgor di essi inducessero tutti i partigiani di quella causa a chiarirsi; finalmente inviò bande ne' dintorni, le quali o per amore o per forza s'impadronissero di quanto poteva essere necessario al sostentamento dell'esercito. La qual cosa gli tornò oltre ogni concetta speranza, perchè la gente messa da lui s'appropriò nel più vicino villaggio d'un magazzino ricco e di vittuaria e di foraggio e di munizioni da guerra che posto vi aveano le truppe reali; nuovo incoraggiamento ai Puritani: talchè mentre poche ore dianzi alcuni d'essi sentiano affievolire l'ardore del loro zelo, non eravi ora un sol combattente che non giurasse di non dimettere le armi prima d'avere riportato un compiuto trionfo. Enrico Morton seduto presso un dei fuochi accesi all'intorno, si nudriva intanto della parte toccatagli nella distribuzione di cibo fatta all'esercito, e pensava al partito cui avrebbe dovuto attenersi, allorquando gli giunse a fianco Burley seguito dal giovine ministro, che avea pronunziato il secondo sermone. »Enrico Morton! con tuon risoluto il puritano duce gli disse, il Consiglio di guerra, persuaso e convinto che il figlio di Silas Morton non può mai essere o tepido o indifferente per riguardo alla buona causa, vi ha nominato uno fra i capitani del suo esercito, e vi conferisce il diritto di sedervi in consiglio, e quanta autorità è addicevole ad un ufiziale scelto a comandare milizie cristiane.» »Sig. Burley, Morton rispose, son grato, qual debbo esserlo, a questa prova di fiducia che in me vien riposta. Niuno certamente potrebbe a buon diritto maravigliare, se le ingiustizie cui soggiace il mio sfortunato paese, quelle alle quali ho soggiaciuto io medesimo, mi commovessero a prender l'armi in difesa della libertà civile e della libertà religiosa, ma prima di accettare in mezzo a voi un comando, desidero mi facciate conoscere alquanto meglio con quai dettami vi comportiate.» »Con quai dettami? E potete sol chiederlo? Non vi è noto che è nostra mente rifabbricare il tempio, dar ricovero ai santi, annichilare gli schiavi del peccato?» »Permettetemi confessarlo francamente, sig. Burley: questo genere di linguaggio, che può tanto sopra molte persone, è perduto affatto per me: egli è bene lo sappiate, prima che segua fra noi una più stretta alleanza.» All'udir tal risposta il giovane ministro mandò un sospiro, che s'accostava molto ad un gemito. »Vedo, o signore, che non vi va a genio la mia risposta. Ma forse ancora non l'avete bene intesa. Io rispetto la Santa Scrittura al pari di chicchessia, ed è anzi per una conseguenza di tale rispetto, che mentre son premuroso di conformare ad essa la mia condotta, non credo mi aspetti il citarne i testi ad ogni momento, correndo anche rischio di snaturarne il vero significato.» Quel ministro di nome Efraim, parve scandalezzato grandemente della protesta fatta da Morton, e s'apprestava a confutarla, allorchè Burley gli tolse la parola. »Chetatevi, Efraim, e pensate che questi è un fanciullo avvolto ancora ne' suoi pannilini. -- Ascoltami, o Morton. Ti parlerò il linguaggio della saggezza umana, poichè non sei ancora forte abbastanza per intendere linguaggio migliore. Quai sono i motivi, pei quali t'indurresti a sguainar la spada? Non sarebber forse la brama d'ottenere la libertà della Chiesa e de' tuoi concittadini, l'amore di assicurare alla patria quelle savie leggi che impedissero ad un governo arbitrario la facoltà di confiscare gli averi, e di mettere in carcere i possessori degli averi, comunque veruna sentenza non li condanni?» »Sì certamente, rispose Morton, tali motivi renderebbero agli occhi miei legittima la mia condotta.» »Siam fuor di strada, esclamò Macbriar, conviene andare a dirittura alla meta. La mia coscienza non mi permette venire ad accomodamenti col mondo.....» »Chetatevi, torno a dirvi, Efraim Macbriar,» indi continuò Burley traendo in disparte costui. »La penso anch'io come voi, ma non vi siete accorto sin questa notte che v'è dissensione nel consiglio? Credete forse che non abbisogniamo del soccorso de' Presbiteriani moderati? O volete che si disgiungano da noi, quando possiamo affezionarli col metterli sotto un capo della loro fazione?» »Ti replico che questi riguardi non mi vanno a' versi. Dio può operare la liberazione del suo popolo col ministero di pochi eletti come se fossero molti.» »Va' dunque a far le tue rimostranze al consiglio. Sai pure ch'egli decise di manifestarsi in modo da contentare tutte le classi di Presbiteriani. Non mi star dunque ad impedire di guadagnare a noi tal giovinetto, il cui solo nome farà uscir di terra intere legioni a sostegno della buona causa.» »Opera come credi. So bene che sei divorato dallo zelo della causa del Signore; ma non ti dimenticare che _chi non è per me è contro di me_. Addio. Non assisterò più lungo tempo a conciliaboli, ove si fan campeggiare principj mondani.» Spacciatosi in tal guisa dall'indomabile predicatore, Burley venne a raggiugnere il suo proselito; ma prima di procedere oltre, giudichiamo prezzo dell'opera dar meglio a conoscere ai nostri leggitori il personaggio di questa scena. Iohn Balfour di Burley che apparteneva ad una buona famiglia della contea di Fife, sortì coi natali agiatissimo patrimonio. Dandosi fin da' primi anni alla professione dell'armi, passò la sua giovinezza fra ogni genere di sregolamenti. Cresciuto negli anni, divenne per ambizione uno de' Puritani più ardenti che noverasse la Scozia, ed era sola meta de' suoi desideri il divenir capo supremo di tale setta. Per conseguir questo fine fu continuo nel frequentarne le assemblee. Notissimo pel paese, ovunque si faceano sentire sommosse, certamente egli vi si trovava. Ardito nell'intraprendere, pronto nell'eseguire, propenso agli espedienti suggeriti dalla violenza, ei riscaldava l'entusiasmo degli altri, e finalmente ne fu compreso egli stesso, benchè non gli sia mai mancata l'accortezza di assoggettare questo entusiasmo medesimo ai consigli della politica. Tutti riguardavano, come più di tutto, opera di lui, la vittoria testè riportata; nondimeno trovavasi ancor lontano dal grado cui aspirava la sua ambizione, ed erane motivo la diversità d'opinioni che tenean discordanti fra loro i settarj. I più violenti fra i Puritani approvavano l'assassinio del primate della Scozia, del quale assassinio Burley era stato primario autore. I Presbiteriani moderati al contrario, benchè s'accordassero in riconoscere nell'arcivescovo l'antesignano dei loro persecutori, biasimavano altamente coloro che l'avevano ucciso, e tale uccisione qualificavano misfatto meritevole di gastigo. I primi condannavano come prevaricatori que' Presbiteriani e ministri che acconsentirono sottomettersi alle leggi e alle regole del governo. Innanzi gli occhi di costoro Carlo II era un Saul, un Ocozia, e anelavano sottrarsi alla soggezione d'un tale sovrano. I secondi riconoscevano l'autorità legittima del re, e si limitavano a chiedere la libertà di coscienza, e il termine del governo militare da cui si dicevano oppressi. Come ognun vede pertanto, gravi erano i germi di dissensione in questa setta; cagione per cui Burley desiderava condurre nelle file de' sommossi Enrico Morton, perchè non se ne sciogliessero i Presbiteriani moderati, presso i quali durando tuttavia cara ed onorata la rimembranza del colonnello Silas Morton, era da supporsi che obbedirebbero di buon grado al figlio di questo ufiziale. Egli avea per altra parte qualche speranza di condurre a proprio grado la mente del giovinetto, e di procacciarsi per cotal via una preponderanza su i moderati, quanta ne avea su i fanatici. A questo fine ei vantò dinanzi al consiglio di guerra, del quale Burley era l'anima, l'ingegno e le buone qualità di Morton, sicchè facilmente vinse il partito di farlo nominare uno de' capitani di quell'esercito. Gli argomenti poi, de' quali si valse onde Enrico accettasse una commissione sì pericolosa, furono accorti non men che incalzanti. Burley, senza negare di conformarsi in tutto alle massime dell'energumeno predicatore da cui si era disgiunto, addusse che nello stato di crisi in cui la bisogna pubblica era caduta, lievi diversità d'opinione non doveano impedire ai veri zelatori della propria patria il prendere di concerto l'armi per procurarle salvezza, nulla altro rilevare in quell'istante fuorchè la necessità di sottrarre il paese al giogo impostogli dal militar dispotismo, esser indispensabile cosa il profittare del conchiudente vantaggio riportato allora nell'armi; appena divulgatosi questo, sarebbersi sollevate in lor favore tutte le contee occidentali della Scozia; divenire finalmente colpevole verso della nazione chiunque, rattenuto da indifferenza o da tema; avesse ricusato di cooperare al trionfo d'una causa sopra quante ve ne fossero giusta. Morton, già per natura fornito d'indole altera e avidissima d'independenza, non avea d'uopo di molta spinta per collegarsi ad individui tratti a sommossa dal solo scopo, a quanto appariva, di ricuperare alla natale contrada que' diritti e que' privilegi di cui l'avea spogliata la prepotenza. Certamente ei temea e sulla pochezza delle forze che impresa sì vasta dovevano sostenere, e sulla idoneità de' capi creati a condurla, ne' quali non credea ravvisare nè grandezza d'animo, nè generosità consentanee a tant'uopo; ma per altra parte, caduto già in sospetto al governo, non vedea più sicurezza per se medesimo ove tornato fosse presso lo zio, e gli mancavano i modi per ritrarsi in terra straniera. Tutte le cose pertanto collimavano a rendergli accette le proposte fattegli da Burley. Pure nell'atto di annunziare ad esso che avrebbe assunto l'offertogli grado, pose a tale accettazione una specie di clausola. »Son pronto, diss'egli, ad unire i miei deboli sforzi a quelli de' vostri compagni per liberare il mio sfortunato paese dalla tirannide che l'opprime: ma badate a non prendere abbaglio sulle mie intenzioni. Io condanno apertamente l'azione che ha dato origine a questa lega, e se fra voi prevalesse l'avviso di continuare ancora in tai generi d'atrocità, non v'immaginaste mai che io acconsentissi a farmene compartecipe.» Tutto il sangue rimontò sul volto a Burley. »Voi intendete parlare della morte dell'arcivescovo!» gli rispose nascondendo, quanto il potè, l'agitazione del proprio animo. »Appunto.» »E che cosa monta, se un persecutore della Chiesa, fattosi le mille volte meritevole di morte, cade sotto la scure della legge, o sotto il ferro dello strumento suscitato dalla giustizia divina per liberare da uno scellerato la terra? Spetta forse agli uomini il pronunziare giudizio su d'una azione che è frutto d'un'ispirazione superna?» »Non m'arrogo io qui farmi giudice; e mi basta che le mie massime vi sian note; e vi dico perciò che i vostri ragionamenti non mi vanno a grado. Un delitto è sempre delitto ai miei occhi, nè crederò mai che il cielo possa inspirarlo. Desidero adunque che ben comprendiate, com'io intenda collegarmi ad uomini che facciano una guerra giusta e leale, conforme alle leggi ammesse in casi simili da tutti i popoli venuti a civiltà, e scevra di ladroneggi e di tradimenti.» Si morse le labbra Burley, che durò grande fatica a rattenere il proprio risentimento. Risoluto cionnullameno a trar Morton nella propria fazione, celò ogni disgusto, e con tuono di calma rispose. »Non ho fatto mistero della mia condotta più agli occhi degli uomini che a quelli di Dio. Il mio labbro non negherà le cose operate dalla mia mano, e sosterrò la mia innocenza, sia coll'armi, sia al cospetto de' tribunali, sia sul patibolo, sia nel giorno del giudizio finale; non quindi perderò l'opera a convincere un uomo che non ha per anco aperti gli occhi alla luce. Senza protrarre pertanto una inutile discussione, esaminate soltanto, o Morton, se volete divenire nostro fratello di armi, e quando il vogliate, venite meco al consiglio di guerra, ch'or dee deliberare su i modi di profittare della riportata vittoria.» Morton seguì silenzioso Burley, poco soddisfatto del nuovo collega acquistato, inquieto su i veri motivi che spronavano gli altri duci di sì fatta impresa, e pien di paura che la volessero sostenere con provvedimenti alieni affatto dalle massime d'un uom d'onore. CAPITOLO IV. »Un vecchio, il vedi, può giovar talora.» _Shakespeare._ Or ne è mestieri far ritorno al castello di Tillietudlem che la partenza del reggimento guardie lasciò immerso nella taciturnità e nella inquietezza. Le assicurazioni fattele da lord Evandale non aveano del tutto calmati i timori di Editta. Ella il conoscea bensì generoso e incapace di violare una data promessa, ma non le era meno ignoto com'ei sospettasse un rivale, ed un felice rivale, in Enrico. Non era forse un aspettarsi da lui tal prodigio, ch'era al di sopra della natura umana, il supporre ch'ei vegghierebbe incessante alla salvezza di Morton contra tutti i rischi cui lo commettevano e lo stato suo di cattività e le cattive impressioni surte a danno d'esso in Claverhouse? Ella si abbandonava quindi a molestissime agitazioni, che la faceano sin sorda ai motivi di conforto che Jenny Dennison andava suggerendo un dopo l'altro a guisa di perito generale, che invia successivamente, e non tutti insieme, i rinforzi ad uno squadrone avventuratosi col nemico. Ella presentava primieramente agli occhi della sua padrona una morale certezza che nulla di sinistro poteva accadere ad Enrico, »comunque, aggiugnea, non possiate ignorare, che andando anche alla peggio le cose, rimarrebbe lord Evandale, partito da non disdegnarsi.» Poi chi potea farsi mallevadore intorno l'esito d'una battaglia? Se dei Presbiteriani fosse stato il vantaggio, a questi sarebbono uniti e Morton e Cuddy, e trasferendosi tosto al castello ne avrebbon di viva forza sottratte la giovin padrona e l'ancella. »Perchè ho dimenticato dirvi, continuava piangendo Jenny, che anche il povero Cuddy trovasi in poter de' dragoni. Stamattina l'hanno condotto qui prigioniero; e mi son veduta alla necessità di dare buone parole ad Holliday per ottenerne la permissione di parlare all'amante, che di ciò per altro non mi ha mostrata quanto dovea gratitudine. Ma non ci pensiamo! (soggiunse indi cambiando improvvisamente di tuono, e rimettendo il fazzoletto in saccoccia.) Non ho bisogno di far rossi gli occhi piangendo. Se i dragoni avessero condotta via la metà de' giovani della contea, vi resta di che confortarsi nell'altra metà.» Nè più tranquilli, nè meno scontenti erano gli altri abitanti di questo castello. Lady Margherita stava sempre pensando al poco riguardo che nel negare la grazia di Morton il colonnello aveva usato al grado di una matrona interceditrice; poi le soccorrea alla mente che Claverhouse avea persino violati i diritti di lei baronali, col pretendere che i dominj di Tillietudlem divenissero teatro d'una militare esecuzione. »Claverhouse avrebbe dovuto ricordarsi, o mio fratello, ella diceva, che questa baronia ha sempre goduto il diritto di alta e media giustizia; e quand'anche il colpevole avesse dovuto essere giustiziato sulle mie terre (cosa a mio parere inurbana, perchè questo castello è abitato da sole donne, che non si dilettano di sì fatte tragedie...) Ma quand'anche ciò fosse stato indispensabile, dovea rimetterlo nelle mani del mio sindaco qual presidente per diritto alle esecuzioni che seguono in questi luoghi. Sono ben persuasa, che il re medesimo, quando venne qui a far col....» »Sorella mia, a parte la colezione del re! La legge marziale fa tacer tutte l'altre. -- Però sono con voi nel dire che il colonnello non s'è mostrato cortese quanto conveniva per riguardo all'inchiesta vostra, e non son molto contento io medesimo che abbia ricusato ad un vecchio servitore del re, qual mi son io, una grazia, poi conceduta al giovane Evandale, per ciò solo, nè v'è a dubitarne, che questi è milord ed ha grande prevalenza nel Consiglio privato. Ma purchè sia salva la vita di questo povero sfortunato, poco mi cruccio del rimanente. -- A proposito, sorella! oggi rimango con voi. Sono impaziente di notizie su questo affare di Loudon-Hill, benchè non sappia io darmi a credere, che un attruppamento di contadini possa far fronte ad un ragguardevole corpo di soldati, qual si è il reggimento da noi veduto stamane. -- Oh! è stato un tempo, che non avrei potuto rimanermi pacificamente assiso su d'un seggiolone, sapendo che dieci miglia lontano da me si veniva alle mani. Ah vecchiaia! vecchiaia!» »Avrò il massimo contento, fratello mio, se resterete con me; solamente permettetemi ... capisco bene che non è troppa cortesia il lasciarvi solo; ma voi vedete che la numerosa compagnia da me ricevuta, ore sono, entro il castello non può avervi portato molto ordine. Permettetemi adunque d'invigilare in persona al raggiustamento di tutte le cose.» »Servitevi. Odio, il sapete, le cerimonie, come un cavallo che inciampa. -- Ma ov'è la mia nipotina?» »Nella sua stanza. Non si sente troppo bene in salute, e credo anzi siasi coricata. Appena si sveglia, le farò prendere alcune goccie di....» »Eh! che non è il mal delle goccie! la interruppe il maggiore. So io quel che le duole. Poverina! Non è accostumata a vedere un giovine di sua conoscenza condotto via per essere moschettato; poi un altro partir d'improvviso e coll'incertezza per noi di rivederlo. Ma se torna ad accendersi la guerra civile, converrà bene che si avvezzi a simili guai.» »Dio non voglia, fratello mio!» »Dio nol voglia, certo, sorella! avete ragione. -- Ma si chiami Harrison. Farò una partita di tavola reale con lui.» Postisi i servi in traccia dell'intendente, venne Gudyil annunziando che egli era uscito a cavallo per sapere le notizie della battaglia. »Al diavolo la battaglia! sclamò il maggiore. Ha portato lo scompiglio in tutto il castello. Direbbesi che non se ne fossero mai vedute fra noi. -- Per altro, Gudyil, ci ricordiamo della giornata di Kilsythe». »E dell'altra di Tippermur, signor maggiore. Allora io mi batteva a fianco del mio padrone.» »E dell'altra d'Alford, Gudyil, dove io comandava la cavalleria, e di quella d'Innerlochy, quando io era aiutante di campo del gran marchese.» Intavolato ch'ebbero l'argomento dei loro fatti campali, il maggiore e Gudyil poterono dar per lungo tempo divagamenti a quel nemico formidabile chiamato _il tempo_, con cui soprattutto sono in istato di perpetuo osteggiare i soldati veterani nel durar dei pochi giorni tranquilli che lor rimangono al compimento della vitale carriera. Ell'è un'osservazione fatta spesse volte che le vociferazioni degli avvenimenti importanti si diffondono con incredibile celerità, e che le relazioni autentiche sono per lo più precedute da notizie esatte nella sostanza, benchè confuse in quanto spetta alle particolarità delle cose, talchè direbbesi che gli augelli le avessero portate per le strade dell'aria. Harrison non erasi per anche allontanato quattro o cinque miglia da Tillietudlem, allorchè si trovò ad un villaggio ove divulgavasi da tutte le bande la vittoria riportata dai Puritani; quindi dopo avere ascoltate in fretta le circostanze che potè raccogliere, volse la briglia del cavallo e tornò di gran galoppo al castello. Sua prima cura fu di rintracciare il maggiore che stava tuttavia ne' parlari suoi con Gudyil. »Voi rammenterete che all'assedio di Dundee, ov'io....» »Voglia il cielo, sig. maggiore, sclamò Harrison, che non vediam domani quello di Tillietudlem!» »Che c'entra questo augurio? gridò sorpreso il maggiore, che diavolo v'intendete ora di dire?» »Sull'onor mio, sig. maggiore, la voce generale, e che par troppo vera, dà per battuto il colonnello Claverhouse; v'è persino chi lo asserisce ucciso: si aggiugne che il reggimento è in piena rotta, e che i ribelli s'inoltrano da questa banda mettendo a ferro ed a fuoco tutte le terre di chi non parteggia per essi.» »Non ne credo nulla, rispose alzandosi impetuosamente il maggiore. Nessuno potrà mai farmi entrare in capo che il reggimento guardie abbia dato addietro in faccia ai ribelli. -- Però ... ho torto parlando così. Di questi casi ne ho veduto accadere io medesimo. -- Pique! Pique! -- Su dunque, Pique! montate a cavallo e correte verso Loudon-Hill, e correte tanto finchè abbiate sicure notizie sulle cose accadute. -- Ma figuriamoci anche la peggio, o Gudyil. Mi pare che questo castello sarebbe in istato di tenere addietro per lungo tempo i ribelli, semprechè avesse vettovaglie, munizioni e una guarnigione. Il sito ove giace è ragguardevole. Domina il tragitto dalla parte alta alla pianura del paese. -- Ella è una fortuna ch'io mi trovi qui! -- Harrison, fate prender le armi a quanti uomini son nel castello. Gudyil fate il conto delle vettovaglie che avete e di quelle che ci possiam procacciare. Che entri tosto nelle scuderie del castello tutto il bestiame della cascina. -- Il pozzo non s'asciuga mai. Sulla vecchia torre abbiamo anche alcuni pezzi di cannone. Ci mancano munizioni.» »I soldati, soggiunse Harrison ne hanno lasciato stamane alcuni cassoni nelle stanze terrene della cascina, serbandosi a ritrarneli nel ritorno.» »Ottimamente! ripigliò a dire il maggiore. Subito s'introducano nel castello, e radunate tutte l'armi che potete procurarvi; archibusi, pistole, spade, sciabole, picche; non lasciate addietro un punteruolo ch'è un punteruolo. -- Ella è una fortuna ch'io mi trovi qui! -- Ma conviene immediatamente ch'io parli con mia sorella.» Lady Margherita rimase sopraffatta da tale annunzio inaspettato quanto spaventoso; e come quella che aveva creduto il reggimento, alloggiato dianzi nel suo castello, sì poderoso da sperdere tutti i ribelli della Scozia, cominciò allora per prima cosa a scorgere l'impossibilità di resistere ad una forza che aveva trionfato del reggimento di Claverhouse. »Che disgrazia, fratello mio! che disgrazia! ella esclamò. A che gioverà tutto quanto noi potessimo opporre contro costoro! distruggeranno il mio castello da cima a fondo. Uccideranno Editta; chè quanto a me, lo sa Dio, la conservazione della mia vita è l'ultimo de' miei pensieri. Però non sarebbe miglior partito quello di cedere?» »Non vi spaventate, sorella mia, rispose il maggiore, la piazza è forte, il nemico mal pratico e mal'armato. La casa dei Bellenden non diverrà un covazzo di masnadieri e ribelli insin che viva il vecchio Miles Bellenden. Il mio braccio è più debole che nol fu altra volta, ma ne sian grazie a questi grigi capelli, ho qualche sperienza di guerra, e potrò.... Ma ecco Pique, che ci porterà più sicure notizie! Ebbene! Pique, che cose avete sapute?» »Ebbene! rispose Pique colla massima calma, compiuta rotta.» »Chi avete veduto? gli chiese tosto il maggiore. Da chi riceveste una tale notizia?» »Da una mezza dozzina di dragoni, che fuggono verso Hamilton, e par facciano a gara chi più presto vi arriverà. Egli è in questo modo che guadagnan terreno. Guadagna poi chi la potrà la battaglia!» »Continuate sempre i vostri apparecchi Harrison. Gudyil, fate accoppare buoi a proporzione della quantità di sale che avete per salarli. Mandate alla città per ritrarne farine, e l'altre cose indispensabili. Non perdete un istante. -- Sorella, il meglio per voi sarebbe ritirarvi con mia nipote a Charnwood, e acquistar tempo finchè i sentieri son liberi.» »No, caro fratello: poichè giudicate che il mio vecchio castello possa reggere contro i ribelli; non me ne dipartirò certamente. Per casi simili l'ho abbandonato due volte in mia gioventù, e ritornando non vi ho più trovato i migliori fra quelli che lo difendevano. Vi rimarrò pertanto, dovessi trovar qui il fine della mia avanzata carriera.» »Fate dunque come credete, e pensandoci di nuovo..... chi sa non provvediate così meglio alla sicurezza vostra e di Editta? Questo scompiglio può divenire segnale di sommossa generale de' Puritani da Tillietudlem a Glascow. Allora forse vi presenterebbe più pericoli Charnwod, che non questa istessa dimora.» »Fratello mio (soggiunse lady Margherita con gravità) essendo voi il parente più prossimo del defunto mio sposo, vi do con questo (e in dir ciò gli rimetteva la venerabile canna guernita di pomo d'oro, già appartenuta al padre di lei, il conte di Torwood) l'investitura del comando del castello di Tillietudlem, del diritto di usare in esso e nelle sue pertinenze l'alta e media giustizia, di comandare a' miei vassalli, di punirli, siccome potrei farlo io medesima, e vo' sperare che difenderete in guisa convenevole una piazza, entro la quale sua maestà il re Carlo II si è degnato....» »Va bene, va bene, sorella mia! Ma in questo momento non abbiam tempo di parlare della colezione di sua maestà.» E lasciò tosto la sorella, correndo colla vivacità che s'addirebbe ad un giovine di venticinque anni per passare in rassegna la sua guernigione, e studiare su i modi di difendere la piazza. Il castello di Tillietudlem essendo situato sull'altura di una montagna, precipizi e discoscesi dirupi il rendevano inaccessibile da tre bande, e la sola d'onde vi si potesse avvicinare era circondata da grossissime muraglie, dopo le quali veniva un cortile chiuso esso pure da una cinta della stessa natura, e fiancheggiate inoltre da merlate torricelle. In mezzo al castello sorgeva una torre che signoreggiava tutti i dintorni, sul cui pianerottolo stavano pezzi di artiglieria, adoperati anche nell'ultime guerre civili. Le quali circostanze di sito rendeano affatto sicuro chi vi abitava da una sorpresa; ma non così dalla fame, o dall'impeto di un assalto. Il maggiore dopo avere dato il comando di caricare i cannoni, li fece collocar sì che dominassero la strada, d'onde innoltrare doveano i vincitori. Volle in oltre che si atterrassero diversi alberi, che avrebbero impacciato il giuoco delle sue artiglierie, e coi loro tronchi, e con altri materiali raccolti, vennero per suo comando istituiti più ordini di barricate a vari intervalli del viale che conduce al castello, oltre al far turare il portone del cortile, sì che una sola portella strettissima vi dava accesso. La cosa ch'ei dovea più temere era la meschinità del numero de' difensori. Perchè tutti gli sforzi di Harrison non erano giunti a raunare più di nove uomini, compresovi lui e Gudyil. Aggiugnendo il maggiore e il fedele suo Pique, tutta questa guarnigione sommava ad undici uomini, gente vecchia la maggiore parte. Si potea farla arrivare sino a dodici, ma lady Margherita non sapendo dimenticare l'affronto, cui fu avventurata dalla goffaggine di Gibby il giorno della rassegna, impedì che gli fossero somministrate armi, protestando che avrebbe amato meglio vedere in poter de' nemici il castello, che saperlo salvo per l'opera di un cotal difensore. Fu adunque con un presidio d'undici uomini, contando il comandante fra questi, che il maggiore Bellenden risolvè difendere sino agli estremi la piazza. Nè gli apparecchi di difesa andarono scevri da quello strepito che suole udirsi in simili circostanze. Le donne gridavano, i cani urlavano, gli uomini bestemmiavano, il cortile rintronava del fracasso fatto dai messi che andavano e tornavano ad ogni istante. Un carro di farina che veniva condotto dalla città, le mandrie grosse e picciole della cascina che s'introduceano nel castello, tutto ciò raddoppiava la confusione; onde la torre di Tillietudlem era divenuta la torre di Babele. Un tal baccano da svegliare poco meno che i morti, pervenuto alle orecchie di miss Editta, interruppe il corso delle meditazioni fra cui stavasi immersa. Ella mandò quindi Jenny affinchè s'informasse intorno alle cagioni di questo straordinario tumulto; ma la nostra messaggera, simile al corvo spedito fuori dell'arca, trovò tante novità da pascolare le sue inchieste e la curiosità femminile, che dimenticò raggiugnere la sua padrona; laonde miss Bellenden in cui cresceva ad ogn'istante l'agitazione, e sfornita d'una colomba da mandar dietro al corvo, si risolvè scendere ella stessa per verificare le cose in persona. Alla prima domanda che ella fece udì risponderci da cinque o sei voci ad un tempo che Claverhouse e tutto il suo reggimento erano stati uccisi, e che dieci mila ribelli comandati da Burley, Morton e Cuddy s'avviavano al castello per impadronirsene. Per vero dire la stravagante lega di questi tre nomi le parve prova di falsità su quanto asserivasi, ma non pertanto quell'universale scompiglio dava a divederle che la paura era gravissima quanto reale. »Dov'è lady Margherita?» Si fece a chieder tantosto. »Nel suo oratorio» le venne risposto. Perchè nella cappella del castello era una loggia ridotta ad uso di tribuna, detta l'_Oratorio di lady Bellenden_, ove questa matrona si ritraeva in tutte quelle occasioni straordinarie che volea darsi con maggiore concentrazione alle sue pratiche di pietà, e ciò le accadeva ne' giorni anniversarj di quelli in cui perdè i figli e il marito, e ogni qual volta sopravvenivano argomenti di privati o pubblici timori. E allor quando così raccoglievasi era severamente proibito a chiunque il portarsi ad interromperla; laonde Editta avvezza a rispettare sommamente i voleri della sua bisavola, nè tampoco in questo momento ebbe il coraggio d'infrangerli. »Dov'è adunque mio zio?» ella richiese. Non appena il seppe sul pianerottolo della torre, inteso ad ordinare l'artiglieria che la guerniva, v'accorse tantosto, ove il trovò in mezzo all'elemento che più convenivagli, dando or comandi, or consigli, ora confortando, or rampognando, ed adempiendo in somma tutti i doveri che a buon governatore si addicono. »In nome del cielo, mio caro zio! che cosa è dunque tale faccenda?» »Che cos'è, mia cara nipote? -- Gudyil, inclinate quel cannone più a mano diritta. -- Che cos'è? Claverhouse è in rotta. I Puritani marciano alla volta del castello. Non è altro.» »Buon Dio! sclamò Editta, volgendo gli occhi verso la strada. Arrivano! Eccoli là!» »Da qual parte? soggiunse il maggiore, mettendosi tosto gli occhiali. Amici! Pronti colle micce accese ai vostri cannoni! Voglio che questi cialtroni ne paghino un tributo appena si troveranno a gittata. -- Però, fermatevi, fermatevi! Son uomini a cavallo del reggimento guardie.» »Oh no! caro zio, Editta rispose; non vedete come marciano disordinati, e senza veruna cura di mantenere le loro file? Egli è impossibile che questo sia il bel reggimento da noi veduto stamane.» »Mia buona fanciulla, a voi è ignoto qual sia la differenza tra un reggimento che s'incammina alla battaglia, e un reggimento che si salva dopo l'istante della disfatta. Ma io non m'inganno e ne discerno persin lo stendardo. Godo che abbiano potuto salvarlo.» A mano a mano dell'avanzarsi dei cavalieri più facile divenia il ravvisare che di fatto al reggimento delle guardie reali appartenevano. Fecero posa innanzi al castello, intantochè il loro duce prese il viale che a questo guidava. »Egli è Claverhouse! sclamò il maggiore; Claverhouse certamente! Oh quanta ho consolazione ch'ei non sia fra gli uccisi! ma, se non m'inganno non ha più il suo famoso cavallo nero. Gudyil; correte ad avvertire lady Margherita.» »Ella si ritirò nell'oratorio, signor maggiore.» »Non fa nulla. Ditele che v'ho mandato io. Allestite reficiamenti per gli uomini, biada, fieno pe' loro cavalli. -- Su via, mia nipote! scendiamo tosto. Finalmente sapremo al giusto come stiano le cose.» CAPITOLO V. »Ognun ne ammira in non cangiata guisa »Sereno il ciglio, il portamento altero, »Tal che lui vinto vincitore avvisa.» _Hardyknute._ Allorchè il colonnello si presentò innanzi alla famiglia di lady Margherita congregatasi per riceverlo nella grande sala, serbava quella serenità di volto e quella disinvoltura che si erano scorte in lui quella mattina medesima; nè i corsi pericoli gli fecero perdere l'antiveggenza di rassettarsi quanto il potè ed ammendare una parte di quegli sconci esterni che da un combattimento sogliono riportarsi. Più non si scerneano sulle mani di lui le macchie impressevi dal sangue degl'inimici, talchè sarebbesi creduto venir allora da un mattutino diporto. »Mi trovo sconsolatissima, o colonnello, (tai furono i primi accenti che la vecchia signora gl'indirizzò piangendo a cald'occhi) veramente sconsolatissima.» »Io temo, mia cara lady Bellenden, che dopo la rotta cui soggiacemmo voi non siate ormai troppo sicura in questo castello. La vostra notissima lealtà, e l'ospitalità da voi conceduta stamane ai soldati di sua maestà, potrebbero partorirvi conseguenze funeste. Vengo dunque a proporvi, se però la protezione d'un povero fuggitivo non vi sembra cosa da disdegnarsi, di farmi scorta sì a voi che a miss Editta tanto da condurvi a Glascow. Di lì farò accompagnarvi a Edimburgo o al castello di Dumbarton, secondo quello che giudicherete voi più a proposito.» »Vi son grata, o colonnello, lady Margherita rispose; ma mio fratello si è assunto difendere questa piazza contra i ribelli, nè si dirà che lady Bellenden sia fuggita da Tillietudlem sintantochè vi rimarrà un soldato valoroso che glie ne protegga il soggiorno.» »Il maggior Bellenden ha concepito un tale disegno? (Disse Claverhouse fissando gli occhi sfolgoranti d'ammirazione sopra il vegliardo.) Ma perchè dovrei dubitarne? Un tal disegno corrisponde al restante della sua vita. Però, maggiore, avete voi modi per resistere ad un assalto?» »Non mi mancano, rispose il vecchio Bellenden, che uomini e vittovaglie.» »Posso lasciarvi, il colonnello soggiunse, dodici o venti uomini capaci di restar intrepidi sulla breccia, fosse anche il diavolo che venisse all'assalto. Certamente prestereste il massimo servigio allo stato col dar qui indugio, anche d'una sola settimana, al nemico; basterebbe questo tempo per farvi giugnere indubitatamente soccorsi.» »Con venti uomini coraggiosi mi fo mallevador del castello. Vi ho già fatto introdurre i cassoni di polvere che avevate lasciati nella nostra cascina. E quanto a vittovaglie, spero che i messi da me inviati ai vicini villaggi non torneranno addietro a mani vuote. Ad un estremo caso poi mangeremo le suola de' nostri stivali prima di renderci.» »Oserei, colonnello, farvi un'inchiesta, disse allora lady Margherita. Avrei caro, se il rinforzo che vi piacerà aggiugnere alla mia guarnigione avesse per comandante il sergente Stuardo di Bothwell. Potrebbe ciò dargli occasione di meritarsi più presto la promessagli promozione; oltrechè la nobiltà del sangue, onde proviene, m'inspira grande fiducia.» »I fatti campali del sergente son terminati, o milady, rispose Claverhouse, nè è in questo mondo ch'ei possa omai sperare le sue promozioni.» »Perdonate (soggiunse il maggiore, che prese pel braccio il colonnello e seco lo trasse in disparte) ma non so celarvi la mia angustia sopra diversi de' miei amici. Temo abbiate fatta un'altra perdita e ben più importante. Osservo che lo stendardo è portato da altri. Soleva essere vostro nipote....» »Avete ragione, o maggiore, rispose Claverhouse senza cambiare di tuono. Mio nipote non è più; ma ha fatto una morte degna di lui, adempiendo il proprio dovere.» »Quale sciagura! sclamò il maggiore; un sì bel giovine, sì valoroso; su cui si fondavano tante speranze!....» »Tutto ciò è vero, replicò Claverhouse; io riguardava il povero Riccardo come mio figlio; esso era la pupilla de' miei occhi, l'erede mio presuntivo. Ma io vivo, o maggiore, (soggiunse stringendo con forza la mano del vecchio guerriero) e vivo per vendicarlo.» »Colonnello (ripigliò a dire il prode veterano, intantochè rasciugava una lagrima dagli occhi sfuggitagli) mi compiaccio in veggendovi sopportare con tanta fermezza una sì grave sciagura.» »Che che possa dirsi, o maggiore, un disordinato amor di me stesso non guida nè le mie speranze, nè i miei timori, nè i miei diletti, nè le mie pene. Il ben pubblico è sempre stato il solo mio scopo. Forse talvolta ho spinta tropp'oltre la severità, ma quanto feci il feci per il meglio, nè mi appartiene mostrar pe' miei patimenti propri una debolezza che non ho mostrata per quelli degli altri. I miei nemici nel consiglio imputino a me questa rotta! -- Sprezzo le loro imputazioni. Mi calunnino presso il sovrano! -- Saprò ad essi rispondere. Trionfino i ribelli della mia disfatta! -- Verrà il giorno di provar loro che trionfarono troppo presto. Il giovinetto rimasto morto sul campo era la sola barriera posta fra me ed un avaro congiunto; perchè, il sapete, non ho figli miei propri; ma una tale sventura ferisce me solamente; nè la patria dovrà dolersi tanto di questa perdita quanto di quella di lord Evandale, che dopo aver date prove del massimo valore, ha dovuto, come sembra fuor di dubbio, perire.» »Qual funesta giornata, mio colonnello! Ho ben udito dire che il troppo impeto di questo giovane sfortunato quanto coraggioso è stata una fra le primarie cagioni della perdita della battaglia.» »Ah! non dite questo, o maggiore. Se v'è qualcuno che in tal giorno abbia meritata censura, volgasi sopra i superstiti, ma non mai ad invilire gli allori di coloro che gloriosamente soggiacquero. Non potrei però darvi per cosa certissima che lord Evandale sia in questo numero. Quanto posso dirvi si è che abbandonammo il campo di battaglia in circa quaranta uomini, miseri avanzi del reggimento; che eravamo vivamente incalzati; che giunti dietro lo spianato di Loudon-Hill trovai una trentina d'uomini a cavallo dispersi, ma Evandale più non era con noi. Uno de' miei dragoni lo vide cader da cavallo, nè mi resta nemmeno il conforto di dubitare ch'egli non sia o ucciso o prigioniero.» »Però, colonnello, il vostro corpo è aumentato dacchè siete arrivato.» Soggiunse il maggiore, fattosi ad osservare verso una finestra che mettea nel cortile del castello d'ond'erano entrati i soldati. »Oh! disse Claverhouse, questi furfanti non hanno nessuna tentazione nè di disertare, nè dì sbandarsi al di là de' luoghi ove un primo timore li trasportò. Non v'è troppo buon sangue tra essi e i contadini di questo paese: tutti i villaggi d'onde passassero sorgerebber contr'essi, e v'accerto io che le falci, i forcati, i flagelli ispirano a costoro un timore efficacissimo a ricondurli sotto i loro stendardi.» Si diedero indi a discutere su i modi di difesa immaginati dal maggiore, e su quelli di mantenersi in corrispondenza, accadendo che la sommossa venisse vie più a dilatarsi. Claverhouse innovellò l'offerta di condurre a Glascow lady Bellenden e miss Editta, ma il maggiore pensò ch'elleno sarebbero egualmente sicure a Tillietudlem. Il colonnello coll'usata sua cortesia si congedò dall'una e dall'altra, assicurandole del vivo rincrescimento prodotto in lui dalla necessità di lasciarle in un momento sì pericoloso, e aggiugnendo che avrebbe avuto per prima cura quella di soccorrere il castello; stessero quindi certe di rivederlo, o d'avere con massima sollecitudine sue contezze. Troppi pensieri in allora teneano agitato l'animo di lady Margherita, perch'ella potesse rispondergli, siccome in tutt'altra occasione avrebbe fatto: e si limitò nel rendere a Claverhouse le salutazioni fattele ed a ringraziarlo del rinforzo che le avea promesso lasciarle. Editta ardea della brama d'assicurarsi sul destino corso da Enrico Morton, ma non osò risolversi a pronunziarne il nome. Ella erasi data alla speranza che suo zio avrebbe profittato del colloquio particolare tenuto con Claverhouse per favellargli di Morton; ma s'ingannò. Quando anche un figlio del maggiore Bellenden si fosse trovato nelle circostanze del giovine di Milnwood, è probabile che quel vegliardo non avrebbe trovato un istante per dirne una parola in favore al colonnello; tanto avea intese tutte le sollecitudini agli apparecchi della difesa. Scese il colonnello per rimettersi a capo degli avanzi del suo reggimento, e il maggiore l'accompagnò per ricevere da lui medesimo il rinforzo di cui erasi pattuito. »Non posso darvi veruno ufiziale, gli disse Claverhouse; pochi già me ne restano, e i loro sforzi congiunti a' miei bastano appena per mantenere l'ordine e la disciplina fra la mia gente. Vi lascerò Inglis per comandare sotto i vostri ordini il drappello che intanto vi assegno; se però, partito me, arrivasse qui un qualche ufiziale del reggimento, vi do facoltà di trattenerlo e la presenza di esso non leverà poco per assicurare l'articolo tanto essenziale della subordinazione.» Quindi allorchè i suoi dragoni s'accignevano a partire, fece uscire sedici uomini dalle file, e li pose sotto il comando del caporale Inglis, cui promosse in quell'istante al grado di sergente, sì dicendo loro: »Vi confido la difesa di questo castello. Dipenderete tutti da gli ordini del maggiore Bellenden, uno fra' più zelanti e fedeli servi di sua maestà. Se nel vostro contegno darete prove di saggezza, di coraggio, e di subordinazione, ognuno di voi n'avrà guiderdone all'atto del mio ritorno. Ma se vi fosse alcuno che trascurasse i propri doveri, che si facesse lecita la menoma trasgressione, ceppi e corda! -- Voi mi conoscete, e vi è noto che non manco mai di parola. -- Addio, maggiore, (e in questo gli strigneva affettuosamente la mano). Vi siete assicurata per sin ch'io viva la mia amicizia. Possiate voi riuscire nella vostra impresa, e possiamo entrambi vedere splendere dì più sereni!» Allora il restante di quella soldatesca si pose in cammino; ma in essa più non iscorgevansi nè quell'altero contegno, nè quell'appariscenza, con cui mostrossi nell'abbandonare in quella stessa mattina il castello. Cionullameno le premure assuntesi dal maggiore Allan, restituirono l'ordine fra quelle file sicchè potea tuttavia ravvisarsi, che al reggimento guardie pertenea quel drappello. Partiti appena, il maggiore Bellenden mandò un esploratore ad investigare le fazioni cui dava allora opera l'inimico; e quanto potè sapere si fu ch'ei sembrava propenso a passar la notte nel campo del quale erasi impadronito. I capi de' Puritani, come vedemmo, aveano spedito per vittovaglie a tutti i villaggi posti all'intorno; laonde accadea che gli abitatori d'un medesimo luogo ricevevano ordine a nome del re d'inviare vittuarie al castello di Tillietudlem, e ordine a nome dell'esercito presbiteriano d'inviarle a Loudon-Hill. Ogni inchiesta di tal natura veniva accompagnata da minacce contra chi non prestatavi a secondarla, perchè i riscotitori di sì fatte contribuzioni sapean troppo bene che a furia sol di minacce i contadini si sarebbero risoluti a staccarsi dalle loro sostanze; e i poveri sfortunati cui gli ordini contradittorj veniano intimati, trovavansi soprappiù nell'impaccio di non sapere a chi dover ubbidire[3]. [3] Non siam lontani dai tempi, in cui ogni parte dell'Europa, qual più, qual meno, è stata spettatrice di non dissimili avvenimenti. La natura è la medesima in tutte le età, e Walter Scott è il vero pittore della natura. -- _N. del T._ In uno di questi difficili bivj trovavasi Niel, l'ostiero suonatore di piva, del quale facemmo menzione nel principio di questa storia; il suo fertile ingegno gli suggerì modi a trarsi d'imbarazzo. »Questa maladettissima età, ei ragionava fra se medesimo, farebbe divenir pazzo un Salomone di sapienza. Però qui bisogna prender qualche partito. -- Vediamo, Jenny! Come stiamo di granaglie in casa nostra?» »Quattro sacchi d'avena, padre mio, due d'orzo, due di ceci.» »Ebbene, la mia ragazza! continuò Niel sospirando, dirai a Bauldy che porti l'orzo e i ceci a Loudon-Hill, perchè queste robe gioveranno meglio agli stomachi presbiteriani. Avverta sopra ogni cosa di dire, che è tutto quanto abbiamo nel nostro granaio. Non abbia paura di mentire, perchè questa bugia intende al ben della casa. Poi se gli rimanessero scrupoli, aspetti un momento, e vedrà sparire anche i quattro sacchi di avena ch'io medesimo accompagnerò a Tillietudlem. Vi stanno di guarnigione alcuni dragoni, e so che non mi vedranno mal volentieri.» »Tutto ciò va bene, padre mio; ma e che cosa rimarrà da mangiare per noi, se ci priviamo di tutto il nostro?» »Eh carina! Ti sei, lo vedo, dimenticata che abbiamo un sacco di farina di frumento; converrà risolverci a mangiarlo (disse Niel con tuono di rassegnazione). Non è poi un nudrimento tanto cattivo, e gl'Inglesi la preferiscono, benchè gli Scozzesi per le loro focacce trovino la farina di orzo più adatta.» Intantochè il prudente Niel cercava a farsi amici da entrambe le parti, tutti quei de' dintorni correvano all'armi. I Reali non erano i più, perchè riduceansi a que' signori che faceano vita ne' propri castelli, e questi, anzichè pensare a collegarsi, ciascuno spartatamente dava opera a munir la sua rocca per provvedere all'istante in cui venisse assalita. Ciascun d'essi era già consapevole degli apparecchi che faceansi a Tillietudlem, e riguardava questa fortezza come ultimo rifugio ove ripararsi, quando fosse tornato vano ogn'altro resistere. Tutti in vece i villaggi mandavano copiosi rinforzi all'esercito presbiteriano; perchè avendo i Reali fatta man bassa nel paese, inarcebiti erano gli animi de' contadini; e vedendo quindi con occhio di compiacenza la rotta sofferta dai loro persecutori, riguardavano nella vittoria della parte antireale una via che lor dischiudevasi per iscotere il giogo della militare tirannide. Quindi ad ogn'istante il campo di Loudon-Hill ingrossava di drappelli numerosi d'uomini deliberati a sostenere con tutti i propri sforzi una causa che aveano per unita a quella della civile e religiosa libertà. CAPITOLO VI. »Ve' l'oste argiva! In breve i nostri solchi »Tutti vedrem delle sue tende ingombri. _Troilo._ Alla radice d'un monte, distante circa un miglio dal campo di battaglia, era il casolare d'un pastore, misero abituro, ma pure il solo che potesse trovarsi ad una ragionevole distanza, e il più adatto che credessero potere scegliere i capi puritani per tenervi consiglio di guerra. Tal fu il luogo ove Morton da Burley fu condotto. Nell'accostarvisi il giovine di Milnwood maravigliò non poco del tumulto e delle grida che gli feriron l'orecchio. Egli avea creduto che la calma e la gravità dovessero governare un consiglio ove stavano per discutersi affari rilevantissimi in un momento di rilevantissimo rischio; ma vi trovò in vece la discordia e la confusione, dal che trasse poco buon presagio dell'impresa cui accigneansi. Stava aperto l'ingresso della capanna e assediato da una folla d'uomini curiosi, i quali senza aver parte in quelle deliberazioni si giudicavano in diritto di ascoltarle. Laonde per rompere la calca e giugnere a quella assemblea insieme al compagno, Burley ebbe d'uopo d'adoperare minacce e violenze e preghiere, a malgrado della specie di primazia che ei godeva su quell'esercito. Se fosse stata tutt'altra men rilevante occasione, Morton avrebbe avuto argomento di ricrearsi in udendo i discorsi incoerenti e ridicoli che vi furon tenuti. Questa casa oscura e cadente in rovine, veniva in parte rischiarata da un fuoco di verdi rami tagliati dalle vicine boscaglie, ma il fumo non trovando bastante uscita per la canna del cammino si era dilatato per tutta la stanza, e innalzandosi formava una cupola tenebrosa sul capo de' duci colà convenuti. Alcune candele attaccate con soccorso d'argilla a quelle pareti rassembravano a stelle scorte a traverso di fitto nebbione. Alla luce di questo crepuscolo leggeasi sulle costoro fisonomie, come gli uni gonfi d'orgoglio pel riportato buon successo, credeano nulla omai impossibile alle loro armi, gli altri animati da feroce entusiasmo, sorridevano anticipatamente all'idea delle scene di distruzione che divisavano. Alcuni poi d'essi irresoluti ed inquieti avrebbero voluto non trovarsi avventurati in una causa che per sostenere non si sentivano forti a bastanza, e se duravano tuttavia, egli era per non osare di fare un passo in addietro. Presi tutt'insieme formavano un corpo composto di elementi discordi e mal atti a combinarsi fra loro. I più ardenti di questa congrega erano quelli che al pari di Burley aveano partecipato alla morte dell'arcivescovo di Sant'Andrea, e che sapendo imposta una taglia sulle proprie teste, in un soqquadro generale soltanto scorgevano l'ancora di lor salvezza; pur minori ad essi in fanatico zelo non erano que' predicatori puritani, i quali ricusando sottomettersi al governo voleano piuttosto condur la vita predicando per foreste e montagne ai loro settari che congregandoli nelle chiese sotto la protezione del re. Coloro di cui andava composta la classe de' moderati erano gentiluomini scontenti, fittaiuoli stanchi delle vessazioni derivate dal governo militare, e predicatori presbiteriani che aveano bensì prestato il loro atto di sommissione al governo, ma congiunti di cuore alla causa del Puritanismo, e venuti a mettersi sotto le sue bandiere non appena apparve loro un raggio che possibile ne presagiva il trionfo. Fra questi ultimi si trovava Pietro Poundtext, ministro approvato della parrocchia di Milnwood. Deliberavasi in quel punto sulla composizione di un bando con cui far noti i motivi della sommossa. Macbriar, Kettledrumle, e molt'altri della loro tempera voleano che comprendesse ad un tempo la scomunica contra chiunque Presbiteriano aveva avuta la debolezza di usare atti di condiscendenza al governo, e di adattare al professato culto le restrizioni dallo stesso governo intimate. Poundtext e i partigiani di questo sostenevano acremente la legittimità delle loro opinioni, e citavano a propria difesa parecchi testi di Sacra Scrittura, contra i quali non mancavano di sfoggiare altre citazioni que' della parte contraria. Quindi il consiglio di guerra scorgeasi trasformato in arena di teologiche dispute, ed essendo eguale d'ambo i lati il vigor de' polmoni, ne nacque il baccano, che assordava Morton all'atto di entrare in mezzo a quell'assemblea. Burley scandalezzato da cotale scena di discordia, pose in opera tutta la riputazione in cui vivea presso costoro per ridurli al silenzio, e soprattutto li fe' accorti degli inconvenienti che erano a temersi dalle lor dissensioni nel momento appunto in cui necessitava di più il collegarsi contra il comune inimico, e tanto orò da far cessar finalmente ogni discussione sull'articolo contrastato. Ma comunque Kettledrumle e Poundtext, ciascuno per parte sua corifeo del litigio, fossero stati costretti a tacere, non si stettero quindi dal lanciarsi scambievolmente occhiate di sdegno; simili a due cani che separati nel fervor della rissa, si ritirano rangolando ciascuno sotto la seggiola del suo padrone, e col dimenar delle code, e col movere delle orecchie e col girar degli occhi infiammati danno a divedere che aspettano solamente l'istante opportuno a saziar la mutua ira per iscaglirsi l'un sopra l'altro. Profittò Burley di quell'istante di silenzio ottenuto per presentare al consesso il sig. Enrico Morton di Milnwood, e il dipinse com'uomo profondamente commosso dalle sciagure de' tempi, e pronto a sagrificar beni e vita in difesa d'una causa, alla quale il padre suo Silas Morton avea prestati servigi i più segnalati. Enrico venne accolto col massimo riguardo, e dal suo antico pastore, Pietro Poundtext che gli strinse amichevolmente la mano, e da tutti coloro che professavano massime di moderazione. Ma quei dell'altra fazione borbottarono fra denti i vocaboli di _tiepidezza_, _indifferenza_, _tollerantismo_, e alcuni si rammentavano l'un l'altro sommessamente, che Silas Morton nei suoi ultimi giorni avea riconosciuta l'autorità del tiranno, di Carlo Stuardo, e quindi schiusa la porta all'oppressione, sotto la quale allor gemeva la chiesa presbiteriana. Nondimeno, poichè l'interesse generale comandava un tal punto, che non si rifiutassero i servigi di chiunque porgea mano alla _grand'opera_, Morton venne accolto siccome un de' capi dell'esercito; se non coll'approvazione universale, almeno senza udirsi voce d'alcuno che si opponesse. Allora Burley persuase ai diversi comandanti lo scompartire in compagnie tutti gli uomini di quell'esercito, il cui numero continuamente ingrossava. Neil'eseguirsi un tale ripartimento, tutti quelli della congregazione del moderato Poundtext, si schierarono, com'è naturale il crederlo, sotto il comando di Enrico Morton, nato fra essi; per la qual cosa ei si trovò capo della più bella e più numerosa compagnia di tutto l'esercito. Ultimata questa bisogna, fu necessario passare all'altra di prescrivere l'andamento delle fazioni militari. Oh come palpitò il cuore di Morton in udendo porre per prima cosa il partito d'impadronirsi del castello di Tillietudlem, giudicato punto il più rilevante in quello stato di cose! Il ministro Poundtext più degli altri instava sull'urgenza di tale espediente, avendo del suo parere tutti gli abitanti di que' dintorni, i quali vedeano in questo castello il migliore rifugio delle truppe reali, che non avrebbero mancato di ardere le case, di perseguirne le famiglie, scostatosi appena l'esercito da cui in allora ricevean protezione. »Opino (dicea Poundtext, chè i teologi di que' giorni non si stavano mai dal proferire il proprio parere sulle fazioni militari comunque ignorantissimi, soprattutto in tale argomento) opino che facciam nostra la fortezza di quella femmina, detta lady Bellenden. Costei discende da una empia schiatta, in ogni tempo avvezza a lordarsi le mani nel sangue de' veri figli della chiesa.» »Egli è vero che la piazza è forte, così ragionava Burley. Ma quai modi ha di difesa? Due donne potranno tentar nemmeno di trattenerci?» »In questa fortezza trovasi ancora, soggiugneva Poundtext, Iohn Gudyil cantiniere della vecchia signora, che si dà vanto di aver militato sin dalla prima fanciullezza e d'avere portate l'armi sotto Iames Graham di Montrose, quel figlio indegno di Belial.» »Eh via! vergognatevi di parlarci d'un cantiniere» sì gli disse in tuon di rampogna Burley. »Vi si trova parimente, continuò Poundtext, quel vecchio partigiano della monarchia, Miles Bellenden di Charnwood, che nelle passate guerre, ha sempre impugnate l'armi contra i nostri fratelli.» »Oh quanto a Miles Bellenden, fratello di sir Artur, soggiunse Burley, questi è ben uomo, che se fa tanto di sguainare la spada, non è facile il fargliela rimettere nel fodero.» »Vi dirò anzi, aggiugneva un altro arrivato in quell'istante, essere voce divulgata per tutto il paese, che dopo la sconfitta dei Reali furono introdotti nel castello e soldati e vittovaglie, indi ne è stata chiusa la porta.» »Non sarà mai per mio avviso, disse allora Burley, che noi perderemo il tempo ad assediare un castello. Ne fa d'uopo correre innanzi, e trar partito de' vantaggi ottenuti per occupare Glascow. Non so immaginarmi che, o gli avanzi del reggimento da noi sconfitto o il reggimento medesimo di lord Ross, pensino neanco ad aspettarci colà di piè fermo.» »Almeno, rispose Poundtext, potremmo spiegare il nostro stendardo dinanzi a Tillietudlem e fare un'intimazione al castello. So bene che vi sta dentro una schiatta di refrattari; ma chi sa? potrebbero anche arrendersi; ed in allora faremmo prigionieri gli uomini, e muniremmo di salvocondotto le donne perchè potessero trasferirsi a Edimburgo.» »Chi ardisce parlare di pace e salvocondotti?» si udì allora una voce stridula e acuta che venia dal mezzo di quella folla. »Tacete, fratello Abacucco, tacete» soggiugneva in tuono pressocchè supplichevole Macbriar. »No che non tacerò, continuava la precedente voce. È egli momento di parlare di pace e di salvocondotti, quando la terra è scossa fino nelle sue viscere? quando i rigagnoli divengono fiumi di sangue? quando il coltello a due tagli è uscito del fodero?» Così favellando questo nuovo oratore pervenne ad avanzarsi in mezzo al consesso, e offerse ai sorpresi occhi di Morton la vista d'un personaggio, il cui aspetto conformava affatto alla voce e ai discorsi che avea fatti udire. Coperto d'un abito, altra volta nero, che andava a brani, portava sovr'esso i frammenti d'un vecchio mantelletto qual l'usano i montanari Scozzesi; aggiustamento di vesti che non bastavano al certo a guarentir dal freddo chi le portava, e a fatica adempievano i riguardi voluti dalla modestia. Gli ondeggiava sul petto una lunga barba, bianca come la neve; e capelli della stessa bianchezza che non avevan mai conosciuto pettine gli cadeano disordinatamente e dinanzi e sopra le spalle. I lineamenti del volto dimagrato dai digiuni appena il lasciavano scernere per un uomo. Feroce erane il guardo; e i suoi occhi errabondi ed acuti ad un tempo davan segno d'una mente sconcertata. Brandiva una sciabola arrugginita e tinta di sangue. Le unghie di costui cogli artigli d'un'aquila avean somiglianza. »In nome del cielo, chi è costui?» chiese sommessamente a Poundtext il giovane Morton, fatto stupido a tale aspetto come se avesse veduto un sacerdote cannibale, toltosi allora dal sagrificar vittime umane. »Egli è Abacucco Mucklewrath, rispose parimente sotto voce il ministro Poundtext; uomo che ha sofferto assai nelle passate guerre, e che indi è stato lungo tempo in prigione: la mente sua era alienata da lui fin quando egli ne uscì, e temo veramente sia posseduto dallo spirito maligno. Nondimeno l'entusiasmo ch'ei dimostra gli ha fatti molti partigiani, nè vorrei...» Ma la voce di Poundtext fu soperchiata da quella di Abacucco che ripetè in tuono da far tremare la soffitta di quella stanza: »Chi ardisce parlar di pace e salvocondotti? Chi di pietà verso le case de' malvagi? Non istà forse scritto: _voi infrangerete contro le selci i capi de' lor fanciulli: precipitate dall'alto delle torri la madre e la figlia; si nudriscano i cani del loro sangue come di quello di Gezabelle?_»[4] [4] Tutti coloro che mossi, o da entusiasmo siccome i Puritani, o anche da fini più scaltri, vollero dare significato a loro modo alle Sacre Carte, confusero le minacce de' gastighi divini annunziati in tuon profetico da' suoi ministri con una sanzione di que' delitti che, sebbene compiessero tali minacce, acquistavano ben altro che merito a chi li commetteva. -- _N. del T._ »Com'ei parla giusto! sclamavano parecchie voci dietro di lui. In verità non sarebbe servire a dovere la buona causa il risparmiarne i nemici.» »Ah! quest'è un abbominio, un'empietà che fa nausea, proruppe Morton che non potea più frenare la sua indignazione. E credete voi meritarvi la protezione del cielo ascoltando i consigli orribili dell'atrocità e della follìa?» »Zitto là, giovine inesperto! zitto là! prese a dir Kettledrumle, tu censuri quello che non intendi. Spetta a te forse giudicare il vaso entro cui il cielo ha versate le sue inspirazioni?» »Noi giudichiamo l'albero da' suoi frutti, rispose Poundtext, nè crediamo che una contravvenzione alle leggi divine possa essere figlia d'una inspirazione del cielo.» Kettledrumle si apparecchiava a rispondergli, ma fece per lui la strillante voce di Abacucco che tutte le voci spegnea. »Perchè vi ho parlato? Perchè mi son io tratto fra voi? Perchè ho veduto; perchè ho inteso. Che cosa ho veduto? L'angelo sterminatore che brandiva la spada fiammeggiante. Che cosa ho inteso? Una voce che gridava _Ferite, ferite! che i vostri occhi sian chiusi! che le vostre mani non conoscan pietà! L'uomo, e il fanciullo, la giovinetta e la vecchia dai capelli grigi, tutti cadano percossi dal fendente della vostra sciabola, che i ruscelli si cambino in fiumi di sangue!_» »Così comanda Dio. Sclamarono molte voci. Non può dubitarsene; poichè sono sei giorni che l'uomo divino non ha nè mangiato nè parlato. Noi ubbidiremo alla inspirazione.» Compreso d'orrore sopra quanto aveva inteso ed udito Morton, s'allontanò dal consesso, e uscì fuori di quel tugurio. Burley che non dipartiva gli occhi da lui, lo seguì; e afferratolo per un braccio: »Ove andate?» gli disse. »Nol so -- Di nulla mi cale. -- Basta ch'io qui non rimanga più lungo tempo.» »Giovane! ti stancasti sì presto? Mettesti appena la mano all'aratro, e divisi già abbandonarlo? È questo il tuo consacrarti alla causa che un giorno tuo padre ha difesa?» »Non v'è causa giusta, rispose Morton, che potesse prosperare sotto sì fatti auspici. Vedo una parte che vuole ubbidire ai sogni d'un mentecatto sitibondo di sangue. Vedo tra i capi di questa banda un prete ignorante quanto orgoglioso. Ne vedo un altro....» e qui fermossi un istante. »Continua, disse Burley, continua. Ti ascolterò senza scompigliarmi. Un altro, vuoi tu dire, che è un assassino, un Balfour di Burley. Ma tu, o giovine, non pensi a tutto: in questi giorni di vendetta non sono gli uomini amanti sol di se stessi, gli uomini che ragionano a mente fredda, coloro che sorgono ad eseguire i giudizi del cielo, a compiere la liberazione d'un popolo. Se ti fosse toccato il vedere gli eserciti d'Inghilterra sotto il parlamento del 1642, allorchè tutte le lor file ringorgavano di settari e di entusiasti più feroci degli anabatisti di Munster, ben avresti avuto altro argomento di maraviglia. Ma cotesti uomini erano invincibili, e le lor mani operarono prodigi per la libertà del proprio paese.» »I lor consigli però si tenevano con saggezza, e a malgrado della violenza del loro zelo e della stravaganza delle loro opinioni, eseguivano gli ordini de' propri capi nè si trasportavano ad atti inutili di crudeltà. Venti volte l'ho udito dire a mio padre. I vostri conciliaboli in vece sono l'immagine vera del caos.» »Abbi pazienza, Enrico Morton! Tu non devi abbandonare la causa della religione e della patria per un discorso stravagante, o per un'azione che sembra a te riprovevole. Ascoltami. Io già ho fatto comprendere ad alcuni de' nostri amici che abbiamo un consiglio soverchiamente numeroso; e sembran d'accordo nella massima di ridurlo a sei de' capi principali. Tu sarai un di questi; tu avrai in esso una voce; tu potrai favorire, quando il crederai convenevole, la parte dei moderati. Sei contento?» »Il sarò senza dubbio, quand'io veda veramente la mia presenza essere utile a temperare gli orrori d'una civile discordia; nè abbandonerò la carica che accettai se non se allor quando io veda vincer partiti, contra i quali si ribelli la mia coscienza. No: non vedrò mai imperterrito la strage d'un inimico che domanda quartiere al cessare della battaglia: non consentirò mai ad un'esecuzione, cui non abbia preceduto un giudizio. Voi potete star certi che a provvisioni di tal natura io mi opporrò costantemente e con tutto il potere che mi attribuiste.» »Sei giovine, o Morton, te lo ripeto, nè comprendi ancora che poche gocce di sangue son nulla, se giovano ad estinguere tutto un incendio. Ma non quindi ti prenda spavento. Avrai in tutti i casi voce al consiglio, e può darsi che ci troviamo sempre del medesimo avviso.» Nè tai detti erano assai per rendere Morton tranquillo: pure non giudicò in quell'istante prudenza il tirar più a lungo un tale colloquio. Burley si tolse da lui, consigliandolo a prendere un po' di riposo, tanto più necessario per la probabilità che alla domane l'esercito si ponesse in cammino. »Non andate a dormire anche voi?» Enrico gli chiese. »No, rispose Burley: i miei occhi non si possono ancora chiudere al sonno. Egli è d'uopo che la scelta del nuovo consiglio venga fatta in questa notte medesima. Domani vi chiamerò per prendervi luogo alle deliberazioni.» Partito Burley, Morton si fece ad esaminare il sito ove trovavasi, nè credè rinvenirne un più opportuno per trascorrervi quella notte. Coperto di musco erane il suolo, e una punta di roccia lo difendea dal vento di tramontana. Avviluppatosi nel mantello datogli fin sulle prime dell'arresto suo dal dragone, una stanchezza, figlia delle fatiche del corpo e dell'animo sofferte in quella giornata, lo vinse; talchè prima di aver tempo di meditare sullo stato deplorabile del suo paese e sul bivio dilicato in mezzo a cui trovavasi posto, fu preso dal sonno. L'esercito puritano dormì a campo. In questo mezzo i principali duci ebbero con Burley un parlamento sullo stato de' comuni affari, e le sentinelle poste alla sicurezza di quell'accampamento si tennero deste a furia d'intonar cantici tutta la notte. CAPITOLO VII. »Tra 'l sonno ancor fortuna i prodi aggiunge. »Ve' i corsier pronti! In sull'arcion, miei fidi!» _Enrico IV._ Al primo albeggiare, Enrico si vide a canto il fedele Cuddy, che portava sotto il braccio una valigia. »Ho dato ordine alle cose vostre aspettando che vi svegliaste, sig. Enrico. Nè ho fatto in ciò che il mio dovere, poichè acconsentiste prendermi al vostro servigio.» »Io, Cuddy! Ve lo siete sognato.» »No, mio signore. Quando io me ne stava ieri colle mani legate sul mio cavallo, vi ho detto, se tornavamo liberi, di volere divenir vostro servo. Voi non mi rispondeste nulla. Se questo non è acconsentire, straccio tutti i miei libri. È ben vero che non mi deste caparra, ma questa non me la deste neanco a Milnwood.» »Ebbene dunque, Cuddy, se non temete far lega colla mia cattiva fortuna...» »Non dite così, sig. Enrico, non dite così. La nostra fortuna prenderà buona andatura, semprechè però non venga a traversarla mia madre. -- Già ho cominciato bene la mia milizia, e vedo che non è un cattivo mestiere la guerra.» »Me n'accorgo. A quest'ora avete fatto una correria. D'onde vi deriva quella valigia?» »Qui non entrano nè correria nè saccheggio. L'ebbi in guisa la più legittima, e mercè d'un commercio lecitissimo. Osservai che i nostri spogliavano i dragoni morti, lasciandoli nudi come bambini nati in quel punto. Laonde quando li vidi tutti intesi ad ascoltare le prediche di Kettledrumle e dell'altro ciarlatano di cui non so il nome, mi posi in cammino, e giunti ad un luogo, che nessuno ancora avea visitato, indovinate chi trovai ivi steso sul suolo? l'antico nostro conoscente, il sergente Bothwell.» »Morto!» »Oh daddovero morto. Ferito da due grandi colpi di sciabola, senza contare non so quante altre ferite, e cogli abiti traforati in tal guisa che non v'era il prezzo dell'opera a levarglieli di dosso. Ma gli ho prestato il servigio, ch'ei prestò vivendo a molti altri assai più di lui galantuomini; gli ho rinversate le saccocce, entro cui stava la borsa di vostro zio, o per dir meglio la vostra. Eccola!» »Poichè sappiamo, o Cuddy, d'onde proviene questo denaro, credo che in tutta coscienza ce ne potremo valere. Faremo a metà.» »Un momento, sig. Enrico! un momento! -- Ecco un anello attaccato ad una fettuccia nera che gli pendeva dal petto. -- Povero diavolo! Era forse un qualche ricordo d'amore. Può bene un uomo avere il cuor duro, ma è sempre tenero per riguardo ad una leggiadra fanciulla. Ho trovata inoltre la sua valigia; ecco un pacchetto di carte che vi si conteneano; tutta questa biancheria è quanto appunto può abbisognarmi insin che duri la guerra.» »Per essere un novizio, o Cuddy, non incominciate male la vostra carriera.» »Non è egli vero? soggiunse tutto contento di se stesso Cuddy. Vel dissi ben io di non essere tanto goffo quanto mi davano a diveder le apparenze. -- Ho anche trovati due cavalli di dragoni senza padrone. Vedeteli attaccati a quell'albero. -- Finalmente, tornando da questa impresa ho incontrato un de' nostri soldati curvo sotto l'incarico di tre valigie che poteva appena portare. Pensando che siete sfornito di biancheria gli ho chiesto se voleva vendermene una, che di fatto mi ha ceduta per una moneta d'oro. Voi troverete questa moneta di meno nella borsa di Bothwell.» »Faceste un ottimo acquisto, Cuddy: ma io non accetterò queste cose senza ricompensarvene.» »No, no, sig. Enrico. Parleremo un'altra volta di ciò! Per ora non ho io tutto il mio bisognevole entro la valigia del sergente Bothwell? Voi lo vedete. Non vi è cane che non abbia il suo giorno di buona ventura, come suol dire mia madre. Povera donna! -- Ma a proposito! Vorrei ben sapere che cosa ne sia divenuto in mezzo a tanto sconquasso. Se non avete nulla da comandarmi, ne vado in cerca.» »Andate, Cuddy, andate: non ho alcun bisogno di voi.» Allora Cuddy si ritirò lasciando le due valige raccomandate alla sella d'uno de' due cavalli testè menzionati. »Le leggi della guerra, pensò fra se stesso Morton, e la necessità soprattutto, mi autorizzano a valermi degli arredi contenuti in questa valigia. Se però sapessi a chi appartengono, li restituirei al loro padrone, se vive tuttora, o ne compenserei il prezzo ai suoi eredi se più non fosse.» Mentre tai cose ragionava coll'animo, portò gli occhi su quella parte della stessa valigia, ov'era scritto in cifre d'oro il nome di Evandale, dal che conchiuse ch'era stata tolta dal cavallo ucciso sotto il ridetto lord, là nello spianato ov'ei giunse dopo la perdita della battaglia. La qual considerazione fe' sì che ei non concepisse maggiori inquietudini sul destino d'un uomo cui sapea egli stesso, Morton, d'avere forniti i modi di salvezza, e continuava a sperare che avesse potuto giovarsene. Si diede indi ad esaminare gli scritti contenuti nella cartella di Bothwell, e vi trovò il registro de' dragoni comandati da quel sergente colle annotazioni di quelli che erano assenti per congedo; una lista di persone d'opinione contraria al governo, e quindi da assoggettarsi ad ammenda, copia d'un mandato del Consiglio privato che autorizzava il sergente ad arrestare diversi individui; più certificati di capi sotto i cui ordini aveva servito Bothwell, concordi tutti nell'encomiarne il coraggio; varie liste di spese fatte nelle taverne. Il documento più meritevole d'osservazione era un albero genealogico composto colla massima accuratezza, e munito di tutte le prove necessarie a dimostrarne l'autenticità. Vi era parimente uno specchio esattissimo di tutte le proprietà appartenenti ai conti di Bothwell, poi confiscate. Vi si trovava ancora una enumerazione de' nomi di coloro ai quali il re Giacomo le avea concedute, e che continuavano tuttavia a goderne. Bothwell avea scritto al piede di questa lista: _haud immemor_. In un segreto ripostiglio della cartella stavano alcune lettere che la scrittura indicava vergate da mano femminile, una treccia di capelli e alcuni versi di carattere di Bothwell, e che le cancellature fatte dalla stessa mano mostravano essere autografi del medesimo Bothwell. Mentre Morton leggea questi versi, che non privi affatto di merito giudicava, gli comparve innanzi Burley. »Svegliato a quest'ora! gli disse. Ottimamente. Ella è una prova del vostro zelo per la buona causa.» Morton dopo avere narrata succintamente la spedizione di Cuddy, pose fra le mani del Puritano le carte di Bothwell. Burley esaminò con grande attenzione tutte quelle, che in qualche modo ai pubblici affari si riferivano, ma giunto ai versi li gettò da se con disprezzo; »Allorchè (grazia sempre alla celeste assistenza!) liberai la terra da questo strumento di persecuzione, non mi immaginai certo che un uomo non privo di valore invilisse il suo spirito a cose cotanto futili e profane. Ma vedo che il demonio comparte a' suoi prediletti ogni sorte d'ingegno, che la stessa mano alla quale conferisce il potere di trucidare gli eletti in questa valle di perdizione, è abile ad un tempo ad arpeggiare per consumar l'esterminio delle figlie della vanità.» »Dunque le idee che vi siete formate intorno al dovere, soggiunse Morton, vi divietano ogni amore delle bell'arti! Son pochi però che non le abbiano per soccorrevoli a purificare e sollevare l'anima umana!» »Mettete la maschera che più vi piace ai diletti mondani. Agli occhi miei non sono che vanità, non presentano se non se agguati. Non abbiamo che uno scopo sopra la terra: _Rifabbricare il Tempio del Signore_.» »Pure mio padre mi dicea spesse volte, che molti i quali s'impadronivano dell'autorità a nome del cielo, la usavano con tanta severità, ed erano tanto schifi di abbandonarla, come se l'ambizione fosse stata unicamente la loro forza motrice. -- Ma non è di questo che ora dobbiam favellare. Riusciste poi nell'assunto d'instituire un nuovo consiglio?» »La nomina è fatta. Sarà composto di sei individui. Voi siete un di essi, e venni anzi in traccia di voi per sollecitarvi a trasferirvi colà e prender parte alle deliberazioni.» Morton seguì Burley in quello stesso casolare ov'era stato il dì innanzi, ed ove gli altri compagni suoi lo aspettavano. Le due principali fazioni in cui divideasi questo esercito affrettatamente raunato, erano dopo lunga e tumultuosa discussione alfin convenute nel partito d'avere ciascuna la facoltà di nominare la metà de' membri del consiglio. I tre scelti dai Puritani fanatici erano Burley, Macbriar, e Kettledrumle. La scelta de' moderati cadde sopra Poundtext, Enrico Morton e lord Langfern, signore di quelle vicinanze, che avendo scialacquato il suo patrimonio non sarebbe stato scontento di restaurarlo all'aura delle domestiche turbolenze. Tal fu l'espediente inteso a contrabbilanciare compiutamente in quel consiglio le due fazioni; ma vi era grande probabilità ciò nonostante, che la preponderanza sarebbe stata dalla parte di chi alle più violenti sentenze inclinava. L'astuto Burley, il quale fondavasi sul soccorso de' moderati ogni qualvolta avrebbe differito di opinione dai due colleghi della sua fazione, si riserbava poi, quando con questi accordava, a porre in uso la prevalenza, ch'ei sperava mantener sempre sullo spirito di Morton e sulla debolezza d'indole, ch'era il caratteristico di lord Langfern, per trarre almeno un d'essi nel proprio partito, ed assicurarsi in tutti i casi la maggiorità. Per vero dire, le deliberazioni di questa giornata furono sensate quanto tranquille. Dopo avere esaminato i modi di guerreggiare che offeriva l'istante, e que' maggiori che erano da sperarsi, risolvettero conservare il campo, in cui stavano, tutto quel giorno per dar tempo di giugnere ai rinforzi che s'attendevano; alla domane si marcerebbe alla volta di Tillietudlem, intimando al castello la resa; negandola que' di dentro, si tenterebbe un assalto; il quale ove non fosse riuscito, ne verrebbe abbandonata l'impresa contentandosi di lasciare attorno a quella fortezza una forza bastante a bloccarla e tribolarla colla penuria sintantochè si arrendesse. Il rimanente dell'esercito prenderebbe la via di Glascow per isnidiarne lord Ross e gli avanzi del reggimento di Claverhouse. Tal fu la conclusione di quest'adunata. Laonde il primo passo d'Enrico nella sua nuova carriera diveniva l'assalire un castello spettante all'avola di colei che gli era scopo di tenerissimo affetto, un castello difeso dal maggiore Bellenden, cui lo astrigneano vincoli di stima, d'amicizia, di gratitudine. Nè certamente ei celava a se stesso l'arduità dello stato in cui era posto; ma il confortava la speranza che l'autorità acquistatasi sopra l'esercito gli fornirebbe abilità di concedere agli abitanti di Tillietudlem tale assistenza, su cui certamente non avrebbero potuto fondarsi s'ei non fosse stato fra i capi della spedizione. Egli nudriva parimente una lusinga di potere frapporre tra l'esercito presbiteriano e il castello tai patti di neutralità, da metter questo al sicuro contro i funesti effetti della guerra che stava per cominciare. CAPITOLO VIII. »Sol per prodigio a lacrimevol, fera »Strage sottratto, or move a questa banda »Uom tal che di valor dà fede intera »Col sangue sol che d'ogni membro ei manda.» _Finlay._ Pensiamo ora agli abitanti di Tillietudlem. Nella notte successiva alla battaglia, il maggiore pose sul pianerottolo della torre alcune sentinelle instrutte di dar all'arme ad ogni menomo segnale che annunziasse l'avvicinar del nemico; ma un profondo silenzio avendo regnato in tutta la notte, i difensori del forte poterono godere d'un qualche riposo. Al primo schiarire del giorno fu data mano a continuare le fazioni della difesa incominciate il dì innanzi, e alcuni istanti dopo una sentinella diede avviso d'un reale che s'avviava verso il castello. L'andatura lentissima del palafreno, e il modo di tenersi in sella del cavaliere, davano a scorgere com'ei fosse o infermo o ferito. Si corse tosto alla portella per dargli ingresso, e fu gioia universale in ravvisandolo per lord Evandale. Il molto sangue uscito dalle sue ferite gli fu cagione di tale spossatezza, che senza l'altrui soccorso non avrebbe potuto scendere da cavallo, e allorchè reggendosi ad un servo entrò nella sala, le due signore mandarono al vederlo un grido di sorpresa e spavento. Pallido come la morte, coperto di sangue, lacere le vesti, disordinati i capelli, più di spettro che di uomo aveva sembianza. »Sia lodato Dio! sclamò lady Margherita; sia lodato Dio poichè fuggiste dalle mani di quegli scellerati, ingordi di sangue, di quei mostri che trucidarono tanti fedeli servi di sua maestà!» »Grazie al cielo! soggiunse Editta, siete qui, siete sicuro! Quanti spaventi abbiamo provati per voi! Ma voi siete ferito, o milord, e temo non troviate qui tutti i soccorsi necessari allo stato in cui vi veggiamo.» »Le mie ferite non sono pericolose (rispose lord Evandale, che fu tostamente fatto sedere sopra d'un canapè); lo sfinimento di cui parlate è solo effetto di molto sangue perduto. Ma non venni io qui a crescere gl'impacci che vi molestano. Entrando in questo castello non mi proposi altro fine che sapere le notizie vostre e se foste qui tuttavia; vedere ancora se potessi esservi di qualche sollievo, e intendere ad un tempo contezze del mio reggimento, giacchè ne riconobbi in lontananza gli uniformi allorchè portai gli sguardi sul pianerottolo della torre. Permettetemi in tale occasione di comportarmi, come un figlio vostro, lady Margherita, come un _vostro fratello_, miss Bellenden.» E adoperò un tuono particolare nel pronunziar le voci _vostro fratello_, onde miss Editta non credesse che in qualità d'amante il proprio servizio offerisse. Accortasi ella d'un sì dilicato riguardo, gliene fu grata, ma non era quello istante per attaccar gara di nobili sentimenti. »Noi siamo deliberati a difenderci, o Milord, soggiunse dignitosamente la vecchia matrona. Mio fratello ha assunto il comando della guernigione, e spero colla grazia di Dio che i ribelli qui troveranno un'accoglienza conforme ai lor meriti.» »Quanto mi sarebbe grato, disse lord Evandale, cooperare anch'io alla difesa che intraprendete! Ma nello stato di debolezza cui mi trovo ridotto, io non vi sarei che di peso. Dico più. La mia presenza potrebbe crescervi intorno i pericoli. Guai se i ribelli s'accorgessero che un de' primi uffiziali del reggimento guardie fosse riparato in questo castello! Si farebbero più inviperiti, più ardenti nel disegno d'impadronirsene!» »Potete voi, o milord (esclamò Editta con uno di quegli slanci di commozione che sono spesse volte il caratteristico del bel sesso, e così ben gli si addicono) potete voi supporre in noi tanta abbiezione, crederne così assorte in pensar solo a noi stesse per acconsentir che partiate? E vi par egli che le considerazioni da voi poste in campo valgano ad impedire ai vostri amici il darvi ricetto, e il darvelo in un momento che il paese è coperto di nemici, in un momento che non siete in essere di potervi difendere? Evvi forse in tutta la Scozia una sola capanna, donde vi permettessero l'uscita nello stato in cui siete? E come v'immaginaste che vi lasceremmo partir da un castello, entro cui noi medesime ci crediam protette a bastanza?» Editta pronunziò sì fatti accenti con voce agitata da verissima commozione interna; e il rossore apparsole in sulle guance palesò com'ella sentisse fortemente nell'animo tutto quanto esprimeva. »Lord Evandale non può assolutamente pensare ad abbandonarci, aggiunse lady Margherita. Pique, il vecchio servo di mio fratello, egli che lo ha seguito in tutte le guerre, ha acquistata qualche cognizione di chirurgia, e curerà le ferite di milord. Non permetterei all'ultimo fra i soldati di sua maestà che abbandonasse il castello di Tillietudlem, allorchè d'ogni parte la spada si sguaina contro di essi. Vi lascio dire se soffrirei che uscisse lord Evandale! Sarebbe per questa mia casa tale disdoro, di cui la sola idea m'atterrisce. Dacchè il castello di Tillietudlem è stato onorato di una visita di sua ma....» Fortunatamente in tal punto fu interrotta dall'arrivo del maggiore. »Abbiamo fatto un prigioniero, mio zio, disse miss Editta, e un prigioniero ferito che tenta prender la fuga. Spero che ne aiuterete a trattenerlo per forza.» »Lord Evandale! il maggiore tosto sclamò. Il piacer che ne provo è tanto grande come quello ch'io gustai, sono tanti anni, al ricevere la mia nomina di tenente. Claverhouse ne avea fatto temere che foste caduto prigioniero, o che forse anche aveste perduta la vita.» »Se nulla di questo è accaduto, ne ho debito ad un vostro amico (rispose lord Evandale con qualche commozione e chinando la testa, quasi temesse scorgere l'impressione che quanto egli stava per raccontare avrebbe prodotto sull'animo di miss Bellenden). Io era già rovesciato da cavallo e privo d'ogni difesa, la sciabola dell'inimico pendea sul mio capo, allorchè Morton, il prigioniero per cui ieri intercedevate voi stesso, si è generosamente frapposto in mio favore, mi ha salvati i giorni a rischio dei propri, m'ha somministrate le vie d'una fuga.» Nel terminar tai detti una curiosità dolorosa al suo cuore trionfò in lui della precedente risoluzione. Sollevò gli occhi suoi sopra Editta, e in quelli della giovane credè ravvisare la gioia impadronitasi di lei in udendo che l'amante suo era vivo, era libero, nè si era lasciato vincere in generosità dal rivale. Tali erano di fatto i sentimenti ohe Editta provava; ma a questi aggiugneasi l'altro di verace ammirazione tributata alla nobile franchezza, onde lord Evandale rendea giustizia ad un tale competitore, e gli si professava debitor d'un servigio, di cui giusta ogni probabilità avrebbe voluto avere a tutt'altri l'obbligazione. Il maggiore che non si sarebbe accorto della commozione fattasi negli animi di sua nipote e di lord Evandale, foss'anche stata le mille volte più evidente, si limitò a dire: »Poichè Enrico Morton ha qualche prevalenza sullo spirito di questi sciagurati, godo che ne abbia fatto un sì buon uso; ma spero si torrà, tosto che il possa, dalle loro mani. Non dubito ch'ei nol desideri. Io ne conosco le massime, e so com'ei detesti il gergo mistico, l'ipocrisia di costoro. Quante volte l'ho udito ridere della pedanteria di quei vecchio furfante, del ministro presbiteriano Poundtext, di questo iniquo, che dopo avere goduto per tanti anni della condiscendenza del governo, si leva sfacciatamente la maschera alla prima occasione, e sovvertendo colle sue ciance tre quarti di parrocchiani, a capo d'essi va a raggiugnere le bande ribelli. -- Ma e voi come fuggiste o milord?» »Che volete? rispose sorridendo lord Evandale: a guisa d'un cavalier miscredente, e affidandomi tutto alla celerità del mio palafreno. Ho preso la via, che credei mi avventurasse meno ad uno scontro cogl'inimici, nè indovinereste mai in qual luogo io abbia trovato ricovero la scorsa notte.» »Senza dubbio nel castello di Braklan, o presso qualche altro leal gentiluomo» soggiunse lady Margherita. »No, milady: ben mi presentai a diversi castelli, i cui padroni si sono dispensati di accogliermi, quale con un pretesto, quale con l'altro, ma tutti in sostanza perchè temevano che la mia presenza traesse loro addosso il nemico. -- Ho trovato rifugio entro la capanna di una povera vedova, alla quale, non son tre mesi, uno squadrone della mia compagnia ha moschettato il marito, e che adesso ha i suoi due figli nell'esercito de' sollevati.» »E dovrò crederlo? sì fatta donna avrà potuto esser capace di un tanto atto di generosità?.... Ma senza dubbio penserà in un modo affatto diverso dal rimanente della famiglia.» »Perdonatemi, o milady. La cosa è affatto all'opposto. Ma questa donna non vide in me che un ferito, un uomo pericolante, e dimenticò a tal vista ch'io fossi ufiziale spettante alla parte de' suoi nemici. Ella medesima ha fasciate le mie ferite, ella mi ha dato un letto, ella mi ha sottratto alle ricerche di una banda di ribelli che inseguivano i fuggitivi, nè stamane mi ha lasciato partire, se prima non si è assicurata ch'io potea tener questa strada senza abbattermi nelle truppe de' Puritani.» »Ecco in che sta la vera nobiltà d'animo, si fece ad osservare miss Bellenden. Io son ben certa, o milord, che troverete qualche occasione di ricompensare una tanta generosità.» »Oh miss Editta! in questa giornata di mal'augurio ho corse obbligazioni da tutte le parti; ma spero non verrò accusato di non saper che sia gratitudine, ogni qualvolta mi si presenti l'occasione di usarla.» Tutti allora rinnovarono le proprie istanze per indurre lord Evandale a rimaner nel castello; ma a tal uopo il maggiore si valse d'un argomento che trionfò di qualunque resistenza dell'altro. »Almeno voi non mi negherete, o milord, di dovere sottomettervi agli ordini del vostro colonnello. Ebbene sappiatelo da me. Mi ha autorizzato a trattenere nel castello il primo ufiziale del suo reggimento che vi si presentasse, e ciò a fine di mantenere l'ordine e la disciplina fra i dragoni che mi lasciò di rinforzo; e se ho da dirvela, mi son già accorto, ch'era necessario questo provvedimento.» »Allora poi non mi rimangono obbiezioni, soggiunse lord Evandale, e comunque sieno possenti i motivi che mi costringevano ad allontanarmi, questi cedono all'obbligo della subordinazione, e soprattutto alla brama ch'è in me d'esservi giovevole in qualche modo. -- Oserei chiedervi, o maggiore, quai modi, qual metodo di difesa abbiate scelto? Ov'è ch'io debbo seguirvi per dare un'occhiata ai primi lavori di fortificazione?» »Mio caro zio (disse Editta che scorgea lo stato di languore e di spossatezza che opprimeva lord Evandale) ora che milord acconsente a far parte della nostra guarnigione, io credo vi convenga incominciar ad usare della vostra autorità per intimargli l'arresto nel suo appartamento tantochè si riposi e ricuperi le forze prima di mettersi nelle fazioni del suo nuovo servigio.» »Editta ha ragione, aggiunse la vecchia matrona. Vogliamo sapervi il più presto in letto, o milord. Pique esaminerà lo stato delle vostre ferite, e vi porrà, come dessi, le fasciature. Io poi v'invierò una pozione preparata dalle mie mani.» »Mille ringraziamenti, milady! mi sottometto a tutte le ordinanze che mi prescrivete, e spero, grazie alle vostre bontà, mi troverò ben presto in essere, e meglio che or nol sono, di difendere il vostro castello. Il mio braccio sarà ognor pronto a prestarvi servigio. Quanto ai servigi della mia mente non ne avete d'uopo; poichè il maggiore si trova con voi.» Dette le quali cose uscì della sala, e si ritirò nella stanza assegnatagli. »Eccellente giovane, ed altrettanto modesto!» dicea il maggiore abbandonando egli pure la sala per trasferirsi alle ispezioni de' lavori militari che continuavano. Lady Margherita così continuò l'elogio incominciato dal maggiore: »È privo di quell'amor proprio che fa credere a una gran parte de' giovani odierni di saperne al di sopra di chi è più esperto di loro!» Uscì ella pure per farsi ad apparecchiare la pozione promessa a milord. »Ben fatto quanto generoso!» Aggiunse la sua parte di lode anche Jenny Dennison, entrata ivi nell'atto che ne usciva lord Evandale. Editta non accompagnò tutti i ridetti elogi che con un sospiro, ma benchè rimasta in silenzio, non sentiva al certo men vivamente degli altri quanto fossero meritati. »In somma, si fece indi a dire Jenny, milady ha ragione nel sostenere che non c'è da fidarsi in nessun Presbiteriano; non ve n'è un di costoro che abbia nè legge nè fede. Chi avrebbe creduto che il sig. Enrico e Cuddy si sarebbero arrolati fra i ribelli?» »Che cosa intendete dire, o Jenny? Le si volse con tuono d'impazienza la sua padrona. Quali sciocchezze spacciate ora?» »So che questa corda non vi sona grata all'orecchio, nè per vero dire piace a me maggiormente il toccarla: Pure è ben necessario il farvi istrutta di cosa omai divulgata per tutto il castello.» »Ma di che cosa? qual è questa cosa? Avete voglia di farmi perder la mente?» »La cosa è che il sig. Morton ha raggiunti i ribelli, e che lo hanno nominato per un de' lor condottieri.» »Tutto menzogna! Tutto abbietta calunnia! e mi sorprende il vostro ardire di riportarmela. Enrico è incapace di porre in dimenticanza quanto deve al suo re ed alla sua patria. -- Dire il contrario è un mancar crudelmente di riguardo a me, e a... a persone innocenti perseguitate, e che non si trovano qui per difendersi. -- Ve lo ripeto; Enrico è incapace dell'azione che gli attribuite.» »Mio Dio! miss Editta, farebbe mestieri conoscere i giovani più di me, e più di quanto ho voglia di conoscerli, per dir con certezza di che sono e di che non sono capaci. Sappiate dunque che stamane Holliday e un altro dragone si sono travestiti da contadini Scozzesi per fare una sco.... sì una scoperta, così la chiama Gudyil. Si sono trasportati nel campo dei ribelli; e tornati ora, ne raccontano d'aver veduto il Sig. Enrico Morton armato di sciabola e di pistole che cavalcava un cavallo del reggimento guardie, e trattava da pari a pari cogli altri capi de' ribelli. L'hanno veduto dar ordini a quelle turbe, e Cuddy gli veniva dopo, vestito d'un farsetto che hanno riconosciuto appartenere a Bothwell, colla _coccarda_ di fettuccia turchina al cappello, che questo è il color de' ribelli; e poi i merletti allo sparato della camicia all'usanza d'un lord. Una cosa veramente andava bene coll'altra!» »È impossibile, Jenny. Questa notizia non può esser vera. Mio zio non ne ha udito parlare.» »Lo credo anch'io. Holliday è tornato cinque minuti dopo l'arrivo di lord Evandale, e appena è stato istrutto di tal novità, ha giurato per tutti i santi, che trovandosi ora entro il castello un ufiziale del reggimento, farebbe a questo e non più al maggiore Bellenden il suo.... come ha detto?.... il suo _rapporto_; e se ha raccontato a me questa faccenda, è stato, cred'io, per farmi tribolare al proposito di Cuddy.» »Ed è ben per questo, sciocchissima creatura, che la notizia è falsa, architettata solo per darti un po' di martirio.» »No, miss Editta; perchè John Gudyil ha fatto entrare in credenza l'altro dragone, vecchio soldato, del quale non so il nome, e questi intanto che beveva un bicchiere d'acquavite gli ha ripetuto parola per parola lo stesso racconto. Cagione per cui il sig. Gudyil è montato in grandissima collera, dando colpa di tutto ciò a milady e al maggiore, i quali, diceva egli, se non avessero posta alcuna sorte di mediazione pel sig. Enrico,[5] se questi, e parimente Cuddy fossero stati moschettati, non si starebbero ora impugnando l'armi in compagnia de' ribelli. Nè qui mi pare che abbia poi tutto il torto.» [5] Gudyil non potea sapere che ingrosso le faccende de' suoi padroni. Onde qualunque sia il modo onde è venuto a scoprire ch'essi intercedettero per Morton, non dovea dubitare che non fosse opera della lor prevalenza la salvezza dello stesso Morton, e quella ancor di Gudyil. -- _N. del T._ Non appena Jenny ebbe proferite sì fatte parole, fu costretta ad atterrire dell'effetto che produssero sull'animo della sua giovine padrona, effetto doppiamente forte, perchè questa era imbevuta delle massime monarchiche giusta le quali venne educata. Ogni vermiglio le sparì dal volto, le mancò il respiro, cadde priva di moto sopra il seggiolone che fu più prossimo. Jenny si fe' a tagliarne le stringhe del busto, le appressò alle narici un profumo di penne abbruciate, tentò in somma tutti que' rimedi soliti a credersi efficaci in tai casi; ma tutto invano. »Dio mi perdoni! Jenny esclamò. Che mai fec'io, sciagurata. Era meglio mi avessero prima tagliata la lingua. Ma chi avrebbe creduto ch'ella si prenderebbe tanto a cuor questa cosa? Si tratta poi di un giovane. Nè anche se non ve ne fossero più a questo mondo! -- Miss Editta, mia cara padroncina, riprendete coraggio. Chi sa? Quanto vi ho raccontato potrebbe anche non essere vero. -- Ma l'ho sempre detto che questa mia lingua dovea giuocarmi un cattivo giuoco. -- Buon Dio! Mancherebbe or solo che venisse milady, e vedesse la nipote stesa su questo seggiolone, ove niuno si è più seduto dopo che servì a sua maestà. -- Che cosa devo fare? Come terminerà questo intrico?» Intantochè Jenny diffondevasi in tai lamentevoli considerazioni sulla sorte della padrona e sulla propria, miss Editta andava acquistando i sensi e riavendosi dallo stato letargico, in cui una notizia sì inaspettata la immerse. »Infelice soltanto, dicea fra se stessa, non lo avrei abbandonato giammai; morto l'avrei pianto, per tutta la vita; infedele, gli avrei perdonato, ma ribelle al suo re, traditore alla patria; collegato co' malvagi e co' masnadieri! oh ne strapperò ogni rimembranza da questo cuore, se tale sforzo mi dovesse costar persino la vita.» Rasciugatasi gli occhi, si alzò da quel seggiolone, pronta essendo tosto Jenny a scuoterne i cuscini, affinchè perdessero ogni traccia di quanto lady Bellenden avrebbe forse chiamato una profanazione. »Reggetevi al braccio mio, miss Editta. Egli è d'uopo che il dolore abbia il suo sfogo. In appresso....» »No, Jenny; rispose Editta con fermo tuono. Voi foste spettatrice della mia debolezza. Or lo sarete del mio coraggio. Il sentimento del dovere mi sosterrà. -- Però tutto vuol essere ponderato. Ch'io conosca prima i motivi della condotta tenuta da Morton, indi saprò dimenticarmi di lui.» Così parlando si tolse dalla sala, ritirandosi nella sua stanza per esaminare il proprio cuore e pensare su i modi più efficaci a sbandirne la rimembranza di Morton. »Ella è una cosa singolare! meditò fra se stessa quando fu rimasta sola Jenny. Passato il momento della prima botta, miss Editta prende il suo partito con una facilità eguale alla mia; anzi maggiore, perchè io ho bene amato Cuddy, ma non mai tanto quant'ella il suo Enrico. -- Però, pensandola giustamente, non è male l'avere amici da tutte due le bande. Se i ribelli si impadroniscono del castello (cosa possibilissima, perchè, si sta male in dispensa, e i dragoni mangiano in un giorno quanto basterebbe a noi per un mese...) se ciò dunque accade.... Morton e Cuddy dalla parte dei ribelli!... Oh! la loro protezione diventa un tesoro. -- Fu ben questa la mia prima idea quando diedi alla mia padrona la notizia che l'ha fatta svenire.» Confortata da tale considerazione la nostra ancella, andò a dar opera agli usati lavori del suo ministerio. CAPITOLO IX. »Coraggio, amici! anche un secondo assalto.» _Enrico V._ Tutte le notizie potute nella sera di questo giorno raccogliersi da quei del castello confermarono l'opinione, che l'esercito dei Presbiteriani moverebbe sullo schiarire della domane alla volta di Tillietudlem. Intanto Pique avea visitate le ferite di lord Evandale, che erano bensì molte, ma niuna di esse pericolosa. La copia di sangue perduto fu appunto quella che lo salvò dal sopravvenir della febbre; laonde a malgrado della spossatezza, e comunque tuttavolta assai sofferisse, volle nel mattino susseguente alzarsi di buonissim'ora. Nè essendosi potuto persuaderlo tampoco a rimanere nella sua stanza, venne sorregendosi ad un bastone laddove più ferveano i lavori della difesa, a fine d'incoraggiare colla presenza propria i soldati, di esaminare le fortificazioni ordinate dal maggiore, ed anche, poichè queste poteano temersi troppo ligie agli antichi principj di far la guerra, a fine d'indicare, ove fosse stato d'uopo, qualche utile cambiamento. Nè aveavi al certo chi più atto fosse di lord Evandale a fornire in tal bisogna ottimi suggerimenti. Datosi all'armi fin dalla prima sua giovinezza, segnalato si era co' servigi prestati in Francia e ne' Paesi Bassi; sicchè l'arte militare era stata lo studio principale della sua vita. Nondimeno poche cose trovò da aggiugnere a quanto vide già apparecchiato per fare una valevole difesa, e salvo un blocco che la mancanza di vittuarie potea render fatale, giudicò che non vi sarebbe stato a temere d'un assalto, regolato principalmente da tai nemici quali venivano reputati que' raunaticci combattenti, già presti però a mostrarsi sotto le mura. Appena spuntava il sole che il ridetto lord stando insieme col maggiore sopra la torre avea data l'ultima occhiata agli apparecchi di difesa, nè più aspettavasi che l'avvicinar del nemico. I due esploratori, de' quali Jenny fe' parola a miss Bellenden, aveano già dato ragguaglio delle cose osservate a lord Evandale, che le partecipò indi al maggiore; questi nondimeno ostinossi a non voler credere che Morton avesse presa parte pei sollevati. »Lo conosco meglio di voi, dicea Bellenden al lord: que' vostri due mariuoli non avranno ardito innoltrarsi; gli ha forse ingannati da lontano qualche tratto di somiglianza, o prestarono fede alla prima storiella che venne lor raccontata.» »Non sono io già del vostro avviso, o maggiore; e credo anzi che il vedremo a capo de' sollevati; e ne proverò più rincrescimento assai che sorpresa.» »Voi non valete meglio di Claverhouse, gli rispose sorridendo il maggiore. Anche egli ieri mi sosteneva in faccia che questo giovane, fornito parimente di coraggio e di nobile orgoglio, questo giovane che non la cede a chicchessia in buone massime, avea sol duopo d'una circostanza opportuna per farsi capo di ribellione.» »Quand'io considero in qual modo venne trattato, soggiunse Evandale, quando penso ai sospetti che furono formati sopra di lui, non saprei troppo dirvi se gli rimaneva miglior partito. Saremmo stati infine noi stessi che l'avremmo lanciato, con mani e piedi legati in mezzo ai ribelli: nè potrei dirvi se meritasse piuttosto biasimo o compassione.» »Biasimo, milord! Che parlate voi di compassione? Se quanto dite fosse vero, il capestro! nè mi disdirei quando anche fosse mio figlio. Compassione?... Ma voi stesso, o milord, non la pensate così.» »Vi do la mia parola di soldato, o maggiore, penso così; nè è da oggi in poi solamente che penso essersi abbracciate provvisioni violente troppo e rigorose a danno di questa infelice contrada. Noi, i primi, ci portammo a riprovevoli estremi, noi inacerbimmo gli animi, non dirò solamente della classe subalterna del volgo, ma anche di tutti quelli più ragguardevoli che, spirito di parte o antica divozione ad una dinastia, non incatenarono alle bandiere del re.» »Io poi non so di politica, mio caro milord, e queste distinzioni son troppo sottili per me. La mia spada non appartiene che al re, e son pronto a sguainarla ogni volta ch'egli il comandi.» »Spero, o maggiore, vi siate accorto che nemmen la mia sta incollata nel fodero; bramerei però, e lo bramerei con tutto l'animo, non dover farne uso che contra nemici stranieri... Ma lo vedo anch'io; non è buon momento a discutere tale quistione, perchè il nemico si avanza.» Di fatto l'esercito de' sollevati incominciava a scorgersi sopra d'una collina poco distante dal castello, e a questa volta s'era indiritto, ma fe' pausa prima d'essere a gittata delle batterie della torre, dando a divedere perplessità circa l'avventurarsi a tale saluto. Il ridetto esercito apparve più numeroso di quanto erasi immaginato e giudicandone dal fronte e dalla profondità dei battaglioni, si dovette conchiudere ch'esso aveva ricevuti parecchi rinforzi. Tre o quattro uomini a cavallo che ne sembravano i condottieri s'avanzarono a capo di quelle schiere, e raggiunsero una picciola eminenza vicinissima a Tillietudlem. Gudyil che, come artigliere, avea qualche perizia in tal genere di fazioni, puntò un cannone alla dirittura di questo gruppo di uomini distaccato, e voltosi al maggiore. »Debbo trarre, mio comandante? vi prometto che qualcun di costoro non si partirà più dal luogo dove è venuto.» Il maggiore die' un'occhiata a lord Evandale. »Un momento! disse l'altro. Vedo che spiegano una bandiera bianca.» Di fatto un di que' cavalieri scese da cavallo, e s'incamminò solo verso il castello, portando una picca sopra cui sventolava un bianco vessillo. Il maggiore e lord Evandale scesero dalla torre, e s'inoltrarono fino all'ultimo palizzato a fine di ricever l'araldo; chè non pensarono espediente cosa dargli accesso entro una fortezza ove erano deliberati a difendersi. Nell'atto che partì il messo puritano, gli altri suoi compagni tornarono ad unirsi all'esercito, quasi presagissero le buone intenzioni che per riguardo loro avea manifestate Gudyil. L'araldo de' Presbiteriani, giudicandone alla fisonomia e al portamento, sembrava gonfio di quell'orgoglio spirituale, che è il caratteristico di cotal setta. Una specie di sprezzante sorriso ne animava le labbra, e i suoi occhi socchiusi volgendosi al cielo indicavano uomo che ha in non cale le cose terrene, per darsi intieramente alle celestiali contemplazioni. Lord Evandale non potè starsi dal ridere in riguardando quella grottesca figura, cui si fece a scandagliar meglio per traverso ai vani del palizzato. »Vedeste mai un simil automa, diss'egli al maggiore; non diremmo che si move per un giuoco di suste? Crediamo che abbia il dono della parola?» »Oh sì! rispose il maggiore. Colui mi rimembra vari antichi miei conoscenti. Egli è un vero Puritano, dell'effettivo lievito farisaico. -- State attento. Tossisce; m'aspetto che fa un'intimazione al castello, non già a suon di tromba, ma con un pezzo di predica.» Nè s'ingannava nelle sue congetture il maggiore, che nelle precedenti guerre civili aveva avute parecchie occasioni di conoscere il gergo e lo stile di questi fanatici; la sola differenza si fu che in vece d'un pezzo di sermone in prosa, lord Langfern (che era questo inviato) intonò con voce stridula e acuta il seguente squarcio di salmo parafrasato. »Vostre porte superbe si schiudano, »Abbassate le vinte bandiere, »Re mondani. Del re delle sfere »Le falangi qui volgono il piè.» »Non ci ho io indovinato?» disse il maggiore a lord Evandale. Allora presentatisi entrambi all'uscio del cancello, il maggiore domandò al messo a qual fine fosse venuto ululando dinanzi alla porta del castello a guisa di cane che abbaia alla luna. »Io vengo (si fe' a rispondere senza salutarli e tenendo sempre il tuono medesimo quell'araldo) io vengo a nome dell'esercito religioso e patriottico de' Presbiteriani per favellare al giovane figlio di Belial Guglielmo Maxwell, detto lord Evandale, e al vecchio peccatore indurito, Miles Bellenden di Charnwood.» »E che cosa avete a dir loro?» chiese il maggiore. »È forse ad essi ch'io parlo in questo momento?» soggiunse lord Langfern. »Sì, rispose il maggiore; qual'è la commissione che avete?» »Eccovi l'intimazione che v'indirigono i comandanti dell'esercito (disse il messo, consegnando uno scritto nelle mani di lord Evandale) ed ecco altra lettera per Miles Bellenden. Glie la invia un giovine che ha l'onore di comandare una fra le divisioni dello stesso esercito. -- Leggete alla presta, e possa il cielo far fruttare ne' vostri cuori le parole che siete per leggere! cosa però sulla quale dubito grandemente.» Era concetta ne' seguenti termini l'intimazione. »_Noi capi dell'esercito presbiteriano, radunato per la causa della libertà e della vera religione, intimiamo a Guglielmo Maxwell lord Evandale, a Miles Bellenden di Charnwood, e a tutti gli altri che ora si stanno in armi entro la rocca di Tillietudlem, il prestarsi immantinente alla dedizione della stessa rocca, concedendo loro il patto d'aver salva la vita, e di poter ritirarsi colle loro armi e bagaglie. Caso che ricusino: gli avvertiamo, come sapremo a ciò costringerli col ferro, e col fuoco: nè vi sarà per essi altra speranza d'ottener quartiere._ S. Iohn Balfour di Burley, quartier mastro generale dell'esercito Presbiteriano per se e per gli altri capi, d'ordine del Consiglio.» La lettera che Enrico Morton indirigeva al maggior Bellenden era del tenore che segue. »Mio rispettabile amico _Ho fatto un passo che può portarmi conseguenze sgradevoli, e quella, io pavento soprattutto, d'avventurarmi alla vostra disapprovazione. Mi trovai in carriera, senza averne avuto nè l'idea nè il desiderio nè la previdenza, e costretto da quella oppressione, di cui chiamo in testimonio voi stesso s'io non sono stato la vittima. Non posso però pentirmi di quanto operai, e la mia coscienza è tranquilla sulle conseguenze, quali esse siano, che deriveranno dalla mia presente condotta. M'era egli lecito di vedere più a lungo calpestati i nostri diritti, violata la nostra libertà, fatto oltraggio alle nostre persone, sparso il nostro sangue senza motivo e senza l'appoggio d'alcun giudizio legale? Le colpe de' nostri persecutori trarranno seco il termine della loro tirannide._ _Nondimeno Dio, che vede nell'intimo del mio cuore, mi giudichi s'io partecipo alle passioni violente ed odievoli della maggior parte di coloro che combattono nelle nostre file. I miei voti i più ardenti sono per vedere imposto un fine sollecito a questa guerra contro natura, i miei voti sono perchè al lodevole scopo si adoperi l'intervento d'uomini moderati e prudenti d'entrambe le parti, i miei voti sono affinchè si ottenga il ritorno stabile di una pace, che senza diminuire in conto alcuno i diritti costituzionali del re, ponga in vece del militare dispotismo la giustizia delle civili magistrature, e permettendo a ciascuno di onorar Dio giusta i dettami della propria coscienza, incateni l'entusiasmo fanatico colla ragione e colla dolcezza anzichè spignerlo alla frenesia cogli urti della intolleranza e della persecuzione._ _Poichè tali sono i principj che mi guidano, voi dovete comprendere quanto ella sia acerba cosa per me l'essere in armi dinanzi al castello della rispettabile vostra parente. Veniamo assicurati ch'è vostra intenzione il difenderlo contro di noi. Permettetemi il porvi innanzi agli occhi che una tale deliberazione non condurrebbe se non se ad un inutile spargimento di sangue. Voi non aveste il tempo bastante agli apparecchi d'una convenevol difesa, e quand'anche i nostri non pervenissero ad impadronirsi per assalto del castello, la mancanza di vittuarie ben tosto vi costringerebbe, voi medesimi, a cederlo. Fosse in un modo o nell'altro, il cuor mi si spezza in pensando alle sciagure ed ai patimenti, cui si troveranno avventurate le persone che vi soggiornano._ _Non v'avvisaste ciò non pertanto, rispettabile amico, ch'io volessi vedervi accettar patti intesi in qualsisia modo ad oscurare l'inviolata fama che vi siete e meritata ed acquistata. Adoperate ch'escano fuor del castello quanti soldati reali or vi si trovano, ed io ne farò sicura la ritirata, e mi riprometto che altro patto non si pretenderà da voi fuori di quello d'una assicurazione di neutralità per tutto il corso di questa guerra malaugurata. Voi non avrete l'onere di ricevere sorte alcuna di guernigione, e i dominj di lady Margherita verranno rispettati al pari de' vostri._ _Potrei allegarvi molt'altri motivi atti a persuadere sulla ragionevolezza di mie proposte; ma nella tema, attesi i momenti in cui siamo, di apparire colpevole dinanzi a voi, prevedo come ogni ragionamento perderebbe forza sul vostro animo. Conchiudo pertanto accertandovi che, comunque sul conto mio la pensiate, non si partirà mai dal mio cuore la grata rimembranza di quanto io vi debbo, e che avrò per l'istante il più felice della mia vita quello in cui mi riesca convincervi meglio che con parole di tali miei sentimenti. Coerentemente ad essi vi avverto affinchè, se mai, cosa ella pure possibile, nel primo bollore delle idee che or vi commovono, rigettaste le mie proposte, indi la natura degli avvenimenti vi rendesse proclive ad accettarle, non vi stiate dal farmi note le vostre nuove deliberazioni, e crediate che avrò sempre qual mia fortuna, il potervi essere di qualche vantaggio._ S. Enrico Morton.» Il maggiore lesse tutta la predetta lettera con tale indignazione che non si studiò certamente a nascondere. »Oh l'uomo ingrato! oh l'uomo perfido! (andava esclamando nel rimettere la stessa lettera a lord Evandale). Ribelle per calcolo, senza avere nè manco la scusa dell'entusiasmo che trascina quegli altri sciagurati fanatici! Ah stolto io! non dovea mai dimenticarmi ch'egli era di schiatta presbiteriana. Doveva accorgermi ch'io accarezzava un giovine lupo; pronto nell'ingrandire a volermi sbranare. Non v'è che dire. Se san Paolo tornasse sulla terra, e fosse presbiteriano, in tre mesi diventerebbe un ribelle. La semenza della ribellione, costoro l'hanno nel sangue.» »Certamente io sarei l'ultimo, soggiunse lord Evandale, a proporre la resa del castello. Ma... e se ne verranno a mancare i viveri, se non riceviamo i promessi soccorsi!.. Non potremmo almeno profittare di questa via di corrispondenza, che la sorte or ne appresenta, per assicurare una ritirata alle signore del castello?» »Le signore del castello, rispose il maggiore, soffriranno qualsivoglia estremità, anzichè dovere salvezza a questo ipocrita dalla lingua dorata. Ma s'incominci dal congedare lo spettabile ambasciatore. -- Tornate a' vostri comandanti, disse indi a Langfern, e dite loro che ogni qualvolta non avessero una fiducia, di nuovo genere affatto, sulla durezza de' propri cranii, non li consiglio venirli a fregare contra queste vecchie muraglie[6]. Avvertiteli ancora di non mandarne oltre parlamentari, o li faremo appiccare in contraccambio della morte del tenente Graham, vittima di un loro assassinio.» [6] Uno fra' tanti pregi del nostro romanziere storico è quello di dare uno stile lor proprio a tutti i suoi personaggi e di trovare in ciascun stile, ov'è duopo, le fonti della sublimità. La grandezza d'animo qui spiegata dal vecchio Bellenden è quella stessa che sarebbesi addetta a Nestore e al re dei re. Con sì fatta risposta ritornò il messo ai suoi commettenti. Giunto che fu all'esercito, tumultuose grida s'intesero per ogni dove, e dispiegata immantinente la bandiera rossa orlata d'azzurro, tutti presero la via del castello. Nello stesso tempo sventolarono sulla torre di Tillietudlem e lo stendardo reale e l'antica bandiera della famiglia Bellenden; ed una scarica generale di tutta l'artiglieria del castello portò nelle prime file de' sollevati tal perdita, che disordinò per qualche istante l'esercito. »Credo, disse Gudyil nel far ricaricare i cannoni, che abbiano trovato il nido del falco tropp'alto per potervi arrivare.» Cionnullameno l'esercito continuava innoltrandosi, e già una delle sue divisioni trovavasi nel viale che guida al castello. Quand'ella si pensò a gittata d'archibuso, sparò tutte le sue armi da fuoco contro la torre, fazione che tornò inutile affatto; indi una smannata di picchieri condotta da Burley s'avanzò risoluta sino al primo palizzato, e forzatone l'ingresso ferì alcuni di quelli che il difendeano, costrignendo gli altri a ritrarsi fino al secondo. Ma qui si ristette tutto il buon successo ottenuto allora dai Puritani. Perchè il guadagnato terreno li mettea scoperti e senza difesa contro il trarre de' cannoni della torre, intanto ch'essi non poteano nuocere ad un nemico difeso dalle fortificazioni e trinceratosi dietro de' palizzati. Furono quindi obbligati a ritrarsi con perdita; il qual partito però non presero se prima non ebbero distrutta la prima trincea in guisa tale da renderne impossibile il restauramento. Burley non solamente fu l'ultimo a ritrarsi, ma solo un istante vi rimase, armato d'una picozza di cui si valse ad atterrare l'ultimo pilastro del palizzato senza scompigliarsi per le molte palle che gli fischiavano attorno. L'infruttuoso assalto rialzò il coraggio dei difensori del castello altrettanto quanto fece accorti i Puritani della saldezza di quella piazza che avean divisato intraprendere. Quindi al tentativo d'un secondo assalto posero innanzi maggiori cautele. Intanto una banda d'ottimi cacciatori che avea Enrico Morton per duce fe' un giro intorno a que' boschi ed aggiunse tal sito, d'onde potea tribolare i difensori del secondo palizzato, intantochè Burley con più forte corpo di truppa gli assaliva di fronte. Compresosi dagli assediati in qual pericolo tale fazione ostile li conducesse, si diedero ad impedire l'avvicinamento di Morton col trarre sulla banda de' suoi tutte le volte che rimaneva scoperta. E questi per parte loro oppose coraggiosa intrepidezza e valore, del che doveasi soprattutto la lode al giovine duce, il quale facea parimente mostra di sua perizia, e nel collocare i propri soldati quanto al sicuro poteasi dal fulminar del castello, e nell'arrecar molestia ai nemici. Più volte ingiunse ai suoi combattenti di far bersaglio alle scariche dei loro archibusi piuttosto i dragoni che qualunque altro difensor del castello, e massimamente di risparmiare i giorni del vecchio maggiore, trasportato sempre dalla sua intrepidezza ai siti i più perigliosi. Per tal guisa continuò il suo cammino di macchia in macchia, di dirupo in dirupo fra 'l continuo trarre dei nemici archibusi, sintantochè pervenne al campo ch'egli intendea ad occupare. Potè allora indirigere i tiri contro coloro che difendevano il palizzato, e Burley vantaggiando della confusione cui portò fra essi l'assalto laterale, fece furioso impeto di fronte, e forzata la seconda trincea, spinse i nemici fino alla terza, ed entrandovi insieme con essi gridò con quanto avea fiato »Uccidete! Non quartiere ad alcuno! È nostro il castello.» I più intrepidi fra' suoi soldati, animati da questo grido, precipitosamente il seguirono, mentre gli altri impiegavano il tempo a distruggere il secondo ed il terzo palizzato. Lord Evandale non potè rattenere più a lungo la propria impazienza. Col suo braccio al collo si fe' capo di quelli che tuttavia rimanevano nel castello, e incoraggiandoli colla voce e col gesto, operò una sortita in soccorso de' suoi che in quel punto Burley strettissimamente incalzava; il qual rinforzo restituì l'equilibrio alla pugna. Perchè certamente stava pe' sollevati una superiorità, a proporzione immensa, di numero; ma tale vantaggio era di pochissimo conto nel terreno ove era la battaglia e dove non potea presentarsi un fronte maggiore di otto o dieci uomini. Male armati oltre a ciò i Puritani, aveano soprappiù lo svantaggio d'ignorare i principj degli assalti e delle difese. La lotta rimase per qualche tempo indecisa, nè alcuna delle due parti potea vantarsi d'un buon successo di qualche importanza; ma in mezzo a cotale scena di confusione poco mancò che un incidente non preveduto ponesse nelle mani degli assedianti il castello. Cuddy era nel numero de' cacciatori capitanati da Enrico Morton; Cuddy che conoscea a perfezione fino l'ultima macchia, fin l'ultima punta di rupe che trovavasi ne' dintorni di quel castello. Cento volte egli era stato in compagnia di Jenny a raccorre nocciuole ne' boschi di Tillietudlem. Non difettava già di coraggio; ma ad un tempo non era studioso di cercare i pericoli pel diletto semplice d'affrontarli, o per l'ardor della gloria che glie ne potesse derivare. Al primo accorgersi, poichè egli perteneva al retroguado, che dal castello si traeva su la sua banda, prese la sinistra seguito da tre o quattro compagni; e attraversando un fitto bosco che gli era notissimo, pervenne sotto le mura del castello ad un fianco d'esso opposto diametralmente a quello cui l'assalto s'indirigea; angolo di rocca cui nemmeno si era pensato di affortificare, perchè, situato sull'altura d'una scoscesa montagna e cinto d'ogni lato di precipizi, credeasi che la natura lo avesse affortificato a bastanza. Certamente niun esercito avrebbe avvisato di assalire il castello da tale punto, d'onde bastavano gli sforzi di pochi fra gli assediati a precipitare giù dal monte quei che fossero giunti ad inerpicarsi fin là; nè que' di dentro solamente sognavano che pochi uomini affronterebbero tale rischio, mossi da studio di evitarne uno men rilevante. Quivi appunto era quella tal finestra, d'onde raccomandatosi ai rami d'un vicino salice[7] Gibby uscì furtivo del castello per portare al maggiore una lettera di miss Editta. [7] Tom. 1, pag. 153. »Eccoci ad una stazione ch'io conosco assai bene, disse Cuddy, appoggiandosi per pigliar fiato al moschetto. Sono pur tante le volte che ho aiutato Jenny Dennison a calare di contrabbando da questa finestra per venir meco ne' boschi a diporto!» »E chi ne impedisce ora d'entrare di contrabbando per la medesima via?» soggiunse tosto un compagno di Cuddy, un di que' galeoni non avvezzi a misurar troppo le imprese che affrontano. »Chi ce lo impedisca non vedo, rispose Cuddy. Ma che cosa poi ne ritrarremo?» »Che cosa ne ritrarremo? siamo in cinque. Tutti sono fuor del castello. Ce ne impadroniremo intanto che gli altri si battono fra i palizzati.» »Sia! disse Cuddy; ma badate bene che nessuno di voi tocchi solamente, o Jenny, o miss Editta, o la vecchia signora, o il vecchio maggiore, o nessuno in somma di quei che son del castello. Lavorate addosso ai dragoni, non m'oppongo. Di questi, fatene quel che volete, ma...» »Su via! rispose l'altro; incominciamo dall'andar dentro, poi vedremo quel che torni meglio operare.» Spinto così da' suoi compagni Cuddy sembrava avanzarsi di mala voglia. La voce segreta della coscienza gli rimprocciava tale atto come un mal guiderdone alla bontà che lady Margherita usò per lungo tempo così a lui come alla sua famiglia; per altra parte ei non sapea quale accoglienza lo aspettasse nella stanza ove parlavasi di penetrare. Cionullameno ascese il salice. Due compagni vennero dietro lui e a far lo stesso si apparecchiavano gli altri. Angustissima era quella finestra, guernita un tempo di una grata di spranghe di ferro, poi staccatesi, fosse per forza di tempo, o fosse per quella de' subalterni che trovassero tal cosa espediente alle uscite loro clandestine. Divenia quindi facilissimo l'introdursi semprechè non si trovassero di dentro persone ad impedire, ed era di quanto Cuddy, prudente in ogni occasione, voleva accertarsi innanzi commettersi a questa impresa pericolosa. Sordo quindi alle preghiere e alle minacce di quelli che lo seguivano, allungava il collo per fare le sue osservazioni al di là della finestra, allorchè la testa di lui fu veduta da Jenny Dennison, postasi allor di piè fermo in quella stanza, siccome luogo della rocca il più di tutti appartato. Ella mise uno spaventevole grido e corsa al cammino s'impadronì d'una pentola di minestra bollente che stava apparecchiandosi per la colezion de' soldati, e ne irrugiadò il capo a Cuddy e a' suoi compagni. Fin quando ne udì il primo grido, Cuddy non pensò che a fare la sua ritirata. Buon per lui che in quel momento aveva abbassata la testa, e coperta in oltre dall'elmetto di Bothwell, ereditato da Cuddy unitamente al farsetto di cuoio di bufalo che aveva addosso. Tutto il suo male quindi si ridusse ad alcune vesciche di scottatura nelle poche parti del suo corpo non riparate; ma i colleghi di lui che, per farlo andare innanzi e impedirgli d'indietreggiare, tenevano il naso in alto, furono, qual più, qual meno, arsi dal bollente liquido, talchè pensarono certamente a tutt'altro fuorchè ad impacciare la ritratta a Cuddy, il quale si lasciò cader giù dall'albero ben più presto che non v'era salito, e insieme agli altri tenne il sentiero più breve e men pericoloso onde raggiugnere l'abbandonato retroguardo. In questo mezzo Jenny, che il solo terrore avea spinta a compiere tale impresa, non cessava pel cessato pericolo dal mandar grida di spavento, e trascorreva tutta la rocca gridando, »al ladro! al fuoco! all'assassino! È preso il castello»! Voci cui ripeteano, tutte l'altre ancelle senza conoscerne la cagione; e ne crebbe tanto il romore che giunse all'orecchio sin del maggiore, comunque inteso alla battaglia de' palizzati. Così questi come lord Evandale vennero allora in timore di una sorpresa sopra qualche altro punto operata; laonde giudicarono buon partito il limitarsi alla difesa dell'interno del castello, ove rientrarono co' propri soldati, abbandonando ai Presbiteriani tutte le esterne fortificazioni. Fu un trionfo pe' secondi tale ritratta dei Reali, ma un trionfo sol di amor proprio, perchè oltre all'aver provata gravissima perdita, coll'occupare i palizzati non aveano gran che progredito nella probabilità d'impossessarsi del castello, le cui mura grosse e saldissime opponevano tal resistenza che il solo cannone poteva atterrare. L'esercito presbiteriano adunque dopo d'avere compiutamente distrutte quelle trincee, si mise fuor di gittata del cannone della torre a fine di risolvere sul partito che conveniva meglio in appresso. Per altra parte lo stato degli assediati era tale da ispirar loro tutt'altro che sicurezza. Oltre a' molti feriti, aveano perduti tre de' lor combattenti. Del certo contavano una perdita senza confronto maggiore i nemici, ma considerando di più che l'esercito ogni dì ne ingrossava, sì fatta perdita non poteva tornare ad essi funesta, siccome una, comunque più tenue, lo diveniva ad una guernigione di già affievolita, e priva d'ogni modo di reclutare. L'accanimento dato a divedere nel secondo assalto dai Presbiteriani poteva giustamente far credere che i capi fossero venuti nella ferma risoluzione di impadronirsi di quella fortezza, tanto più che se avessero avuto tale divisamento, ben secondavali lo zelo de' lor soldati. Quanto offeriva maggiore motivo di tema a que' del castello si era la penuria, nella supposizione che il nemico avesse ricorso ad un blocco per farlo cadere. Perchè tutte le ordinanze date dal maggiore non ottennero che la piazza fosse vittovagliata quant'egli avrebbe voluto, nè v'era vigilanza che fosse atta ad impedire il giornaliero e continuo rubacchiar dei dragoni. Fu pertanto in mezzo a tali sconfortanti meditazioni che il prode Bellenden pensò a far chiudere la finestra d'onde poco mancò a Cuddy che non sorprendesse il castello, e ad estendere tale provvedimento a tutte l'altre finestre, che avessero potuto presentare occasione a non dissimile tentativo. CAPITOLO X. »Il re de' suoi guerrier raccolto ha 'l fiore. _Enrico IV._ Nella sera successiva al giorno de' due assalti tentati contra il castello di Tillietudlem, i duci dell'esercito presbiteriano si diedero a consigliar seriamente fra loro. La sofferta perdita di uomini, al certo non gl'incoraggiava, oltre che questa, siccome suol accadere, cadeva appunto su i più valorosi. Nulla era da temersi quanto una continuazione di sforzi, che poi fossero andati a vuoto, per conquistare un castello di cui finalmente sol secondaria vedeasi l'importanza; perchè ciò avrebbe raffreddato l'entusiasmo dei partigiani, e a proporzione scemato il lor numero, a costo di perdere irreparabilmente l'istante in cui una sommossa generale e non preveduta trovava il governo sfornito di modi a reprimerla e dissiparla. In conseguenza di tali considerazioni fu risoluto, che il principale corpo d'esercito prenderebbe la via di Glascow per isloggiarne il reggimento di lord Ross e gli avanzi di quello di Claverhouse riparatisi nella stessa piazza. Di questo corpo primario fu dato il comando a Morton e ad alcuni altri capi, intantochè Burley si assunse rimanere con cinquecento uomini dinanzi a Tillietudlem, così per bloccare questo castello come per raccogliere i nuovi rinforzi che a mano a mano arrivavano. Ordinamento di cose che spiacque affatto al giovine di Milnwood! Egli rimostrò pertanto a Burley come avesse egli ragioni fortissime a desiderare in vece il comando del blocco di Tillietudlem, la qual fazione se a lui veniva affidata, ripromettevasi di tale aggiustamento che senza divenire soverchiamente grave agli assediati, sarebbe tornato gradevole a tutto l'esercito. Non durò fatica Burley ad indovinar quai motivi inspiravano al suo giovine collega sì fatto linguaggio. Troppo interesse egli aveva ad investigare l'indole, e le inclinazioni de' suoi fratelli d'armi, ed era già stato istrutto dalla vecchia Mausa delle corrispondenze che aveva Morton con una parte degli abitanti di quel castello. »Non è saggezza questa tua, o giovine, che vuoi sacrificare la santa causa all'amicizia d'un Filisteo, alla passione concetta per una femmina Moabita.» »Non intendo che vi vogliate dire, sig. Burley, e le vostre allusioni mi spiacciono. Non vedo in oltre quai motivi abbiate per farmi tali rimproveri.» »Confessa la verità. Sii meco d'accordo, che vorresti vegghiare colla sollecitudine, che ha una madre verso i propri figli, alla sicurezza degli abitanti di Tillietudlem, anzichè far trionfare sul campo di battaglia la bandiera della chiesa presbiteriana di Scozia.» »Se così parlando intendeste, che preferirei il terminare una tal guerra senza spargimento di sangue al procacciarmi gloria ed autorità a costo delle vite de' miei concittadini, avete interamente ragione.» »E nemmeno ho torto in pensando che da questa generale pacificazione non vorresti esclusi i tuoi amici di Tillietudlem.» »No certamente. Troppo io rispetto il maggiore Bellenden per dover desiderare d'essergli giovevole sin quanto me lo permetterà l'interesse della causa a cui mi son collegato. Non ho mai fatto mistero de' miei sentimenti a tale proposito.» »Lo so; ma quand'anche tu me gli avessi voluti nascondere, non sarei riuscito meno a scoprirli. -- Ora ascoltami. Miles Bellenden è provveduto di vittuarie per un mese.» »V'ingannate; noi sappiamo che non ne ha bastanti per una settimana.» »Si dice anche questo; ma son venuto a sapere con sicurezza, che tal voce fu da lui medesimo divulgata ad arte, onde persuadere il presidio ad una diminuzion di razione, e così poter tirare in lungo l'assedio finchè gli giungano i sospirati rinforzi.» »E perchè, se ciò vi era noto, non farne consapevole il consiglio di guerra?» »A qual pro? Nè tu stesso lo ignori che Kettledrumle e Poundtext non sono buoni di tacer nulla su quanto vi si discute. L'esercito è già scoraggiato in pensando che forse converrà languire otto giorni dinanzi a questo castello. Che sarebbe accaduto s'ei s'accorgeva che la settimana si sarebbe trasformata in un mese?» »E perchè poi nasconderlo a me o perchè aspettare questo momento per istruirmene? -- Ma prima di tutto quai prove mi date di quanto asserite?» »Eccole!» rispose freddamente Burley. E in questo ponea fra le mani di Morton molte requisizioni di granaglie, bestiami e fieno, inviate qua e là dal maggiore a fine di vettovagliare il castello. E per vero il numero delle cose richieste era sì ragguardevole, che Morton non potè stare dal venire egli stesso nell'opinione di chi credea quel forte provveduto per più d'un mese. Non già che tale fosse nell'interno suo la persuasione di Burley, il quale sapeva ottimamente come la maggior parte di sì fatte requisizioni fosse andata vuota d'effetto, e come i dragoni incaricati di trasportare le richieste derrate vendessero in un villaggio quanto avevano conseguito nell'altro; ma questa seconda parte ben s'astenne Burley dal far nota al giovine Morton. Ed avvedutosi d'aver fatta nell'animo di questo la breccia ch'egli bramava, soggiunse. »Non mi rimane ora che a giustificarmi teco sopra un sol punto. Tal circostanza non ti è stata nascosta più lungo tempo che a me, perchè oggi unicamente queste carte mi vennero consegnate. Tu vedi pertanto, che puoi andartene tranquillamente sotto le mura di Glascow, darti colà _alla grand'opera della redenzione del popolo_; e intanto viver sicuro che nulla di sinistro accadrà ai tuoi protetti, essendo il castello sì riccamente provveduto, nè avendo io forze bastanti per cimentarmi ad un assalto. Poi ti son noti gli ordini del consiglio che ristringono ad un blocco soltanto le mie fazioni.» »Ma, aggiunse Morton che sentiva invincibile ripugnanza ad allontanarsi da Tillietudlem, perchè non conferire a me piuttosto il comando di questo blocco? Perchè non vi trasferite voi stesso innanzi a Glascow? Questa impresa è, non v'ha dubbio, la più importante e la più onorevole di tutte le altre.» »Ed è per questo che m'adoperai a procacciarne l'incarico al figliuolo di Silas Morton. Io già sono vecchio. Egli è vero che non temo i pericoli, ma neanche sono affamato d'onori e di gloria. La mia carriera è già distinta abbastanza in mezzo a coloro che abbandonano qualsivoglia cosa per seguire le ispirazioni di lassù. La tua adesso incomincia. Tu abbisogni ancora di provarti degno della confidenza che posero in te i comandanti dell'esercito. Tu non partecipasti alle glorie della giornata di Loudon-Hill; tu eri prigioniero. L'assalto dato con buon esito alle trincee del castello fu comandato da me, nè tu vi avesti che una parte secondaria. Se ti rimanessi or neghittoso attorno alle mura di vecchia rocca, intantochè le imprese d'una più vivace milizia ti chiamano altrove, tutto quanto l'esercito divulgherebbe il figlio di Silas Morton degenere dal suo genitore.» Per quest'ultima considerazione punto nel suo amor proprio il giovine Morton si accordò, senza movere altre obiezioni, nel divisamento di Burley. Non potè nullostante allontanare dal proprio animo un tal quale sentimento di diffidenza, che non era della lealtà in esso ingenita dissimulare. »Intendiamoci però bene, sig. Burley. Voi non credeste abbassarvi nel divertire la vostra attenzione alle particolari mie inclinazioni; permettetemi farvi noto, che a queste son collegato costantemente quanto ai miei principj politici. Egli è possibile che nel durar di mia assenza vi si presentino occasioni d'operare a seconda del mio cuore, ovver di trafiggerlo: siate ben certo che, qualunque poi sia l'effetto delle imprese che cimentiamo, la vostra condotta in tale occasione vi starà mallevadore o dell'eterna mia gratitudine o dell'implacabile odio mio; e che comunque possiate riguardarmi e giovane ed inesperto, saprò trovare amici a me soccorrevoli nel provarvi o l'uno o l'altro de' due sentimenti.» »S'intende che questa sia una minaccia? soggiunse con altera calma Burley. Avreste potuto risparmiarmela. È noto che le minacce non m'hanno mai fatto paura. Ma di questo non voglio offendermi. Andate a compiere la spedizione che vi è fidata. Qualunque intanto sia in questo luogo l'ordine degli eventi, avrò ai vostri desideri tutto quel riguardo che potrà conciliarsi colla obbedienza da me dovuta ad un padrone, sopra cui non sono altri padroni.» Morton costretto a contentarsi di una tale risposta ambigua anzi che no, confortava se medesimo con questo dilemma. »O ne tocca la peggio, così egli ragionava, e il castello riceverà soccorsi prima d'essere obbligato di rendersi a discrezione; o rimaniam vincitori, e vedo nella fazione de' moderati assai preponderanza per tenermi certo che il mio voto avrà valore sopra quello di Burley nelle successive risoluzioni.» Alla domane l'esercito avviossi a Glascow. Non è nostra mente il diffonderci su tutte le particolarità di una tale guerra, delle quali chi fosse curioso può trovarle descritte nella storia di questa età sciagurata. Ne basterà l'accennare che lord Ross e Claverhouse, appena seppero come una forza superiore al loro numero di combattenti stava per assalirli, si trincerarono nel centro della città, pronti ad aspettare colà i sollevati, e tutt'altro che risoluti ad abbandonare la capitale della Scozia occidentale. I Presbiteriani si divisero in due corpi per attaccare battaglia; ma il valor cieco de' medesimi non valse a reggerli contro i vantaggi della disciplina e dell'eccellente situazione che scelta fu dal nemico. Ross e Claverhouse aveano posti soldati in tutte quelle case che dominavano le strade, d'onde i Puritani sarebbero passati necessariamente per giugnere alla parte più interna della città; e queste strade parimente furono sbarrate col ministerio di carri e di catenoni di ferro; laonde, a proporzione dell'innoltrarsi loro, i Presbiteriani vedeano schiarite le proprie file sotto i colpi di destre invisibili, contra le quali non avevano alcun genere di difesa. Ben inauditi sforzi vennero operati e da Morton e dagli altri duci onde costrignere le proprie schiere a non arretrarsi per tali ostacoli; ma il terrore impadronitosi di queste la vinse, e si diedero a fuga senza, quasi può dirsi, aver combattuto. Morton che fu uno fra gli ultimi a lasciar la battaglia ebbe il merito di serbar l'ordine in quella ritirata, e parimente di raggranellare quanti potè fuggitivi che rattennero almeno gli squadroni nemici, mossi già ad inseguire quell'esercito sbaragliato. Pur ebbe il cordoglio di udir le voci di alcuni di coloro, stati i primi a fuggire, che accagionavano di tal disfatta il mal accorgimento d'averli assoggettati ad un imberbe comandante, non rischiarato dalle ispirazioni celesti e imbevuto d'idee soltanto mondane; e di più sostenevano che se li avesse condotti un Burley, come all'assalto delle trincee di Tillietudlem, il lor trionfo sarebbe stato sicuro. Tutto il sangue ribollì per le vene al giovine di Milnwood in udendo sì ingiuste rampogne, che però valsero a fargli meglio comprendere, come, dopo essersi tanto innoltrato in quella rischievole impresa, non gli rimaneva altro partito se non se vincer, oppur morire. »Non posso tornar addietro, ei pensò. Non vi sia almeno nessuno, e nè anco Editta, e nè anco il maggiore Bellenden, il quale non sia costretto a confessare che il coraggio di Morton, lo qualifichino pur ribelle a lor grado, il coraggio d'Enrico Morton non cede a quello di Silas suo padre.» Sì poca era in quell'esercito la disciplina, tanto lo scompiglio dopo la ritirata, che i capi credettero prudente consiglio l'allontanarsi alcune miglia da Glascow, onde avere il tempo di riordinare, fin quanto in quel soqquadro potea sperarsi, le loro file. Tale sconfitta nondimeno non impediva che numerosi rinforzi arrivassero ad ogn'istante; poichè per la notizia del buon successo di Loudon-Hill essendosi infervorati tutti gli spiriti, il recente disastro non aveva ancora avuto il tempo di divulgarsi fra le nuove reclute. Tutti coloro che professavano principj moderati si congiunsero al corpo di battaglia comandato da Morton; ma questi ben s'accorgea con dolore come ogni giorno sminuisse nell'opinione di tutti quegli altri che aveano abbracciato l'entusiasmo fanatico de' Puritani. Presso costoro le massime di tolleranza radicate in Morton venivano nomate _indifferenza per la causa del Signore_ e le cautele che a salvezza dell'esercito gli suggeria la prudenza, _empia fidanza negli espedienti mondani_. Laonde concludeano col chiarire migliori di esso que' capitani che metteano cieco zelo in luogo di saper militare, e che esentavano i propri soldati dai doveri della disciplina e della subordinazione appagandosi se pompeggiavano di fanatiche massime e d'un selvaggio entusiasmo. Nondimeno il pesante incarico del comando rimaneva a Morton; perchè i suoi colleghi accorgendosi come l'ufizio di restituir l'ordine e la disciplina ad un esercito non sia quello che renda maggiormente accetto ai soldati il lor capo, di tutto buon grado gliel rinunziavano. Ognuno quindi immagina con quali ostacoli dovè lottare; pur di lui furono sì vigorosi gli sforzi, che nel termine di tre giorni pervenne a rimettere le sue truppe in tale ordine da potersi credere senza presunzione in istato di tentar con esse una seconda prova sopra Glascow. Ardeva egli della brama di cimentarsi petto a petto con Claverhouse, la cui persecuzione egli incolpava d'averlo costretto a gettarsi, senza averne mai concetto il disegno, in mezzo alle schiere di gente, se non diversa in tutto da lui per principj professati, certamente diversissima per massime di condotta. Ma tal sua brama, rimase vuota d'effetto, perchè l'esercito de' sollevati entrò in Glascow senza incontrar resistenza. Lord Ross e Claverhouse aveano già sgomberata questa città, e senza trarre un archibuso se ne impadronirono i Puritani. La quale ritratta fu un segnale che addusse numerosissimo stuolo di novelli combattenti nelle file de' sollevati. Divenne allor necessario il creare ufiziali, l'instituire nuovi reggimenti, l'avvezzarli alla militare disciplina, bisogna che per intero a Morton venne fidata, e ch'egli maestrevolmente spacciò; al qual fine gli giovarono e le cognizioni dell'arte militare a buon'ora apprese dal padre suo, e la necessità in cui si vedea d'assumere solo questo incarico rilevantissimo, a cui gli altri capi non aveano nè vocazione nè abilità. Dee, non v'ha dubbio, far maraviglia; come lord Ross e Claverhouse, dopo ch'era andato a buon termine il loro divisamento di difendere Glascow, se ne fossero indi stôlti sì fuor di proposito. Ma tal condotta non fu già mossa da una loro deliberazione, bensì dagli ordini che ricevettero. Fin quando il Consiglio privato venne a sapere che si facea spaventosa l'indole dell'ammutinamento de' Puritani, divisò raccogliere entro Edimburgo quanta forza militare trovavasi nella Scozia per assicurare intanto la città capitale di tutto il paese; in conseguenza di tale risoluzione dovettero colà trasferirsi il reggimento guardie e l'altro che lord Ross comandava. In questo mezzo, la notizia della ribellione già accesa pervenne alla corte di Carlo II, ove ognuno maravigliò, come il governo istituito nella Scozia non avesse saputo sedarla fin nel suo nascere; s'incominciò quindi a mettere in dubbio la capacità de' governanti, ed a credere che il sistema di severità fin allora adoperato fosse anzi contrario all'uopo di ricondurre gli spiriti inacerbiti. Fu pertanto risoluto di nominare al comando generale dell'esercito di Scozia il duca di Monmouth, che per nozze contratte nella parte australe di questa contrada vi aveva acquistata molta preponderanza. La scienza militare, di cui questo personaggio avea date segnalatissime prove nel continente venne giudicata opportuna a sottomettere i ribelli recalcitranti mentre la dolcezza e la bontà di sua indole riputavasi quanto mai confacevole a calmare gli animi ed ispirar loro sensi più favorevoli verso il governo. Così il ridetto duca dopo avere ricevuta una patente che gli conferiva pieno potere di ordinare le cose scozzesi, si partì con numerose forze da Londra per assumere il comando generale di tutta la Scozia. CAPITOLO XI. »Mura che racchiudete quella per cui m'affanno, »Ch'io più non vi riveggia vuole il destin tiranno?» _Autore anonimo._ Per più giorni le fazioni ostili furono sospese da entrambe le parti. I sollevati pensavano a rafforzare ed instruire il loro esercito prima d'accignersi ad imprese più rilevanti; intantochè il Consiglio privato aspettando l'arrivo del nuovo comandante, si limitava a quelle sole provvisioni che vedea necessarie ad impedire i Puritani dal muovere verso la capitale. Con tal fine avea posto un campo ad Hamilton, sito centrale, convenientissimo a riunirvi rinforzi, e diviso dal Clyde, fiume rapido e profondo, e che non presentava altro passaggio se non se per un ponte lunghissimo ed altrettanto angusto in vicinanza del castello e del villaggio di Bothwell. Mentre Morton dava opera ai doveri che gli spettavano, avea più volte ricevute lettere di Burley; il quale, in termini generici e astenendosi dalle particolarità, gli annunziava che il castello di Tillietudlem continuava a sostenersi. Ora non potendo egli sopportare più lungo tempo una penosa incertezza sopra argomento così per lui rilevante, deliberò partecipare ai colleghi il proprio desiderio di trasferirsi un paio di giorni a Milnwood onde regolare colà alcuni affari domestici; o per meglio dire prese il partito di notificar loro la propria volontà a tal proposito, perchè non vedea quale ostacolo gl'impedisse di farsi lecito quello che ognuno si facea lecito in quell'esercito privo affatto di disciplina. L'idea venuta a Morton spiacque generalmente. Non v'era chi non sentisse quanto fossero vantaggiosi i servigi da lui prestati, e i danni da temersi per la sua lontananza anche di soli due giorni; oltrechè ognuno sapea in propria coscienza di non essere atto a ben farne le veci. Cionullameno i colleghi di Morton non poterono imporgli più severe leggi di quelle alle quali si assoggettavano eglino stessi; onde si pose in cammino senza avere incontrato per parte d'essi un'aperta opposizione. Il reverendo Poundtext profittò della stessa occasione per andare a visitare il suo presbiterio di Milnwood regalando Morton di sua compagnia nella durata di quel cammino. Seguiva entrambi Cuddy che non volle disgiugnersi dal suo padrone. Tutto quanto il paese che trascorrevano erasi già chiarito pe' sollevati, tranne pochi signori di castello, che vi si tenevano chiusi dentro colla massima accuratezza. Laonde niuna trista ventura incontrarono in questo viaggio. Era pressochè notte allor quando arrivarono a Milnwood. Poundtext si congedò dagli altri due compagni, sollecito di rivedere la sua parrocchia, non distante più d'un mezzo miglio dal castello di sir David. Enrico picchiò alla porta dello zio, ma non più colla timidezza d'un giovane impacciato dalla soggezione, e invilito dal sentimento penoso della schiavitù! Ogn'eco della casa ripetè i colpi raddoppiati da lui col martello, e tosto accorrendo Alison, che non senza grande cautela aperse la porta, s'arretrò abbrividita in veggendo le vesti militari d'Enrico e il pennacchio che al di sopra del cappello gli sventolava. »Alison, ov'è mio zio?» tosto le chiese Morton sorridendo sullo spavento che l'avea invasa. »Buon Dio! sig. Enrico, e siete voi veramente? Quest'è impossibile. Mi sembrate venuto più grande da quindici giorni in qua. Presentemente avete fatto l'aria d'un uomo.» »Eppure son io, mia cara Alison. Sarà senza dubbio quest'abito che mi fa parere più grande ai vostr'occhi; e quanto all'aria più virile, oh! viviamo in tempi che cambiano presto i fanciulli in uomini[8].» [8] Verità massima! Le grandi convulsioni politiche, di qualunque genere siansi, operano tale effetto, quasi in compenso de' mali gravissimi ch'esse producono. La maturità di raziocinio scortasi ne' giovinetti d'ogni classe dopo le fatali contese che hanno posta ai nostri giorni in trambusto l'Europa, e che per un benefico effetto della legge di continuità dura ancora dopo la pace, avrebbe fatto sorpresa, solamente trent'anni fa. -- _N. del T._ »Oh i cattivi tempi, sig. Enrico! Perchè mai avete dovuto voi ancora provarne la malattia? Ma chi poteva impedirlo? -- Già convien confessarlo. Qui non eravate trattato troppo bene, e glie l'ho detto le cento volte a vostro zio. Mettete il piede su un verme, che è un verme, e si risente.» »E vero, mia Alison, voi prendevate sempre le mie difese, riserbandovi però il privilegio che volevate voi sola di rabbuffarmi... Ma dove è mio zio?» »A Edimburgo. Vi è andato portandosi con sè tutto quello che potea trasportare. Ha creduto di star colà più sicuro. Già voi lo conoscete al pari di me.» »Spero che la sua salute non abbia sofferto.» »Nè la sua salute, nè le sue sostanze. Ma ha avuto, vi dico io, una di quelle paure!... Si è fatto tener dietro tre carra cariche, finchè roba ci stava. Avrebbe demolito il castello per portarlo seco se avesse potuto. Partì nel giorno successivo alla battaglia di Loudon-Hill; e la indovinò. Figuratevi che agonia di morte sarebbe stata per lui il vedere due dragoni della guernigione di Tillietudlem menar via due delle nostre vacche! -- Se volete, in quel giorno stesso feci un ottimo contratto per quattro altre.» »Un ottimo contratto per quattro altre! come sarebbe a dire?» »Ah! non sapete nulla? I dragoni scorrazzavano da tutte le bande per procacciare munizioni da bocca al castello. Ma vendevano con una mano quello che coll'altra portavano via; ed ho avute per sei monete di oro le quattro vacche di cui parlo. -- Oh! sono ben certa che il povero maggiore Bellenden non ha introdotta la menoma parte di tutto quanto costoro hanno levato a suo nome.» »Ma il castello mancherà dunque di vettovaglie?» »Ne dubitate? Vi si muore, dicono, di fame.» »Burley m'ha ingannato, sclamò con impeto Enrico, e m'ha ingannato volendolo! -- Non posso rimanere qui più lungo tempo. Mistress Wilson, gli è d'uopo che io parta sull'istante.» »Che ascolto, sig. Enrico? soggiunse la buona governante, non entrerete per mangiare almeno un boccone? Vi è noto che tengo sempre qualche cosa in serbo.» »È impossibile, mia cara Alison -- Cuddy, sellate immantinente i cavalli.» »Cuddy! misericordia! proruppe Alison. Vi siete preso vosco questo uccello del mal augurio? Costui e la sua strega di madre sono stati la cagione di quanto v'è intravvenuto.» »Su via, mistress, su via! entrò allora in campo Cuddy. A questo mondo bisogna saper dimenticare e perdonare. Mia madre sta ora cantando salmi a Glascow. Dunque non vi tribolerà più. Quanto a me, sono al servigio del capitano, e dacchè gli presto le mie cure vorrei sperare non avesse fatto peggior cera d'allor quando spettava a voi tale incarico. Dite la verità. L'avete mai veduto in sì buon essere?» »In fede mia e sul mio onore! (disse la buona vecchia, compiacendosi tutta in guardare e riguardare il suo giovin padrone) io non v'ho mai trovato in così bella apparenza. -- Ma voi non avevate di queste belle cravatte a Milnwood. Quella che osservo ora, non ve l'io orlata io certamente.» »Oh no! può giurarsi. (Interruppe Cuddy). È un lavoro mio, e deriva da lord Evandale.» »Da lord Evandale? Da quello che i Presbiteriani debbono appiccare domani mattina?[9]» [9] Come tutto il presente dialogo sente la mano maestra di chi lo scrisse! Crediam dilettarci nello udire i propositi casalinghi ed ingenui d'una buona massaia, che serba con ammirabile perfezione il proprio carattere, e veniamo a scoprire in compagnia di Morton i fatti più importanti del blocco di Tillietudlem, che era necessario si sapessero, e i quali saputi per via d'una sposizione che un narratore men perito di Walter Scott avesse architettata, ci condannavano probabilmente ad un intervallo di noia. -- _N. del T._ »Appiccare lord Evandale!» sclamò Enrico vivamente commosso. »La cosa pur troppo è certissima. La scorsa notte gli ha fatto una.... come si dice? una.... sortita, credo, co' suoi dragoni in cerca di viveri per il castello. Ma i dragoni furon respinti, egli è rimasto prigioniere. Burley anzi ha fatto inalzare una forca alta come quella che servì per la stessa faccenda ad Amanno, ed ha notificato che se il castello non s'arrende domani a... _distrazione_...» »A discrezione» corresse Cuddy. »A discrezione, se così vi piace. Veniamo alla sostanza. Che se non si arrende, lord Evandale sarà appiccato. -- Ma andiamo, entrate in casa, sig. Enrico. Questa poi non è cosa che debba impedirvi di desinare.» »I cavalli! Cuddy, i cavalli! Non v'è un istante da perdere!» E resistendo a qualunque nuova istanza di Alison, Morton e Cuddy si posero tosto in cammino. Nè altro indugio prese Enrico che di fermarsi all'abitazione di Poundtext per indurlo a trasferirsi al campo in sua compagnia. Il venerabile ministro era per un istante ritornato alle sue pacifiche consuetudini. Laonde al giugnere di Morton se ne stava con la sua pipa alla bocca, e un boccale di birra dinanzi a sè, appoggiato sopra una tavola, e scartabellando un antico trattato di teologia. In tale stato veramente non gli talentava gran che l'interrompere quant'egli chiamava i _propri studii_ per mettersi in viaggio all'avvicinar della notte, tanto più ch'era già stanco della prima corsa che aveva fatta. Ma inteso ch'ebbe lo scopo della ventura di Morton, abbandonò, comunque gemendo, il formato divisamento di passare in propria casa una sera tranquilla, e fu pienamente dell'avviso di Morton, il quale, contrario, com'è da credersi, alle mire particolari di Burley che avrebbe voluto colla morte di lord Evandale far impossibile qualunque riconciliazione tra i Presbiteriani e il governo, dimostrò anzi a Poundtext, come ai veri interessi della parte de' moderati fosse diametralmente opposto un così truce espediente. Aggiungasi anche, per rendere allo stesso Poundtext una giustizia dovutagli, che questo ministro non parteggiò mai per le provvisioni troppo oltre spinte, nè per alcun atto di violenza che non sembrasse almeno autorizzato dalla necessità. Quindi ed accolse con sentimento di compiacenza ogni ragionamento inteso a provare piuttosto la possibilità che lord Evandale divenisse mediatore d'una pace fondata sopra condizioni le più ragionevoli, e terminò col collegarsi a tutti i divisamenti di Morton. Erano undici ore di notte allorchè giunsero ad un villaggio situato in vicinanza di Tillietudlem, e dove Burley avea posto il suo quartier generale. All'atto d'entrarvi una sentinella li fermò; ma appena si furono nominati, e fatti riconoscere da un ufiziale, vennero condotti all'abitazione ove Burley dimorava. In quel cammino passarono dinanzi ad una casa, la cui porta era guardata da numeroso drappello di soldati, e in vicinanza della quale videro piantata una forca sì alta che que' del castello potevano scorgerla. La qual vista acquistò nuova fede al racconto fatto da mistress Wilson e li trasse a credere che in quella casa fosse custodito lord Evandale. Burley stava seduto colle armi poste sopra una tavola a canto di lui per essere pronto ad impugnarle a qualunque segnal di pericolo. Appena vide entrare i suoi due colleghi, si alzò precipitosamente e in aria d'uomo sorpreso. »Chi vi conduce in questo luogo? sclamò egli. Portate forse infauste notizie dell'esercito?» »No, rispose Morton, ma sappiamo che qui accadono tali cose da avventurarne la sicurezza. -- Lord Evandale è prigioniero?» »Il cielo lo pose nelle nostre mani.» »E voi divisate forse far uso dei presenti del cielo per infamare la nostra causa agli occhi dell'intera nazione? E ne sarebbe la via il mettere a morte un prigioniero.» »Se il castello di Tillietudlem domani all'alba del giorno non si sarà dato a discrezione, rispose Burley, possa morire io medesimo, se Evandale non perisce sotto quel supplizio che il suo capo, l'infame Claverhouse ha fatto sopportare a parecchi de' nostri martiri!» »Noi brandimmo l'armi, soggiunse Morton, per mettere un termine a simili crudeltà, non per imitarle, e molto meno per vendicare i falli del colpevole sull'innocente. Qual legge può giustificare l'atrocità che avete ideata?» »Qual legge? se la ignori, fa che te l'additi il tuo collega Poundtext. Quella legge che commise gli abitanti di Gerico alla sciabola di Giosuè.» »Il Vangelo ne impone leggi migliori; rispose il ministro; leggi che comandano il rendere ben per male, il pregar Dio sino pe' nostri persecutori.» »Vale a dire, soggiunse Burley guardandolo in cagnesco, che le tue ciance or s'accordano colla foga di questo giovane per contraddirmi.» »Noi abbiam tutti, riprese a dire Poundtext, un'autorità eguale alla tua su questo esercito, nè soffriremo quindi che tu faccia cadere un capello dalla testa del prigioniero. Chi sa se Dio non voglia farne uno strumento per sanare le piaghe che affliggono il popolo d'Israello?» »Pensai bene che si verrebbe a tali propositi, sclamò Burley, quando vidi chiamati al consiglio uomini pari tuoi.» »Pari miei! replicò il ministro. E chi son io dunque perchè tu ardisca parlarmi in tal guisa? Non son forse quel medesimo che protessi per trent'anni contra il furor dei lupi il mio gregge, intanto che Burley bagnava nel sangue filisteo le sue mani? Chi son io? Parla.» »Tel dirò, poichè brami saperlo. Tu sei di que' tali uomini che pretendono raccogliere ove non seminarono, aver parte alle spoglie quando non ebber parte alla battaglia; un di quei tali uomini che antepongono i loro utili privati al ben generale della chiesa, e che vorrebbero piuttosto ricevere dai Pagani salario che conformarsi alla condotta di que' generosi i quali tutto abbandonarono per dedicarsi alla buona causa.» »Chi tu sia, ti dirò io pure a mia volta; sclamò tutto acceso di sdegno Poundtext. Tu sei uno di quegli enti, i cui atti sanguinari e crudeli son la vergogna della travagliata chiesa di questo misero regno; tu sei quello che colle tue violenze, colle tue atrocità vorresti distorre la Provvidenza dal proteggere un'impresa gloriosa e santa di sua natura.» »Signori, si fe' innanzi Morton, vi prego impor termine a tali discorsi; e voi signor Burley, vogliate dirci se la vostra intenzione sia risolutamente quella d'ordinar la morte di lord Evandale, mentre che la sua liberazione sembra a noi provvedimento utile al ben generale del paese.» »Siete due contr'uno, sclamò Burley; ma vorrei nonostante supporre, che non ricusaste di aspettare a prendere una deliberazione a tale proposito sintantochè sia convocato l'intero consiglio.» »Non ricuseremmo ciò, rispose Morton, se potessimo fidarci in colui, che presentemente ha in suo potere lord Evandale; ma voi sapete, soggiunse fissando lo sguardo sopra Burley, che m'avete già ingannato una volta circa lo stato interno del castello di Tillietudlem.» »Vanne! disse disdegnosamente Burley; tu non sei nulla meglio d'un giovane insensato, che per gli occhi d'una donzella avvenente, venderesti la tua fede, il tuo onore, e dimenticheresti perfino quanto devi alla tua patria, a Dio stesso.» »Sig. Burley (e ciò rispondendo Morton pose mano alla sciabola) tai detti vogliono una soddisfazione.» »E tu l'avrai, o giovane, quando e dove ti piacerà» e Burley pure afferrò le proprie armi. Poundtext fattosi a sua volta mediatore, mostrò ad entrambi le funeste conseguenze che da tal discordia la comune causa avrebbe patite, e pervenne ad ottenere una specie di riconciliazione fra i due campioni. »Ebbene, Burley disse, fate di lord Evandale quel che v'aggrada; io me ne lavo le mani, nè mi fo mallevadore per le conseguenze che potran derivarne. Io fui che lo feci prigioniero coll'armi alla mano, intanto che voi, sig. Morton, passavate rassegne e vi mostravate in parata a Glascow; intanto che voi, sig. Poundtext, sfoggiavate co' vostri sermoni predicando una tolleranza riprovata dalla Scrittura. Ma nulla monta, il ripeto; fate di lord Evandale quel che v'aggrada. -- Dingwal (era questi un ufiziale, che presso Burley compieva il ministerio d'aiutante di campo, e che gli dormiva vicino di stanza) ordinerete alla guardia che custodisce il prigioniero, di lasciarsi dar la muta da chi verrà a tal uopo prescelto dal sig. Morton. -- Il prigioniero è ai vostri comandi, signori; ma ricordatevi che verrà un giorno in cui dovrete rendere un conto terribile a Dio ed agli uomini di quanto vi farete lecito in questo momento.» Dette le quali cose lor volse le spalle in aspro modo, e senza salutarli passò in altra stanza. Gli altri due colleghi, dopo alcuni istanti di deliberazione, trovarono cosa voluta dalla prudenza il pensare alla sicurezza del prigioniero col darlo in custodia a persone sulla cui fedeltà potessero viver tranquilli. Egli è da sapersi che alcuni fra i molti parrocchiani di Poundtext arrolati in quell'esercito, aveano preferito di rimanere con Burley al blocco di Tillietudlem per allontanarsi, il meno e il più tardi che poteano, dalle proprie famiglie. Tutti questi erano giovani operosi, accorti, animati dalle massime d'un moderato Presbiterianismo, e conoscenti di Morton; e ad esso affezionati oltre ogni dire. Sei di questi Enrico trascelse, ponendo a loro capo Cuddy, e li collocò alla porta di quella casa, entro di cui veniva custodito lord Evandale. Poi presa una stanza d'altra casa vicina, ove si ritrasse insieme a Poundtext, commise a questa nuova guardia d'avvertirlo sopra qualunque novità potesse accadere. Rimasti soli il giovine di Milnwood e il ministro non pensarono a prender sonno se non se dopo aver composto uno scritto, mediante il quale chiarivansi tutte le pretensioni de' Presbiteriani moderati; le quali si aggiravano soprattutto nel chiedere la tolleranza della lor religione, la permissione di avere ministri di lor credenza e d'ascoltarne le istruzioni nelle proprie chiese; finalmente un'amnistia generale a favore di tutti coloro, che per tal causa brandirono l'armi. Pretensioni che ad avviso di chi le sosteneva erano tutt'uno con quella del libero uso de' diritti naturali d'ogni Scozzese. Laonde e Morton e Poundtext aveano concepito speranza di trovare anche fra i Reali i più zelanti tai saggi uomini, propensi a consigliare un concedimento che avrebbe fatte cader di mano l'armi alla maggior parte de' sollevati, e tolto anche ai più riottosi ogni ragionevol motivo di durare in una lotta sì infausta. Nuovo argomento a sperar ben accolto questo primo passo spontaneo alla pace era per Morton il sapere che tale scritto sarebbe stato primieramente letto dal duca di Monmouth, uomo d'indole dolce ed umana ed amicissimo degli espedienti i più miti, dal duca di Monmouth, al quale, come vedemmo, Carlo II avea conferito in allora il comando sopra tutta la Scozia. Era inoltre cosa divulgata che il ridetto personaggio non veniva in questa contrada animato da spirito di vendetta, nè tampoco da inclinazioni sfavorevoli ai Presbiteriani, perchè solea dire apertissimamente: aspirar egli alla gloria di pacificare la Scozia, rifuggir l'animo suo da quella di soggiogarla. Avvisò quindi Morton che a rendere efficacemente vantaggiosa alla causa generale una tal buona propensione del duca, e ad ottenerne ragionevoli condizioni di pace, non mancasse altro fuorchè fargliene pervenire le prime proposte colla mediazione d'un uomo rispettabile nè sospetto in verun conto di parteggiare per la causa dei Presbiteriani; nè all'uopo d'una missione pacifica Morton scorgea persona più adatta dello stesso lord Evandale. Risolvè pertanto vederlo alla domane, e assicurarsi s'ei vorrebbe accettare l'onorevole parte di mediatore. Un avvenimento non preveduto gli fe' accelerare l'esecuzione di un tale divisamento. CAPITOLO XII. »Cedete, o forti; chè superna legge »Di Fato il chiede: inesorata legge »Contra cui non han scudo i numi istessi! _Autore anonimo._ Già Poundtext si era ritirato in una vicina stanza, e dormiva d'un profondissimo sonno; intanto che Morton, avendo già posto in miglior forma il partito delle condizioni di pace che di concerto con questo compagno suo combinò, stava per andare egli pure al riposo. Ma udì picchiare all'uscio. »Avanti!» diss'egli, e in quell'istante medesimo Cuddy aprendo un poco la porta, fece innanzi tra essa e il muro, la testa. »Avanti dunque!» replicò Morton. »Che volete da me? vi è qualche sinistra novità?» »Nulla di sinistro, sig. Morton. Vi conduco una persona che brama parlarvi, una persona di vostra antica conoscenza.» Ed in allora dopo avere aperta tutta la porta fece entrare una donna, che tenea nascosto il volto sotto il mantelletto dello stesso Cuddy. »Venite, venite. (Così questi la confortava). Di che vergognarvi? Si direbbe essere la prima volta che vedete il signor Enrico.» Indi ritraendo il mantelletto, lasciò vedere al suo padrone i lineamenti di Jenny Dennison, che parimente Morton riconobbe. -- »Ebbene, mistress! parlate dunque, e dite al sig. Enrico quanto volevate raccontare a lord Evandale.» »E che cosa voleva io dire al signor Morton, rispose Jenny, allor quando andai a visitarlo prigioniero al castello? Non si può dunque desiderare di vedere i propri amici, quando l'afflizione gli opprime, ancorchè non si abbia a dir loro nulla di particolare, testa sventata che sei?» Jenny diede tal risposta con quell'aria di leggerezza che erale famigliare, ma le mancava la voce, pallide se ne eran fatte le guance, avea gli occhi pregni di lagrime, le sue mani tremavano, e dava in tutta la persona i segnali d'una veementissima commozione. »Che cosa avete dunque, Jenny? prese a dir Morton. In che posso giovarvi? Non ho già dimenticato che vi professo più di una obbligazione, e se v'è cosa per la quale io possa esservi utile, non dovete paventare un rifiuto da me.» »Vi ringrazio di tutto cuore, signor Morton; e so che aveste sempre un animo propenso alla compassione, benchè mi dicano che adesso siete di gran lunga cambiato.» »E come si dice questo, Jenny?» »Perchè si vuole che voi insieme ai Presbiteriani abbiate giurato buttar giù dal suo trono il re Carlo, far sì che nè egli nè i suoi discendenti di generazione in generazione vi tornino mai più; che vi siete fitti in mente di bruciare tutte le chiese non presbiteriane, che...» »Sarebb'egli possibile che i miei amici portassero un giudizio così sinistro di me? Io non domando che la libertà di coscienza per noi senza volerla quindi togliere ad altri. Quanto agli abitanti del castello io non ho miglior desiderio siccome quello di un'occasione per provar loro che nudrii sempre uguali sentimenti, uguale amicizia per essi.» »Dio vi renda merito, se pensate così! (rispose Jenny dando in un dirotto di lagrime.) Ma fra poco non avranno più bisogno dell'amicizia di nessuno, perchè non abbiamo più nel castello un sol pezzo di pane o di carne.» »Sarebb'egli possibile? sclamò Enrico. Io credea per vero dire che non vi si nuotasse nell'abbondanza; ma tale stremo poi! e il maggiore e quelle signore?...» »Hanno sofferto al pari di noi, e ripartito con noi sin l'ultimo tozzo di pane. Son otto giorni dacchè nel castello non si fa che un pasto al giorno, e se vedeste che pasto!...» Le scarne guance di quella povera giovane ben provavano che non v'era esagerazione in tai detti. »Sedete», s'affrettò a dirle Morton, e la costrinse a valersi della sola seggiola che ivi si ritrovasse; indi trascorrendo a grandi passi la stanza come fuor di se stesso; »Avrei io mai potuto credere tanto, soggiugne? -- Abbominevole falsario! mostro di crudeltà! fanatico detestabile. -- Cuddy, andate in traccia di viveri, di vino, di tutto quanto potete trovare.» »Di vino! borbottò fra' denti Cuddy; per questa signorina sarebbe a bastanza un bicchiere di _whisky_. Chi si potea immaginare tanta penuria di vettovaglie entro il castello, se la signora Jenny avea le pentole piene di minestra per gettarle fuor dai balconi?». Comunque fosse strema e sconsolata Jenny non potè starsi dal ridere di questa allusione; ma fu impeto momentaneo seguito indi da un rovescio di pianto. Morton reiterò il primo ordine a Cuddy con quel tuono che repliche non ammettea, e allorchè questi si fu partito: »Suppongo, ei disse a Jenny, essere per ordine della vostra giovane padrona che veniste qui in cerca di lord Evandale. Che brama ella? I suoi desideri saranno per me altrettanti comandi.» Jenny divenne pensosa un istante; indi si espresse in tal guisa; »Voi siete amico di sì antica data, sig. Morton, che non posso a meno di fidarmi in voi e di raccontarvi la verità.» »Accertatevi bene, o Jenny, soggiunse Morton in veggendola tuttavia titubante, che non avete miglior modo di giovare alla vostra padrona quanto il parlarmi con franca sincerità.» »Ebbene dunque! ella prese a dire. -- Che moriamo di fame, sono otto giorni, questo già lo sapete. Il maggiore giura tutte le mattine che aspetta soccorsi entro la giornata, e che non cederà il castello se prima non ha mangiati i suoi vecchi stivali; e dovete ricordarvi, sig. Enrico che le suole ne sono piuttosto grosse. -- I Dragoni, principalmente dopo il genere di vita cui sono avvezzi da lungo tempo, non se la sentono di digiunare, e molto meno di morire di fame. Adesso poi che lord Evandale è prigioniero, non ubbidiscono più a nessuno, e so che Inglis ha divisato consegnare a Burley il castello, e noi soprappiù a titolo d'agio, col patto d'aver salva per sè e pe' suoi compagni la vita.» »Scellerato! sclamò Enrico. E perchè non estende quest'ultimo patto a tutti quelli che son nel castello?» »Ah! perchè teme chiedendo troppo di nulla ottenere. Burley ha già fatto appiccare due dragoni cadutigli fra le mani, son pochi giorni; onde Inglis vorrebbe tirar il capo fuor del capestro, lasciandovi entro il collo degli altri.» »E voi eravate qui per partecipare a lord Evandale questa sconsolante notizia?» »Sì, sig. Enrico. Holliday mi ha raccontato tutto, e prestata mano ad uscir del castello, affinchè se mi riusciva vedere lord Evandale, lo facessi inteso di quanto accade.» »Ma qual cosa può operare in favor vostro lord Evandale, se è prigioniero egli stesso?» »Ciò è vero. Ma può far patti per noi. -- Può darci buoni consigli. -- Può mandar ordini ai suoi dragoni. -- Può...» »Fuggir di prigione, aggiunse Morton sorridendo, se voi trovaste la possibilità di agevolargliene i modi.» »Di fatto, disse Jenny con fermezza, non sarebbe stata la prima volta che mi fossi adoperata a vantaggio d'un prigioniero infelice.» »Lo so, Jenny, nè perdonerei a me medesimo se ciò potessi dimenticare. -- Ma ecco Cuddy che arriva provveduto di reficiamenti. Ristoratevi prendendo alcun poco di cibo; e quanto alla vostra commissione verso lord Evandale, me ne incarico io.» »Dovete sapere, sig. Enrico, disse in arrivando Cuddy, che questa mal'erba, questa Jenny Dennison, si studiava a far suo Tom Rand, posto di fazione alla porta di lord Evandale, per ottenerne di vedere questo prigioniero e parlargli; ma non si era accorta ch'io le stava alle calcagna.» »E voi mi faceste una famosa paura allorchè m'arrestaste» soggiunse Jenny che presentò il suo antico amante d'un buffetto sopra un orecchio. »Avete ragione che ci conosciamo da lungo tempo, cattiva semenza!...» Lasceremo ora che Jenny prenda qualche ristoro, di cui per vero dire abbisognava, e lasceremo parimente che rannodi la pace col suo antico amante, per farci a seguire Enrico, che avvolto in un mantello, sotto del quale tenea nascoste la sciabola e due pistole, s'avviò al luogo assegnato per carcere a lord Evandale. »V'è qualche novità?» chiese Morton, alle sentinelle. »Nessuna novità straordinaria, rispose una di queste; se non fosse quella della giovane arrestata da Cuddy, ovvero di due messaggeri inviati da Burley in cerca di Kettledrumle e di Macbriar, i quali stanno ora battendo la campagna per far reclute.» »Sarà, non ne dubito (disse Morton ostentando la massima indifferenza) per sollecitarli a condursi al suo campo.» »Egli è quanto a me pure si è fatto credere» aggiunse la sentinella che avea discorso coi ridetti messi. »Va ottimamente! pensò Morton fra se medesimo. Colui vuole assicurarsi una maggiorità nel consiglio per far approvare tutti gli atti di scelleratezza e di crudeltà che gli tornerà a grado commettere. Si vada. Conviene affrettare tutte le cose, o l'occasione è perduta.» Entrando nella stanza, ove lord Evandale era stato rinchiuso, lo trovò carico di catene e nell'atto che, accorgendosi dell'arrivo di qualcheduno, si alzava dal pagliericcio; solo letto assegnatogli. Il prigioniero presentò agli occhi di Morton lineamenti tanto sformati e per la perdita di sangue cagionata dalle ferite e per la fame e per le veglie sofferte, che se non avesse saputo di doverlo vedere in quel luogo, a stento avrebbe ravvisato in esso quel giovine ufiziale, pien di salute e vigore e segnalatosi per tanti atti di prodezza nella giornata di Loudon-Hill. Alla luce della tetra lampada che gli schiariva la stanza, Evandale riconobbe Morton, e d'un tale riconoscimento manifestò qualche sorpresa. »Spiacemi grandemente, o milord, di vedervi in tale stato» gli disse Enrico. »M'hanno assicurato, rispose il prigioniero, che vi dilettate di poesia. Se ciò è vi ricorderete di questi versi. Che ferree porte e raddoppiato muro, Cui non penètra il sol, crescano affanno A prigionier, che del sentirsi puro Si ripari all'usbergo, è folle inganno. Rombi pur nembo reo contr'esso insorto; Trova nel carcer suo quïete e porto. Ma quand'anche più insopportabile mi sembrasse la mia prigionia, è un mal breve, poichè domani mattina ne sarò liberato.» »Colla morte?» sclamò Enrico. »Non v'ha dubbio. Non vedo altra speranza. Il vostro collega Burley me ne ha già fatto avvertire; e poichè a quest'ora ha lordate le mani nel sangue di molti fra i miei soldati, i quali poteano sperare una salvaguardia nella propria oscurità, io, privo anche di questo diritto alla sua clemenza, non debbo presumere che egli pensi a salvare i miei giorni.» »Ma il maggiore Bellenden può ben rendere il castello a fine di salvarvi la vita.» »Egli non farà nulla di ciò sintantochè a difesa della piazza gli rimanga un sol uomo, e sintantochè a questo uomo potrà dare il sol nudrimento che basti a non lasciarlo morire di fame. Conosco a tal proposito la sua fermezza, fermezza degna di un vero soldato, e sarei scontento se per mio riguardo cambiasse stile.» Morton si affrettò allora a partecipargli le notizie sapute poc'anzi da Jenny; notizie che appena lord Evandale potea credere. »Ben io sapeva, diss'egli, che le vettovaglie toccavano il loro termine; ma che l'idea di negoziare una ritirata, di consegnare il castello e gli abitanti del castello al nemico, potesse capir soltanto nella mente de' miei soldati, questo è ciò che non avrei potuto creder giammai. -- Ma che mi resta a fare? Come posso io andar contro a tale sventura?» »Ascoltatemi, o milord. Io penso che v'assumerete senza ripugnanza l'incarico di farvi apportatore del ramo d'ulivo fra il nostro augusto padrone, sua maestà Carlo II, e questa porzione di suoi sudditi, che ha posti in armi la necessità, non la voglia di ribellarsi.» »Voi rendete giustizia ai sentimenti dai quali sono compreso. Ma a che mira il vostro discorso?» »Permettetemi continuarlo, o milord. Io ordino sull'istante che siate messo in libertà e ricondotto al castello a patto della contemporanea cessione del castello medesimo. Aderendo a tale partito voi non cedete che alla sola necessità. Come potreste più a lungo difendere un forte, sfornito di viveri, e comandando un presidio che ha scosso il freno della subordinazione? V'avrete un salvocondotto per voi e per tutti coloro che vorranno seguirvi o ad Edimburgo o a quel luogo ove si troverà presentemente il duca di Monmouth. Chi ricuserà accompagnarvi non dovrà incolpare che se medesimo della sorte cui s'avventura. Una sola cosa io chiedo da voi. La vostra promessa di presentare al duca quest'umile scritto, ove si contengono le giuste nostre rimostranze, e se le inchieste fatte con esso vengono secondate, fo mallevadore il mio capo, che quasi tutti i sollevati metteran basso le armi.» »Sig. Morton (rispose lord Evandale dopo avere letto con attenzione lo scritto che l'altro gli porse) non vedo, ve lo confesso, quali valevoli obbiezioni si potessero movere contro tali domande. Di più: le penso conformi ai sentimenti particolari del duca di Monmouth; ma debbo ciò nonostante parlarvi con franchezza, e dirvi, come io non creda assolutamente che le stesse domande verranno esaudite, se a mano armata voi le porgete.» »Milord, il dimettere prima le armi sarebbe un confessare che avemmo torto in brandirle; e simil torto nol confesseremo giammai.» »Ebbene! riprese a dire lord Evandale, io prevedo che sarà questo lo scoglio contra cui la negoziazione si romperà. Ma dall'avervi spiegato il mio parere non deriva ch'io non sia propenso a presentare le vostre istanze e ad operare tutti i miei sforzi per condurre ad una conciliazione le cose.» »Mi basta, o milord. Voi accettate dunque il salvocondotto?» »Sì; e se non mi diffondo maggiormente sulla mia gratitudine per esservi una seconda volta debitor della vita, non crediate questa gratitudine men viva e operosa nell'animo di Evandale.» »Voi non dimenticherete, spero, che il castello debbe arrendersi sull'istante.» »Ne vedo la necessità. Il maggiore non ha modi per ridurre ad obbedienza gli ammutinati, e fremo in pensando a quanto potrebbe accadere di quel rispettabile vecchio, della sorella sua, della nipote, se cadessero fra le mani di Burley, di quel mostro sol sitibondo di sangue.» »Voi siete adunque libero, gli disse Morton; accignetevi a montare a cavallo. Vi farò munire d'una scorta per attraversare le nostre porte e giugnere sicuro fino a quelle di Tillietudlem.» Lasciato indi lord Evandale sorpreso ad un tempo e lieto d'una così inopinata liberazione, si affrettò Morton a mettere in armi e a cavallo alcuni di coloro cui meglio poteva fidarsi. Jenny riconciliata affatto col suo Cuddy salì in groppa dietro di lui. Lo scalpitar de' cavalli si fe' tosto udire sotto le finestre di lord Evandale. Due uomini a lui sconosciuti comparvero nel suo appartamento, e discioltine i ceppi, lo accompagnarono fuori del carcere; indi salito che fu a cavallo lo posero al centro dello squadrone messo a scortarlo, e fu presa di gran galoppo la via del castello. Erano vicini a questa meta, che l'aurora incominciava già a splendere, e i primi diurni raggi schiarivano la cima dell'antica torre. La scorta si fermò a qualche distanza per non avventurarsi al trarre delle batterie, e soli lord Evandale e Jenny seguendolo si innoltrarono. Erano già prossimissimi allor quando udirono nel cortile un tumulto che mal s'accordava colla tranquillità solita a dominare in questa prima ora mattutina. Chi gridava, chi bestemmiava, si udirono due scoppi di pistola; in somma tutte le circostanze annunziavano che gli ammutinati stessero in atto d'eseguire il loro divisamento. Lord Evandale si nominò tosto giunto al portello, cui faceva per buona sorte la guardia Holliday. Cotest'uomo, non dimentico de' pietosi ufizj usatigli dalle persone del castello in tutto quel mese che la sua ferita ivi il rattenne, inorridì alla sola idea della trama orditasi da' suoi colleghi, e già sappiamo come egli stesso consigliando a Jenny di fare ogni sforzo per renderne inteso milord, le agevolò i modi d'uscire di quella piazza. Non ebbe appena udita la voce del capitano, s'affrettò ad introdurlo, e lord Evandale comparve agli occhi degli attoniti suoi soldati, com'uomo caduto allor dalle nuvole. I sediziosi aveano risoluto impadronirsi del castello in quella stessa mattina per venirne indi a negoziar con Burley. Costoro si erano schierati da una banda del cortile; intantochè dall'altra il maggiore, Harrison, Gudyil e il rimanente degli abitanti di Tillietudlem si apparecchiavano a far resistenza. L'arrivo di lord Evandale cambiò affatto cotesta scena. Ei corse in dirittura ai propri soldati, e afferrato pel collarino del giustacuore Inglis, e rampognandogli la sua perfidia, ordinò a due compagni di costui che lo arrestassero e il mettessero in ceppi, facendo intendere con asseveranza come non rimanesse loro che una sola possibilità di perdono: fondarsi questa sull'obbedienza la più istantanea. Di fatto obbedirono. Comandò indi mettesser giù l'armi. Titubarono un istante, ma la consuetudine della disciplina, e molto più la credenza che la liberazione di lord Evandale fosse opera d'un soppraggiunto rinforzo di Reali, li fe' sottomessi ancora a questo comando, per essi sgradevolissimo. »Prendete quest'armi, disse lord Evandale a Gudyil; mal si convengono ad uomini che non conoscono meglio di così lo scopo a cui le impugnarono. -- Voi ripigliate le vostre, Holliday; ve ne fa degno la condotta che avete serbata; ne renderò inteso il colonnello, e potete sperare il grado di sergente in luogo di Inglis che riceverà il castigo dovuto alle azioni disonorevoli. -- Intanto, signori miei, in questa si volse agli ammutinati, partite subitamente, e profittate delle tre ore di tregua che ne rimangono per avviarvi a Edimburgo. Aspettatemi a Muir. Mi astengo dal raccomandarvi di non commettere disordini lungo la strada, perchè siete disarmati, e il vostro interesse medesimo questa volta mi è mallevadore della vostra buona condotta.» Privi d'armi e pieni di confusione quei soldati abbandonarono silenziosamente il castello, prendendo la strada del luogo d'unione indicato loro dal lord, e tanto più si affrettarono per arrivarvi, che temeano ad ogni passo incontrarsi in qualche banda di sollevati o di contadini, non certamente inclinati a perdonar loro i cattivi trattamenti che per più riprese ne avean ricevuti. Le predette cose si operarono in un istante; indi lord Evandale avvicinossi al maggiore, al quale tutto ciò parea un sogno. »Ebbene, mio caro maggiore! è d'uopo rendere il castello.» »Che mi dite ora, o milord? Io avea sperato in veggendovi che ne aveste condotto rinforzi e vettovaglie.» »Non un uomo, non un tozzo di pane!» »Non quindi è minore il mio contento di rivedervi. Ieri, allor quando seppi che quegli sciagurati masnadieri vi volean morto questa mattina, deliberai prendere con me tutti, non eccettuandone un solo, gli uomini della guernigione, operare una sortita all'alba del giorno, e liberarvi o morire in vostra compagnia; ma nel momento di mandar ad effetto un tal disegno, quello sgraziato d'Inglis ha avuto l'ardire di annunziarmi, che nessuno sarebbe uscito fuor del castello, che egli per adesso ne era il solo comandante. -- In somma che dobbiam fare?» »Non mi resta nè anco l'arbitrio della scelta, o maggiore; son prigioniero, lasciato libero sulla mia parola, ed ho promesso di trasferirmi a Edimburgo. Fa di mestieri che voi colle vostre signore prendiate la medesima strada. Mercè d'un amico di vostra conoscenza, del sig. Morton, ho un salvocondotto, abbiam cavalli. Non v'è un istante da perdere. -- Voi non potete assumervi la difesa di questo castello con sette o otto uomini solamente, e sfornito affatto di viveri. Avete già soddisfatte tutte le leggi dell'onore e della lealtà, e prestato in oltre un servigio il più importante al governo col tener qui in faccende una parte considerabile di ribelli; il voler operare di più sarebbe un atto di disperazione e di temerità, da cui non potrebbe risultare verun vantaggio. Raggiugniamo l'esercito inglese che si aduna a Edimburgo, nè tarderà a prendere la volta di Hamilton. Lasciamo che per un istante i ribelli s'impadroniscano di Tillietudlem.» »Se tale è la vostra opinione, o milord; rispose mettendo un sospiro profondissimo il veterano, sottometterò ad essa la mia. Vi conosco incapace di dare un consiglio che non s'accordi coll'onore. -- Gudyil, portate questa infausta notizia a mia sorella e mia nipote, e ciascuno si appresti subito alla partenza. -- Ma se credessi, o milord, che potesse tornare utile alla causa del re il mantenermi più lungo tempo fra queste vecchie muraglie, non ne uscirei, potete esserne certo, sintantochè una stilla di sangue rimanesse nelle mie vene.» Le signore aveano già saputo da Jenny, e la ribellione de' dragoni e l'insperato ritorno di lord Evandale. In tale stato di cose non vi volle molto per farle risolvere ad abbandonare il castello. Gli apparecchi della partenza vennero affrettatamente conchiusi; ciascuno montò a cavallo ed anche la vecchia milady, alla quale circa da venti anni in poi non accadea di abbandonare che per diporto il proprio castello. Non isplendeva ancora il giorno assai chiaro da potere scernere perfettamente gli obbietti all'intorno quando la cavalcata si pose in cammino verso il nord della Scozia. Lord Evandale trovò tostamente la scorta che lo aveva accompagnato nella notte precedente, e che stava aspettandone la partenza. Una porzione degl'individui che la formavano gli disse d'aver ordine di seguirlo insino a che fosse al di là delle linee del campo de' Puritani, e ciò per far rispettare il salvocondotto del quale andava munito. Immantinente i sollevati entrarono nel castello, talchè i primi raggi di sole videro sventolare lo stendardo presbiteriano in sulla torre di Tillietudlem. CAPITOLO XIII. »Ah! di nemico acciar son mille colpi »Tremendi men d'una rampogna sola »Che mi volgan di lei lo sguardo o il labbro.» _Marlow._ La cavalcata uscita fuor delle mura di Tillietudlem avea già oltrepassata l'ultima parte d'accampamento dell'esercito de' sollevati, e trovavasi sulla strada di Edimburgo. Potrebbe credersi, che durante il cammino lord Evandale si fosse tenuto costantemente vicino a miss Editta; pur fu altrimenti la cosa. Dopo i primi saluti, e dopo averle prestato aiuto per montare a cavallo, andò ad unirsi al maggiore Bellenden, formando seco lui il retroguardo di quella picciola brigata. Un cavaliere comandante a quanto appariva della scorta presbiteriana, avvolto in ampio mantello che ne ascondeva affatto la parte inferiore del volto, e coperta la superiore da un cappello di larghissime ali sormontato da grande pennacchio, si era fin sulle prime posto a fianco di miss Bellenden, nè se ne dipartì pel tratto di due miglia, senza però mai volgerle un solo accento. A poca distanza dall'ultimo corpo di guardia de' Presbiteriani trovavasi sulla strada un villaggio ove i servi di lady Bellenden procurarono reficiamenti, de' quali tutta quella brigata sentiva grande bisogno; e poichè non fu giudicata prudente cosa il fermarsi in un luogo abitato, così vicino al campo nemico, si deliberò far pausa ad un boschetto che si scorgea in vicinanza. Allora lo straniero voltosi a miss Bellenden in tremebondo e supplichevole tuono, e studioso di alterare la propria voce. »Miss Bellenden, diss'egli, non può mancare d'amici ovunque ella sia conosciuta, e nemmen fra quelli, che dovettero sfortunatamente attenersi alla parte da lei riprovata. Evvi cosa che questi tali possano operare per darle prova del loro vivissimo cordoglio in vederla soffrire?» Il suono d'una tal voce fu immantinente ravvisato dal cuore di Editta; e una involontaria commozione comprese i suoi sensi; pur giunse a signoreggiarla, nè volendo fare accorto chi le favellava di essere stato riconosciuto: »Dite ad essi, rispose, di rispettare le leggi, di risparmiare il sangue innocente, di rientrar nel dovere, e che io perdono quanto ho sofferto, quanto mi toccherà ancor da soffrire.» »Credete voi dunque cosa impossibile, che si trovino nelle nostre file uomini sinceramente affezionati al bene della loro patria, uomini mossi ad operare dal solo convincimento di adempire i doveri imposti ad ogni buon cittadino?» »Fui accostumata a franchi modi sin dai primi anni, nè vi nasconderò quindi i miei sentimenti. -- A Dio spetta il giudicare l'interno de' cuori. Gli uomini non possono apprezzare le intenzioni degli uomini con altro scandaglio che quello delle loro azioni. La ribellione contra la legittima autorità, l'oppressione, sia pur anche d'una sola famiglia, che al pari della mia, non aveva impugnate l'armi se non se per difendere le sue proprietà, sono atti obbrobriosi per tutti quelli che vi presero parte, ad onta ancora di speciosi colori onde procurino ammantare la loro condotta.» »Gli orrori della guerra civile, le calamità che ne vengono in conseguenza debbono aggravare la coscienza di chi, fattosi persecutore, provocò la disperazione de' suoi concittadini e li costrinse ad impugnare l'armi per difendere quella libertà civile e religiosa, di cui le leggi per altra parte gli assicuravano.» »Ciò è giudicare, non provare l'assunto.» »M'accorgo, sospirando disse quello straniero, ch'egli è inutile al cospetto di miss Bellenden il perorare una causa anticipatamente da lei condannata e condannata forse perchè gli individui che difendono questa causa le sono odievoli quanto i sentimenti che essi professavano.» »Vi spiegai liberamente il mio avviso intorno alle loro massime; quanto ad essi personalmente, io non li conosco..... salvo forse un'eccezione....» »E sarebbe questa eccezione che avesse regolato il vostro modo di pensare su tutti gli altri?» »Al contrario. Egli è.... almeno credei che fosse.... certamente era fornito di ingegno, d'animo ben fatto. E poss'io non detestare una ribellione, della quale è colpa soltanto, se un uomo nato per essere l'ornamento, la difesa, il vanto della sua patria, si trova oggidì il collega d'ignoranti fanatici e d'ipocriti sediziosi, il fratel d'armi de' banditi e degli assassini? -- Se mai trovaste nel vostro campo un tal uomo che si rassomigli a questo ritratto, narrategli che il disonore sparso da lui medesimo sul proprio nome, il sagrifizio ch'egli ha fatto e di speranza e di fama, costarono più lagrime ad Editta Bellenden di quante ella ne ha versate sulle sciagure della propria famiglia. Ella sopportò, ditegli, la fame, ond'ora ha scarne le guance, con maggior coraggio che non le ferite portate al suo cuore dal contegno dell'uomo, or divenuto argomento di questi discorsi.» Gettò uno sguardo sopra di lui sul finire di tali accenti e mentre il rossore che tignevale il viso additava da qual fiamma interna fosse animata nel pronunziarli, le sparute sue carni provavano come i lamentati patimenti fossero veri. Lo straniero si portò una mano al fronte con forza o con tal gesto che di disperazione sapea, indi ricalcò più forte il cappello, quasi per meglio ascondersi agli sguardi d'Editta, che di questa novella agitazione si accorse, nè glie ne seppe mal grado. »Nondimeno, aggiunse ancor balbutendo, se..... la persona della quale vi parlo... si credesse troppo trafitta dall'opinione, il vedo, severa di.... d'un'antica amica, ditele che un pentimento sincero è quasi innocenza; che qualunque sia stata la sua caduta, può tuttavia rialzarsene; che forse sta in sua mano il riparare i mali dalla sua mano operati.» »E in qual modo?» lo straniero soggiunse. »Coll'impiegare tutti i suoi sforzi allo scopo di rendere la pace a questo infelice paese; col detestare il suo tradimento, coll'indurre i ribelli traviati a dimettere l'armi e ad implorare la clemenza d'un sovrano offeso ma generoso; in somma coll'abbandonare le parti loro, se non arriva a tale meta.» »Miss Bellenden, rispose Morton sollevando il capo e scostando il mantello che ne copria la persona, chi ha perduto il grado che tenea nella vostra opinione, quel grado del quale andò sì glorioso, serba almeno bastante orgoglio per non perorare la propria causa come un colpevole. Se tale si conoscesse, e ridotto a non poter più sperare di movere nell'animo vostro la compassione dell'amicizia, saprebbe opporre il silenzio ai rimproveri. Ma gli rimane da citare in sua difesa la testimonianza onorevole di lord Evandale. Egli potrà dirvi, se anche prima di questo colloquio, ogni mio voto, ogni mio sforzo, sieno stati unicamente interi ad ottenere tali condizioni di pace, quali dee desiderarle il più leale fra i sudditi di sua maestà.» Dette le quali cose salutò dignitosamente miss Bellenden, alla quale giunse per vero dire inaspettato il calore che ei pose nel modo di giustificarsi. Essa gli restituì il saluto solamente a cenni e in aria di persona alquanto confusa. Enrico allora girò le briglie del palafreno, e raggiunse i suoi, che precedeano di pochi passi il maggiore e lord Evandale. »Enrico Morton!» sclamò il maggiore in veggendolo. »Egli stesso; questi rispose, egli, Enrico Morton, inconsolabile di vedere giudicata sinistramente la propria condotta e dal maggiore Bellenden e dagli altri di questa famiglia. Ei fida a lord Evandale, soggiunse in salutando quest'ultimo, la cura di disingannare i suoi amici, e di fare ad essi conoscere la purezza de' motivi che guidano questo Morton. -- Presentemente, o maggiore, voi siete libero, ed inutile vi è la mia scorta: addio: i miei voti per la vostra felicità vi seguiranno per ogni dove. Possiamo noi rivederci in tempi più felici e tranquilli!» »Credetemi, sig. Morton, rispose lord Evandale, che non è mal collocata la vostra fiducia. Avrò ogni studio di mostrarmi grato agl'importanti servigj che mi prestate col presentare nel loro vero punto di vista le vostre massime e il vostro contegno agli occhi del maggiore, e di quelli la cui estimazione vi è cara.» »Nè meno io m'aspettava, o milord dalla vostra generosità.» Chiamati allora i suoi, prese con essi la strada di Hamilton. Il solo Cuddy rimase addietro un istante per far le ultime salutazioni a Jenny Dennison, che nelle due corse fatte questa mattina in compagnia dell'antico amante avea riacquistato ogni predominio sopra di lui. »Addio dunque, o Jenny, le disse egli sforzandosi a tirare il fiato in guisa che ne nascesse un sospiro; pensate qualche volta al povero Cuddy. -- Un buon figliuolo... che vi ama di cuore!... Ci penserete a quando a quando, Jenny?» »Senza dubbio. -- Tutte le volte che mangerò la minestra» rispose la maliziosa ancella, incapace di risparmiare una risposta venuta a tempo, e di non accompagnarla con quel suo maligno sorriso. Cuddy si vendicò in quella guisa, come gli amanti di villaggio sogliono vendicarsi, e come se lo aspettava forse Jenny. Le impresse un bacio ben ricalcato su ciascuna delle due guance. Poi facendo galoppare il cavallo raggiunse tosto il padrone. »Che razza di baci! (sclamò Jenny raggiustando il cappello che l'impeto di questi baci aveva posto in disordine.) -- I baci d'Holliday non hanno la metà di forza. -- Sono da voi, milady, sono da voi. Oh mio Dio! la vecchia signora ci avrebbe ella veduti?» »Jenny, le chiese lady Margherita, quel giovane, capo della banda or partita, non sarebbe già quell'istesso che fu capitano del _Pappagallo_, e ch'era stato condotto prigioniero nel mio castello?» Tutta lieta Jenny che tale inchiesta non la riguardasse individualmente, fissò prima la giovane padrona per veder se le occhiate di lei le dettassero la risposta; ma non ne ritraendo alcuna norma sicura, seguì l'istinto delle cameriere e architettò una menzogna. »Non credo che sia quel desso, o milady (rispose con tuono di franchezza costei) perchè il vincitore del _Pappagallo_ era uomo di piccola statura, e d'una carnagione olivastra.» »Convien dunque dire che foste cieca, o Jenny! soggiunse il maggiore. Enrico Morton ha bella statura, carni bianchissime, ed è quel medesimo che ora si è diviso da noi.» »Sarà così; (senza scompigliarsi l'astuta rispose.) Ho altro che fare senza perdermi ad esaminare le fattezze dei giovani.» »Qual ventura è la nostra, sclamò lady Margherita, d'esserci finalmente spacciati di questo fanatico forsennato!» »Siete in errore, o milady, prese a dire lord Evandale; niuno può nominare con tali predicati un tal uomo, e noi meno di chicchessia. S'io vivo ancora, se voi siete libere e sicure, se non siete cadute in potere di un tale, che può ben dirsi e fanatico e sanguinario, ne dobbiamo ogni gratitudine al solo sig. Morton e ai principj d'umanità ardente e operosa che lo conducono.» Indi fece il racconto degli avvenimenti già noti al lettore, diffondendosi principalmente sulla generosità di Morton, alla quale protestò dovere la propria salvezza, e additando i pericoli, e soprattutto il risentimento d'uno scellerato siccome Burley, che a tal uopo lo stesso Morton volle affrontare. »Io mi riguarderei, conchiuse, qual colpevole della più nera fra le ingratitudini se non rendessi, insin ch'io viva, la giustizia debita alle qualità di un tal uomo da cui m'ebbi per due volte salva la vita.» »Nulla amerei meglio, ripigliò il maggiore, che poter ridonare la mia stima ad Enrico Morton, e confesso esser degna di encomj la condotta che egli ha tenuto per riguardo vostro e di noi; pur sento impossibile il perdonargli la colpa d'essersi fatto il partigian de' ribelli.» »Ma ponete mente, rispose lord Evandale, alla necessità che lo spinse tra le loro file. Dirò di più, che i suoi principj, comunque certamente diversi da quei ch'io professo, presentano non so qual cosa di rispettabile. Lo stesso Claverhouse, al quale niuno negherà al certo un accorgimento tutto suo proprio nel conoscere gli uomini, ha ravvisate, e gli bastarono pochi istanti, qualità in Morton le più straordinarie. Sfortunatamente sbagliò poi nel giudicare le massime e i motivi che il conducevano, onde lo costrinse, senza volerlo egli stesso e senza che Morton ne avesse divisamento, a mettersi fra i ribelli.» »Avete fatto ben presto o milord, ad accorgervi di tante belle qualità di Morton. Veramente io che lo conosco fin da fanciullo, avrei, prima di questo sgraziato incidente, fatta giustizia al suo buon cuore, alle nozioni letterarie che si era procacciate, alla sua amabilità; ma quanto ad acume d'intelletto straordinario....» »Stava nascosto, o maggiore, e vi voleva una circostanza appunto straordinaria per costringerlo a palesarsi. Se me ne sono accorto io, egli è perchè avemmo colloquio insieme sopra un argomento dei più importanti. Ei s'adopera adesso a spegnere il fuoco della ribellione, e i patti ch'egli propone e ch'io ho tolto l'assunto di presentare al duca di Monmouth sono sì ragionevoli da rendermi gradevole tale incarico, e da meritare ch'io li raccomandi fin quanto potrà la mia voce farsi ascoltare.» »E avete voi qualche speranza di buon esito in una sì difficile impresa?» lady Margherita gli domandò. »Ne avrei molta, o milady, se tutti i Presbiteriani fossero moderati come il sig. Morton lo è, e se tutti i Reali imitassero nel disinteresse il maggiore Bellenden. Ma tale è la deplorabile ostinazione delle due parti, che temo si debba nuovamente ricorrere all'armi per risolvere l'acerba querela.» Ognun s'immagina con quale sollecitudine miss Bellenden porgesse mente a sì fatto colloquio; e doleasi fra se medesima d'avere usato di troppa asprezza in favellando all'amante. Ma erale poi di conforto al cuore lo scorgere, come anche a giudizio d'un emolo generoso, il carattere di Morton fosse nè più nè meno tal quale se lo era essa dipinto. »Il flagello delle guerre civili, le massime pregiudicate di mia famiglia, andava così meditando, potranno bensì obbligarmi a staccarlo dal mio cuore ma non mi torranno la certezza confortatrice ch'egli era degno del luogo occupatovi per lungo tempo.» In questo mezzo, Enrico giugneva in vicinanza di Hamilton al campo dei sollevati, ove trovò tutte le cose in disordine. Vi era pervenuta la sicura notizia, che l'esercito reale, ingrossato dai rinforzi pervenutigli dall'Inghilterra, stava per incominciare le azioni campali; e quanto la fama amplificava le forze, il buono stato, il valore, la disciplina di questo esercito, altrettanto infievoliva il coraggio de' sollevati; al che aggiugnevasi altre circostanze in loro vantaggio. -- Sulle prime la conosciuta indole moderata del duca di Monmouth avea fatto nascere buone speranze negli animi dei Presbiteriani moderati, ma queste si dileguarono al sapersi le persone che sotto gli ordini dello stesso Monmouth militavano. Erane luogotenente generale il celebre Tommaso Dalzell, segnalatosi in Russia, contrada a que' giorni tuttavia immersa nella barbarie; e famoso così per le sue crudeltà e il lieve conto in che tenea le vite degli uomini, come per valore e fedeltà al suo sovrano; e intanto il comando della cavalleria stava affidato a Claverhouse, ardente di vendicare la morte del proprio nipote e l'onta sofferta nella giornata di Loudon-Hill. L'artiglieria reale era, dicesi, la più formidabile che si fosse veduta ancor nella Scozia; numerosa, e a tutto punto fornita la cavalleria. In somma la vendetta del re parea non essersi mostrata lenta che per iscoppiare in una guisa più terribile e certa. Morton si studiò a confortare gli animi de' sollevati, fondandosi sulla possibilità che fossero esagerate sì fatte voci e sulla forza locale del loro campo protetto da un fiume, che non potea valicarsi se non se per lungo ed angustissimo ponte. Richiamò alla memoria de' medesimi la vittoria riportata sopra Claverhouse in un tempo, che meno numerose erano le loro schiere, quando difettavano d'armi la maggior parte, allorchè non s'erano ancor formati alla consuetudine della militar disciplina; finalmente si adoperò a convincerli che non doveano cercare fuorchè in se medesimi una sicurezza raccomandata affatto al loro coraggio. Ma intantochè con simili ragionamenti cercava ridestare l'illanguidito ardore negli animi de' soldati, si prevalea presso i capi delle medesime sconfortanti voci per fare comprendere a questi la necessità, di proporre al governo modi d'aggiustamento, i quali, soggiugnea Morton, poteano essere più favorevolmente ascoltati sintantochè quelli che li proponevano si trovavano a capo di un esercito, e numeroso e che poteva vantarsi di non avere ancora sofferta veruna rotta. Nè mancò di mostrar loro, come nello stato di abbattimento, in cui cadute eran le schiere, fosse quasi chimerica la speranza di guerreggiar con vantaggio le forze regolari comandate dal duca di Monmouth, nè si ristette dall'enumerare i danni di una disfatta, se sventuratamente si fosse avverata; allora la sollevazione ben lungi dall'avere partorito vantaggio alla patria divenire ai Reali nuovo pretesto per raddoppiare le persecuzioni. L'evidenza de' quali ragionamenti convinse un certo numero di que' comandanti, i quali sentivano essere cosa per essi egualmente rischiosa il congedare le truppe o il mantenere il comando, e questi di fatto, dopo sapute le proposte che lord Evandale si assumea di trasmettere al duca, ad esse assentirono. Ma altri vi furono che le divulgarono empie, sacrileghe, contrarie alla fede presbiteriana; ed erano sfortunatamente coloro, che godevano di maggiore prevalenza sulla moltitudine, che non avevano nulla da perdere, che col proprio fanatismo cieco e truce, soltanto si consigliavano. Spargevano questi per ogni dove che chiunque parlava di pace, senza metterne quai condizioni la rimozione del re e la supremazia della chiesa presbiteriana, mancava di _zelo nel coltivare la vigna del Signore_, non pensava che a _ritrar dall'aratro le proprie mani_, cercava unicamente pretesti ad abbandonare i fratelli ed occasioni a tradirli. Per tutte le file non s'udivano che dispute e controversie a tale proposito; dai litigi venivasi alle percosse, e la discordia impadronitasi dell'esercito mal presagiva per la causa imminente a risolversi. CAPITOLO XIV. »Sol la fera discordia anguicrinita »È de' vostri consigli arbitra e duce.» _Venezia liberata._ Morton stava inteso tuttavia a calmar la discordia che dominava nel campo, allorchè due giorni dopo il suo arrivo ad Hamilton, lo seguì quivi l'altro collega, il reverendo Poundtext, sottrattosi all'ira di Burley, che non sapea perdonare la partecipazione avutasi da questo ministro nella libertà conceduta a lord Evandale. Riposatosi per alcune ore dalle fatiche del novello viaggio, diè il ragguaglio a Morton delle cose accadute a Tillietudlem da quando questi se ne dipartì. La notturna andata di Morton era stata sì ben concertata, e tanta fu la segretezza negli altri compagni di sì fatta spedizione che Burley neanco ne insospettì. I primi accenti ch'ei pronunziò nell'alzarsi da letto furono per chiedere se Kettledrumle e Macbriar fossero ancora arrivati. Il secondo già trovavasi al campo, l'altro veniva aspettato da un momento all'altro. Burley fece immantinente partire un messo per avvertire Morton e Poundtext di trasferirsi al consiglio; ma già sappiamo la via che Morton avea presa, e quanto a Poundtext, che in assenza dei suo giovine collega non avea gran voglia d'affrontare la collera del feroce Burley, s'incamminò al suo presbiterio ove rimase ventiquattro ore prima di mettersi in cammino per Hamilton. Sollecito indi Burley di chiedere notizie del suo prigioniero, non può esprimersi assai con parole qual rabbia lo invase allora quando udì come in quella notte fosse stato condotto fuori del campo da una scorta, cui Morton medesimo comandava. »Oh l'uomo scellerato! esclamò volgendosi a Macbriar. Oh il traditore! costui per far la sua corte al governo ha dato libertà ad un prigioniero, pel riscatto della cui vita ne avrebbero ceduto questa piazza, che ne tiene noiati da tanto tempo.» »E che? non è già in nostro potere? non è presbiteriano lo stendardo che sventola su quella torre?» »Tutto strattagemma, Macbriar! Tutto insulto onde si cerca viepiù d'infiammare il nostro risentimento.» Ma fu interrotto dall'arrivo d'un di coloro che aveano accompagnato Morton al castello, e veniva ad annunziargli, come questo fosse già sgombro e occupato da truppe presbiteriane. La qual novella favorevole, anzichè acchetare Burley, il furor ne raddoppiò! »Come dunque? (costui si fece ad esclamare) Avrò tralasciato da imprese assai più gloriose, avrò perduto il mio tempo dinanzi ad una miserabile bicocca, l'avrò disastrata per fame e tribolazioni, onde poi all'istante di divenire arbitro della sorte di essa e di coloro che vi abitavano, un imberbe giovinastro venisse a spogliarmi di questo onore, e a rapirmi coloro ch'io riguardava siccome miei prigionieri? Non è forse all'operaio che il salario è dovuto? Non è forse al....?» »Burley! soggiunse Macbriar, non ti riscaldare cotanto contra un fanciullo che non è meritevole della tua collera. Non è egli vero che Dio sceglie a suo grado i propri strumenti? E chi t'assicura che questo fanciullo non sia stato inspirato dallo stesso Dio per mettere più presto in nostro potere il castello di Tillietudlem?» »Taci là, nè far torto a te medesimo e al senno che hai. Non fosti primo ad avvertirmi tu stesso, ch'io diffidassi di questo sepolcro imbiancato, di questa moneta di rame che io avea presa per moneta d'oro? È cattivo indizio, anche per coloro che spettano al gregge degli eletti, il non ascoltare gli avvisi di ministri spirituali della tua sfera; pure Morton non tenne sempre chiuse le orecchie alle tue voci? Egli è d'uopo somigliarti, o Efraim, per isciogliersi dai vergognosi legami dell'umanità.» Complimento che toccò la corda sensiva del nostro predicatore, il quale in oltre avea massime comuni con Balfour di Burley! laonde entrambi si trasferirono tostamente al castello. Burley s'impadronì dei vasellami d'argento e di quanto potea tornar utile al suo esercito; poi trasferitosi, senza farne motto ad alcuno, nell'archivio del castello, vi s'intertenne per lungo tempo. Nel corso di quella giornata non solamente Kettledrumle, ma anche lord Langfern arrivarono a Tillietudlem. Questi capi, congregatisi in allora, inviarono un corriere al presbiterio di Milnwood sollecitando il ministro Poundtext a venir tostamente al castello per prendere parte al consiglio che vi si tenea. Ma questi ricordandosi che quella rocca andava munita d'un carcere colla porta di ferro, stimò prudente partito il non commettere la propria persona allo sdegno di que' confratelli. Accolse bensì con ogni cortesia il loro messo, si fece raccontare da lui tutte quelle particolarità che ai leggitori nostri abbiamo narrato; ma poi nel silenzio della notte prese la via di Hamilton, ove parimente arrecò la notizia che gli altri capi divisavano restituirsi, appena raunato un corpo di Puritani sufficiente a tenere in suggezione quella parte di esercito che presa aveano in diffidenza. »Voi vedete, così conchiuse la sua narrativa Poundtext, come costoro siansi per tal via assicurato il favore della maggiorità nel consiglio; perchè lord Langfern; il quale non era nè carne nè pesce, or si è lasciato sottomettere affatto da Kettledrumle, e ne ha abbandonati. Noi siamo dunque circondati da nemici per ogni dove, da un lato l'esercito de' Reali, dall'altro una mano d'insensati confratelli che si chiariscono contro di noi.» Morton lo esortò al coraggio ed alla pazienza, partecipandogli ad un tempo la speranza concetta di ottenere condizioni di pace ragionevoli colla mediazione di lord Evandale, e ponendogli innanzi agli occhi la lusinghevole prospettiva di poter fra breve tornare a starsene colla sua pipa, colla sua birra, col suo _Calvino_ legato in pergamena, purchè continuasse a cooperare seco lui con tutti i suoi sforzi per giugnere ad una pacificazione generale. E tanto fece e disse che potè persino inspirargli un poco più di fermezza, ed indurlo ad aspettare in quel campo l'arrivo de' suoi temuti colleghi. Aveano costoro radunato un corpo di lor partigiani che stavasi in cento uomini di cavalleria e mille cinquecento di fanteria, tutti avvezzi a segnalarsi per lo stravagante fanatismo delle esagerate lor massime, e per la consuetudine di travisare ad ogni proposito i passi della scrittura a fine di giustificare all'uopo l'assassinio o qualsivoglia delitto, e finalmente pel cupo zelo e feroce onde si facevano obbedientissimi ai comandi anche i più orridi che potessero ricevere dai non meno sanguinolenti lor comandanti. Tale smannata, di nemici anzichè di confederati, ad ingrossar venne il campo. Burley, nè cercò de' due altri colleghi, nè in modo alcuno li fe' consapevoli delle cose da lui divisate, e unicamente nella mattina successiva al suo arrivo li fece avvertire di trasferirsi al consiglio. Morton e Poundtext entrando nella sala dell'assemblea, vi trovarono già uniti i quattro loro colleghi, dai quali non ricevettero verun contrassegno di cortese accoglienza, e previdero che tranquillamente non sarebbero andate le cose in quell'adunata. »Per l'autorità di chi (si fece a gridare Macbriar, condotto sempre da naturale impetuosità ad aprir egli i parlamenti) per l'autorità di chi il reprobo lord Evandale si è sottratto alla morte che il giudizio di lassù avea pronunziata contro di lui?» S'affrettò a rispondergli Poundtext, che volea con ciò offerire al collega Morton una prova del proprio coraggio, oltrechè se l'affar non era che di tener fronte ad uomini vestiti di zimarra simili alla sua, non si perdea mai di spirito. »Per l'autorità mia, rispose, e per quella del sig. Morton.» »E chi vi ha conferito, o fratello, si fe' ad interrogarlo allor Kettledrumle, chi vi ha conferito il diritto di frapporvi in una bisogna tanto importante?» »Quell'autorità stessa che conferisce a voi il diritto d'interrogarmi; non fu lento al rimbalzo Poundtext; se un solo individuo del nostro consiglio ha potuto condannarlo a morte, collo stesso, anzi con maggior fondamento, due individui hanno potuto ritrattare una tale sentenza.» »Alle corte! alle corte! si fe' in mezzo Burley, noi conosciamo i vostri fini; e furono di mandare quel baco da seta, quell'indorato milord a portare proposte di pace al tiranno.» »Così è, (disse Morton accorgendosi come il suo compagno incominciasse a vacillare alle occhiate feroci che lanciava sovr'esso Burley) e che perciò? dobbiam noi volgere in una guerra eterna la nostra contrada per mandare a termine divisamenti inutili quanto impossibili?» »Lo udite? Bestemmia» sclamò Burley. »No; (Morton con maggiore forza esclamò) Bestemmia colui che aspetta dal cielo i miracoli, nè si vale di que' modi che la Provvidenza ha posti nelle mani degli uomini per farli riuscire ne' lor disegni. Convengo io pure che lo scopo nostro è di ottenere il ritorno della pace a condizioni onorevoli e giuste, a condizioni tali che assicurino la nostra libertà civile e religiosa. E per questo dobbiamo farci i tiranni dell'opinione degli altri?» Stava per invelenirsi vie più sì fatta contesa, allorchè arrivò un messo, che annunziava, già partitosi da Edimburgo il duca di Monmouth, già in cammino il suo esercito, già aver fatta la metà della strada per giugnere ad Hamilton. Cessò a questo avviso ogni discordia, perchè ciascuno vide la necessità di dimenticare il passato per non dar opera che a rispignere il comune inimico. Fu risoluto che i reverendi Poundtext e Kettledrumle reciterebbero nel dì successivo una predica per uno alla presenza di tutto l'esercito, Poundtext la mattina, Kettledrumle la sera, e che l'uno e l'altro asterrebbesi con ogni accuratezza dal toccare qualsivoglia articolo, anche lievemente atto a far nascere scismi e dissensioni nel campo. Regolate essendo in cotal guisa le cose, i due capi più moderati osarono porre un altro partito cui sperarono sostenuto da lord Langfern, perchè il videro impallidire all'annunzio dell'avvicinar de' Reali, e perchè per altra parte il sapevano propensissimo a favoreggiare i consigli di chi sull'istante egli credeva il più forte. Essi pertanto misero innanzi agli occhi dell'assemblea come in tale occasione il re non avesse affidato il comando del proprio esercito a veruno fra gli antichi persecutori de' Puritani; il duca di Monmouth prescelto a tale dignità essere anzi uom conosciuto per la dolcezza dell'indole sua e per inclinazioni favorevoli alla causa della nazione; potersi indurre da ciò che le intenzioni del governo fossero meno di quanto il furono per lo passato ostili ed avverse ai Presbiteriani; essere quindi cosa suggerita dalla prudenza, e divenuta perfin necessaria, il verificare se mai il duca avesse qualche istruzione segreta che in qualche modo li favorisse; nè potersi ottenere tale certezza per altra via che col deputargli un araldo. »E chi è che voglia incaricarsi di essere quest'araldo? (prese a dire Burley, sollecito di sviare una proposta sì ragionevole ch'ei non potea di fronte combatterla). Obbliate forse come Claverhouse, armando il titolo di rappresaglia per la morte di suo nipote, giurò far appiccare il primo parlamentario che gli avessimo spedito?» »Non ci stiamo per simil tema, poichè io medesimo mi assumo tal commissione, semprechè il consiglio creda affidarmela.» »Lasciam ch'ei vada, disse sotto voce Burley a Macbriar, così il consiglio si sbarazzerà di costui.» Quindi il partito posto da Morton non trovò contradditori nè manco in coloro che sembravano dover esserlo maggiormente, e venne risoluto che Enrico Morton si trasferirebbe al cospetto del duca di Monmouth, onde sapere a quai patti acconsentirebbe di negoziare co' sollevati. Divulgatasi tale risoluzione per tutto l'esercito, ne fu universale la gioia fra coloro della parte moderata, lontani dal nudrire la cieca presunzione di que' Puritani, che pensavano bastanti mallevadori della vittoria un feroce zelo, ed un selvaggio entusiasmo. Munito delle istruzioni del consiglio, e accompagnato dal solo Cuddy, Morton si partì dunque alla volta del campo de' Reali, impavido di que' rischi che sì frequentemente sovrastano a chiunque imprenda nelle civili discordie la dilicata parte di mediatore. Nè scostato erasi più di tre o quattro miglia dal campo de' suoi, allorquando si accorse che stava per incontrare l'antiguardo dell'esercito de' Reali. Pervenuto ad una eminenza contemplò le strade, che tutte prendevano la via di Bothwel-Muis, ove divisavano metter campo nella prossima notte, castello non lontano più di due miglia dal Clyde, alla riva opposta del qual fiume campeggiavano i Presbiteriani. Dopo avere dispiegata bandiera bianca si volse al primo drappello di cavalleria che incontrò, partecipando al sergente che lo guidava il proprio desiderio di favellare a sua altezza. L'altro gli rispose che correva a farne consapevole il capitano; nè questi indugiò a comparire unitamente al maggiore. »Voi perdete il vostro tempo, mio caro amico, disse quest'ultimo a Morton, anzi arrischiate inutilmente la vita. Il duca di Monmouth non ascolterà certamente proposte venutegli da ribelli che tuttavia impugnano l'armi. Aggiugnete che le tante crudeltà omesse dai vostri devono farvi pauroso d'una rappresaglia.» »Quand'anche il duca di Monmouth ne giudicasse colpevoli, rispose Morton, non so immaginarmi che volesse condannare a morte tanti sudditi del suo re, senza ascoltare almeno quai cose possano addurre in propria discolpa. Per parte mia nulla temo. Non ho da rimproverare a me stesso alcun atto di crudeltà ch'io abbia autorizzato, e nemmen tollerato; e la paura poi di essere innocente vittima delle colpe degli altri non mi ratterrà dall'eseguire l'incarico che mi assunsi.» I due ufiziali si guardarono in volto l'un l'altro. »Se non m'inganno, disse il capitano, è questi il giovine del quale ci ha parlato lord Evandale.» »Lord Evandale si trova egli all'esercito?» domandò subito Morton. »A Edimburgo, rispose il maggiore. Vedendone il cattivo stato di salute, sua altezza non gli ha permesso d'accompagnar l'esercito. Signore; vi chiamereste voi Enrico Morton?» »Appunto, mio signore.» »Dunque, tornò a dir l'ufiziale, non v'impediremo di vedere il duca, ma, vel ripeto, fate un passo del tutto inutile. Supponendo ancora che sua altezza avesse qualche propensione più mite per riguardo ai vostri, il consiglio di guerra, col quale dee concertarsi, non gli permetterebbe ascoltarla.» »Ne avrei estremo rammarico; ma tal considerazione non mi fa meno insistente nel pregarvi ad ottenermi udienza dal duca.» »Lumley, disse il maggiore al capitano, andate ad avvertire sua altezza dell'arrivo del sig. Morton, e ricordategli essere quello stesso del quale parlò sì vantaggiosamente lord Evandale.» Il capitano non tardò ad essere di ritorno, ed a rispondere a Morton che il duca non potendo riceverlo per quella sera, si riserbava ad ascoltarlo nella mattina del dì successivo. Intanto Enrico venne tenuto qual prigioniere per tutta la notte, ed ebbe per luogo di sua dimora una vicina capanna ove però i massimi riguardi gli vennero usati. Alla domane di buonissim'ora lo stesso Lumley venne a levarlo di lì, presentandolo indi a sua altezza, che trovarono un miglio più oltre nel mezzo del suo esercito, già schierato per mettersi in cammino. I comandanti dell'esercito reale aveano tanta fidanza nelle proprie forze che non presero cautela di sorte alcuna per impedire a Morton di scandagliarle. Stavansi queste in quattro reggimenti inglesi, il fior dell'esercito di Carlo II, nel reggimento guardie ardente del desio di ricattarsi dopo la disfatta di Loudon-Hill, in un corpo considerabile di volontari, ed in alcune compagnie di montanari scozzesi, nemici giurati dei Puritani, e che ne abborrivano le massime quanto ne sprezzavano le persone. Veniva dietro all'esercito un numeroso traino d'artiglieria sì formidabile al riguardo, che Morton giudicò non volersi men d'un miracolo per salvare da compiuto esterminio quell'attruppamento d'uomini mal vestiti, mal armati e disciplinati nella stessa guisa, a' quali davasi nome d'esercito presbiteriano. L'ufiziale compagno di Morton studiavasi leggere negli sguardi del medesimo quell'impressione ch'ei, nè a torto, pensava dovessero destargli nell'animo i poderosi apparecchi schieratisi alla sua vista. Ma fedele Enrico alla causa che aveva abbracciata non lasciò trapelare, nè inquietudine nè commozione, e riguardava con occhio d'indifferenza i corpi militari per mezzo a cui traversava. »Voi vedete la festa che vi si sta preparando» disse a Morton Lumley. »Se avesse dovuto spiacermi, non mi troverei vosco in questo momento: vi confesso ciò nonostante, che per lo interesse d'entrambe le parti, amerei meglio veder gli apparecchi d'una festa che celebrasse il ritorno della pace.» Giunsero finalmente sopra un'altura che signoreggiava tutti i dintorni, e ove trovavasi il comandante supremo in mezzo a' suoi ufiziali. Da questo luogo scorgeansi tutti i giri del Clyde e parimente il campo de' sollevati. Gli ufiziali sembravano intesi ai riconoscimenti di quel terreno per concertare con maggior sicurezza un assalto. Lumley avvertì sua altezza che Morton ne aspettava i comandi ed allora il duca fe' cenno alle persone di quella comitiva d'allontanarsi, nè serbò presso di sè che due ufiziali, co' quali parlò pochi istanti sommessamente prima che Morton gli fosse vicino; lo che diede tempo al nostro araldo di squadrare coll'occhio le persone colle quali venia a parlamento. Ell'era impossibile cosa a chi vedeva il duca di Monmouth il non essere cattivato dalle grazie e dai modi soavi e lusinghevoli che natura largamente gli compartì. In mezzo a questi però, un attento osservatore potea scorgere tal qual aria d'esitazione e d'imbarazzo, che parea ne tenessero sospeso l'animo, quando tutte le circostanze il costrignevano a prender partito. Stavano dietro a lui Claverhouse, conosciuto anche troppo da Morton, ed un altro ufizial generale, di cui l'aspetto eccitar dovea impressione strana anzichè no. Vestito alla foggia che usavasi ne' primi anni del regno di Carlo I, una lunga e grigia barba gli scendeva al petto, ed avea fatto voto di non reciderla sin dal giorno che quello sfortunato monarca perì sotto la mannaia del carnefice. Scoperto e pressochè affatto calvo erane il capo. Le rughe del fronte, l'olivastro color delle guance, l'acutezza de' suoi sguardi additavano tal vegliardo, che le infermità non avevano infievolito, intantochè scorgeasi in ogni costui lineamento un coraggio scevro affatto d'umanità. Tal si era il generale Tommaso Dalzell, più temuto ed abborrito dai Puritani che non lo stesso Claverhouse. Questi almeno, se usava modi violenti ed opprimitori gli era soltanto allorchè ragione politica parea comandarli, e perchè nell'istante non giudicava esserne d'altri migliori per sottomettere i Presbiteriani. Ma Dalzell non seguia che gl'impulsi d'un'indole sanguinolenta e feroce di sua natura. »Voi venite, o signore, disse a Morton il duca, per parte di que' traviati, e il vostro nome è Morton se non isbaglio. Volete dunque farne conoscere il motivo che vi conduce fra noi?» »Il motivo apparisce, o milord, da uno scritto che lord Evandale dovrebbe aver posto nelle mani di vostra altezza.» »L'ho letto, ed ho anche saputo dallo stesso milord, che in queste sciagurate circostanze il sig. Morton ha date prove di generosità ad un tempo e di moderazione. Glie ne fo quindi i miei ringraziamenti.» Che modi sì cortesi non andavano a' versi di Dalzell, lo scorse Morton da un disdegnoso dimenar di capo e da uno stringersi nelle spalle che accompagnarono poche parole sommesse da costui volte al compagno, ed alle quali Claverhouse non rispose che con un lieve sorriso e con un moto quasi impercettibile di palpebre. In questo mezzo il duca sembrava combattuto per una parte da' sentimenti d'una bontà ingenita in esso, e ad un interno convincimento sulla ragionevolezza delle inchieste che gli venian presentate, per l'altra dalla brama di serbare intatta la regia autorità, e di non offendere troppo di fronte le severe opinioni degli uomini assegnatigli per consiglieri, se non piuttosto per esploratori della sua condotta. »Sig. Morton (disse traendosi di saccoccia lo scritto consegnatogli da lord Evandale) trovo qui alcune domande, sul merito delle quali debbo ora astenermi dal manifestare la mia opinione; havvene altre che mi sembrano ragionevoli e giuste; e benchè io non abbia ricevute istruzioni formali da sua maestà, vi do parola d'onore d'intercederne la clemenza a favore d'una parte di suoi sudditi traviati, e fin dove io abbia modo a farmi ascoltare, d'adoperarmi ancora onde sia migliorata la lor condizione. Ma voi stesso comprenderete che posso bensì cedere alle preghiere di sudditi imploranti; non negoziar con ribelli. La prima cosa necessaria pertanto si è, che i vostri partigiani mettan giù l'armi e sciolgano tantosto le loro assemblee.» »Il contenerci in tal guisa, o milord, rispose Morton arditamente, sarebbe un riconoscerci ribelli; come appunto ne accusano i nostri nemici. Noi sguainammo le spade, non contra il nostro sovrano che rispettiamo, ma per ricuperare que' diritti legittimi che la violenza ne ha tolti. L'altezza vostra si è degnata ravvisare che alcune fra le nostre domande son giuste. Ma queste avrebbero mai potuto farsi tampoco udire, se non le accompagnava lo squillar della tromba? Non possiamo pertanto, anche a malgrado della bontà che vostra altezza ne dà a divedere, metter giù l'armi, a meno d'avere qualche certezza di vederci restituite la libertà civile e la libertà religiosa, come è in noi il diritto di chiederlo.» »Sig. Morton, voi siete giovane; però dovreste avere acquistata esperienza di mondo quanta è bastante a comprendere che certe domande, comunque innocenti di lor natura, divengono criminose pel modo onde son presentate.» »Possiamo rispondere, o milord, che il modo al quale ultimamente abbiamo ricorso è venuto dopo avere tentati invano tutti gli altri possibili modi.» »Mi è forza abbreviare questo parlamento, sig. Morton. Noi siamo in atto di incominciare l'assalto. Nondimeno ordinerò per due ore sospesa ogni fazione ostile, onde abbiate il tempo di partecipare ai sollevati la mia risposta. Se consentono a sciogliersi a metter basso le armi, a spedirmi deputati che m'assicurino della lor sommessione, riguarderò come un obbligo del mio onore l'intercedere per essi una generale amnistia, e la riparazione dei torti ch'essi lamentano. Ma rifiutando questa sola via ad essi dischiusa, accagionino soltanto se stessi delle conseguenze che ne verranno. -- Credo, o signori (volgendosi a' suoi due ufiziali) che, volendo stare alle istruzioni avute, io non poteva far di più.» »No pel mio onore! sclamò Dalzell, nè avrei giammai spinta l'indulgenza tant'oltre, trovandomi mallevadore delle mie azioni verso il re e verso la mia coscienza. Ma vostra altezza dee senza dubbio conoscere le intenzioni di sua maestà assai meglio di noi, ne' quali è il dovere di seguire letteralmente i comandi che ricevemmo.» Si fe' rosso Monmouth. »Voi udite, soggiunse a Morton, che il generale Dalzell già mi biasima per aver mostrata troppa condiscendenza a favore dei vostri amici.» »Milord, i sentimenti del generale Dalzell, e quelli che vi degnate voi esternarci sono quali gli aspettavamo da ciascheduno di voi; ma non posso starmi d'aggiugnere, che se l'esercito presbiteriano abbracciasse il partito dell'assoluta sommissione, ultimo e conclusivo partito che ne presentate, avremmo a temere persino inutile la vostra intercessione, finchè stanno... attorno del trono tai consiglieri (e nel pronunziar questa frase guardò in maniera significante Dalzell e Claverhouse). -- In somma, io parteciperò ai capi dell'esercito qual risposta ebbero da vostra altezza le nostre inchieste, e poichè non possiamo ottenere la pace, ne sarà ben forza ricorrere alla fortuna delle armi.» »Addio signore. Ricordatevi che differisco di due ore l'assalto; di due ore! Se in tale intervallo avete una risposta da portarmi, starò qui per riceverla; e con tutto l'animo la desidero di tal natura che possa risparmiare ogni spargimento di sangue.» Anche in questa occasione si guardarono con sorriso ironico Dalzell e Claverhouse, del che accorgendosi il duca, ripetè in tuono dignitoso. »Sì signori, l'ho detto e lo replico ancora. Desidero la risposta di tal natura che possa risparmiare il sangue de' sudditi di sua maestà. Spero che un tal sentimento per lo meno non meriti nè biasimo nè disprezzo.» Dalzell prese un contegno freddo e severo, e nulla rispose. Claverhouse fece un profondo inchino, soggiugnendo che il giudicare i sentimenti di sua altezza non gli s'aspettava. Il duca fe' cenno a Morton di ritirarsi. Questi obbedì, e venne ricondotto attraversando il campo dalla scorta medesima che lo aveva accompagnato. Nel passare innanzi al reggimento guardie, trovò Claverhouse, che non avea perduto tempo nel mettersi a capo della sua truppa; il quale appena scorse Morton, gli si fe' innanzi, e salutandolo urbanamente gli disse: »Non è questa, credo, la prima volta che ho l'onor di vedere il sig. Morton di Milnwood.» »E non è colpa del colonnello Claverhouse, replicò Morton amaramente sorridendo, se la mia presenza riesce importuna a qualche persona.» »Permettetemi almeno di soggiugnere che il ministerio di cui trovo ora insignito il sig. Morton, giustifica l'opinione da me formata sopra di lui; e prova come la condotta da me tenuta nel tempo che gli piace rimembrarmi, era conforme al mio dovere nè più nè meno.» »Voi solo, o colonnello, mi gettaste, senza ch'io ne avessi l'idea, in mezzo alle file di tai persone delle quali approvo le massime, non in ogni sua parte il contegno. Quanto al modo onde le vostre azioni si accordano col vostro dovere, è affare vostro, non mio. Non pretenderete per altro che io approvi la sentenza ingiusta che pronunziaste contro di me.» Dette le quali cose, Morton s'accigneva a continuare nel suo cammino, ma nol permise ancora Claverhouse. »Un istante, vi prego! Evandale pretende che veramente io vi debba riparazione di alcuni torti. Confesso che metterò sempre grande differenza fra un uomo d'alto ingegno, sviato, non v'ha dubbio, ma mosso da generosi principj, e fra uno sciame di sciagurati fanatici, raccolti sotto le bandiere di comandanti sitibondi di sangue e lordatisi di assassinj. Se dunque non vi riesce di persuadere costoro a dimettere l'armi, permettete ch'io vi solleciti a ritornarvene al nostro esercito, e ad offerire spartatamente la vostra sommessione. Credetelo; questo spregevole attruppamento non si reggerà contro di noi una sola mezz'ora. Se vi risolvete a tal partito, appena giunto chiedete di me. Monmouth, comunque strano debba sembrarvi il mio dire, non vi potrebbe proteggere, Dalzell nol vorrebbe, ma io ne ho il potere e la volontà, e ho promesso di farlo a lord Evandale.» »Dovrei ringraziamenti a lord Evandale, rispose freddamente Morton, se non mi avesse creduto, come lo scorgo dai vostri detti, capace di abbandonare una causa che ho giurato di sostenere. Quanto a voi, colonnello, se volete concedermi un altro genere di riparazione, egli è probabile che fra due ore mi troviate colla spada alla mano all'estremità del ponte di Bothwell sul Clyde.» »Non avrò a disgrado, accertatevene, questo incontro, rispose Claverhouse, ma aggradirei assai più, che meditaste maturamente la mia prima proposta e che l'accettaste.» Detto ciò, salutandosi a vicenda si separarono. Morton continuò il cammino verso il campo presbiteriano, Claverhouse intese agli apparecchi, che debbono preceder gli assalti. _Fine del tomo secondo._ Nota del Trascrittore Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo senza annotazione minimi errori tipografici. End of Project Gutenberg's I Puritani di Scozia, vol. 2, by Walter Scott *** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK I PURITANI DI SCOZIA, VOL. 2 *** Updated editions will replace the previous one—the old editions will be renamed. Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright law means that no one owns a United States copyright in these works, so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United States without permission and without paying copyright royalties. Special rules, set forth in the General Terms of Use part of this license, apply to copying and distributing Project Gutenberg™ electronic works to protect the PROJECT GUTENBERG™ concept and trademark. 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It exists because of the efforts of hundreds of volunteers and donations from people in all walks of life. Volunteers and financial support to provide volunteers with the assistance they need are critical to reaching Project Gutenberg™’s goals and ensuring that the Project Gutenberg™ collection will remain freely available for generations to come. In 2001, the Project Gutenberg Literary Archive Foundation was created to provide a secure and permanent future for Project Gutenberg™ and future generations. To learn more about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation and how your efforts and donations can help, see Sections 3 and 4 and the Foundation information page at www.gutenberg.org. Section 3. Information about the Project Gutenberg Literary Archive Foundation The Project Gutenberg Literary Archive Foundation is a non-profit 501(c)(3) educational corporation organized under the laws of the state of Mississippi and granted tax exempt status by the Internal Revenue Service. The Foundation’s EIN or federal tax identification number is 64-6221541. Contributions to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation are tax deductible to the full extent permitted by U.S. federal laws and your state’s laws. The Foundation’s business office is located at 809 North 1500 West, Salt Lake City, UT 84116, (801) 596-1887. Email contact links and up to date contact information can be found at the Foundation’s website and official page at www.gutenberg.org/contact Section 4. Information about Donations to the Project Gutenberg Literary Archive Foundation Project Gutenberg™ depends upon and cannot survive without widespread public support and donations to carry out its mission of increasing the number of public domain and licensed works that can be freely distributed in machine-readable form accessible by the widest array of equipment including outdated equipment. Many small donations ($1 to $5,000) are particularly important to maintaining tax exempt status with the IRS. The Foundation is committed to complying with the laws regulating charities and charitable donations in all 50 states of the United States. Compliance requirements are not uniform and it takes a considerable effort, much paperwork and many fees to meet and keep up with these requirements. We do not solicit donations in locations where we have not received written confirmation of compliance. To SEND DONATIONS or determine the status of compliance for any particular state visit www.gutenberg.org/donate. While we cannot and do not solicit contributions from states where we have not met the solicitation requirements, we know of no prohibition against accepting unsolicited donations from donors in such states who approach us with offers to donate. 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