The Project Gutenberg eBook of Mimi Bluette, fiore del mio giardino: romanzo This ebook is for the use of anyone anywhere in the United States and most other parts of the world at no cost and with almost no restrictions whatsoever. You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the Project Gutenberg License included with this ebook or online at www.gutenberg.org. If you are not located in the United States, you will have to check the laws of the country where you are located before using this eBook. Title: Mimi Bluette, fiore del mio giardino: romanzo Author: Guido da Verona Release date: October 7, 2014 [eBook #47074] Language: Italian Credits: Produced by Giovanni Fini, Carlo Traverso and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images generously made available by The Internet Archive) *** START OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK MIMI BLUETTE, FIORE DEL MIO GIARDINO: ROMANZO *** Produced by Giovanni Fini, Carlo Traverso and the Online Distributed Proofreading Team at http://www.pgdp.net (This file was produced from images generously made available by The Internet Archive) Mimi Bluette fiore del mio giardino GUIDO DA VERONA Mimi Bluette fiore del mio giardino ROMANZO SETTIMA EDIZIONE--DAL 111º AL 160º MIGLIAIO R. BEMPORAD & FIGLIO--EDITORI--FIRENZE MCMXX PROPRIETÀ LETTERARIA I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati per tutti i paesi Stab. Tipo-Litogr. FED. SACCHETTI & C.--MILANO--Via Zecca Vecchia, 7 _DELLO STESSO AUTORE:_ L'amore che torna--1908 _Ultima edizione--dal 100º al 150º migliaio_ _Romanzo_ Colei che non si deve amare--1910 _Ultima ediz.--dal 131º al 180º migliaio_ _Romanzo_ La vita comincia domani--1912 _Ultima ediz.--dal 105º al 155º migliaio_ _Romanzo_ Il Cavaliere dello Spirito Santo--1914 _dal 41º al 70º migliaio_ _Storia di una giornata_ La donna che inventò l'amore _Ultima ediz.--dal 96º al 145º migliaio_ _Romanzo_ Mimi Bluette fiore del mio giardino--1916 _Ultima ediz.--dal 111º al 160º migliaio_ _Romanzo_ Il libro del mio sogno errante--1919 _Ultima ediz.--dal 51º al 100º migliaio_ Sciogli la treccia, Maria Maddalena--1920 _Terza ediz,--dal 101º al 150º migliaio_ _Romanzo_ _Le altre opere sono esaurite o fuori commercio e l'A. ne vieta la ristampa._ NOTA DEGLI EDITORI [Illustrazione: DECORAZIONE] Perdette la sua verginità, la prima volta, una sera del mese d'Aprile, per uno di quei tanti casi accidentali che toccano alle vergini, le quali sono per natura destinate a non esserlo più. Quel giorno aveva circa diciott'anni; era bella, fresca, e si voleva bene. Si voleva tanto bene, che non le bastò la forza per impedire ad un altro di volerle bene insieme con lei. Quest'altro fu per avventura uno Studente in medicina, giovine magro e giallognolo, che portava occhiali. Portava inoltre una camicia quasi mai di bucato, con i polsini che sfilacciavano e lo sparato gonfio d'amido male insaldato. Presentava, così al primo vedersi, un aspetto confortevole d'etisia. Gli mancava un dente canino. Preparava la tesi di laurea in istile dannunziano. Quest'uomo, per lei, rappresentò l'amore; la forza irresistibile del primo amore. Nel mese d'Aprile, verso l'ora in cui le stanze dei quarti piani diventano buie guardando la primavera che tramonta sui tetti luminosi delle stupende città, v'è sempre qualche ragazza di diciott'anni che può innamorarsi d'uno studente in medicina. Sua madre non ne fu contenta. Sua madre viveva con la pensione d'un Banchiere stanco; regalava cravatte ad un Maestro di scherma; era nota per avere un bel seno, e, quando incontrava taluno che volesse pagarsi--anche a buon prezzo--il capriccio di verificarlo, non diceva di no. Sua madre aveva una sorella che aiutava le donne al termine del nono mese: qualche volta anche prima. Entrambe le consigliarono di rinverginire. In quei giorni lo Studente in medicina prese la laurea; si fece mettere un canino falso, e partì. Gli amanti si dissero addio sul pianerottolo delle scale, con un piccolo piccolo sorriso, come due persone pulite, fra le quali non fosse accaduto niente. Allora ella pensò dolcemente che sua madre aveva ragione. Si recò dalla Zia Levatrice, a piccoli passi, portando un mazzolino di mughetti nella fresca cintura, coprendosi l'amabile viso con un ombrellino da sole. Il Banchiere stanco allora sentì rinascere, per la figliuola di una tanta madre, l'intiepidito fuoco d'amore della sua passione giubilata. Era un uomo d'oltre cinquant'anni e sapeva che il denaro è la poesia della vita. Emise un vaglia su la propria banca, le fece fare un bel corredo, venne con un brillante in un astuccio, e si prese, con qualche fatica, la seconda sua verginità. Ma i banchieri talvolta fanno male i propri conti. Egli non aveva preso nulla... e la ragazza tornò vergine per la terza volta. Che brava bambina! Quest'ultima volta bisognava darsi ad un conoscitore; bisognava scegliere un uomo che potesse con eleganza, e per tutta la vita, rimanere «il suo primo amante». C'era un Irresistibile. Questo Irresistibile si vestiva, quasi certamente, a Londra. Possedeva non meno di quattrocento cravatte; raccoglieva bastoni, bastoncini, mazzarelle di tutte le specie: portava l'occhialetto e si chiamava Conte. Non faceva nient'altro che fare l'Irresistibile. Tutte le belle cittadine avevano dormito con lui: qualcuna in verità, molte altre in sogno. Le ragazze da marito cercavano un fidanzato che somigliasse all'Iresistibile. Le mondane si davano per niente all'Irresistibile. Le signore attempate, quelle che frequentavano con assiduità l'Istituto di Bellezza, forse avrebbero pagate volentieri le grazie dell'Irresistibile. Ma egli era un uomo illibato; non accettava neanche un soldo. Anzi pagava sempre, con mazzi di fiori, E dava inoltre la propria fotografia. Con dedica. Nel cuore della donna l'Irresistibile sapeva leggere a prima vista. Era così esperto in materia di psicologia femminile, che, al suo cospetto, ammutolivano i più fini conoscitori. Nel proprio inventario contava ogni anno circa una mezza dozzina di vergini. E questo è un buon numero, perchè ai tempi nostri le vergini sono difficili a trovarsi. Ma l'Irresistibile ne trovava, e--pare--con grande facilità. Certa sera, in un teatro, al fianco della sua madre baldanzosa, ella portava con modestia un bell'abito regalatole dal Banchiere. L'Irresistibile, dopo averla saettata con la fiamma del suo terribile occhialetto, si volse agli amici, per dir loro che la biondina di terza fila era indiscutibilmente una magnifica ragazza. Tutti furono d'accordo nel trovarla una magnifica ragazza. L'Irresistibile mandò la fioraia del teatro ad offrirle quel che aveva di più leggiadro nel suo galeotto paniere. Questa fioraia ben sapeva come si porgono mazzi di fiori alle signorine con madre in cerca di marito. Alla fine dello spettacolo, presso l'uscita, l'Irresistibile in cravatta bianca le invitò a cena. La gentildonna dal seno classico dovette naturalmente rispondere:--«Ma le pare?... Non è davvero possibile, gentilissimo signore!» Tuttavia si lasciarono accompagnare sino al portone di casa. E ciò che piacque molto alla vergine fu il saluto che l'Irresistibile fece, descrivendo nell'aria un movimento perfetto con il suo guanto bianco ed il suo cappello a tuba. La saggia madre disse alla vergine, su per le scale: --Con quei tipi, mia cara, bisogna stare attente a non scivolare sopra un canapè. La vergine, in risposta, non disse nulla. Perchè forse quel grande pericolo non le incuteva una soverchia paura. Allora, il primo giorno, fecero una passeggiata sentimentale. Il secondo giorno, in vettura chiusa, ella si lasciò molestare. Il terzo giorno, con molta cipria su la gola, si recò da lui per confessargli ch'era vergine... La sera dell'ultimo giorno, il consumato Irresistibile riuscì a persuadersi, o beata innocenza!... che il fatto era innegabilmente vero;--e per la terza volta le rubò quel fiore che i pedanti chiamano verginità. S'innamorarono. Questa luna di miele tramontò col volgere del secondo mese, quando l'Irresistibile, che aveva in quei tempi un soverchio lavoro, la cedette con molte raccomandazioni ad un amico facoltoso. Ella ne fu certamente un poco triste. Poichè l'amico facoltoso, non saprei quali difetti avesse, ma come uomo proprio non le piaceva. Era un signore logico e serio, meticoloso come una dieresi, tetro di abiti e con la barba ispida. Ond'ella cominciò a fargli mansuetamente le corna con i suoi giovani amici eleganti, scegliendo quelli che sapessero ballare con più grande vertiginosità. Poich'ella sentiva per la danza una passione da vera innamorata e la musica d'un'orchestra le dava quella ebbrezza che il poeta cerca di esprimere nel ritmo della poesia. Sua madre inoltre le consigliava di andare qualchevolta, fra le quattro e le sei del pomeriggio, nelle case di convegno. Questo, perchè l'uomo facoltoso, con barba ispida, era piuttosto avaro. La casa di convegno è l'ultima eredità pagana che forse durerà perpetua nelle città cattolicissime. In esse, per tutte le classi di cittadine, come già fu nei templi di Babilonia e di Efeso, la prostituzione è sacra. La tenitrice, in molti casi, è una brava madre di famiglia, che si confessa parecchie volte all'anno e frequenta i ritrovi della piccola borghesia. Non di rado è più bella che le sue belle clienti; ma non è cosa molto agevole farle commettere peccato. Suo marito è geloso, e quando non c'è il marito, v'è un amante fiero ed energico, il quale sorveglia la sua castità, ma sopra tutto i suoi incassi. La casa di convegno è una scuola di filosofia: là s'impara che la bellezza deve rassegnarsi al piacere del primo venuto, e che, per godere le gioie del mondo, bisogna sempre lasciar l'ideale in portineria. [Illustrazione: DECORAZIONE] Quella bella ragazza, che allo Stato Civile figurava sotto il nome di Cecilia Malespano, un bel giorno, e non per sua colpa, divenne Mimi Bluette. Come c'era un Irresistibile, così c'era un Pittore. Uno di que' pittori che giornalmente stemperano un po' di poltiglia colorata sopra una tela cattolica od ortodossa, e per ciò solo divengon noti, qualche volta celebri. Questo pittore faceva il nudo a maraviglia. Era un maestro del nudo, e lo faceva in un suo modo particolare; tanto particolare, che bisognava nel caso dar torto alla natura, non a lui. Un critico d'arte, fra quelli che vanno per la maggiore, e sono stati anche in Francia, aveva messo in voga il nudo, la tecnica del nudo, la pastosità del nudo, che adoperava questo Pittore. Le famiglie cospicue si pagarono il privilegio di mettere nella propria galleria uno scarabocchio di questo Pittore. Le attrici alla moda--quelle che hanno inventata una maniera trascendentale per esprimere l'interiezione: Ah...--si recavano soavemente nel suo studio e gli tendevan la mano sfiduciata, chiamandolo: Maestro... Le Americane, ragazze intraprendenti, noleggiavan transatlantici apposta e riempivano le stive con sacchi di dollari per venire a farsi mettere in cornice da lui. Con le ragazze Americane faceva il seminudo. Questo Pittore parlava bene di Raffaele Sanzio da Urbino. Portava un cappello così eccentrico da non potersi confondere con alcuno, e prendeva il bagno, una domenica sì, l'altra no, nella celebre vasca di marmo del suo celeberrimo appartamento. Questa vasca da bagno era fatta nientemeno che a somiglianza d'una cassa da morto. L'appartamento conteneva parecchie altre maraviglie di questo genere. Il Pittore si teneva in casa una trentenne arruffata, ch'era gelosa come una Eumenide, ma che gli amministrava un purgante con farmaceutica gioia tutte le volte che gli eccessi alcoolici gli sopprimevano l'appetito. Il Pittore cercava modelle nei saloni patrizi, nelle case di tolleranza e nelle bottiglierie. Questo era il solo criterio giusto che governasse la sua pittura. Per l'Esposizione di Venezia egli stava preparando un certo quadro, molto più complicato de' soliti e più grande a vero dire, poichè misurava non meno di due metri per tre. Gli occorreva un certo seno speciale, assolutamente inedito, un seno come intendeva lui, per la figura della protagonista. Dopo aver visitato con benevolenza parecchie dozzine di esemplari difettosi, una sera, bevendo il gin, gli fu parlato in confidenza della eccellente struttura che avevano i seni di Cecilia Malespano. Glielo disse un nottambulo assonnacchiato, che succhiava la sua bibita con un colore di febbre gialla, e che, dopo una tale confidenza, gli propose di giocarsi la bibita ai dadi. Il Pittore fece nove. Il nottambulo tre. Perdette. Ma il nottambulo condusse la bella ragazza il giorno appresso nello studio del Pittore, che affettuosamente le consigliò di spogliarsi. Era la più bella creatura nuda che il Pittore avesse ancor mai veduta. Era perfettamente il seno come intendeva lui, quel seno di famiglia della madre Malespano, la quale regalava cravatte su cravatte al suo battagliero Maestro di scherma. Que' seni le sbocciavano dal busto con impetuosa ertezza, lontanandosi l'un dall'altro, con una vasta e calma simmetrìa. Guardavano da tutte le parti, con dolcezza ma con vigore. La spalla tonda li portava, turgidi e limpidi, come due maravigliosi grappoli d'uva. Il Pittore si degnò concludere:--Va molto bene, mia cara piccina... E siccome, dopo aver guardato il seno, si accorse che più giù e più su, di faccia e da tergo, si andava di bene in meglio, questo Pittore scrupoloso rifece tutta la figura principale, bestemmiando come un facchino perchè Cecilia non istava mai ferma. Oltre il prezzo di modella, per qualcosa ch'egli si volle accordare inoltre, le diede un bellissimo anello, che forse valeva poco, ma in compenso era molto originale. Pare avesse appartenuto nientemeno che ad un Papa del Seicento. I pittori, nel dare un titolo ai propri quadri, talora incontrano quelle medesime difficoltà che mettono in gravi angustie le ballerine, le attrici e le divette, allorché stanno per scegliere un suggestivo nome da teatro. Il quadro doveva chiamarsi: «Lo Specchio della Felicità»--oppure: «La felicità di guardarsi nello specchio»--oppure, semplicemente: «Lo specchio». Ma il Pittore leggeva per buona ventura tutte le novelle appassionanti che si pubblican nei giornali ebdomadari e quotidiani. Così la sua mente leonardesca tentava di abbracciare il movimento letterario contemporaneo. In una di queste novelle, a protagonista parigina, egli trovò per avventura questo bel nome azzurro: Mimi Bluette. Il nome gli piacque tanto, che, detto fatto, l'appiccicò sul quadro. All'apertura dell'Esposizione, la ragazza ed il Pittore si recarono a Venezia. Non saprei dire se ricevette più elogi questi o più visite quella, ma il fatto sicuro è il seguente: che tutti volevano Mimi Bluette. Mimi Bluette non era Caterina Seconda, e poteva tutt'al più ricevere due volte al giorno, serbando il decoro necessario per non subire troppe rimostranze dal morigerato Segretario dell'albergo. Alle rimostranze trovò rimedio, lasciandosi cadere nelle braccia del sullodato Segretario, ch'era un bel giovine, poliglotta, il quale piaceva molto alle malinconiche forestiere. Ma, quanto all'affluenza, non trovò che una via d'uscita: far salire strepitosamente il conteso prezzo de' suoi baci. Questa risoluzione, che pare tanto semplice, non venne in mente alla dolce Bluette. Era una brava ragazza, poco interessata, piena d'anima nascosta e di nascosta poesia. Non aveva in sè che un unico amore: la danza, non viveva che per un grande sogno: lasciarsi portar via dalla musica, diventare un giorno ballerina. Chi le dette questo consiglio fu per avventura un certo bellimbusto elegante, il quale proteggeva le ragazze inesperte nei casi difficili della vita loro. Mimi Bluette era una stordita. Non diede retta, se non in parte, ai buoni consigli di questo Protettore. Alla chiusura dell'Esposizione di Venezia ella possedeva tuttavia molti bauli pieni d'abiti costosi, molte cappelliere piene di franceserie stravaganti e fiorite, qualche gioiello ragguardevole, nonchè un bel gruzzolo, che doveva bastarle a compiere gli studi per divenir ballerina. Ma il Protettore non la perdeva d'occhio, e si permise un giorno di somministrarle due schiaffi stupefacenti, perchè, dopo essere stata sua più di una volta, quella sera, con il pretesto dell'emicrania, gli disse di no. Erano i primi due schiaffi che Bluette riceveva da un uomo; la cosa le fece più maraviglia che dolore. Poi eran dati bene, senza preamboli, prima col palmo, poi col rovescio della mano, tanto ch'ella vide ben due volte rifulgere il prisma del brillante che il Protettore portava in dito. Non seppe cosa rispondergli, povera Mimi Bluette.... ma si avvide, come per miracolo, che l'emicrania era passata. Si guardò nello specchio, si mise molta cipria su le guance arrossate, poi dolcemente cominciò a slacciarsi la camicetta. Solo, quando fu in letto, vicino a lui, scoppiò in un dirotto pianto. Il Protettore si commosse. Aveva i bei capelli neri che gli cadevano su la faccia oscura. Spiegò a Bluette che le voleva bene, ch'era geloso di lei, anzi la preferiva senza paragone a tutte l'altre donne della sua vita. Forse, in quel momento, non mentiva. Incominciò a baciarla, ma in quel modo particolare che solo intendono i maschi avvezzi a tutte le donne, i maschi avvezzi ad essere amati dalle donne. Bluette apriva gli occhi lucenti sotto le grandi lacrime; lo guardava traverso il biondo vapore de' suoi capelli arruffati. Sentiva di essere stata battuta, e questo le dava una passiva ebbrezza fisica, un dolore di novità quasi riconoscente. Non voleva essere donna, per quell'amante bello e temibile; ma si coricava, si coricava sempre più, con un turbamento insolito, sotto quella bocca forte. Egli le prese il piacere nel pianto;--ed infatti ella piangeva di piacere. Divenne curiosa di lui, come una ragazza che legga un libro d'amore proibito. Si accorse della sua bellezza virile, che prima non aveva quasi neanche osservata, e con gli occhi fermi ascoltava il suono della sua voce ambigua, osservava il riso de' suoi bianchissimi denti. Era lì, con lei, disteso come un cattivo leopardo vicino ad una piccola preda; con lei sola, nella notte inoltrata; sentiva ch'era uomo forse da ucciderla,--e questo le piaceva. Le piaceva molto una specie di obliquità che, nel riso, prendevano i suoi occhi, neri come perle nere; le piaceva molto la robusta magrezza del suo corpo flessibile, quel braccio arido che si affondava, premendo i suoi capelli sparsi, nel profondo cuscino. Le parlava con vivacità, con evidenza, d'altre donne ch'erano state sue, che si erano piegate per lui a molti sacrifizi, che si erano contese, talvolta con acerbe gelosie, con piccole tragedie, il suo capriccioso amore. Le raccontava queste cose pianamente, con una specie di negligente fatuità, saltando con brio di cosa in cosa, da un particolare nell'altro, dal nome di una amante nobile a quello d'una ballerina, tra i molti paesi ov'era stato, fra le avventure più dissimili,--e tutto questo con verità. Bluette si accorse d'improvviso che gli altri maschi erano effeminati al suo confronto, che a lui non si poteva disubbidire, ch'egli solo era un uomo. Non si moveva più; quella voce ambigua l'aveva soggiogata; si raffigurava ed invidiava le donne ch'erano state sue. Non aveva profferito ancora una parola, si era lasciata prendere in silenzio, nascondendo il suo piacere, facendo quasi uno sforzo per chiudere tutte le sue vene a quell'amore troppo forte che l'assaliva... E poi s'era stretta fra le spalle bianche, sotto i capelli biondi, per ascoltarlo mentre parlava. Ma d'un tratto le parve d'essere ubbriaca, di non avere più memoria, le parve d'essere una donna come le altre, innamorata e gelosa di lui... Di colpo gli serrò le braccia intorno al collo, fece un nodo con se stessa, ed in silenzio, con tutte le sue vene, gli promise:--Anch'io... C'è una notte in cui la ragazza galante s'accorge d'essere ancor paurosa ed innocente come la fanciulla ch'esce da un educandato. Il Protettore si chiamava Max. Quest'uomo pieno di esperienza le spiegò che l'Italia è un paese dove le belle donne si sciupano senza trovare adeguata fortuna. Le insegnò allora dieci vocaboli francesi, parlandole con molto buon senso della gaia Repubblica Transalpina. Una sera presero il treno del Sempione. Per iniziarla subito alla galloria, le comprò dal giornalaio della stazione l'ultimo numero del «Frou-Frou». Parigi, per la donna italiana, è come il sogno voluttuoso d'un fumatore di hascisch. Tutte le donne del mondo possono, fino ad un certo segno, diventar Parigine. Tranne la tedesca, donna implasmabile, che dirà sino alla morte:--«Sceu suis un beu amoureuse de fous cet soir...» [Illustrazione: DECORAZIONE] * * * * * Mancavano dodici minuti alla seconda ora del pomeriggio, sul meridiano di Greenwich, quando Max e Bluette discesero sul «quai de la Gare de Lyon». Bluette entrò nella Capitale in un tassametro giallo; al primo quadrivio poco mancò non perdesse la dolce sua vita sotto un camione gigantesco, il quale si muoveva per le strade anguste soffiando e reboando come un ciclopico mammut. Presero alloggio in una vecchia celebre locanda parigina, che si affaccia verso una strada napoleonica, e dove i corridoi sembravano le retroscene d'un teatro di terz'ordine. Ma una cameriera dalla faccia di pomo, come le donne di Picardia, garbatamente le domandò: «A quelle heure faut-il envoyer un artiste pour onduler Madame?» Ella rispose: «Merci, bonjour!»--e si sentì felice come una Parigina. Col naso in aria cercava per tutte le strade la Tour Eiffel. Quando la vide, capì finalmente che Parigi somigliava un poco alle sue cartoline illustrate. Parigi era una città come tutte le altre, un poco più grande, con la Tour Eiffel. Quando Max le fece conoscere la famosa Rue de la Paix, ella si mise a ridere, come se Max volesse farle uno scherzo. Nella Place de l'Opera il Protettore le disse che in quel momento ella si trovava nel centro del mondo. Bluette si guardò intorno stupefatta, con l'aria di chi, stando su l'Equatore, cerchi un segno qualsiasi che lo renda visibile. Ma i boulevards, di sera, le scompigliarono l'immaginazione. D'un tratto le parve d'essere afferrata nel vortice d'un immenso carrosello, e di girare, di girare, sopra un circolo senza fine, tra il carnovale d'una città ubbriaca, sopra veicoli di montagne russe che volassero in mezzo a baldorie di lumi. Guardava le donne, maravigliandosi che da vicino fossero alcune vecchie e brutte, ineleganti e povere; guardava i soldati repubblicani dai calzoni di porpora, pensando alle piume di gallo de' suoi bellissimi bersaglieri. Osservava gli squallidi ronzini delle vetture di piazza ed i grembiuli bianchi dei camerieri da caffè. Si chiedeva per qual ragione illuminassero tutte le strade con trofei di parole incomprensibili, scritte sui muri, sui balconi e sui tetti; da un lato la testa d'un cuoco, dall'altro il pancione d'un adulto che si fa pungere l'umbilico dall'indice d'una modistina; e girandole di fiammelle, proiettori, cinematografi aerei, punti esclamativi, punti d'interrogazione, parole in tutte le lingue: «Maxima Maximum chez Dusausoy--Bouillons Maggi--le Matin sait tout--la Revue de l'Alhambra--Rouli Rouli... Crémieux... Luna Park... habille bien--Le Matin... Michelin... Galeries... Polin... sait tout...» Questa ridda le durò nel cervello per un paio di settimane; poi cominciò a comprendere che in tutto quel disordine v'era un'assoluta coerenza. Quale? Forse la più semplice: quella di essere Parigi. Max in breve le fece conoscere tutte le persone più autorevoli della Capitale: Mimyss d'Houby, «qui avait perdu son gant», ossia che aveva perduto i cinquemila franchi al mese del profumiere Houbigant; Florina-Bey, che aveva credito presso l'Ambasciata Turca; Jennie-Minnie et Lélie, società in accomandita, della quale era gerente un emulo di Max, le vicomte Jean Pinai-Kennedy, che si chiamava Jean Kiki. Poi Boblikoff, ex-domatore d'orsi, che adesso ammaestrava un paio di minorenni; Micaello, creatore di una «valse chaloupée»; Garcia Pois-lourd, o Garcia Poilu, boxeur deluso; Lucien-Lucienne e P'tit-Béguin, maschi a doppio senso. Queste onorate persone andavano a pranzare nel Bar de la Grande Rouquine, donna che aveva un passato. Lì convenivano tutti, da Mimyss a P'tit-Béguin, oltre un buon numero di clubmen amici del forestiere, jokeys di cartello, che avevano qualche finish particolarmente piacevole o per Florina o per Minnie, polledre di razza; bookmakers, ballerini, dandys, nottambuli, disegnatori, spiritisti, compositori di couplets; critici d'arte affiliati alla sifilide; consumatori di gin e di cocaina; adolescenti che parlavano con il senno della cassa da morto; compratori e venditori di gioielli ambigui; spadaccini che facevano il prestanome in tutte le faccende losche; principi del Caucaso e decorazioni del Missisipì; ex-maîtres-d'hôtel, che, smessa l'onorata marsina, campavano con molto garbo su l'industria del forestiere; professori di bigliardo, scacchi, puzzles e pattinaggio; poi tanti rimbecilliti quanti sia possibile trovare, per i quali, durante il pranzo e la cena, lo scorbutico tzigane suona il pezzo favorito. Nel Bar della Grande Rouquine Mimi Bluette imparò molte cose. Prima di tutto imparò qualche frase d'argot. Max le aveva insegnato il «suo» francese; ma pur troppo dovette dimenticarlo. Quando seppe l'argot, Bluette comprese che ognuno di que' bizzarri tipi era coerente con il bisogno di campare la sua vita. Così ella perdette l'idea provinciale che fosse quasi un furto, non il rubare, ma il farsi regalare per forza tutto quello che c'è nel portafogli d'un forestiero ubbriaco; l'idea che Lucien-Lucienne o P'tit-Béguin fossero stomachevoli per quel po' di belletto che si mettevano su le guance, o Jean Kiki un farabutto perchè aveva una sessanta cavalli della marca Jennie-Minnie et Lélie, o la Grande Rouquine una vendicativa e temibile mezzana perchè aveva per amante un Commissario di Polizia. Tutte sciocchezze!... Questa brava gente faceva prosperare il suo piccolo commercio, pagando le tasse al Governo e deridendo lo stupore dei buoni provinciali. La Grande Rouquine, ogniqualvolta poteva parlare con Bluette a quattr'occhi, le diceva con insistenza, mordendo il bocchino della sua lunga sigaretta russa: --Fi!... t'es une gourde! E questo: «Fi!... t'es une gourde!» le sprizzava dalle sottilissime labbra come il fischio velenoso d'una bella vipera. Bluette non sapeva cosa volesse dire «une gourde». Quando glielo spiegarono, guardò in faccia la Grande Rouquine con i suoi occhi attoniti e rotondi. Perchè «une gourde?» --Plaque-le ce macaroni qui fait tant d'esbrouffe! T'es assez bien fichue pour marcher sur tes pattes! Fi!... là! Questo fu il consiglio della Grande Rouquine. La Grande Rouquine era seccatissima di avere tanto seno quanto ne hanno per solito le quindicenni tubercolose. Aveva due cosce così lunghe da parere in piedi sovra due stampelle; una fisionomia di cera con due grandi occhiacci da gatto, verdi; poi quel suo cespuglio di capelli rossi che le ventava intorno alle tempie come un colore di malvagità. Aveva una voce fioca e sonora, bruciacchiata dall'arsura delle sigarette russe. Dicevano che avesse tirato un paio di stilettate in vita sua, come s'infila un ago da calza dentro un gomitolo di lana. Ma la polizia, per riconoscenza, le aveva permesso di aprire il Bar. Limka, violino di spalla dell'orchestrina zingara, il famoso Limka, tzeco delle Batignolles, era suo fratello; cioè figlio di sua madre. Quanto al padre, nè Limka nè la Grande Rouquine nulla sapevano di positivo. Un cugino di Limka faceva il Régisseur a Montmartre. Gli raccomandarono Bluette. Il Régisseur le mise un dito sotto il mento:--Faut achalander, ma poule!... «Achalander? Achalander?» Neanche Max intendeva cosa volesse dire. Garcia-Pois lourd, boxeur deluso, per quanto a sua volta non fosse un aborigeno, diede tuttavia la spiegazione:--«Eh, bon Diô! ça vô dire tirrer les cliannts! Achalandèrr, achalandèrr, quoi!...» Micaello, creatore d'una valse chaloupée, si assunse l'incarico di farne in poche settimane «la premièrre dansôse de la Scalà.» Era un bel ragazzo, agile come una pallottola, con occhi da Saraceno. «Et tou me payeras quand tou auras plous de gallette!... Ze ne suis pas compatriote pour rienn, ze ne suis pas!...» Quando seppe il Cake-walk, la Sailor's-dance, la Chaloupée e tutto il resto, Jennie-Minnie-et Lélie vennero a proporle di fare un numero insieme: Micaello vestito da negro e lor quattro vestite col bianco della loro pelle. Max e Jean Kiki avevano scoperta frattanto un'Americana, ossigenata e robusta, che sfruttavano in società. Il numero di bianco e nero mandò in visibilio quel rispettabile pubblico, e, sebbene le altre avessero più scuola, quella che piacque fu Bluette. Il Régisseur la ficcò nella Rivista, indi la portò a cena. Il Régisseur era un uomo scrupoloso, che pagava lo Sciampagna sei franchi sotto il prezzo della lista e diceva al maggiordomo:--Voyons, Ernest, ne m'embête plus avec ta cousine! Si elle ne parvient pas à relever son gros derrière, qui lui tombe sur les mollets, comment veux-tu que j'en fasse une Commère? Quanto a Bluette, le disse:--Je ne te donne rien, ma petite, mais aussi je ne te demande rien: ce qui est fort gentleman de ma part. Bluette si mise a ridere, passandogli una mano leggera sul cocuzzolo calvo. Soltanto lo pregò di farle portare carta penna e calamaio, perchè voleva scrivere due parole a sua madre. «Cara mammina. Finalmente sono riuscita ad essere «une étoile»; fra poco diventerò quello che a Parigi si chiama «une vedette», il che vorrebbe dire una stella di primissimo ordine. Denari ne avrei molti, se non me li avesse tutti sequestrati regolarmente il mio buon amico Max. Ma non importa, perchè la settimana ventura entrerò ne' miei mobili, come si dice qui; ossia ho trovato un grande industriale che mi mette su casa e mi compera l'automobile. Se hai voglia di venire a Parigi, avvertimi súbito, che ordinerò al tappezziere una bella camera da letto, stile Liberty, ove dormirai bene. Ma, ti prego, non condurmi anche il maestro di scherma, perchè non saprei dove metterlo, e qui ne troverai di molto più eleganti che il tuo. Il grande industriale è uno fra gli uomini più ricchi di Parigi. Ha quarantasette anni; è vedovo; ha due figlie da marito, una vecchia amante in pensione che gli costa un occhio della testa; è ancora un bell'uomo, tutto sbarbato, e pare un Inglese. Questa sera mi ha mandato un filo di perle attorcigliate al manico d'un paniere d'orchidee. Sono a cena col Direttore del mio teatro, un buon diavolo, sempre allegro, che mi protegge e che mi vuol bene. Addio; mammina; ti manda un bacio la tua BLUETTE» [Illustrazione: DECORAZIONE] [Illustrazione: DECORAZIONE] Il filo di perle del Grande Industriale fu la causa definitiva della rottura fra Max e Bluette. In quella settimana di corse tutti i favoriti si facevan battere; non c'era più mezzo d'avere una buona informazione; Max perdeva un patrimonio ed era in debito con Jean Kiki. Voleva impegnare il suo filo di perle, come già le aveva portato via tutto il resto. Accadde fra loro una violenta scena domestica, ed alle tre di notte la videro giungere concitata nel Bar de la Grande Roquine. Tutti le si misero intorno. Bluette cominciò il racconto. Ma era prolissa. --Enfin, ce collier?--diceva la Grande Rouquine, con la sua voce cavernosa e combusta. --Zut!... laisse-moi dire...--fece Bluette. --Laisse-la dire, la Grande!--insistette Boblikoff, ex-domatore d'orsi, con la sua voce di fenomeno da fiera.--Tu vois bien qu'elle les a, ses perles!... Sans quoi elle aurait gueulé comme une bécasse: il m'a volé mes perles!... il m'a volé mes perles, ce grand salaud! --Tais-toi, Koff. Tu m'embêtes!--rispose Bluette.--Je ne suis plus une gourde à l'heure qu'il est! Mes perles, je les avais données a Lélie, pour qu'elle me les garde. --Si tu m'avais choisi moi,--fece Boblikoff--t'aurais pas eu tant de déboires! P'tit-Béguin era seduto quasi in braccio a Dorée d'Arnac, una fra le più belle donne di Parigi, che gli carezzava i capelli brillanti, color del mogano, forse innamorata di lui perchè faceva il suo stesso mestiere. Florina-Bey si bisticciava con un compare di rivista nominato Patrik Audel. Poco dopo entrò Max, torvo e coi denti serrati. Senza guardare nessuno si mise in un angolo, coi due gomiti su la tavola. Bluette gli andò vicino, con l'intenzione visibile di riaccendere la lite. Gli altri la seguirono, e stando l'uno dietro la spalla dell'altro, si tenevano pronti ad assumere le difese di Bluette. --Eh bien, je te dis, moi, que tu peux faire ton sac et décamper quand tu voudras!--gli espose Bluette con le mani sui fianchi.--Voilà quinze mois que tu m'exploites, et je n'ai rien dit parce que je suis douce... Gli occhi obliqui di Max la fissarono con un cattivo riso. Poi squadrò velocemente le fisionomie dei presenti, ma dovette accorgersi che gli erano ostili. --Oui, douce... et tout le monde peut le dire! Mais j'en ai plein le dos, mon bellâtre! Va-t-en chez ta momie américaine! Si elle a du goût pour toi, qu'elle se le passe! Quant à moi, je te dis: La barbe! et lorsque Bluette a dit: La barbe...--zut, mon p'tit, c'est pour toujours! --Mordieu, ce qu'elle a raison, la tourterelle!--bassoprofondò Boblikoff. --Penses-tu?--fece Max, cattivo come una cerasta. E balzato in piedi, afferrò Bluette per un braccio, additando l'uscio:--Vas-y tout droit, et rentre! Bluette cercò di sciogliersi dalla sua stretta conficcandogli nel polso l'unghie minute. Allora Max le misurò un tal manrovescio, che l'avrebbe di certo coricata per terra se non fossero intervenute al buon momento le immense braccia di Boblikoff. Successe un tramestìo. Le donne parteggiavano per Bluette, ma gli uomini erano in parte impacciati a schierarsi contro Max, per ragioni di principio. La Grande Rouquine, senza lasciar cadere la sigaretta, gridava con la sua voce cauterizzata: --Eh, toi, sale matamore! voix-tu me foutr' 'l camp d'ici, ou bien je siffle afin qu'on t' coffre! Bluette piangeva contro la spalla di Boblikoff; Limka, battendo l'archetto sulla cassa del violino, si faceva in quattro per riuscire a metter pace. «Voyons, Messieurs, Dames, un peu de silence!» E sperando che la musica potesse giovare, attaccava il tango malinconico della «_Noche de Garufa_». Del tutto inutile anche «_La Noche de Garufa_»! Max, torcendo fra le sue dita ruvide un polso di Bluette, non dava più ascolto a nessuno. Bluette, appesa con l'altra mano al collo di Boblikoff, si lasciava tirare quel braccio come il cordone d'un campanello. --Sauve-moi Koff....--pregava Bluette sottovoce. --Mince! laisse-la, je te dis!--ruggì Boblikoff, diventando bianco. --Fous-moi la paix, cosaque!--bestemmiò Max. Allora, col braccio sinistro, Boblikoff sollevò leggermente il peso di Bluette, e simile ad un gigante che volesse mettere in salvo la sua bambina, se la collocò dietro le spalle, per modo che ora le stava davanti come un baluardo. Quasi contemporaneamente, col braccio destro, lanciò innanzi un tal pugno, che il corpo di Max, piegato in due, sfondò tutta la siepe delle persone che gli stavano a ridosso e andò a ruzzolare contro il paravento che nascondeva l'ingresso del bar. Rimase per terra qualche minuto, e pareva morto. Fra un silenzio quasi tragico la Grande Roquine gli andò presso, e con la punta del piede lo toccava per tentare di farlo muovere. Max per l'appunto si mosse. In un baleno cavò dalla tasca una piccola rivoltella, e, sollevato sopra un gomito, sparò due colpi contro Boblikoff. Il gigante non ebbe che il tempo di chiudersi la testa fra le braccia, poi si buttò avanti con un movimento che pareva quello d'un uomo colpito. Non lo era; e si rovesciò su Max come una catastrofe di carne. Chissà quale via scelsero quelle due palle, ma non toccaron nessuno. La prima scalcinò il muro, l'altra si conficcò nella mensola della bottiglieria spaccando solamente una «Vieille Chartreuse». P'tit-Béguin, con un coraggio imprevedibile, si lanciò egli pure addosso a Max, per aiutare Boblikoff nel disarmarlo. Frattanto la Grande Roquine era uscita nella contrada e fischiava con una piccolissima sirena d'oro, che portava in collana frammezzo ad altri ciondoli. Poi tornò dentro. «Tiens-le fort, Bob! Voilà les flics!» «Les flics» erano già sull'uscio, e questa volta il vederli diede a tutti un lungo respiro di sollievo. Max non poteva stare in piedi; gli pareva d'avere lo stomaco fracassato. Quando fu il momento di stendere il processo verbale:--Mais quel procès-verbal!--celiò la Grande Rouquine.--Ce pauvre Max a tellement bu, qu'il va rendre ses intestins! Fichtre!... et ma Vieille Chartreuse? Oh, la, la... c'qu'il est bath quand il est poivre!... S'pas Max, que t'en a bu un coup de trop? Ecoute bien ce que dit la Grande... Quand tu seras degrisé, tu n'auras qu'à répondre au Commissaire:--«Voyons! quelle foutaise!... j'en avais une telle pochetée!... le rigolo est parti tout seul...» E Limka, battendo l'archetto sul violino, piegato su la spalla il suo ceffo da irresistibile roso dal vaiolo, riattaccava, per mettere le cose al posto, il tango malinconico della «_Noche de Garufa_». [Illustrazione: DECORAZIONE] Avenue Kléber, fra la rue Villejust e la rue Boissière, il Grande Industriale, sbarbato e vedovo, la mise ne' suoi mobili. Marthe d'Aussolles, l'amante giubilata del Grande Industriale, stava ella pure ne' suoi mobili, ma dall'altra parte della Senna, e precisamente in rue de Médicis, presso il giardino del Lussemburgo. Quando, fra le due amanti d'un Grande Industriale, scorre almeno un fiume, c'è speranza di vivere in pace. Così fu. Marthe d'Aussolles aveva cominciato la sua vita al Palais de Glace; l'avrebbe finita verisimilmente in rue de Médicis. Lo stabile nel quale dimorava era di sua proprietà. Piccolo ma elegante. Al primo piano abitava lei, al secondo un giudice, al terzo un ufficiale in ritiro. Su la strada v'erano tre negozi, che rendevan bene. Possedeva ugualmente una modesta proprietà in Normandia, suo paese d'origine. Laggiù si chiamava Thérèse Bouguereau, come suo padre. Manteneva, oltre il vecchio Bouguereau, due fratelli, altrettante sorelle, tre zii, cinque nipoti. Nella sua gioventù aveva esercitata la professione di piacere al Grande Industriale; adesso praticava quella di dargli noia. E così erano risolte cinque, più tre, più cinque, oltre ancora la sua propria: in tutto quattordici vite. Mimi Bluette non aveva certo il buon senso di Marthe d'Aussolles, e non pensò all'avvenire. Sebbene a quel tempo il Grande Industriale forse le avrebbe regalato anche la Colonna Vendôme. Per diventare Marthe d'Aussolles occorrono molte generazioni. Bluette, povera piccola bella italiana, forse non era che l'antenata. Si lasciò regalare con molta gioia una «limousine» fosforescente, un mucchio di pellicce siberiane, i costosi modelli di Béchoff-David e di Suzanne Talbot, gli astucci serii di Lacloche e di Cartier. Nulla chiese; trovò che tutto andava bene; fu riconoscente. Marthe d'Aussolles avrebbe chiesto ancora il doppio, avrebbe trovato che tutto andava male, non gli sarebbe stata riconoscente. Bluette invece, con il suo limpido cuore di Transalpina, sperava solo che arrivasse presto la sua mamma, colei dal seno celebre, per farle vedere tutte quelle maraviglie. Fra l'altre cose le avrebbe fatto conoscere Maurice, maître-d'hôtel impeccabile come un diplomatico, poi la sua Linette, cameriera dalle calze di voilé, con le unghie imbrillantate, un grembiule tutto pizzo e linon. Adesso, lungo i boulevards serali, s'incontravano a profusione le scritte luminose:--«La Cigale--Mimi Bluette»;--«Gaumont-Palace--Mimi Bluette dans ses danses». I cinematografi murali proiettavano contro i teloni dei tetti opposti la seminuda bellezza di Mimi Bluette. Micaello era partito con Minnie, rompendo il famoso trio; Bluette aveva ora un danzatore americano, taciturno, sobrio, quasi innamorato di lei, quasi onesto. Si chiamava Jack Morrison. Le aveva detto con semplicità: «Believe me, dear Friend... Micaello balla come un portalettere!» Gli credette. Incominciò di nuovo i suoi corsi di danza, con Jack Morrison, ammaestratore d'oltre-oceano, che le impartì questa volta una perfetta istruzione. Quando seppe finalmente ballare con tutta l'anima sua d'irresistibile danzatrice, Mimi Bluette si accorse che, imprigionato nelle sue fine caviglie, nascosto in lei come il profumo in un fiore, anch'ella portava un sogno di bellezza, e sentì che il ballo era la sua poesia. La natura l'aveva concepita in un tempo di musica, la sua maniera di muoversi era come una danza innata. Spesso invece danzano quelle che furono concepite in un tempo di stonatura, come scrivono quelli che la natura partorì in un attimo di desolazione. Parigi è grande perchè sa conoscere i valori e perchè rende in gioia la bellezza che riceve. Agli uomini come alle donne, ai santi come alle prostitute. Parigi non ha frontiera: è la basilica del mondo. Forse da noi Mimi Bluette avrebbe servito a far vendere qualche gelato misto e qualche sciroppo d'amarene fra il pubblico dei teatri di varietà, ove si gracchia in tutte le cadenze il perpetuo ritornello napoletano; Parigi ne formò la sua più limpida, la sua più divina danzatrice; le regalò tanto oro quanto ne raggiava dallo splendore de' suoi capelli biondi, le sciorinò sotto i piedi leggeri un bel tappeto di sole, per farla danzare sul palcoscenico della sua grande anima, sul rumore della sua vasta gloria: poichè nessuno può regalare sè stesso con pienezza e con delirio se non trova una gloria su cui mettere i piedi. Prima l'accolsero i suoi cosmopoliti ruffiani: ma dopo la guardò con benevolenza qualcuno dei suoi uomini forse immortali. E bisogna finalmente comprendere che dinanzi alla felicità della vita, una vera danzatrice vale assai meglio d'un accademico poeta. [Illustrazione: DECORAZIONE] --Sì, mamma, come vedi, questa «limousine» è mia, questi brillanti e queste perle sono mie; ma non cominciare a stupirti per così poco, altrimenti non la finiremo più! Erano sul peristilio della stazione. Bluette portava un abito color di primavera. --Allez doucement aux carrefours, Robert,--disse al meccanico.--Et ce bagage, fourrez-le moi quelque part; il encombre. La macchina silenziosa scivolò via, guizzando fra i pericoli della strada come un battello-mosca fra il grosso naviglio della Senna. Vagamente Bluette si ricordava il suo primo ingresso nella Capitale, un certo pomeriggio pien di rumore, che le pareva già distante nel pensiero come la storia della sua prima verginità. Con occhi lontani rivide al medesimo posto quell'enorme campione fragoroso che a momenti la investiva, e rivide Max, l'artefice involontario della sua grande fortuna. Da quel pomeriggio pieno di turbinìo erano passati ormai venticinque mesi... E Max? Dov'era Max? Ripartito, scomparso; forse in prigione, forse in viaggio per il mondo «avec sa momie Américaine...» Al Bar della Grande Rouquine Bluette non andava quasi più. Boblikoff aveva cercato con insistenza di farsi contraccambiare da Bluette l'energica sua protezione. Bluette gli era stata riconoscente, un paio di volte, per delicatezza, ma nulla più. Povero Boblikoff... era così enorme, che, per una donnina come lei, sarebbe stato un vero ingombro! Caterina, la madre dal seno classico, era giunta con l'intenzione di trattenersi a Parigi un mese o poco più. Ma di settimana in settimana la brava donna si sentiva talmente impariginire, che perdette il profilo del Maestro di scherma e scrisse alla sorella levatrice:--Figúrati che la mia piccola Cecilia non vuole assolutamente più lasciarmi ripartire... Questa era una sfrontata bugia, perchè Cecilia-Mimi se ne sarebbe anche liberata volentieri, di quella sua madre importuna, che dopo averla onorata e servita nei primi giorni con lo stupore d'una servetta, ora non si faceva punto scrupolo d'inalberare con arroganza certe arie da padrona di casa che la impensierivano assai. Questa florida e battagliera madre di Cecilia, non rispettava neanche un tantino la sua dolce Bluette. Anzi la criticava.--«Oh, se avessi avuta l'ispirazione di Parigi a' miei tempi!...»--soleva dire. Chissà? L'avrebbero veduta magari Presidentessa della Repubblica. Certo impiegò minor tempo di quanto ne aveva impiegato sua figlia per acclimarsi a quell'aria come se ci fosse nata. Si accorse che a Parigi le donne di quarantaquattro anni riescono facilmente a supporre di averne su per giù trenta. A questa piacevole supposizione contribuisce in gran parte l'«Institut de Beauté», vero Istituto Clinico della magìa moderna, ove i seni flosci e le rughe indelebili si curano a maraviglia con l'auto-suggestione. Siccome la bellezza consiste nella maniera di guardarsi nello specchio, l'uomo ch'ebbe l'idea del primo Institut de Beauté fu senza dubbio un grande ironista. Ma le donne dovrebbero fargli un monumento, e gli uomini pure, perchè, se un'amante s'immagina che può ancora sembrar giovine, per lo più riesce anche ad esserlo. Quello che fecero di Caterina all'Institut de Beauté, non è a dirsi. La convinsero che bisognava tagliare due denti sanissimi, perch'erano un po' scuri, e metterne due di porcellana. Ella ne mise due di porcellana. La mandarono da una bustaia, che le fece un busto, il quale distribuiva il seno, il ventre, i fianchi ed il resto, come un'equazione di primo grado. Ella, in quel busto, ricontemplò le forme che il suo corpo aveva durante il primo viaggio di nozze. Le vendettero una maschera di caucciù, per reprimere il doppio mento. Ella si mise ogni notte la maschera di caucciù. Le consigliarono di farsi mezzo rossa e mezzo bionda. Ella conobbe i miracoli dell'acqua ossigenata e della tintura di henné. Le dissero che poteva benissimo farsi crescere le ciglia e mettere in allenamento la propria pelle con i massaggi più complicati. Ella si lasciò pizzicare, flagellare, manipolare, spalmare, strofinare in tal guisa, che la sua pelle, morbida per tradizione, divenne addirittura quella d'una bambina. E, quanto alle ciglia, le parve che si fossero allungate. Oh, se avesse potuto vederla così rinfrescata il suo calamitoso Maestro di scherma! Quell'agile maestro di scherma, ch'era costato a' suoi risparmi un così gran numero di svolazzanti cravatte! Quell'uomo indimenticabile, tutto punta e a fondo, che turbava i sogni della sua canonica età!... Povera Caterina Malespano, momentanea zitella di quarantaquattro anni, tornata zitella isterica per opera dell'Institut de Beauté!... Bisognava trovare un rimedio. Lo trovò. Sebbene con scandalo di Bluette. Maurice, maître-d'hotel impeccabile come un diplomatico, aveva quasi l'aitanza d'un maestro di scherma; era grigio su le tempie, ma nero e ben pettinato sul cranio diviso da un filo rettilineo. Tutte le sere Maurice le preparava una tazza di camomilla; vecchia abitudine. Una sera la camomilla si raffreddò sul tavolino. Bluette in quel mentre ballava su la scena di Marigny, e, nella sua bianca innocenza, mai avrebbe osato concepire un così grave sospetto. Ma Linette, cameriera dalle calze di voilé, una sera, svestendola, glielo disse con molto garbo: --Madame votre mère souffre-t-elle de douleurs aux reins? --Pourquoi, Linette? --Chaque nuit Maurice est appelé pour lui faire des massages, qui durent parfois très longtemps, Madame... Interrogata il giorno appresso in modo repentino, la semibionda e semirossa Caterina Malespano affermò semplicemente che Maurice era un uomo di buona famiglia,--purtroppo decaduta. E poi, c'era forse un mezzo più gradevole per imparare il francese? * * * * * Certo ve n'era un altro, ma lento e faticoso: quello che il Grande Industriale aveva con dolcezza fatto subire a Bluette. Gli uomini di Francia raccolgono talvolta le loro amanti dalle avventure della strada, ma spesso le abbandonano che già son perfette come vere signore. Per essi è grande sofferenza vivere con una donna la quale manchi di finezza nell'intendere la vita e nel discorrere d'ogni argomento con amabile brìo; e poichè si viene al mondo per ammaestrarsi nell'eleganza del vivere, trovano che l'amore non impedisce di farsi un'educazione. Così le figlie di Montmartre o del Bois de Vincennes giungono a conversare con gli Accademici. L'aria stessa di Parigi è una scuola d'improvvisazione; ma le più diligenti alunne trovano anche il tempo, tra il bagno e l'ora del tè, fra l'ora del tè e quella del teatro, di ascoltare in vestaglia la voce monotona di una vecchia professoressa che ama le caramelle, o d'un laureando provinciale che abita verso il Quartier Latino. Così fece Bluette, che per istinto era di tutto curiosa, intellettiva e docile come una vera donna. Al Grande Industriale dava noia quel suo residuo d'accento transalpino, e più ancora la tranquilla ignoranza ch'ella rivelava in ogni materia dello scibile quotidiano. Era un uomo così persuasivo, che avrebbe indotta una monaca a ballare il tango. Mimi Bluette non sapeva resistere alla dolcezza. E per l'appunto egli fece venire una vecchia lunatica professoressa, la quale amava dare a' suoi discepoli questo bel tema eroico-sentimentale: «Il y avait la guerre en Algérie. Mademoiselle X. était fiancée à un sous-lieutenant des spahis, qui tomba au champ d'honneur. Racontez.... etc.» Era la sua storia. Più tardi le fece impartir lezioni da un giovine laureato incollocabile, erudito squallido e con molta forfora, che aveva la manìa di far strada nella Capitale. Questi le rammentò in modo singolare quello Studente in medicina, che le dette il primo brivido. Fu nel mese d'Aprile, verso l'ora in cui le stanze dei quarti piani diventano buie, guardando la primavera che tramonta sui tetti luminosi delle stupende città. Come quel tempo era lontano!... Bluette rise. Le pareva un sogno. E imparò che il verbo «s'en aller», al soggiuntivo imperfetto, fa: «que je m'en allasse, que nous nous en allassions, que vous vous en allassiez, qu'ils s'en allassent...» E imparò che «Pépin le Bref fonda la dynastie des Carlovingiens...». Lesse Chateaubriand, Renan, etc; il che la fece tornare con molto gaudio alla letteratura dei coniugi Willy. Se non si fosse fatta sorprendere con un certo Hubert Normand, giovine commediografo di molto avvenire, il Grande Industriale l'avrebbe fors'anche sposata. Ma che triste fine per lei, seppellirsi, così bella e così giovine, all'ombra di un vecchio marito... Per lei, povera Bluette, nel suo lieve cuore azzurro, che pesante malinconia!... [Illustrazione: DECORAZIONE] No, certamente non lo amava. Era una sbadataggine della sua dolcezza, una piega naturale della sua curiosità. Il futuro Accademico Hubert Normand era in quell'inverno l'avventura di moda. E siccome Dorée d'Arnac, una fra le più belle donne di Parigi, gli aveva buttate le braccia al collo, una sera, in un cabaret, certamente non v'era una ragione al mondo perchè Mimi Bluette fosse con lui più severa della sua emula ed amica Dorée d'Arnac. Solo preferì che questo non avvenisse in un cabaret. E fu il suo torto. Perchè il Grande Industriale avrebbe forse perdonato più facilmente. Invece non perdonò. Chi le rese il piccolo servizio di farglielo sapere fu colei dell'altra riva, ossia Marthe d'Aussolles, che per gli svaghi del Grande Industriale teneva in serbo, nel focolare di Normandia, una sua fresca parente. In tali circostanze il bravo Jack Morrison le fu di buon consiglio. --S'il vous quitte, Bliouette, ce n'est pas très grave,--disse con la sua calma laconicità, chiamandola come sempre «Bliouette», in grazia dell'accento americano.--Venez à Londres avec moi. Nous danserons à l'Hippodrome. C'est la «Season». --Eh bien, si tu veux, allons-y, mon brave Jack! * * * * * Sette ore di viaggio. La Manica. John Bull che s'innamora e va in delirio davanti alla scena dell'Hippodrome. Nel camerino di Bluette, le pallide rose di Henley, i fiori soavi e calmi della primavera inglese. Vengono, i bellissimi emuli di Lord Brummel, a carezzare con i lor occhi d'innocenti la ballerina di Francia, Mimi Bluette. Jack Morrison fa da interprete. Jack Morrison è un po' geloso. All'americana, con la pipa fra i denti, la bocca serrata. È un andirivieni d'assidui nel suo leggiadro salotto al Carlton Hotel. Un giorno, sopra un vassoio forbito, vi entra il biglietto da visita di Lord G. A. M. F. B.--precede il nome. Il biglietto da visita d'un Inglese qualchevolta sembra un manuale semaforico. Quello di un Tedesco è un diploma universitario. Quello di un Americano del Sud è un tentativo di riconciliazione con la madre patria. Lord G. A. M. F. B.--precede il nome--era un uomo che su tutte le cose aveva il suo punto di vista. Così volle averne uno anche su Mimi Bluette. La quale frattanto aveva imparato a far pagare molto caro i suoi punti di vista. Jack Morrison minacciò di andarsene; e quel giorno, sebbene fosse Americano, aveva le lacrime agli occhi. Ma Bluette era certa che Jack si rassegnerebbe. Così fu. Lord Alfabeto usava una maniera ben diversa da quella del Grande Industriale per fare le stesse cose. Poichè v'era di mezzo la Manica. Non apprezzò affatto la sua cultura, ma insistette con molto garbo su varie sfumature, finchè giunse a persuaderla, per esempio, che le ostriche del Colchester superano di gran lunga tanto les Ostende come les Marennes. Le fece inoltre sapere che gli Americani son forse un popolo rispettabile, ma non parlano affatto l'idioma inglese. Perciò non si fidasse troppo dell'interprete Jack. L'avvertì che il popolo di Londra finge di coricarsi a mezzanotte e mezzo, perchè, dopo quest'ora proibitiva, la legge vuole che il popolo inglese finga di non amare più il gin. E le fece scommettere molte lire sterline sopra cavalli che, in media, vinsero due volte su tre. Lord Alfabeto non era vedovo nè ammogliato; perciò mancava di prole. Si era fatto molto ricco nelle Colonie. Adesso riposava. Cioè, questo Lord in riposo, era d'un'attività sorprendente. Bell'uomo, con una faccia pura e nobile, aveva una sua maniera impassibile di prendere in giro l'universo. Con Mimi Bluette spese un diluvio di sterline, delicatamente, ma la prese in giro. Ella ebbe l'impressione di fare altrettanto. E rimasero buoni amici. Soltanto, quand'ebbe ripassata la Manica, ella si accorse di portare in sè, dall'Inghilterra, una intrusa vita nascente. Non ne fece parola con alcuno e tanto meno con sua madre; rimase tre giorni a letto, credendosi malata. Bluette si domandava con stupore perchè la cosa non le fosse mai capitata prima. La sua maraviglia iniziale si mutò a poco a poco in un singolare spavento. Verso la sera del terzo giorno incominciò a chiedersi di chi poteva essere il figlio. Era stata quattro mesi a Londra. Le parve dapprima che dovesse avere nel grembo un giovine Lord Alfabeto. Poi si ricordò che poteva essere anche un piccolo Jack. Il dubbio le fece quasi piacere. Non era certo innamorata di Jack, ma gli voleva molto bene. Mentre volgeva tra sè questi accorati pensieri, entrò nella camera la bionda Caterina, per chiedere a sua figlia se volesse pranzare. Bluette cacciò la testa sotto il lenzuolo e con irritazione rispose che la pregava di non darle noia. Mandò invece a chiamare il suo bravo laconico Jack. --Assieds-toi là, Jack. Là, voleva dire sul letto, vicino alle sue braccia nude, nel posto vuoto che lasciava il suo corpo sollevato sopra un gomito. I suoi bellissimi capelli mal pettinati si appigliavano alle trine dei due guanciali. Accese una sigaretta e, dopo averne aspirato un paio di boccate, la mise tra le labbra di Jack. La lampadina elettrica saettava un circolo d'oro sui capelli di Jack. Le sue larghe spalle ben modellate sembravano assoggettarsi con fatica al suo costante vizio di tenere le mani in tasca. --Jack: pourquoi ne m'embrasses-tu pas ce soir? Egli la guardò senza rispondere, poi si carezzò la punta del naso, infine riferì: --Berton a dit que, si nous acceptons l'engagement pour Genève, il nous donnera cinquante louis par soirée. --Au diable toi et Berton! Je demande pourquoi ne m'embrasses-tu pas? --Parce que je suis très irrité contre vous, Bliouette. --Est-ce vrai, mon pauvre Jack? Allora gli diede un bacio sovra un occhio e ridendo si rovesciò sui cuscini. Con lui non aveva pudore; l'arruffata sua camicia si apriva come un guscio di castagna, ed appariva di qua, di là, sotto il lieve schermo del lino colore di Bluette, la bella ertezza del seno ereditato. --Tu es un boudeur, Jack! --C'est vous qui êtes méchante, My Blu. --Pourquoi méchante? Jack si volse d'acchito, con uno di que' suoi movimenti agili e deliberati, da ballerino. Si appoggiò sul corpo disteso di Bluette, e leggermente si mise a carezzarle i due seni, con una casta impudicizia, come suol fare chi spartisce una bella criniera. --Avez-vous la fièvre, My Blu? --La fièvre? Mais jamais de la vie! --Est-ce par hasard votre foulure à la cheville qui vous fait mal? --Pas du tout. Voilà mon pied. Lo trasse fuori dalla coltre disordinata, e lo muoveva con agilità, come una piccola mano venata. Egli si volse, prese il piede per la sua liscia incurvatura, e lo teneva nei due palmi come se ne provasse un delicato piacere. --Mais alors, pourquoi êtes-vous couchée? --Viens plus près, Jack... baisse-toi... je dois t'avouer un grand secret, mais tout bas, à l'oreille... Ou bien... ferme la porte d'abord, puis déshabille-toi et viens te coucher dans mon lit. Jack guardò l'orologio: erano le sei e tre quarti. Gli parve che l'ora non fosse adatta; ma rimise l'orologio nel taschino e andò a chiudere la porta. --Deux tours de clé, Jack. Sans ça on peut ouvrir quand même. Tu sais que ma mère est très curieuse. Jack si tolse la giacchetta, cercò dove posarla, ma infine la buttò per terra. Jack era molto contento, ed i suoi occhi brillavano, poichè My Blu non era spesso così gentile con lui. Gl'importava ora pochissimo di conoscere quel segreto misterioso. In genere le confidenze delle donne gli parevan degne d'un interesse molto limitato. --My Blu, je suis en train d'arranger une nouvelle danse. Vous allez voir: des pas extraordinaires! --Vrai? Encore une valse? --Non pas; un Rag-Time. --Oh, un Rag-Time!... Alors je me lève et tu vas me l'apprendre. --Oui, levez-vous, Bliouette. Jack aveva ancora i calzoni, My Blu era in camicia. Mise un paio di scarpette in pelle d'antilope, senza nemmeno infilarsi le calze. Si formò con le trecce un grosso nodo su la nuca. Per terra v'erano gli indumenti di Jack; non tutti: qualcuno era sul letto. Com'egli faceva sempre, per incominciare ad insegnarle una danza nuova, l'abbracciò fortemente, con una dolcissima brutalità. Poi la tenne fra le sue braccia e prese a farla girare. Fischiettava, per segnare il tempo, l'aria di «How do You do, Miss Rag-Time?» Per Mimi Bluette ballare un nuovo ballo era come per certe donne prendersi un amante nuovo. Lo capiva súbito. Di questo Rag-Time impazziva. Lo trovò «foolish and sweet», pazzo e dolce, secondo la definizione di Jack. Come tutte le danze, questo passo andò a finire sul letto. * * * * * --Jack, mon petit...--disse una mezz'ora più tardi My Blu, passando le dita fra i capelli d'oro dell'Americano,--une chose pourtant m'intrigue... Ce gosse, est-il un petit sujet du Président Roosevelt ou bien du Roi d'Angleterre? Y-a-t il en toi ce qu'on appelle la voix du sang? --Question très grave,--rispose Jack. Poi si mise a riflettere. In ultimo affermò:--S'il était de moi, j'en serais bien aise. --Moi aussi. Au fond je préfère. --Comme c'est gentil de votre part, My Blu! --Mais, vois-tu, il n'y a guère de contrôle possible, et je serai toujours hantée par ce doute. --Yes, très grave,--ripetè, per la seconda volta, il laconico Jack. My Blu si fece dare una sigaretta. Ne accendeva quaranta o cinquanta al giorno senza fumarne che un paio di boccate. --Voyons, Jack: penses-tu que je doive le laisser naître? --Ça dépend, My Blu. Si vous acceptez ma proposition oui; autrement pas. --C'est-a-dire? Vous épouser. Jack? --Quite right, My Blu!--egli rispose con una brevità quasi arrabbiata. Bluette lo guardò negli occhi, per un attimo, in silenzio, poi disse: --Je n'en ai pas envie, Jack. L'Americano si strinse nelle spalle. --Très bien. Alors c'est un fils de Lord. --Sans doute... un petit Lord! Mais toi, sois gentil, Jack: lève-toi, prends la plume et écris ce que je vais te dire. Siccome Jack indugiava, lo spinse fuori dal letto. Allora s'intesero le nocche della madre Malespano battere discretamente all'uscio. Bluette s'irritò; le rispose in malo modo: --Mi fai questo santo piacere di lasciarmi stare, che sto imparando un passo di Rag-Time?... La santa donna se ne andò via dolcemente. --Ecris, Jack. Bien ou mal, peu importe; avec ou sans tes prodigieuses fautes d'orthographe, peu importe. Je recopierai la lettre quand même. Ecris: «Cher ami, J'ai quelque chose à vous dire...--Non, efface!--«Cher ami, j'aime autant vous le dire sans trop de détours...» --Doucement, doucement...--pregò Jack, il quale ballava meglio che non scrivesse. --«...détours--deux points, majuscule:--Je suis enceinte de vos oeuvres, et cela interrompt ma carrière, sans compter...» --Pooh! indeed!--bestemmiò Jack, buttando via la penna.--Comment faire, à present que vous ne pourrez plus danser? --On ne dansera pas, c'est très simple,--disse Bluette in modo affabile.--As-tu écrit? --Je n'ai rien écrit, Bliouette. Je change d'avis. Ce gosse, il ne sera ni un danseur ni un Lord. Ce gosse, n'étant pas encore né, il peut très bien... --Chut... Ecris et laisse-moi faire. Jack ripetè: --«...ma carrière, sans compter...» --«...sans compter que, avoir un gosse»--virgule--«pour une femme sans mari»--virgule--«c'est le plus grand malheur qui puisse lui arriver!»--Point d'exclamation! Non: points de suspension.... Non: d'exclamation! Enfin, comme tu voudras. --Je comprends,--disse Jack, mettendo l'uno dopo l'altro tutti quei punti che gli eran ordinati.--Vous désirez que le Lord vous épouse. --Tu es un âne. Jack! Ecris et tais-toi:--«Une fausse-couche me serait impossible, parce que...» Non c'est un peu brutal... Ecris:--«Que faire? Je ne voudrais pas te causer d'ennuis, et je suis pourtant hors de moi-même... Le médecin m'a dit»--virgule--«qu'ayant un défaut dans la matrice»--virgule--«je le porterai bien difficilement jusqu'au bout; mais, qu'essayer n'importe quelle manoeuvre, serait fatal pour moi.» --Quei est le médecin qui a dit ces bêtises? --Tu es un âne, Jack! Il vaut toujours mieux avoir un défaut dans la matrice. --Ah... --Et pourquoi te sers-tu d'un «âh» si ouvert, avec une voix si nasillarde? N'avons-nous pas été à Londres? Il me semble que tu pouvais au moins corriger ton accent transatlantique. Adesso My Blu s'intendeva di pronunzie. Ma Jack alzò le spalle. Ripetè, con il suo francese yankee: --«...serait fetell pour moi.» --Point.--«Tu me connais, chéri, et tu sais très bien qu'à Londres j'ai envoyé promener tous tes amis. Aussitôt rentrée à Paris je devais avoir...»--Points de suspension... «... et rien!» Point d'exclamation!--«Je n'ai pas voulu t'écrire avant d'en être sûre. Enfin, je suis affolée, je ne sais à quoi me résoudre, je ne quitte pas le lit depuis sept jours...» --Trois jours. --La barbe! J'ai dit sept!--«... et si tu ne viens pas de suite, c'est moi qui viendrai à Londres, aussitôt que le médecin me le permettra. Tu es un gentleman, je le sais; et puis, peut être que tu aimes un peu ta pauvre petite Bluette» A présent relis ce que tu as écrit, Jack. Questi ubbidì. Bluette si carezzava il mento. --Relis encore une fois, Jack. Egli ubbidì nuovamente. Allora Bluette buttò per aria i lenzuoli. --En as-tu écrit des bêtises, mon pauvre Jack! Déchire vite ce chef-d'oeuvre et passe-moi la plume. Je vais tout simplement lui envoyer une dépêche. --Pourquoi la déchirer? Cette lettre est excellente. --Encore une fois. Jack, tu es un âne. Le Rag-Time est un affaire, la littérature en est une autre. Donne-moi une feuille de papier et rhabille-toi vite: je vais t'envoyer au Bureau de Télégraphe. L'inventore d'un passò di Rag-Time docilmente ubbidì. [Illustrazione: DECORAZIONE] Ma quando arrivò a Parigi quel puro gentiluomo ch'era Lord Alfabeto, le cose complicate si accomodaron come per incanto. Egli le fece una sontuosa rendita vitalizia, disse con amabilità che i figli sono molto spesso una indimostrabile opinione materna, pregò di dare al nascituro, se fosse un maschio il nome di Patrick, se una femmina quello di Eleanor, poi, con un soprabito quasi giallo, ritraversò la Manica. La Manica è quel canale che impedisce agli Inglesi di essere nevrastenici come i popoli continentali. Ed allora il Forse-Patrick, nel terzo mese d'incubazione, risolse di non venire al mondo. Sparì, per non dar noia a sua madre, con un atto d'abnegazione del quale soltanto fu testimone un giovine allievo di Doyen. Il Forse-Patrick era una creatura splenética, la quale decise di andarsene via dal mondo senza nemmeno darsi la pena di scegliere un sesso, per uggia della vita. E fece bene. Poichè aveva capito che tutto si riduce in fondo a scegliersi un posto nel cimitero. My Blu frattanto era divenuta molto ricca. Possedeva «i suoi mobili», anzi un leggiadro palazzo verso i Campi Elisei, molti gioielli, uno sterminio d'abiti, un tesoro di pizzi antichi e di tutte le maraviglie femminili che producono i gloriosi atelieri di Parigi; possedeva le sue rendite professionali ed infine la rendita vitalizia datale in premio della sua faticosa maternità. Era una piccola creatura felice. Sembrava un'orchidea coltivata in una serra calda; per di più mandava profumo. C'era in lei, cosparsa nelle vene della sua pelle bionda, una luce d'anima che irradiava buon odore. Parigi la Magnifica le aveva regalato un soffio dell'anima sua transitoria e splendente, l'aveva circonfusa con le stelle de' suoi fugaci paradisi. Ve n'eran altre forse più belle, più intelligenti forse di Bluette; ma Bluette era di moda, e la moda è una gloria che non si può esaminare a lume di critica. La moda è la vera potenza che decretano le folle, per un caso plebiscitario, per una specie di curiosità collettiva, che talora, dal nulla, fa scaturire persino l'ingegno. La moda è il caso fortuito che governa il pensiero, l'arte, la bellezza, insomma la vita. Non sempre fu di moda quello che fu grande, ma sempre una certa grandezza brillò e s'avvolse intorno ai capricci di questa universale divinità. Forse lo stesso capolavoro null'altro è che il figurino più espressivo d'una moda oltrepassata, le religioni stesse null'altro sono che una maniera illogica e mutevole di vestire con una stoffa decente la nudità pericolosa dell'anima. E Bluette, che non vagheggiava sogni di conquista, ch'era nata per danzare con poesia e per inflettere le sue dolci reni sotto il peso d'un amante, Bluette che non moveva un dito per guidare la propria sorte, aveva con sè, in modo bizzarro, il favore di quella divinità. Le cose avvennero a grado a grado, con ordine sapiente. Se Bluette l'avesse fatto apposta, non vi sarebbe riuscita mai. Così a Parigi erano senza dubbio in gran numero que' finanzieri di alta maestrìa che tramavano affari loschi ed ammaestravano il denaro ad esiliarsi dalle tasche altrui. Ma ella fu amata proprio da quello, che, oltre a circondarla d'un lusso vanderbildiano, le regalò anche uno scandalo clamoroso, uno di quegli scandali periodici che alla divina Parigi sono necessari come il Gran Prix de Longchamps. Poichè la Corte d'Assisi è il primo teatro della Metropoli ed i giudici della Senna sono artisti non meno ammirevoli dell'ammirevole M.r Le Bargy. In Francia si è riusciti a trovare nel crimine un elemento di utilità sociale. Altri paesi cercano di fare la stessa cosa, ma i loro scandali mancano di saggezza e d'allegria. Così altri paesi cercano di creare Mimi Bluette, ma per essi è fatica perduta. Mimi Bluette è un fiore dell'aria parigina, se pur talvolta vien d'oltralpe o d'oltremare. Il Finanziere dunque rubò, poichè i suoi affari probabilmente non gli consentivano di farne a meno; ma ognuno disse che aveva rubato per alimentare lo sfarzo di Bluette. Un bel giorno ella vide la propria fotografia esposta nelle vetrine fosforescenti, proiettata nei cinematografi, pubblicata nelle riviste e nelle prime pagine dei giornali di Francia. Sciami di giornalisti vennero ad intervistare la famosa My Blu, ed alcuni si dettero anche la pena d'inventarle straordinarie biografie, che il mattino dopo, seduta sul letto, ella si mise a leggere con molto stupore. I giornalisti, al giorno d'oggi, sanno trarre dal nulla biografie così verosimili, che gli stessi protagonisti a poco a poco si convincono d'averle vissute. Dunque Bluette stava tranquillamente aspettando che si trovasse il mezzo di mandarla per qualche mese a vivere nel ben frequentato romitorio di Saint-Lazare; ma i sullodati giudici della Senna preferirono lasciarle portare a piede libero i deliziosi modelli della Rue de la Paix. Libero per così dire, poichè veniva il tempo della gonna con l'impaccio e le donne si vedevano costrette, almeno per le strade, ad aprire le gambe assai meno del necessario. Il Finanziere ladro ebbe la compiacenza di lasciarsi mettere in prigione. Ma poco dopo un Guardasigilli scrupoloso ordinò la revisione del processo, e, come al solito, venne in luce che il poveretto era il più probo cittadino della Repubblica, ed anzi ci aveva perduto del suo. Dopo questa faccenda non era più lecito a Bluette ballare le danze che inventavano gli altri; un Impresario le fece comprendere che a' suoi piedi ora si domandava l'originalità. Era giusto; e Bluette ne convenne. Tanto più che i suoi leggeri piedi non mancavano di facoltà inventiva. Ma ora si dolse di aver lasciato partire, con un broncio rannuvolato ed in compagnia d'una elastica ballerina irlandese, il suo bravo laconico Jack. --Poco male,--pensò l'impresario, persona che avrebbe scritturato anche il Generale dell'Esercito della Salute, con tutta la sua «troupe», se il pubblico ne avesse avuto il desiderio.--Poco male, My Blu. Andremo in cerca d'un altro inventore. Si recò al domicilio d'un Fabbricante di Balli e lo pregò di volergli mostrare quel che aveva in negozio. V'eran balli d'ogni sorta, fatti e su misura. --Su misura,--preferì l'Impresario.--Non solo, ma bisogna poi distruggere il figurino. --Benissimo. Allora portatela qui, che la veda. E le tagliarono addosso cinque o sei balli che le calzavano come guanti. Ma quello che fece risplendere la sua gloria fu l'indimenticabile My Blu. Allora tutta Parigi si mise a ballare il My Blu. Il My Blu era un ballo antichissimo; pare fosse di provenienza caldaica; molti opinavano invece che avesse appartenuto alle antiche civiltà messicane. Furon stampati volumi su questo glorioso My Blu. Il Delegato Apostolico ne informò la Santa Sede. Si disse che verrebbe un'Enciclica «De My Blu». E frattanto se ne tenne un discorso all'Accademia degli Immortali. Bluette si stupiva che i suoi piedi avessero una simile potenza. Vero è che il My Blu si ballava con tutto il corpo e tanto più era efficace quanto più il corpo si mostrava nudo. Per questo particolare, anche la rimbiondita madre Malespano voleva imparare il My Blu. La sera, in camera, ne faceva prove assidue davanti alla specchiera, col maggiordomo impeccabile, Maurice. Questi la torturava con scene di gelosia, perchè la insaziabile madre Malespano frivoleggiava nel contempo con altra gioventù. L'amore d'un maggiordomo è quell'amore che ha il vantaggio d'essere a portata di mano; ma purtroppo manca di lirismo e, col tempo, anche di energia. L'amore dei maestri di scherma è infinitamente più combattivo. Questa bionda madre Malespano era diventata frattanto la donna più pettegola di tutto il vicinato. In casa non dava pace a nessuno; le persone di servizio preferivano andarsene che ubbidire a' suoi capricci. Tranne Linette, cameriera dalle calze di voilé, che, vantando la protezione di Bluette, spesso non tralasciava di risponderle per le rime. Questa Linette aveva un fratello, bel giovine, pieno d'intraprendenza, che si era fatto conoscere nella metropoli vincendo una famosa corsa di motociclette. Ma questa era storia passata. Honoré Messanges, fratello di Linette, con l'andare del tempo aveva cambiato sport. Era diventato nobile di provincia e portava sul biglietto da visita la corona della sua contea. Cioè si faceva chiamare Honoré Messanges, comte d'Olonzac. Quando nessuno provvede a far conte un uomo che ha bisogno di portare uno stemma, è naturale che il povero diavolo faccia uno sforzo per nobilitarsi da sè. Ad ogni modo quest'amabile Honoré Messanges, comte d'Olonzac, se non era nato proprio di lombi gentilizi, certo viveva la medesima vita di quelli che possiedono, fra l'altre dovizie, anche un albero genealogico; e di sembianze, di maniere, d'abitudini, certamente appariva un autentico d'Olonzac. Non era molto alto di statura,--forse un palmo più di Linette--ed aveva come Linette, nei capelli ben spartiti, un'increspatura luccicante. Fino e morbido in tutta la persona, possedeva ne' suoi movimenti quella medesima grazia un po' femminile della procace Linette; ma i suoi occhi nerissimi brillavano invece di una maschilità veemente. Il signore d'Olonzac teneva in mano la fortuna per le corna, come il manubrio della sua famosa motocicletta; e poichè la contea non gli mandava redditi, sapeva trarne senza scrupoli da molti altri canonicati. Egli non guadagnava il pane con il sudore della sua fronte; ma qualche bella donnina sudava certamente per lui. Il signore d'Olonzac si vestiva da un sarto inglese, fumava i grossi «Favoritos» del Principe di Galles, faceva colazione in pigiama nel suo rez-de-chaussée, prendeva il tè all'Hôtel Ritz e pranzava da Paillard. Ogni tanto possedeva un'automobile, ogni tanto la vendeva; per qualche mese aveva un'amante, poi si lasciava rapire da un'altra; in genere tutta la sua vita dipendeva dai capricci e dalle fortune delle sue variabili ammiratrici. Nondimeno sarebbe caduto in gravissimo errore chi lo avesse confuso, per esempio, con un qualsiasi Boblikoff, Max, Jean Kiki. Questi mantenuti e protettori di basso lignaggio non godevano affatto la stima del prossimo; invece il signore d'Olonzac era un elegante ruffiano il quale godeva sino ad un certo punto la stima del prossimo. Ve ne son poi altri, di più elevato grado, i quali, non soltanto godono stima incondizionata, ma sono anzi chiamati a giudicare in questioni d'onorabilità. La vita è senza dubbio il più divertente vaudeville al quale possano assistere gli uomini. Dunque, un bel giorno, il signore d'Olonzac salì per le scale della palazzina ove abitava Mimi Bluette. Sul pianerottolo si allacciò i bottoni de' suoi perfetti guanti color canarino, buttò via la sigaretta e suonò il campanello. Quando Linette venne ad aprirgli, ella portava un grembiulino ch'era tutto una maraviglia di pizzo e di linon. Vedendo una simile cameriera, ogni gentleman di buon gusto si sarebbe senz'altro fermato in anticamera. Ma il signore d'Olonzac, forse perchè faceva quasi buio, varcò il limitare senza guardarla. --Monsieur désire?--fece Linette. --Passez ma carte à Madame,--rispose il conte, porgendo il suo biglietto stemmato fra il pollice e l'indice del suo perfetto guanto color canarino. Fu allora che Linette lo riconobbe: --Mais, voyons, est-ce bien toi, Roré? --Hein?....--fece il conte, squadrandola. Poi riconobbe Linette e si mise a ridere:--Ben, oui, c'est moi. Tout à fait moi, Linette! Oh, là, là, que tu as l'air ahuri! Ben, vrai! moi aussi, vois-tu, ça me paraît drôle! --Et à moi!...--fece Linette. Poi arricciò il suo nasino petulante:--Mais, ce qui m'intrigue, c'est plutôt la raison qui t'amène chez nous. --Chez nous? Tiens, comme tu dis ça! --Chez nous, ça veut dire dans la maison de Madame. Car tu vois bien que je suis établie chez elle. --C'est ce que je ne savais pas. En tout cas, Linette, faut pas souffler mot, hein? --Tu dis? --Qu'il faut faire comme si rien n'était, parce que je suis le comte d'Olonzac et toi tu n'es que Linette. --Tout court? --Mais, pardi! Linette si cacciò le mani nelle due tasche del grembiulino, e si mise a guardarlo con ammirazione. --Pour de l'aplomb, Roré, c'est pas ce qui te manque! --Bien sûr, ma chérie.--- Poi borbottò, in modo abbastanza intelligibile:--Il fallait encore que j'aïe la guigne de rencontrer ma soeur chez My Blu! --Pauvr' p'tit, que tu es à plaindre!... Enfin, voyons: si tu as des vues sur ma patronne, rien à faire ici! --Linette, ma mignonne, voilà bien cinq minutes que tu me fais poser dans l'antichambre! Cela n'arrive pas chaque jour au comte d'Olonzac. Assez causé; passe ma carte à Madame Bluette, je t'en prie. Linette volle ribattere, ma il conte soggiunse con un tono breve: --Sans ça, je raconterai à Madame certaine petite histoire, qui ne te fera pas trop d'honneur. Car tu sais que le pauvre Godineau... Le pauvre Godineau, Michel Anselme, agé de 33 ans, de profession dresseur de chiens savants, era stato il primo fallo di Linette. Ora stava scontando in un reclusorio la sua troppo grande abilità nell'addomesticare i cani, le ragazze, e le serrature altrui. Linette divenne rossa al pensiero del pauvre Godineau. --Alors, tu prétends réellement que je t'introduise chez Madame... --Quant à m'introduire, je verrai ça moi-même,--corresse il conte con molto garbo.--Tu n'as qu'à passer ma carte, comme je t'ai dit. Linette esitava. --Et tu iras au moins voir maman, si je te rends ce petit service?--domandò, con la sua voce piena di filiale rimprovero, la graziosa Linette.--Voilà six mois qu'on ne te revoit plus à la maison. Il Conte d'Olonzac fece una smorfia. --J'irai sans doute... oui, sans doute... un jour que j'aurai le temps!--Poi alzò le spalle:--Ah, mon Dieu, que c'est embêtant, lorsqu'on est le comte d'Olonzac, d'avoir une soeur femme de chambre! --Sale fripouille!--gli rispose Linette, andando via, leggera, col suo biglietto da visita. My Blu in quel momento era molto occupata a studiare un sistema per la roulette, vendutole al prezzo di venticinque luigi da un certo Filipescu, grafologo, spiritista, e professore laureato in non so quale Università rumena. My Blu aveva sul tavolino una piccola roulette e tre o quattro fogli pieni zeppi di cifre complicate. La pallina girava, il sistema guadagnava somme ingentissime, sicchè My Blu era di eccellente umore. --Madame, il y a quelqu'un qui se dit le comte d'Olonzac... Voilà sa carte. E mise il biglietto sul tavolino con un certo disprezzo. --Comment «qui se dit»?... Est-ce la manière d'annoncer quelqu'un? --Ah... je n'en sais rien. Madame! Il m'a l'air d'un... Mais il peut se faire que je me trompe. Si Madame veut, je le ferai passer. --Sans doute que oui, puisque je le connais. --Est-ce que Madame le connait bien, ce comte d'Olonzac? --Mais qu'est ce que cela peut bien te faire, Linette? --A moi?... Rien du tout, Madame! --Et alors? --Alors je vais lui dire que Madame l'attend. Se ne tornò via di malumore, con un passo veloce. Gli andò fin sotto il naso, e recitò: --Madame fait dire a Monsieur le comte d'Olonzac Que Madama attend Monsieur le Comte. --A la bonne heure, ma mignonne! La prochaine fois, je t'en prie, sois plus sommaire!... Ed entrò. Era diventato veramente il signore d'Olonzac. Non c'era più nè un particolare della fisionomia nè una piega dell'abito che ricordasse l'ex corridore di motociclette; parlava persino con una pronunzia squisitamente affettata e sembrava disceso fresco fresco, non dal quarto piano della madre di Linette, ma da una indiscussa pagina dell'Almanacco di Gotha. Soltanto i suoi cattivi bellissimi occhi rimanevano quelli di Roré; e questi, più che tutto, andavano a genio della capricciosa My Blu. Ella si lasciava scherzosamente fare la corte dal signore d'Olonzac e sottomettere dagli occhi di Roré. Sapeva benissimo chi era costui: l'amante di Pinna, l'amante di Léa la Roseraie, l'amante di Fred Chinchilla... Ma ciò che solamente la interessava erano per l'appunto gli occhi di Roré. Il signore d'Olonzac le fece una visita breve, compita, elegante; le diede uno strisciante bacio su la mano quasi azzurra ed uscì dalla sala con il suo passo da gatto. Bluette suonò più volte il campanello per farlo riaccompagnare. Ma l'impeccabile maggiordomo era uscito a far compere per la madre Malespano, e fu Linette che lo ricondusse nell'anticamera. --Si tu ne vas pas chez notr' mère, je te jouerai un sale tour,--gli sibilò, cattiva cattiva. --N'essaye pas, mignonne,--rispose con dolcezza il soddisfatto Roré. Linette vide sparire dietro l'uscio il molteplice riflesso della sua bella tuba. E My Blu pensava:--L'imbécile! Il n'a pas compris que j'étais dans une de mes journées à béguin! Ces hommes-là, Dieu sait ce qu'ils ont dans la caboche! Enfin... essayons toujours cette martingale de Filipescu! E fece correre la pallina,--che diede, in quel frangente, il numero 27. Il numero 27--come tutti sanno--è «rouge, impair et passe». [Illustrazione: DECORAZIONE] Quando Fred Chinchilla seppe che Roré d'Olonzac erasi recato a visitare My Blu, si conficcò nei palmi le piccole unghie rosse come il sangue, digrignò i suoi dentini da martora e disse fra sè, con un gergo esplicito: «Nous allons enfin voir si cette gueuse de Bluette va me souffler ce salaud de Roré!» Fred Chinchilla faceva sapere d'esser nata in Norvegia, ed era venuta di moda un anno che si portava molto la pelliccia del suo nome. Aveva per l'appunto gli occhi cinerini-azzurri, con riflessi di bigio e di piombo come il cincilla, e, per essere in carattere, si faceva pubblicamente mantenere dal proprietario di una grande pellicceria, chevalier de la Légion d'Honneur, ammogliato, divorziato, riammogliato, e con prole. Tutti gli anni, all'avvicinarsi dell'inverno. Fred Chinchilla dava l'aìre alla pelliccia di moda. Quell'anno aveva messa in voga «la fourrure de singe». E nonpertanto rimaneva Fred Chinchilla. Era ben fatta, con un leggero pericolo di pinguedine, i capelli colore di stoppa dorata, le ciglia d'una lunghezza e foltezza esagerate, su gli occhi norvegesi, morbidi come pellicceria. Roré per sei mesi era stato il suo amore. Ma in quel semestre Fred Chinchilla aveva tanto speso, che il ricchissimo pellicciaio fu nondimeno costretto a dirle: «--Ce d'Olonzac, ma chérie, il faudra bientôt le congédier... Il ne se doute pas, le cher comte, que les fourrures se vendent très mal cette année!» E Fred Chinchilla stava per dargli retta, quando Roré, visto che le pellicce andavan male, pensò di avvicinare Mimi Bluette, la quale invece amministrava--per mezzo del suo più forte azionista--una casa di pneumatici venuta in molto favore. Le donne, salvo casi molto rari, non amano l'uomo per sè stesso,--e fin qui hanno forse ragione. Ma lo amano inquantochè un uomo piace o piacque ad un'altra,--e qui senza dubbio hanno torto. Poichè l'errore di una sola produce l'errore di tutte. Ogni donna cerca in primo luogo di soverchiare, nei sensi e nella memoria d'un amante, il prestigio di quelle che l'hanno preceduta. La gelosia, che tanto lusinga l'uomo, è veramente una gelosia d'indole femminile, ossia una questione d'amor proprio fra donna e donna. Roré, quando vinse la famosa corsa di motociclette, trovò probabilmente una incapricciata che gli fece buon viso; da quel giorno l'amore lo portò via su le braccia, e piano piano lo sospinse fino alla soglia di Mimi Bluette. Mimi Bluette gli avrebbe tutt'al più dedicata, come diceva, una delle sue «journées à béguin»; ma capitò frammezzo la gelosia di Fred Chinchilla, e, naturalmente, le cose mutaron piega. Fred Chinchilla si era lasciata prendere per colpa di Léa la Roseraie, questa per colpa di Finna, e Finna perchè Mary Dhjynn, la pazza Mary Dhjynn, si era tirata un colpo di rivoltella, nelle balene del busto, il giorno che Roré non volle più saperne di lei. Così vanno le buone pecorelle l'una dietro l'altra in fila, come diceva sin dal trecento l'inseppellibile Dante, che trova sempre il mezzo per tornare d'attualità. Il signore d'Olonzac si permise frattanto d'inviare ogni giorno alla bella My Blu grandi mazzi e profumatissimi canestri di fiori loquaci; poi la condusse a prendere il tè, poi la condusse a teatro, poi la condusse a cena, ed infine la condusse nell'irresistibile talamo che vide gli amori norvegesi di Fred Chinchilla. My Blu era una donnina di nervi ultrasensibili, che non sapeva troppo resistere al fuoco della tentazione; perciò prendeva con filosofia l'amore di sè stessa e l'altrui. Si lasciava conquidere, per lo più, da un particolare che le andasse a genio; ma dimenticava súbito, con una leggera ombra di malinconia. Era un poco inerte, un poco sbadata, un po' ironica forse, nell'attribuire un senso ed un valore agli avvenimenti che intessevano la sua vita. Non aveva mai cercata la fortuna, e la fortuna si divertiva di lei come d'un trastullo innocente; non aveva mai cercato l'amore, e l'amore le ronzava intorno, continuamente, non serio, non grave, non pericoloso, ma simile quasi ad un rivolo di continuata voluttà. La sua carne bella sentiva la gioia naturalmente, come un rosaio sente la primavera. Poi, subito, la sua memoria se ne scordava... era stato un gran soffio di vento, una rossa nube di polvere, che finiva, moriva, più in là, portandosi via qualche spolvero del suo pólline profumato. Era una donna venduta, eppure non chiedeva mai nulla, non faceva mai un vero calcolo, nemmeno rispetto a quegli amanti cui non si dava per piacere. La ricchezza, lo sperpero, il lusso, eran diventate abitudini giornaliere della sua vita, e qualche uomo s'era puranche rovinato per lei, senza che Bluette nemmeno se ne avvedesse. Non poteva più desiderare cosa alcuna la quale non costasse un prezzo irragionevole; ma v'era sempre chi pagava per lei, purchè si degnasse far vedere i conti a qualche suo ricco innamorato. Possedeva tesori nel suo piccolo palazzo, e molto spesso non ricordava nemmeno con esattezza i nomi di quelli che avevano gareggiato nel darle prova di amore e di munificenza. Un vecchio amministratore, M. Bollot, rimastole più fedele dell'amante che glielo aveva messo in carica, veniva ogni fin di mese a pagarle i redditi e spiegarle quale nuovo impiego di capitale fosse utile fare. M. Bollot beveva regolarmente due bicchierini di Kümmel, le carezzava i capelli biondi con il buon sorriso d'un vecchio papà, riponeva gli scartafacci nella sua logora cartella di cuoio, e, mezzo curvo per il mal di reni, le diceva prima d'andarsene: --Alors, ma chère enfant, si vous avez besoin de moi, vous savez où j'habite: rue Taibout 47, au deuxième. Il n'y a pas d'ascenseur. E se n'andava, mettendosi all'occhiello un fiore dei vasi di Bluette. Se non avesse avuta fortuna, questa bella ragazza, certo sarebbe stato molto facile per lei capitare nelle mani d'un furfante, che l'avrebbe di nuovo ridotta sul lastrico, senza lasciarle nemmeno comprendere, povera Bluette, quel che significa un'amministrazione. Ma invece M. Bollot era di sana pianta un galantuomo; vigilava su questo patrimonio come se fosse roba sua propria, ed era capace di bisticciarsi un paio d'ore, con la sua cocciutaggine da vecchio reumatizzato, per aumentare d'un magro scudo il capitale di Bluette. Ed a Bluette tutti volevano bene; questa era la sua fortuna. C'era in lei qualcosa che pareva dire alla gente: «Io son nata per far piacere a chi mi guarda». Parlare con lei, o vederla vivere, significava provare una di quelle sensazioni primaverili che soltanto i bei fiori e le belle creature dànno. La sua voce, il sorriso che aveva in tutta la persona, i colori che portava nella sua materia, la semplice grazia che metteva ne' suoi movimenti, e non so quale profonda ma dolce sensualità, profusa, intessuta in ogni spazio della sua vita, e quel suo carattere di fanciulla, che pareva trasparire dalla sua gioventù come il color del sole da un limpido bicchiere d'acqua, tutto insomma di lei era composto in guisa che ogni creatura, nello starle accanto, provava una freschissima gioia. Aveva camminato fra il vizio, ed era il vizio, ma pareva che nulla di tutto ciò le fosse giunto sino al cuore. Molti uomini erano passati nella sua giovinezza, e forse non aveva amato ancor nessuno. Max l'aveva stordita; gli altri le avevan dato appena qualche torbida e complicata ora di piacere; soltanto il bravo Jack, l'inventore d'un passo di Rag-Time, era stato per lei qualcosa più d'un amante: quasi un piccolo, sbadato, inconscio e ridicolo amore. Povero Jack Morrison! Ella si ricordava ogni tanto ch'era stato buono con lei, ch'era stato per lei una specie di burbero e dolce fratello, che si era talvolta rasciugata in fretta una lacrima col rovescio della manica, ed infine che nessun altro danzatore sapeva ballare come Jack!... Adesso ne conservava qualche ritratto sparso per la casa, ed uno in camera, sopra una mensola, dov'erano sempre alcuni ramoscelli di freschi fiori. Qualchevolta, nell'andarsi a coricare, gli diceva come per ischerzo:--Good night, mon vieil imbécile de Jack!... Era stato il solo che le avesse voluto bene per lei sola, e quasi le pareva che anche di là dal mare, traverso l'infinita solitudine, quel ballerino biondo le mandasse un profumo di poesia. Dunque il signore d'Olonzac la condusse nel talamo di Fred Chinchilla, ed usò maniere tanto affettuose, che Bluette, ripensando alla sua fama orribile, si convinse che il gagliardo e bel signore doveva essere, per ragion d'invidia, un uomo terribilmente calunniato. --Vois-tu,--ella dichiarò a Linette, sua confidente,--ce d'Olonzac il me plaît, parce que c'est un homme qui connaît les femmes. Avec lui on est bien vite à son aise... Linette le teneva il broncio. Quella sera non volle, come invece usava di consueto, darle consigli nè chiederle schiarimenti. Ma poichè Bluette insisteva, enunziò nondimeno il suo parere: --A moi, Madame, il m'est antipathique. --Fichtre! t'es pas facile, toi! Que'est-ce que tu lui trouves d'antipathique? --Tout et rien, Madame. Ce n'est pas mon type... voilà tout! Et puis je vous dis, Madame, qu'il a une tête dont il faudrait se méfier. Bluette si mise a ridere. Stavano entrambe davanti alla specchiera. Bluette seduta, menare Linette la pettinava. --Il a tes yeux et ton front, Linette. Je découvre, en te regardant dans la glace, que tu lui ressembles d'une façon frappante... Aïe! diable! mais tu m'arraches les cheveux!... Linette si fece rossa come una educanda, e, per nascondere il viso avvampato, lasciò cadere a bella posta un gran mazzo di forcine. [Illustrazione: DECORAZIONE] Allora, in un giorno di corse, Fred Chinchilla ebbe la ventura d'incontrarsi viso a viso con Mimi Bluette. Si dissero dapprima un mucchio di cortesie, lodandosi la foggia dell'abito, il modello del cappellino, e passeggiarono un poco insieme, poichè, sebben rivali, sapevano di figurare molto bene accanto. Finalmente si accordarono per scommettere sul medesimo cavallo. Ma dopo aver discussa con minuzia la monta, il peso, le condizioni del terreno, quando suonò il buttasella, Fred Chinchilla disse di punto in bianco: --Pourtant je ne te fais pas mes compliments, Bluette! --Quoi donc, Fred? --Tu sais bien que j'ai fait de gros sacrifices pour cet homme, et toi... --Quel homme? --Mais Roré, voyons! --Ah, Roré, Roré... Bien, vois-tu, moi, il m'indiffère.... --Ce n'est pas ce qu'on raconte, ni ce qu'«il» raconte! --Plaît-il? --Je dis que Roré te promène un peu partout, en disant qu'il a dû céder à tes avances. Bluette si appoggiò su l'ombrellino, con tanta nervosità che quasi lo spezzava. --Tu ne vas pas me faire croire ces balivernes!... S'il y a quelqu'un qui me débine, ma chère, ce quelqu'un c'est précisément toi! --Moi, Bluette? --Oui, je te dis. Mais puisque l'occasion se présente, il faut t'avouer, Fred, que «moi» je ne lui ai point fait d'avances, parce que je n'ai pas l'habitude, «moi», de ces gros sacrifices dont tu parles.... Et puis... zut! Bien le bonjour, Fred. Girò sui talloni, e, per farle rabbia, se ne andò in cerca di Roré. In quel momento il signore d'Olonzac le stava osservando ambedue con il canocchiale, ma di lontano. E compiaciutosi di quella separazione un po' brusca, si volse a discutere d'elezioni con la moglie liberalissima di un deputato clericale. Allora, come tutte le donne che devono prendere una grave risoluzione, Fred Chinchilla si recò al lavatoio, per mettersi, davanti allo specchio, un po' di rosso ai labbri e di fina cipria su le guance. Accomodò anche l'appinzatura di cinque o sei spilli, e frattanto la matrona del luogo, una gioviale femmina panciuta, le confidò sottovoce: --Aujourd'hui, Madame Fred, j'ai un bon tuyau pour la sixième course... --Fiche-moi la paix, Judith! Voilà trente louis que tu me fais perdre avec tes maudits tuyaux! --Nous allons nous rattraper aujourd'hui, Madame Fred! Voyez donc: ces deux écus, je vais les miser moi-même. Faut-il que je sois sûre, hein? --Ton tuyau, je le connais. Tu vas jouer Bib Lalo, parce qu'il y a dessus Head. --Oh, que non, que non, Madame Fred! Bib Lalo, je vous le donne moi-même à cinq contre un, car c'est trop long pour lui, sans compter que Head et Bib Lalo n'ont jamais pu s'entendre. --Ça, tu as raison. Ce Head il me fiche une guigne!... --Et, alors il faut jouer Maid Marian, aussi vrai que je suis dame de propreté. Et si Maid Marian ne vous rapporte pas dix contre un, vous ne me donnerez plus un sou de pourboire, Madame Fred. --Maid Marian? Cette vieille rosse? --Vous allez la voir aujourd'hui la vieille rosse! Bob, l'entraîneur, a joué lui-même cent louis chez le book Cliffton. Enfin, Madame Fred, n'oubliez pas que je vous ai donné Roule-ta-bosse, et maintenant je vous donne Maid Marian... Faites donc à ma guise et vous n'aurez qu'à me dire merci. --Eh bien, Judith, je vais t'écouter une fois de plus. Mais, si tu me fais perdre encore ces dix louis, qui feront quarante, ma foi, je t'ôterai l'envie de me donner des tuyaux! --C'est ça, Madame Fred. --Et si Bib Lalo gagne, je viens t'arracher ta perruque! --Bon, Madame Fred. Vous êtes jolie à ravir aujourd'hui! Est-il de Worth ce joli tailleur? --Pas du tout; il est de Green. Et le chapeau est de Lewis. Quoique les tailleurs, en général, me grossissent un peu... --Oh, quelle idée, Madame Fred! Aimeriez-vous par hasard être un cure-dents stérilisé comme la petite Estelle? Attendez: encore une épingle, et puis ça sera parfait. Allora Fred Chinchilla si mise in cerca d'una persona che le premeva incontrare. Questi era il figlio del Fabbricante di Pneumatici, ossia del ricco e decorato patrono di Mimi Bluette. Non era difficile riconoscerlo anche di lontano, per la sua lunga statura ed il suo profilo aquilino. Da un padre tarchiato e da una madre gallinacea era venuto fuori così, lungo e sparuto, con una costituzione da sanatorio, su due gambe sproporzionate. Mostrava poco ingegno per l'industria del pneumatico, ma era invece un provetto giocatore di «chemin de fer», aveva libero accesso a tutti i palcoscenici, guidava una cento-cavalli, faceva debiti con una serietà da probiviro e si regalava tutte le primizie che venivano a sbocciare negli stabilimenti di Montmartre. --Eh, Victor!--chiamò Fred Chinchilla, tirandolo per la manica, poich'egli stava discorrendo con altri. --C'est vous, Fred? --C'est moi. --Toute en couleur scarabée? --Il paraît que ça porte veine... --Ravissante! --Ecoutez, Victor. J'ai un tuyau des plus sûrs, mais il ne faut pas me demander de qui je le tiens. C'est un secret. --Oh, oh! --Je vous le donne, pour vous remercier des cent louis gagnés dans votre main, avant-hier soir, au Cercle. Et puis, vous savez que je suis bonne camarade. --Je n'en doute pas, Fred,--rispose con amicizia il lungo principe ereditario del caucciù. --Eh bien, voilà. Dans la sixième course pariez sur Maid Marian. Misez tout ce que vous avez dans votre poche. Vous n'aurez qu'à me dire merci. --Maid Marian? Uhm?... Crois pas! --Comme vous voudrez, Victor. Bonjour, Victor. Je suis très pressée. Fece due passi per andarsene, ma tornò indietro e lo riprese per la manica. --Encore un mot, Victor... en toute confiance. Vous savez bien que d'Olonzac, cette fripouille de d'Olonzac, ce fameux cochon pour lequel j'ai eu aussi des faiblesses... --Et alors? --Ma foi, dites à votre père qu'il devient absolument ridicule! --Oh, quant à mon père, vous savez bien que nous sommes brouillés. Mais, ridicule en quoi, s'il vous plaît? --Ah, mon cher, il a beau vendre ses pneus! Si d'Olonzac s'y met... --D'Olonzac?... Mais de quoi s'agit-il? Je n'y comprends goutte! --Vraiment? Oh, alors, excusez-moi... C'est une gaffe! Je vous croyais au courant... --Au courant de quoi? --Mais de la nouvelle dont tout le monde parle... c'est-à-dire que Bluette... --Bluette? Qua-t-elle-fait? Divorce-t-elle d'avec mon père? Mon cher père l'a-t-il enfin plaquée? --Pas encore, mon pauvre Victor! Mais, tant pis! puisque j'ai commencé, faut bien que je finisse. Roré s'est mis avec Bluette. Bluette en est folle. Ce qui fait en somme que votre père entretient Roré... L'elastico principe ereditario del caucciù fece allora un piccolo salto, che lo allontanò d'un paio di metri da Fred Chinchilla. Poi diede principio ad una stura di pittoresche bestemmie. --Oui, mon pauvre Victor!... Il vous chicane à vous, qui êtes son fils légitime, les vingt-cinq louis, tandis que Bluette le ruine et que Roré les ruinera tous les deux! Poi aperse l'ombrellino e andò via dicendogli: --En tout cas n'oubliez pas Maid Marian, puisque c'est de l'argent sûr... [Illustrazione: DECORAZIONE] Roré, sdraiato sopra un divano, con la testa su le ginocchia di Bluette, la pettinatura in disordine per colpa di ciò che avevano poco dianzi compiuto, le stava spiegando con volubilità ch'egli era nato per essere un uomo d'affari. Secondo lui Mimi era male amministrata. Quel vecchio Monsieur Bollot, se non era proprio un ladro, per lo meno era un imbecille. Del resto lui, d'Olonzac, si era preso il gusto di appurare un poco le cose; lui, d'Olonzac, sapeva che il vecchio Bollot, qualche mese innanzi, aveva maritata una nipote facendole una dote di quasi centomila franchi. Ora, siccome il vecchio Bollot, del proprio, non possedeva che una magra pensione governativa ed i suoi piccoli redditi professionali, era evidente che la bellissima dote proveniva dal denaro di Bluette. Non solo; ma lui, d'Olonzac, sapeva che il patrimonio di Bluette rendeva press'a poco un quarto di ciò che avrebbe dovuto rendere, perchè il bravo Monsieur Bollot si divertiva, non avendo nessun controllo, a fare prestiti grossi o piccoli a' suoi propri amici, su ipoteche meno che sicure; anzi arrivava persino ad esercitare l'usura per conto proprio,--come aveva saputo per via d'informazioni secrete, lui stesso, il benemerito signore d'Olonzac... Se Bluette gli avesse data una piccola procura!... due righe, nient'altro che due righe davanti a notaio, lui, d'Olonzac, avrebbe facilmente provveduto a raddoppiarle il reddito in sei mesi, e triplicarlo in séguito; lui, d'Olonzac, che aveva ereditato solo debiti e gravezze dal conte suo padre, adesso aveva un patrimonio fiorente... lui, d'Olonzac, era nato con il bernóccolo dell'uomo d'affari. Bluette, un po' stordita per quello che avevano fatto poco dianzi, lì su la vasta e morbida pelliccia d'orso del Canadà, lo ascoltava con un sorriso negligente, senza dargli torto nè ragione, poichè la donna, per istinto, ha sempre una fiducia molto limitata in coloro che maneggiano il suo denaro. Non era del tutto certa che Monsieur Bollot fosse un galantuomo; bensì era schiettamente persuasa che il signore d'Olonzac fosse un piacevole furfante. Piacevole senza dubbio, sopra tutto quand'era coricato su le pellicce d'orso del Canadà. Ma la negligenza di Bluette era compensata invece dall'attenzione di Linette, la quale, come tutte le cameriere di stile, traguardava ed origliava dietro gli usci, senza perdere un gesto nè una sillaba di quelle pomeridiane intimità. Se non facessero così, queste povere cameriere, in qual modo apprenderebbero esse a conoscere, quindi a secondare, il carattere delle bisbettiche loro padrone? Poi entrò anche la madre Malespano. La quale vide per terra la pelliccia scompigliata, e la rimise a posto col piede. Quel giorno portava un bell'abito, color cilestrino, che la faceva sembrare una biondina folle, grazie all'ossigeno dell'Institut del Beauté. La madre Malespano aveva una simpatia svenevole per il signore d'Olonzac; nel respirare davanti a lui gonfiava in modo inverecondo il suo bellissimo seno. Egli non si mosse. Bluette neppure. La bionda Caterina sedette, accavallando le gambe, vicino al loro canapè. Allora si vide ancor meglio che Maurice, maggiordomo impeccabile, non era persona di cattivo gusto. La bionda Caterina dava tutte le ragioni al signore d'Olonzac. Secondo lei era la Provvidenza che mandava in casa loro quel bel giovine per sorvegliare un poco le mene del vecchio Bollot... Ma invece Mimi non poteva tollerare che la bionda Caterina venisse a mettere il becco negli affari suoi. Le urtava un po' i nervi, questa madre scandalosa e pettegola, che ormai non si contentava nemmeno più del maggiordomo, ed aveva incominciato a commettere, proprio lì nel quartiere, un certo numero di spudorate infedeltà. Sicchè, non appena la madre volle darle un consiglio, Bluette la rimbeccò: --Tu, mamma, te l'ho già detto: se vuoi che andiamo d'accordo, non t'immischiare nei fatti miei. --«Ah, bon Diô, bon Diô, quel mauditt caractère!»--rispose la bionda Caterina, con il suo francese adorno di pittoresche licenze lombarde. Roré, cambiando guancia su le ginocchia di Bluette, stese una mano, sorridendo, verso la madre Malespano; e frattanto ripeteva: --Chère amie... très chère amie!... La bionda Caterina prodigò a quelle magre dita una carezza quasi viscida, e tanto si gonfiò, che il suo bellissimo petto più non ridiscendeva. --Tu, mamma,--riprese Bluette--non so davvero perchè ti ostini a rimanere qui. Non sei riuscita nè ad imparare il francese nè a passare una settimana senza far nascere qualche malanno. --«L'écoutez-vous, l'écoutez-vous monsié le conte di Lonzac?... Et dire che ze l'adore comme la prounelle de mes yeux!» --Chère Madame, vous êtes encore trop jolie pour que Bluette vous obéisse!...--rispose con una subdola galanteria il signore d'Olonzac, strizzando l'occhio a Bluette, che sorrise. E la bionda Caterina intanto arrossiva di piacere. --«Que voulez-vous, monsié le conte? N'est pas ma fotte si ze resiste encore un pé!...» --Anzi, mamma, dovresti proprio fare quello che ti ho consigliato io: preparare i tuoi bauli piano piano, mettervi dentro tutto quello che ti abbisogna, e tornartene tranquillamente a casa tua. --Casa mia? Sai bene che non l'ho più. --Voglio dire da tua sorella, per intanto. Poi ti rifaresti una casa nuova, bella, comoda: in città, in campagna, come preferisci. Io ti manderei mese per mese tutto il denaro che possa occorrerti; se vuoi ti manderò anche Maurice, per farti servire a puntino... E questo, vedi, è l'unico mezzo con il quale potremo essere felici tutt'e due. --Figlia ingrata!--esclamò la bionda Caterina, toccandosi un ricciolo delle sue trecce finte. --Perchè ingrata, mamma? Tu verresti a Parigi qualche mese all'anno, durante la primavera, per esempio, ed io ti spedirei per pacco postale tutti quei regali che mi tocca farti quando abiti qui.--Così parlando ella carezzava la bocca e gli occhi di Roré; fumava, distratta, con il capo rovesciato su la spalliera del divano. --Senza contare,--seguitò--che tu, mamma, sei ancora una bella donna, e, se ti annoi, potresti anche riprendere marito. --Certamente non sono vecchia e non son neanche da buttar via...--confessò la madre Malespano, sogguardando il suo bel corpo.--Ma, vedi, sposare un uomo è una faccenda seria, perchè gli uomini al giorno d'oggi, o di riffe o di raffe, quasi tutti cercano di farsi mantenere... Il delicato signore d'Olonzac di nuovo cambiò guancia su le ginocchia di Bluette, e sorrise tranquillamente. --Però, però,--concluse la bionda Caterina--quello che mi consigli non è del tutto stupido, e forse, uno di questi giorni, prenderò la mia risoluzione. --Brava, mammina! E decíditi presto, perchè sai bene che fra un mese deve incominciare la mia tournée. [Illustrazione: DECORAZIONE] Allora, non appena il signor d'Olonzac fu andato via, Linette, che aveva origliato scrupolosamente, prese tutto il suo coraggio a due mani, entrò nella stanza dov'era la sua padrona e si mise a piangere dirottamente, perchè aveva il cuore così gonfio da non poterne più. Bluette dapprima la guardò stupefatta, poi l'afferrò per i due polsi, che Linette si premeva contro la faccia, e commossa non ristava dal chiederle cosa mai fosse capitato. Le lacrime cadevano sul bel grembiule di lino. fitte, veloci, e rotolavano giù come perle. Questa povera Bluette, che aveva un cuore di bambina, vedendola piangere, e non riuscendo a cavarle una parola, quasi quasi provava il bisogno di mettersi a piangere insieme con lei. S'immaginò che le fosse accaduta una disgrazia di famiglia, oppure che avesse un amore infelice, oppure che si fosse trovata incinta, come capita qualchevolta contro tutte le previsioni, o che le avesser rubato i suoi risparmi, o che avesse lasciato prender fuoco a qualche scatola di Valenciennes... Ma davanti a ciascuna sua domanda, Linette scuoteva il capo in silenzio e piangeva sempre più. Allora la fece sedere sul divano, come se la padrona fosse lei, e piano piano le carezzava i capelli. --Dis-moi tout, Linette... N'aie pas peur. Si tu as commis une faute, je te pardonne, et si tu as quelque chagrin, je t'aiderai de tout mon coeur. Linette allora balbettò: --C'est à cause de vous, Madame, que je pleure... --A cause de moi, Linette? --Mais si... parce qu'il fallait vous le dire tout de suite... et ne pas attendre si longtemps... --Me dire quoi, Linette? --Mais oui, mais oui... parce que vous êtes si bonne, Madame, et je vous aime si fort, Madame... tandis que lui il n'est qu'un vaurien quelconque, un gredin quelconque... Oui, Madame! Et mon devoir était de vous le dire avant que vous ne soyez amoureuse de lui... --Mais de qui parles-tu, Linette? --Vous le savez bien. Madame... Je parie de ce faux Comte d'Olonzac, lequel n'est autre chose que... --Que quoi, Linette? --Eh bien, n'est autre chose que mon frère!... Oui Madame! oui, Madame!... mon propre frère, le désespoir de ma vieille maman, un sale type, Madame! Bluette fece due passi indietro, e con un gesto nervoso intrecciò le dita. Linette s'era levata in piedi, ma oscillava come se avesse perduto l'equilibrio. Dopo una pausa, che durò qualche momento, Bluette, con un senso d'improvvisa vergogna, si andò a guardare in uno specchio, e disse: --Ben, vrai! Ce n'est pas mal ce que tu me racontes, Linette! Poi soggiunse, come a sè stessa:--Après tout, s'il est ton frère, ça ne change pas grand' chose... Je savais bien qu'il n'est pas comte... pourtant je le croyais d'Olonzac. --Il n'est pas d'Olonzac, Madame. --Qu'est ce qu'il est donc? --Il est Messanges, comme moi, Honoré Messanges, et pas un brin de plus. Il était mécanicien dans le temps; plus tard ils s'est fait coureur de motocyclettes. Il vit, paraît-il, sur le dos des femmes... --Tiens!...--fece Mimi con simulazione.--Tu le sais pour sûr, Linette? --Mais tout le monde le sait, Madame! Seulement, avec son titre de comte on le gobe, et il se fait recevoir partout. C'est une fine crapule, Madame! Et, d'ailleurs, je vous avais mise sur vos gardes. --Tu m'as dit en effet qu'il n'était pas ton type... Mais cela n'avait pas trop d'importance, puisque, pour le moment, il était le mien. --Voilà le danger. Madame. Et comme j'ai entendu qu'il veut se mêler de vos affaires, coûte que coûte, et même au prix de sa vengeance, je vous l'ait dit, et j'ai cru bien faire. Sans doute Madame ne voudra plus de moi à présent... Bluette si stava incipriando, ma buttò per terra il piumino con un gesto improvviso d'ira. --Ecoute, Linette! Sors d'ici pour le moment. Parce que tu m'as rendue nerveuse, et tu m'embêtes! Je n'aime pas qu'on s'occupe de mes affaires; car je ne suis pas une enfant et je sais à quoi m'en tenir. Ramasse vite la houppe frotte tes yeux, et va-t-en! Quando già Linette era su l'uscio, e stava per andarsene a fronte china, Bluette soggiunse: --Et gare à toi si tu souffles mot à ton frère de ce que tu m'as dit! --Bien, Madame. --Ni à ton frère, ni à personne. --Bien, Madame. --Et si on voit que tu as pleuré, tu diras que tu as des peines de coeur... --Bien, Madame. Era già nel corridoio, quando Bluette la richiamò: --Viens ici, Linette! J'ai tort de te rudoyer; car tu es une brave fille, et je te remercie. Bien que tu aies tort de me croire si sotte. Car, d'Olonzac ou Messanges, ton frère ou non, il en faut dix comme lui pour mettre en danger le coeur de Mimi Bluette! --J'en suis bien aise, Madame. --Je parais écervelée parce que c'est plus commode; je ne le suis pas, je te l'affirme. Linette le prese un braccio nudo e lo baciò con effusione. --Si d'ailleurs le jeune comte a été le bienvenu chez moi, c'est que j'en ai assez du vieux fabricant de pneus!... Mais j'ai trouvé mieux que ça, Linette! Je voulais seulement faire enrager Fred Chinchilla... Et puis, et puis... ça ne te regarde pas, Linette, mais je t'assure qu'il est rudemente bien quand il n'a sur lui ni son veston ni son d'Olonzac!... [Illustrazione: DECORAZIONE] «Mieux-que-ça» era uomo politico, aspirante in pectore ad una futura presidenza della Repubblica. L'ex-avvocato «Mieux-que-ça» era nato in un angolo di provincia, come tutti quelli che riescono a farsi prendere sul serio dalla Capitale. Parigi è terreno di conquista, ove difficilmente incontra fortuna la gente che si fa troppi scrupoli e quella che, per star ferma ne' suoi principii, finisce con mancare d'ogni malleabilità. Quanto a principii, l'ex-avvocato «Mieux-que-ça» non ne aveva manco l'ombra. Quanto a scrupoli, aveva quelli che possono andare d'accordo con la transigenza d'un uomo di spirito. Le cose che fece in trent'anni di carriera furono le seguenti: cambiò partito cinque o sei volte; moglie, due volte sole; amanti, ne cambiò assai. Come segretario, imbrogliò il suo principale, come avvocato, imbrogliò i suoi clienti, come speculatore, i suoi azionisti, come uomo politico, i suoi elettori, come uomo di governo, la Repubblica. Ma la sua grande astuzia fece sì che i varii partiti ai quali appartenne gli mantennero il voto. Le due mogli divorziate lo rimpiansero. Le amanti abbandonate non gli serbarono rancore. Il suo principale divenne suo segretario. I clienti affluirono vieppiù numerosi. Gli azionisti gli versaron nuovi capitali. Le due Camere lo vollero Ministro. La Repubblica gli promise di eleggerlo Presidente. Era un uomo agile, abile, malleabile, che aveva semplicemente saputo compiere la sua strada. * * * * * Ordunque il signore d'Olonzac ebbe la delusione di vedere che Mimi Bluette, nonostante i fatti gravissimi recati a sua conoscenza, manteneva un'assoluta fiducia nell'amministrazione del vecchio Monsieur Bollot. Questo fatto persuase l'accorto signore d'Olonzac a ricercare di bel nuovo le grazie della puntigliosa Fred Chinchilla. Nello stesso tempo il Mercante di Pneumatici, che naturalmente non poteva mettersi a lottare con un Ministro d'Industria e Commercio, ritirò le sue credenziali. Ma, per consolarsi dell'abbandono, fece tappezzare i muri della Capitale con un cartello di pubblicità, nel quale i suoi pneumatici erano fatti preferire al pubblico dal sorriso d'una donna che somigliava spudoratamente a Mimi Bluette. E Linette, cameriera dalle calze di voilé, rimase il domestico angelo guardiano della Ministressa Mimi Bluette. Ormai dunque le si apriva dinanzi ciò che si usa chiamare «un orizzonte politico». Dalle sue piccole mani quasi azzurre poteva essere gettato qualche dado nel bossolo della sorte repubblicana; sui Dipartimenti e su le Colonie aleggiava il profumo della sua nascosta e leggera sovranità. Se avesse avuto quel bernoccolo del governo che rese illustri tante Ninfe Egerie della politica francese, la prodigiosa Mimi Bluette, inventrice del My Blu, avrebbe forse potuto tramandarsi alla storia insieme con l'amante del generale Boulanger, od almeno in compagnia di quell'ammirevole ispiratrice, od aspiratrice, che fu Madame Steinheil. Ma ella di governo ben poco s'intendeva, ed il Ministro non riuscì a svegliare in lei nessun amore per la politica, nè per gli uomini che si contendono il potere. Ella sopportava questa Eccellenza, come aveva sopportato il Mercante di Pneumatici, come aveva sopportato il Grande Industriale, nonchè tutti gli altri che si erano presi cura di lei, studiandosi di fare quel che poteva per il bene del paese; poichè gli affari d'un Ministero dipendono spesso dal modo come Sua Eccellenza il Ministro ha passata la notte. Ora, l'Industria ed il Commercio della Repubblica non poterono che lodarsi di lei. Nella sua qualità di Ministressa ella fu delegata in quei tempi a rappresentare la Repubblica nelle coltri borboniche di un giovine Re Cattolicissimo, che Parigi festeggiava. Più tardi un Granduca nevrastenico disannoiò nelle sue morbide braccia le imperiali malinconie dell'anima slava. E rimase in carica fin quando il Gabinetto fu rovesciato. Poi uscì dalla politica per entrare nell'amore. [Illustrazione: DECORAZIONE] Fu d'inverno, in una bianca sera d'inverno, che all'improvviso, e col suo cuore di vergine, la divina Bluette s'innamorò. Talvolta ella tornava nel Bar della Grande Rouquine, per ritrovare i suoi compagni, le sue compagne d'un tempo, e spesso vi pranzava con grande allegria, nelle sere di libertà, quando non doveva danzare o quando S. E. il Ministro le usava la cortesia di lasciarla in pace. Laggiù, nel piccolo Bar, l'accoglievano come una reginetta, e non appena Bluette vi entrava, tutti quanti erano sossopra. La Grande Rouquine, col suo cespuglio di capelli rossi, con i suoi occhiacci da gatta selvatica, la voce sonora e fioca, bruciacchiata dall'arsura delle sigarette russe, la Grande Rouquine, donna che aveva un passato, era sempre là, dietro il suo banco, a tenere in briglia quella famigerata clientela. Vedendola entrare, scattava su come un pagliaccio a molla da una scatola chiusa, le correva incontro, le dava due terribili baci, serrandola fra le sue braccia di befana. Limka, violino di spalla, tzeco delle Batignolles, attaccava il My Blu. E siccome, in fondo, Bluette non era nata per frequentare Ministri nè per gustar le freddure di qualche socio della Rue Royale, Mimi Bluette, che v'era passata frammezzo, ancora si trovava molto bene fra quelle canaglie simpatiche, fra que' sinceri e briosi farabutti, che forse valevano poco meno di certi gesuiti rispettabili, affiliati a leghe di pubblica moralità. Per lei quel Bar della Grande Rouquine rappresentava uno svago ed in certo senso un riposo dalla sua vita di necessaria commediante, quasi quasi un angolo di antica indimenticata famiglia, ove nondimeno avrebbe trovato un rifugio nell'ora del pericolo, quando per avventura il mutevole giuoco della sorte avesse provveduto a punirla della sua troppo facile prosperità. Quella Grande Rouquine, lunga di cosce, priva di seni, con la fisionomia di cera, le voleva bene a modo suo, chissà mai perchè, ma le voleva bene. Se un giorno per avventura le fosse mancato un luigi, Limka, tzeco delle Batignolles, certamente gliel'avrebbe dato a prestito. Florina-Bey, sebbene si vestisse da una sartina di Billancourt, aveva certo più spirito che Fred Chinchilla, e Boblikoff, il terribile Boblikoff, ex-domatore d'orsi, l'amava pur sempre d'una sua rassegnata umile passione. Lì, nel Bar equivoco ed elegante, ove bazzicavan tanti ladri e tanti sperduti, ove la miseria e la nobiltà bevevano le stesse droghe ne' medesimi bicchieri, dove la prostituzione vecchia e quella non ancora deflorata cenavano su lo stesso tavolino alla musica di My Blu, dove, nelle tarde ore della notte, quando i clienti serii, cioè quelli che pagano, se n'erano andati, Garcia Pois-Lourd, boxeur deluso, si giocava un'orzata al picchetto con l'efebo Jean Kiki, mentre la Grande Rouquine faceva i conti di cassa,--lì, forse, il mondo era peggiore d'apparenza che in verità, mentre molto spesso altrove il mondo è peggiore in verità che d'apparenza. Or quella sera per l'appunto il Ministro erasi recato a rappresentare il Governo della Repubblica in non so quale Dipartimento; le aveva mandato un ultimo bacio per telefono, ed ossequiato, affabile, ammiratissimo, era partito alle 9 precise dalla Gare de Lyon. La sola che non ammirasse quest'uomo era proprio Mimi Bluette. Gli è che Bluette, lo conosceva intimamente. Il Ministro è l'uomo forse meno amato che si conosca su la terra. Non è più giovane, ha sempre un tono declamatorio, certe maniere burocratiche, non è libero, non è spensierato, non può essere geloso, è troppo autorevole per essere considerato un passatempo e troppo in vista per essere temuto. Paga di solito con denari dello Stato e scrive lettere d'amore che sembrano protocolli di cancelleria. Quello poi d'Industria e Commercio è un Ministro che non esercita prestigio alcuno su la donna, perchè il suo dicastero manca di attributi speciosi e di cerimonie teatrali. Di più disadorno che il Ministro d'Industria e Commercio v'è soltanto il Ministro delle Poste e Telegrafi; quello poi di Belle Arti e Culti non si capisce bene cosa faccia. Ma in generale non si capisce bene cosa facciano tutti i Ministri. Ad ogni modo, per le ragioni sopra citate, Mimi Bluette era molto più allegra quando Sua Eccellenza viaggiava per i Dipartimenti; e quella sera, nonostante la neve, pensò di andarsene al Bar della Grande Rouquine. Non volle nemmeno servirsi della propria automobile; fece chiamare invece un tassametro sgangherato, per concedersi meglio l'illusione d'essere ancora una piccola Parigina in libertà. Quando la sorte ci ha sollevati al culmine delle più alte fortune, la perfetta gioia consiste nel ritornare verso l'origine. E poichè siamo assurdi, se la vita per avventura ci riconduce all'umiltà passata, quel bene che fu perduto assume ai nostri occhi un lontano colore di felicità. Bluette, nel veicolo traballante, rivedeva con esattezza il remoto pomeriggio, allorchè, povera e trasognata, giunse nella stupenda Capitale. Si ricordò quella ridda che le apparve sui Grandi Boulevards, la prima sera: «Crémieux.... Luna Park... habille bien... Le Matin... Michelin... Galeries... Polin... sait tout...» E Max? dov'era Max? Forse in galera, forse in giro per il mondo, forse diventato un galantuomo... chissà? Frattanto la neve senza vento cadeva giù fiocco a fiocco, prendendo il colore dei lampioni, la forma delle case, buona, bianca, lieve. Una specie di silenzio candido si avvolgeva intorno al rumore della Capitale. Povere vecchie pedine trottavano sui marciapiedi, sgominate. Il suo piccolo cuore si strinse. Aveva quasi pietà, in quella sera di neve, d'ogni creatura che non fosse tepida, bella, felice come lei. Mimi Bluette!... si chiamava Mimi Bluette!... e pronunziare a se stessa il proprio nome le dava quasi una sottile intima gioia. Traverso i vetri appannati vedeva le case brillare, le strade avventarsi come corridoi di luce nei dedali dei quartieri bui; vedeva le piazze deserte, i cumuli di sedie accatastate con le gambe all'aria su le terrazze dei caffè, i lunghi funerali immobili delle vetture di piazza, i cinematografi, che lanciavan su la neve iridi violette, gli edifici pubblici, solenni e tetri come prigioni, gli spazzaturai simili a file di deportati, che ammucchiavano la neve, i grandi vestiboli dei teatri, pieni di fiamma,--e tutto questo era un po' suo, era un lembo dell'anima sua; chiunque avesse fatto male ad una delle cose che vedeva, in quella bianca sera d'inverno, avrebbe fatto male anche a lei. Nel Bar della Grande Rouquine fu ricevuta come al solito con tripudio e con rumore. P'tit-Béguin, il quale pranzava in tête-à-tête con un forestiero dall'aria di Pascià, si alzò appositamente per venirle a baciare la mano. Questo, anche nel caso di P'tit-Béguin, era certo una galanteria. Jennie-Minnie-et Lélie, che sebbene alquanto invecchiate costituivano sempre un inseparabile trio, le fecero grandi accoglienze, anche nella previsione che Mimi volesse pagar loro la cena. Il bookmaker Cliffton interruppe la lettura del _Paris-Sport_ per mandarle un asciutto complimento inglese, che voleva probabilmente essere un invito. Ma ella si mise all'ultimo tavolino, presso il banco, perchè in tal modo poteva meglio discorrere con la Grande Rouquine. Frattanto Limka suonava il My Blu. Adesso, di My Blu, ve n'eran centinaia; ogni grattacorde, o picchiatasti, cercava di mettere in voga il proprio. Ma Limka, tzeco delle Batignolles, suonava il My Blu classico, il primo, quello ch'era stato creato per la divina Bluette. Quella sera la Grande Rouquine era vestita di verde, d'un verde verdissimo, ed aveva intorno al collo un boa nero, d'un nero nerissimo, che le faceva star bene il volto, freddo come l'elettricità. V'era molta gente quella sera, e la Grande Rouquine governava tutto il servizio con la fiamma de' suoi occhiacci verdi. Ai tempi di Bluette il Bar non aveva che quell'unica sala, e qualche ammezzato ove si giocava d'azzardo; ma ora le sale a pianterreno si erano moltiplicate, sebbene conservassero una disposizione ambigua da labirinto e ci fosse ancora, presso l'entrata, quel famoso paravento contro il quale ruzzolò Max quando ricevette il formidabile pugno di Boblikoff. E c'era il medesimo Boblikoff, che ormai doveva essere divenuto qualcosa nell'amministrazione del locale, pur conservandosi una rispettabile aria da cliente. Buona cucina, belle donne, bei ragazzi, atmosfera di malavita elegante, spaccio clandestino di afrodisiaci e di stupefacenti, ecco forse alcuni fra i mezzi ch'erano serviti alla Grande Rouquine per mettere di moda il suo ritrovo. In primo luogo Mimi ebbe voglia di mangiare certe «moules-marinière», che vide passare fumanti nella zuppiera di terracotta. --Attention! elles sont très lourdes le soir...--l'avvertì amabilmente Sanderini, personaggio in redingote, grande consumatore di paglie Négri-Pipoz, che doveva probabilmente esercitare qualche altro mestiere, oltre quello di passare sei o sette ore, su le ventiquattro, nel Bar della Grande Rouquine. Questo Sanderini era magro come il tifo e luccicante come lo smeriglio, per colpa della sua marsina. La faccia gli rientrava nella bocca, lasciando fuori solamente un naso ridicolo ed un mento che pareva il naso capovolto. Sanderini faceva tutto quello che chicchessia volesse far fare a Sanderini: dal condurre i curiosi a veder i quadri viventi, sino a provvedere mazzi di carte preparate o combinare un'udienza con l'Arcivescovo di Parigi. Se l'invitavano a cena, mangiava molto volentieri; se l'invitavano a bere, beveva più che volentieri; per conto suo l'amabile Sanderini faceva un gran consumo di paglie Négri-Pipoz. Ora, nonostante il suo consiglio, Bluette, ingorda, mangiò «les moules-marinière». Sanderini, seduto sopra uno sgabello, presso il banco, si limitò a provarne cinque o sei. Le trovò salate, perchè aveva lo spirito critico, ed anche perchè, avendo fatto il giro del mondo, in nessuna cosa egli mancava di esperienza. Intanto Boblikoff venne a farle un po' di corte; per lei fece portar su dalla cantina un Barsac memorabile, che andava molto bene con «les moules-marinière». Mimi era distratta. Il Jokey Perry, che insanguinava il piatto con la sua costata fiammeggiante, le dava noia, parlandole con la bocca piena dalla tavola del bookmaker Cliffton. --Tu vas voir,--disse la Grande Rouquine, con la sua voce riarsa,--ils vont foutr' de la Worcester Sauce même dans l'omelette-confitures! Mimi sorrise. Ma Sanderini fece una tal risata che minacciò di precipitare dallo sgabello. Questa risata condusse alla tavola di Bluette anche Florina Bey, che incominciò a raccontare una lunghissima storia, la quale a Mimi non importava niente,--perchè Mimi era distratta. Entrò Lucien-Lucienne, che per affettazione vestiva in abito da mattina, con quella eccentricità particolare dei prostituti. Era ben dipinto, e si mise un po' di cipria sotto il mento, un po' di saliva sui forti sopraccigli; e questo fece senza nascondersi, anzi davanti allo specchio ch'era nel fondo. Poi si avanzò, camminando su le uova, in guisa da parere più dolce che poteva. --Povero Lucien-Lucienne!--pensò Bluette;--è ormai sullo sfiorire. Gli viene un poco di pancia; poi si vede súbito che porta un mezzo parrucchino per nascondere la calvizie... Le colonel Pistafer, clubman di cartapecora, che tutti chiamavano «mon Colonel», pranzava con due minorenni, le quali per ora possedevan solo un braccialetto d'argento per ciascuna e portavano le trecce ancora sciolte su le spalle. Pistafer non avrebbe certo impedito a quelle brave ragazze di restar vergini finchè a loro piacesse; inoltre Pistafer soffriva di vescica, e cinque sei volte almeno durante il pranzo era costretto ad abbandonare la mensa, «per andarsi a lavare le mani», com'egli diceva con molta serietà. Ma súbito Limka, tzeco delle Batignolles, attaccava «le refrain du Colonel», mentre i suoi musicisti cantavano in coro: «Mon Colono, mon Coloni, mon Colonel va faire pipi!» Ryff esponeva i suoi schizzi contro il paravento; Gorgonel improvvisava quartine per un bicchiere di Sciampagna; l'indiana Sit, vestita di serpenti fosforici, danzava la danza dell'oppio; il giornalista Linnée Ledoux, fra una bottiglia di Whisky ed un mucchio di patate fritte, meditava certo il suo ricatto settimanale; Minnie, la più bellina del famoso trio, sperava di sedurre un piccolo tedesco impariginito; Mohammed preparava il caffè turco per una compagnia di belle Americane. La grande Lison, tribade impenitente, nutriva con cibi sostanziosi la sua piccola ed anemica Loulou. Pranzavano insieme, ad un tavolino appartato, mostrando chiaramente che il vecchio Adamo era stato un personaggio inutile nella storia del genere umano. --Cette pauvre Loulou,--disse la Grande Rouquine,--comme elle a l'air vanné! Un jour ou l'autre Lison va lui faire rendre l'âme... --C'est une affaire de goûts, rispose Bluette.--A moi, par exemple, leur vice ne me dit rien. --C'est que vous êtes une vraie femme, vous!--esclamò Sanderini, che frattanto spilluzzicava senz'averne l'aria tutto il pranzo della indulgente Mimi. --Vous croyez, Sanderini, vous croyez?... --Pardi si je le crois! Et je vous en félicite, chère Madame! --Tais-toi, vieille chandelle!--fece la Grande Rouquine. --J'ai mes principes, la Grande! Et je n'aime guère celles qui n'ont pas de goût pour notre sexe. --Est-ce que tu as seulement un sexe, toi?--rimbeccò la Grande Rouquine, con dispregio. --Eh bien, la Grande, je suis toujours là, si jamais le coeur vous en dit! Mimi sorrideva con gli angoli della bocca; ma quella sera Mimi sembrava quasi trasognata, e sebbene sorseggiasse continuamente il suo bicchiere di Sciampagna, non vi trovava nel fondo che una specie di nervosa e distratta irrequietudine. C'era qualcosa che visibilmente le dava noia, le dava turbamento, le dava una specie di malessere o d'inspiegabile perplessità. Finalmente si protese verso il banco della Grande Rouquine per domandarle: --Mais qui est-il donc cet homme, assis en face de moi, près de Cliffton, et qui a une figure si étrange? Dal suo posto la Grande Rouquine non poteva ben vederlo, perchè aveva davanti a sè una colonna di scatole d'Avana; ma levatasi ritta, e veduto l'uomo del quale parlava Bluette, le rispose, anch'ella sottovoce: --Eh bien, c'est quelqu'un, ma foi, qui m'intrigue fort moi-même. Il a réellement une tête extraordinaire! --Est-ce que tu le connais? --Pas du tout. Je le vois par intervalles. Il vient, il dine, il lit les journaux étrangers, ou bien il observe tout ce qui se passe, avec ses yeux de magnétiseur et son air d'égarement qui le rend si agréable. Le maître-d'hôtel m'a dit qu'il s'appelle Castillo. --Un Espagnol? --Que sais-je? Il parle le français comme moi. Il parle d'ailleurs toutes les langues, car, un soir, je l'ai entendu causer avec un Russe, et lorsque Mohammed lui sert son café ils se disent des amabilités en turc. --Il est bel homme, tu sais! --Ma foi... si tu trouves que les hommes gagnent quelque chose à être beaux!... Bluette prese un'aria di capriccio, un'aria quasi timida, quasi furtiva, un'aria di bambina, e sottovoce disse alla Grande Rouquine: --J'aimerais bien le connaître! Si vede che l'illustre Sanderini possedeva un udito finissimo, perchè rispose con la bocca piena: --Il n'y a rien qui soit impossible, lorsqu'on peut compter au nombre de ses amis le nommé Sanderini, suceur de pailles. --Mouche-toi, vieille bronchite!--lo insolentì la Grande Rouquine. Ma Bluette si mostrò confusa, come se le tornasse negli occhi tutto il pudore di una dimenticata e quasi lontana castità. Bevve un lungo sorso, poi rispose all'amabile Sanderini: --Quel vilain homme vous êtes! Rien ne vous empêcherait de me rendre même ridicule! Et puis, j'ai dit cela pour rire, Sanderini... Je vous en prie, n'en faites rien. --C'est entendu, c'est entendu! Mais quoi? Vous laisserez donc rentrer à la cuisine, presque intacte, une pareille gélinotte, si dodue et si blanche? Ce serait une grave indélicatesse! --Permettez-moi de vous en servir une aile, cher Sanderini. --J'en goûterai, par gourmandise et par complaisance, car mon estomac est tout détraqué. Demain matin, d'ailleurs, je me purge. --Très bien, cher ami, En attendant versez-moi du Champagne. Car, voyez-vous, j'ai envie de devenir très gaie... très gaie!... Mais, où est allée Florina? --Florina doit jouer son numéro tout à l'heure. Elle est allée se déguiser en femme nue. Un costume qui lui sied très bien, parce qu'elle est bien faite. Ma quei discorsi di Sanderini la interessavan molto poco; e l'onest'uomo comprese ch'era meglio rispettare la sua distrazione. Mimi allora fece una cosa molto leggiadra. Quello straniero la guardava ed ella guardava quello straniero. In un momento che nessuno la vide, alzò il bicchiere di Sciampagna, il bicchiere che brillava come un fiore di cristallo fra le sue minuscole dita,--e questa fu la cosa molto leggiadra ch'ella fece per quello straniero: gli mandò, prima un sorriso, poi si portò il bicchiere vicino alla bocca, rovesciò indietro la fronte, chiuse gli occhi, bevve per lui... In quel mentre Florina-Bey stava per cominciare il suo numero. Egli rispose facendo a sua volta la stessa cosa, ma lentamente, naturalmente, senza il più piccolo stupore. Il sorriso nasceva nella sua faccia senza muovere i lineamenti; nasceva ne' suoi fermi occhi, splendenti come l'acciaio delle rivoltelle ossidate. Non era più giovine; doveva esser quasi vicino ai quarant'anni, sebbene la sua pelle abbronzata conservasse un liscio colore di gioventù. Robusto, arido, agile, mostrava un singolare aspetto fra il gentleman ed il cowboy. Qualche riflesso bianco gli correva tra i capelli nerissimi; i baffi aspri, tagliati a filo su l'orlo del labbro, mettevan un segno di ruvidezza nella sua faccia quasi delicata. La divina Bluette provò subitamente la gioia di possedere, nell'anima e nei sensi, un piccolo secreto. Provò quella gioia sottile, irritante, esilarante, quella gioia fresca e pungente come la spuma dello Sciampagna, che ubbriaca l'essere al pari d'un afrodisiaco, allorchè si riceve il primo sorriso d'una creatura che piace. L'amore non è mai altro che una prolungata memoria di questo momento. Allora ella godè perfettamente il piacere di sentirsi bella, di mandar luce da ogni fibra del suo corpo giovine, di contenere in ogni vena, come un dormente brivido, la sua profumata e calda femminilità. Aveva quasi ventisette anni, la divina Bluette, e non si era mai, se non per ischerzo, innamorata. Nel suo profondo essere qualcosa parlò, che fino allora non aveva mai detto parola; e d'un tratto si accorse ch'ella pure avrebbe saputo darsi ad un uomo, ad un amante immaginario, come fino allora la divina Bluette non si era data mai. Lo guardava, soggiogata, un po' confusa, come se in lei fosse ancora un non so che della fanciulla, e provava nel medesimo tempo una sorda irritazione contro sè stessa, una sorda gelosia di quell'uomo ch'era semplicemente uno sconosciuto,--una bella fugace ombra che passava davanti al suo bicchiere di Sciampagna. Tuttavia, s'egli fosse venuto a prenderla, per condurla fuori, ella, senza rispondere, sarebbe andata con lui. Sarebbe andata con lui traverso la neve, per le vie scure della Parigi addormentata, senza parlargli, ma serrando il suo braccio, affondando le scarpine scollate nella soffice neve, nascondendo il mento freddo nel bavero della pelliccia cosparsa di brina. E sarebbe andata con lui, dovunque la conducesse, tacendo, senza guardarlo, come una timida bambina ubbidiente, solo perchè non poteva resistere al piacere di stargli vicino, solo perchè nessun uomo aveva mai saputo farla pensare all'amore come la faceva pensare all'amore la faccia indefinibile di quello sconosciuto... E Sanderini diceva: --Ma foi, la Grande, si Florina avait autant d'esprit qu'elle a de belles fesses, Florina-Bey serait au moins Florina-Pacha! Mais la pauvre n'a jamais su ni faire des dettes ni se les faire payer: ce qui, pour une femme, équivant à manquer sa carrière. --Tu me rases, vieux coquillage!--dichiarò senz'altro la Grande Rouquine, con la sua voce bruciacchiata. E Mimi frattanto sorseggiava il suo bicchiere di Sciampagna, piano piano, con delizia, fissando gli occhi nel calice per osservare il liquido biondo che spariva. Immaginazioni distanti rinascevano con felicità nel suo confuso pensiero; lembi di desiderio, staccatisi da lei come petali da una rosa, tornavano con profumo a ravvolgere le sue vene; pagine d'amore, scorse con voluttuoso ma incredulo piacere, passavano con sembianze di verità nella sua memoria sovraeccitata, e come sotto il potere d'un afrodisiaco sottile, s'immaginava nel suo letto caldo, fra le braccia di quell'amante sconosciuto. Lo guardava con insidia, e quasi temeva, nel guardarlo, ch'egli potesse indovinare il suo recondito pensiero. Ma d'un tratto egli medesimo s'alzò; venne a scegliere un sigaro vicino al banco della Grande Rouquine. Sanderini, amabilmente, gli cedette il suo proprio sgabello e non mancò di attaccare discorso dandogli un buon suggerimento: --Le savant fumeur que je suis, cher Monsieur, me pousse à vous recommander ces grands Corona y Corona,--Claro--dont la feuille est satinée comme la peau voluptueuse des Créoles... Jamais vous ne trouverez de meilleur cigare dans tout Paris. Lorsque j'étais à la Havane... E narrò così belle storie sul paese del sigaro Avana, che lo straniero, per compensarlo, finì con offrirgliene uno. Tutto questo accadeva presso la tavola di Bluette, mentre Bluette, confusa, guardava nel mezzo della sala. Dopo il numero di Florina-Bey, un piccolo negro in marsina rossa ballava suonava e faceva un po' di humour con le doppie suole delle sue scarpe indiavolate. Il piccolo negro scivolava e tamburinava coi piedi su l'assito cosparso di sabbia, facendo acrobazie mirabili, senza mai perdere il tempo. Le belle Americane, diventando irrequiete al suono di quelle musiche nazionali, battevan le mani con entusiasmo e gli lanciavano marenghi d'oro. In quel momento Sanderini diceva: --En effet, Monsieur, je suis d'origine italienne; mais suis né a Chartres et j'ai fait mes études à Genève... --Toi, mon vieux,--interruppe la Grande Rouquine,--tu dois avoir fait tes études à la Nouvelle, car il suffit de te regarder pour comprendre que tu viens du bagne. --Elle a le caractère un peu vif, la Grande...--osservò con dolcezza l'ottimo Sanderini.--En tout cas je suis bel et bien d'origine italienne, ainsi que mon nom l'indique, et licencié en droit, si Madame le veut bien. --Ce qui est certain c'est que tu as passé à travers le Code Pénal comme le fil à travers l'aiguille. Et, quant à l'origine, les fripouilles comme toi n'en ont aucune. Tu es né Sanderini et tu vas crever Sanderini, un de ces jours, je l'espère. --Elle me taquine, cher Monsieur, elle me taquine! Et savez-vous pourquoi? Parce qu'elle a un béguin pour moi, sans doute! La Grande Rouquine si mise a ridere. --Tu en as du toupet, vieille camelote! --En tout cas, Monsieur,--fece Sanderini,--si vous désirez connaître une vraie Italienne de naissance, quoiqu'elle soit aujourd'hui la plus délicieuse de nos Parisiennes, je vais vous présenter à Madame Mimi Bluette, qui aime les gens d'esprit. Ecoutez un instant, Madame Bluette. Je vous présente ce Monsieur, dont le nom est Castillo, et qui, depuis cinq minutes, m'honore de son amitié. Mimi si volse rapidamente, non seppe che rispondere, divenne leggermente rossa e fece un piccolo saluto. Allora l'ottimo Sanderini, dopo esser rimasto accanto a loro quel tanto che gli parve necessario per aiutarli a vincere l'intoppo delle prime conversazioni, pensò che ormai, come premio della sua fatica, poteva certo fare assegnamento sovra un paio di marenghi da estorcere in modo garbato alla generosa Bluette; e, per intanto la sua naturale compiacenza gli suggerì di lasciarli scrupolosamente soli. Questo pensiero ebbe anche la Grande Rouquine, che, senza dir nulla e con l'aria più naturale del mondo, traslocò il suo ufficio di cassiera proprio all'opposto angolo del banco. Frattanto l'ottimo Sanderini andava dappertutto scrutando con occhi di lince, per decidere qual fosse il miglior tavolino sul quale stendere di bel nuovo le sue caute reti. E poichè gli parve che le clienti più munifiche della serata fossero per l'appunto quelle rumorose Americane, fece una buona provvista di paglie Négri-Pipoz, e con il sigaro del bel Castillo fra i denti se ne andò ad occupare un posticino libero, presso la tavola dove s'allineavano in file numerose le vuote bottiglie di Pommery, drapeau Américain. Senza dubbio l'ottimo Sanderini aveva una singolare predilezione per le tavolate allegre, dalle quali volano con facilità i bei marenghi d'oro. Ed allora quei due rimasero lì, vicini e muti, con la bocca su l'orlo del bicchiere di Sciampagna. Qualche volta la solitudine improvvisa diventa una vera fatica, una vera difficoltà. Bluette, per far qualcosa, rigirava intorno al polso, guardandoli con attenzione, i suoi braccialetti pesanti. Castillo, da buon fumatore, osservava con insistenza la cenere del suo Corona y Corona--Claro--eccellente sigaro in verità. E frattanto non le diceva nulla. Bluette, la divina Bluette così piena di spirito, per fare come lui, non trovava neanche una parola. Forse temevano entrambi di potersi dire, per prima cosa, una sciocchezza. Ma Bluette lo guardava. Egli no. Egli era fierissimo, con la fronte china; i fili bianchi de' suoi capelli brillavano fra le ondate nere. Aveva nel dito anulare un solo anello, ch'era uno smeraldo intenso come un brillante verde; al bottone della camicia una piccola perla nera; tra il pollice e l'indice della mano destra una profonda cicatrice, che gli saliva sino alla giuntura del polso. Bluette lo guardava minutamente, come una donna guarda l'uomo che vuol conoscere. Qualcosa d'ambiguo, d'inspiegabile, si muoveva intorno a quella fisionomia, quasi fosse l'atmosfera visibile del suo spirito, il colore della sua nascosta volontà. Finalmente egli disse questa cosa importante: --Je sais qu'on vous appelle My Blu. --En effet on m'appelle My Blu... Oui, Monsieur, on m'appelle My Blu. On m'appelle aussi Bluette, et Mimi Bluette si l'on veut être pédant. Oui, Monsieur! Ce qui est drôle c'est qu'on écrit My Blu et on prononce My Blou... Il y a partout des gens qui ne savent pas la grammaire! --C'est très gentil My Blu... --Vous trouvez? Moi je n'y trouve rien d'extraordinarie. Et vous, comment vous appelle-t-on, si ce n'est pas indiscret? --Est ce que vous me demandez mon «vrai» nom? --Mais... pas du tout! --Eh bien, on m'appelle Hilaire Castillo. --Hilaire? Hilaire?... Mais il y a quelque chose de trop dans ce nom de vieux moine! Tenez: moi, par exemple, j'aimerais mieux vous appeler tout simplement Laire... --J'accepte. --Merci. Et alors versez moi du Champagne monsieur Laire! --Voilà: votre coupe d'abord, la mienne ensuite, et je vais boire à votre santé, My Blu! Parce que vous êtes depuis longtemps la seule femme qui me plaise... Bluette guardò nella spuma del bicchiere; gli occhi le brillarono; v'immerse la bocca, e ridendo si abbandonò all'indietro, contro la spalliera, con una specie di sottile vertigine. --Vous me dites une chose qui me fait extrêmement plaisir... Je ne sais pas qui vous êtes... mais enfin c'est très gentil quand même! Cos'accadeva in lei? Non lo seppe, non lo pensò, non lo volle pensare; ma qualcosa certo accadeva di somigliante all'ebbrezza che dà la musica di una danza nuova, in quelle sere piene di follìa quando la felicità chiusa nell'anima sembra che abbia un sapore su l'orlo dei calici, un trillo su gli archetti dei violini... Ecco: poichè non s'era innamorata mai, era bella di tutta la sua bellezza e sapeva innamorarsi in una sera. Così egli la teneva ravvolta nel suo sguardo immobile, così la sua voce turbata le dava un'impressione di stordimento. Erano due desiderii, null'altro, davanti all'ilarità, null'altro, che manda un bicchiere di Sciampagna; la poesia che c'è nella vita, che c'è nell'amore: musica dei sensi nell'anima, dell'anima nei sensi--null'altro. Ella era passata, quasi come una vergine, fra il piacere di sè stessa e la fatica del piacere altrui; egli veniva chissà mai da qual vita, solo, con gli occhi giovini che splendevano d'un passato buio. L'aveva guardata per la prima volta, così, dal tavolino della sua cena, frammezzo alle chiacchiere di Sanderini ed al cicaleccio di Florina-Bey; l'aveva guardata in silenzio, con i suoi occhi fermi, come si guarda con un piacere quasi lascivo la rosa rorida, gonfia di pólline, che manda profumo.... E d'improvviso a lei era sembrato che un lungo bacio d'amante percorresse la sua viva nudità. In silenzio si era nascosta dietro il velo delle sue lunghe ciglia, quasi per racchiudere in sè stessa, per celare in sè stessa, quell'involontario piacere. Aveva sentito nascere nel suo pudore un'irresistibile voglia d'essere sfacciata. Su l'orlo del bicchiere aveva tentato reprimere la tentazione di parere una femmina. Gli aveva sorriso. Ed ora gli parlava stordita, protesa un poco verso di lui, coinvolta nel suo potere: già sua. Gli parlava senza dirgli nulla, muovendo le parole come gesti della mano che volessero carezzarlo. Similmente, anzi più turbato, forse più irritato, egli parlava con lei. Per dirle cose non ben definite, per chiarire, per nascondere, forse per distruggere tutto quello che sentiva. --Oui, je vous ai vue la première fois au Théâtre Michel; je venais de très loin ce soir-là... Il y avait dans vos mouvements quelque chose que je n'ai jamais pu oublier! Et puis, Bluette, certains soirs, la beauté d'une femme engourdit tout l'être comme une fumée d'opium. Ce soir-là, vous dansiez des danses lascives, ou bien, que sais-je? c'était vous qui étiez lascive... Ma vie est de celles qui n'admettent pas la beauté. J'ai passé à travers mille tempêtes et j'ai vu le soleil se coucher sur tous les océans de la terre... mon coeur est fait pour la distance comme la proue d'un grand voilier... Mais vous aviez quelque chose de si doux pour moi, et vous étiez si belle, si naïvement belle, si fraîche pour mes yeux, que j'ai senti una espèce d'énivrement soudain me pénétrer jusqu'à l'âme... Rien ne pourrait vous expliquer combien ce trouble en moi était absurde! Mais quand vous quittiez la scène, il me semblait que des rideaux noirs étouffaient soudainement la joie dans mon être... Vous avez changé au moins dix costumes ce soir-là, et chacune de vos étoffes me communiquait la joie d'une caresse, m'inspirait une volupté différente... Pour désenchantés que nous soyons, il y a toujours une femme qui peut nous rendre, avec sa beauté, notre première jeunesse. Pour moi, vous étiez cette femme. Vous m'avez plu tellement, que je n'osais pas chercher à vous connaître. Mais, depuis ce soir, vous êtes devenue ma folie... oui, c'est le mot. Bluette.... ma véritable folie!... Ell'ascoltava senza sorridere, un poco smorta, come se tutto ciò le facesse profondamente male. Ascoltava con le mani congiunte, premute su la bocca, fissandolo senza batter ciglio. Lo ascoltava maravigliata e ferma, con l'anima tutta radunata su l'orlo di quel felice stupore. Poi lasciò cadere le due mani, e disse lentamente, con una specie di vertigine: --C'est le premier soir de ma vie où je me sens heureuse d'être belle... E su l'abito scuro che portava, più azzurri che un'alba del mese di Maggio, profumati con un profumo di Coty, le stavano bene, quasi presso la spalla, sotto il rovescio d'un grande collo di zibellino, quei fiori del sole nei campi, quei fiori che andavano sempre insieme con lei, per somigliare quasi al colore de' suoi occhi, al colore della sua fragrante anima... i fiordalisi di Mimi Bluette. Allora, su quelle due mani protese verso lui, traverso la tovaglia che brillava, egli posò leggermente una sua mano, e sentì per tutta la persona il fascio dei nervi contrarsi, con un dolore intenso, pieno di gioia, come se avesse per la prima volta sentito nascere il tremore del suo grembo d'amante, il femminile gaudio che si tradiva dal principio della sua bianca nudità. La mano di Bluette era semplice come il suo spirito, aveva una forma quasi trasparente, portava nel suo colore senza ombra un senso azzurro di verginità. Quelle sottili unghie troppo lucide, troppo rosse, davano alla sua mano quasi un'espressione di peccato, che ne accresceva l'innocenza, come un soverchio belletto messo per celia sul viso d'un bambina. Quelle mani avevano in sè la tepida gioia bionda d'un raggio di sole. I braccialetti si rovesciarono sui polsi come catene pesanti; li oppressero, fecero rumore, tacquero. E le due mani rimasero così, ferme, sotto il peso della sua carezza, felici di potersi dare a lui con apparente castità, come avrebbero insieme voluto le sue lunghe braccia seminude, le spalle tepide, il seno dolce che aveva la forma d'un lungo respiro, e la sua calda bocca umida, e l'intero suo corpo quasi nudo, in un pensiero d'invincibile dedizione. L'amava. Era la prima volta che amava. Quasi per miracolo era divenuta un amore. Le pareva una cosa del tutto naturale stare accanto a quel forestiero, lasciarsi carezzare così. L'amava d'improvviso, per il piacere aspro che le veniva da lui, per la sua faccia calma e stanca, per la sua voce diversa da tutte quelle che udì. Le aveva detto con ebbrezza, come nessuno le aveva detto ancora:--«Depuis ce soir, Bluette, vous êtes devenue ma folie, ma véritable folie...» E questa parola stessa, nel calore della sua voce, pareva chiudere in sè l'infinito, le comunicava una specie di paura, un brivido fisico d'esaltazione spirituale. «Ma folie...»--un breve leggero suono di tre sillabe, che venivano a lei da una bocca sconosciuta, e venivano da lontano, dall'avventura fortuita che s'incontra nelle città notturne, chissà, forse dalla tragedia, chissà, forse da un labbro che non le aveva pronunziate ancor mai... Tacquero. La musica dei violini accompagnava una svergognata canzone pederastica dell'efebo Jean Kiki. Le Americane, inorridite, si premevano i larghi ventagli contro le bocche ridenti. Mon Colonel pizzicava le semi-vergini sedutegli a fianco. --Et alors, Bluette? --Et alors, monsieur Laire? --Si on s'en allait d'ici? --Où donc? --N'importe. --Allons-y! Ritrasse le mani e chiamò il maggiordomo. --Vite, ma fourrure et l'addition, Hector.--Poi soggiunse:--Vous m'avez servi ce soir un dîner assez illogique. --Oh, Madame!... Il suo dîner costava una bazzecola: 132 franchi--«avec deux louis,--spiegò sottovoce lo scrupoloso Hector--que Monsieur Sanderini me doit depuis quatre semaines. Il m'a dit de vous demander si cela vous serait égal...» --Oui, ça m'est égal... Mais, toutefois, dites-lui que je préfère donner moi-même, sans qu'on me tape,--rispose Bluette, avvolgendosi nella pelliccia che le portava il piccolo turco Mohammed. Uscirono insieme, tra i commiati rumorosi di tutta quella onorevole compagnia. --Fi!...--sibilava la Grande Rouquine,--Bluette va faire une sottise! E Limka, tzeco delle Batignolles, strizzando l'occhio a' suoi zingari dalle giubbe scarlatte, suonava con maestrìa, con impeto, le note capziose dell'antico My Blu. * * * * * Dopo un centinaio di metri Castillo abbassò un vetro, per dire al meccanico: --Allez au Bois de Boulogne et marchez très doucement. Questi lo guardò come si guardano i clienti esecrabili, poi alzò il bavero della sua casacca e rispose: --Bien, m'sieu! La neve senza vento cadeva su la città in calme strisce verticali, che sembravano propagare un tremito nella bianchezza dell'elettricità; si accumulava sui davanzali delle finestre come per chiuderle, costruiva lunghe dighe invarcabili su l'orlo dei marciapiedi. E l'automobile camminava senza urto nel dedalo dei quartieri deserti, per i bianchi anfiteatri delle piazze, andando via, lieve, quasi tacita, su quell'elemento agevole che i fari avvolgevano d'un largo alone scialbo nelle zone d'oscurità. --Monsieur Laire, j'ai presque froid... cette fourrure me glace... Allora egli si mise più vicino a lei, spalla contro spalla, piegando la bocca vicino al suo respiro, quasi per odorarla come un fiore. Intorno ai lumi delle Tuileries la neve ilare turbinava come bianca fuliggine, riddava, simile a sciami di farfalle notturne sul vortice d'un falò. Le sagome ampie degli edifici incastellavano di bianco la notte invernale; pesanti zattere di nebbia nuotavano su la Senna invisibile; di là, su l'altra riva, lunghi rettilinei di globi elettrici assalivano con fatica l'immensa remota nuvola. I palazzi di neve, i giardini squallidi, vegliavano la tomba eccelsa del grande Imperatore; l'Arco di Trionfo segnava un limite confuso nella distanza dei Campi Elisei. --Je crois que nous sommes fous, monsieur Laire! A onze heures du soir, au mois de Janvier, faire une promenade au Bois... Quelle idée, n'est-ce pas, monsieur Laire? La tepidezza dell'aria interna faceva nascere sui vetri una specie di sottile smeriglio, tutto a fiori di ghiaccio e tortuosi rivoli di gocciole, che si fermavano assiderate. --Est-ce que vous habitez Paris, monsieur Laire? --Presque jamais. --Etes-vous français? --Ma mère était française, moi... je ne suis plus rien. L'aria che respiravano era già piena del profumo di Bluette. --Quel est votre hôtel, monsieur Laire? --J'ai un petit appartement, presque toujours fermé, très vide, là bas, dans le quartier du Luxembourg. --Oh, comme c'est drôle! --Qu'est-ce qui est drôle, My Blu? --Ce que vous dites... E fuori, traverso lo smeriglio dei vetri, passavano alberi morti sotto il peso bianco dei mantelli di neve. Lontano apparvero le barriere del Bosco. --Vous ne me racontez plus rien, monsieur Laire? --Oui, en effet, je ne vous raconte plus rien... c'est bête! --Moi je m'étonne d'être ici... et vous? --Je ne m'en étonne pas; seulement je pense qu'il vaudrait mieux ne pas y être. --Oh!... je ne suis pas de votre avis, monsieur Laire! --Que voulez-vous, Bluette? Le bonheur est la seule chose à craindre dans la vie. Quant au malheur, qu'importe?... c'est ce qui arrive tous les jours... on s'y fait, on s'en fiche! Mais aimer ce qu'on aime, voilà un luxe que certains hommes ne devraient pas se permettre. --Vrai? Alors c'est de la philosophie sans doute, car je n'y comprends rien. Vous allez peut-être vous imaginer que je suis une femme très facile, mais... --Oh, non, Bluette! Je sais très bien que ce soir... oui, enfin, que ce soir vous êtes peut-être imperceptiblement émue... --Je le suis même très fort... aussi fort que jamais... C'est la première fois, je vous l'affirme, que Mimi Bluette se promène la nuit avec un inconnu. Egli tacque un attimo, poi disse, mutando voce: --Mais oui, je sais très bien que vous avez un amant, Bluette. --Un amant?... Oui, j'ai un amant. Cela n'est un mystère pour personne. --Est-ce que vous l'aimez? --Voilà une question inutile, par exemple! --Est-ce que vous l'aimez. Bluette? --Mais, pas du tout, monsieur Laire! pas du tout! Egli afferrò involontariamente la sua mano, e tacendo la strinse. Allora ella soggiunse, con una voce affabile: --Quoi qu'il soit un très grand Ministre, à ce qu'il paraît, je puis vous dire, monsieur Laire, que, malgré son talent, il m'assomme! Si lasciò pesare contro di lui con una turbata pigrizia, e le parve necessario affermare una seconda volta: --Oui, il m'énerve! Il y a des choses qu'on ne s'explique pas. Egli rise con un empito quasi crudele di felicità. Nella penombra della vettura i suoi denti bianchi scintillarono. L'avvolse, la circondò, la chiuse nelle sue braccia ruvide. Chinandosi nel cerchio del suo respiro, con ebbrezza la chiamava:--My Blu... --Laire... monsieur Laire... --Je me sens ivre... c'est une folie qui me hante... Depuis ce soir-là, depuis ce soir de vertige, vos danses voluptueuses ont ensorcelé tout mon être. Je me dis qu'il ne faut pas vous aimer, Bluette, et pourtant je vous aime! Quelle folie!... j'ai besoin de vous... chaque nuit je vous caresse dans mes rêves... quelle folie! Vous êtes pour moi une créature de soleil et de musique... vous êtes ma dernière coupe de Champagne, mon dernier bouquet de roses... quelle folie!... Ella non fece altro che piegare il capo all'indietro, stordita, come nel momento in cui le vene provano la più forte voluttà; e così rovesciata, supina, con la rossa bocca umida cercava il suo caldo respiro. Ed egli le diceva: --Je suis de ceux auxquels la beauté ne donne pas trop d'inquiétude; rien au monde ne me paraît aujourd'hui très sérieux, et même l'esprit, et même le talent, parfois me découragent ou m'irritent... Pourtant, lorsque je vous ai vue, Bluette, j'ai senti que vous étiez la beauté, ma beauté, ce qui pour moi s'appelle vraiment la beauté. J'ai parcouru toute la terre sans jamais voir de femme qui pour moi fut aussi belle. Que voulez-vous. Bluette?... lorsque mes yeux vous regardent, vous m'envoyez du printemps dans l'âme... Bluette non rispose: alzò le braccia, sperduta, l'avvolse nel tepore del suo corpo, e lo baciò. Nella grande foresta bianca gli scheletri giganteschi degli alberi sopportavano valanghe di neve; l'iride lontana dei fari accendeva stelle bianchissime sui ghiaccioli delle fontane. Soltanto la fatica del motore interrompeva l'assiderato silenzio del Bosco; passavano, come scenarii d'una fiaba nordica, i laghi pieni di nuvole, gli ippodromi vuoti come steppe, le fattorie chiuse, le cascate immobili, divenute un solo ghiaccio, e pareva che, frammezzo a tanto inverno, mai più non dovesse rinascere la primavera. La primavera del Bosco indimenticabile, odorosa di mammole, di resina e d'acacie, ove ogni filo d'erba diventa quasi un fiore, quando, nelle sere di Maggio, in larghi frastagli di serenità il cielo vi scende a profumarsi e il Bosco turgido si gonfia di voluttà primaverile, sopraffacendo la Parigi dorata, su cui lancia in fontane di musica il fiume del suo grande respiro... [Illustrazione: DECORAZIONE] E questa era poesia. Poesia fortuita, che nasceva dal vizio notturno di una grande metropoli, poesia libera da tutte le falsità, nuda come l'amore, assurda e semplice com'è l'amore. Un uomo ed una donna: due vere anime, due vere lussurie, che andavano in cerca d'un letto nella Parigi bianca, addormentata. Non avevano altra storia che un sorriso nascosto dietro l'orlo del bicchiere di Sciampagna. Questa era poesia. Poichè, fra le mille creature che ci passano davanti agli occhi nelle avventure della vita, è sempre una sola, ed è sempre una sconosciuta, quella che al nostro desiderio innamoratamente piace. Quando noi traversiamo una strada, quando i nostri occhi disattenti vagano su la moltitudine, i sensi protesi come una vedetta cercano la donna che il nostro amore ama. Quando si arriva in una città forestiera, quando si entra in una cosa sconosciuta, quando si passa lungo la muraglia d'un monastero, quando ci si addentra in un quartiere di prostituzione, i sensi protesi come una vedetta cercano la donna che il nostro amore ama. Così nei cimiteri e nei teatri, su le prore dei navigli che partono e dietro le finestre chiuse. Ma non credete all'amore logico, all'amore che manca di follìa, nè a quello che osserva nascere i propri germogli come fili d'erba tenera dalle zolle d'un seminato. Questo è un fiore di serra calda, perfetto, ma senza profumo. Non credete all'amore lento, all'amore casto, all'amore che si dipana come un gomitolo, che si arruffa come una matassa, che gira intorno a sè medesimo come un topolino intorno alla sua coda. Questo è ciò che i letterati si ostinano a chiamare psicologia. Non credete ai romanzi d'amore che impiegano trecento pagine per condurre a letto i loro protagonisti, e nemmeno agli scrittori eucaristici che hanno il buon costume di non condurveli mai. Non credete alle donne straordinarie, che si divertono a parer complicate come il teorema di Pitagora, nè a quelle terribilmente fastidiose che ogni e qualsiasi volta rallentano i loro perfidi ginocchi suppongono di essere diventate una seconda Madame Bovary. Queste certamente son donne cui piace far perdere il tempo. E non credete agli amanti che possiedono teorie su l'amore nè a quelli che in gelosi diarii vanno registrando le intemperie del proprio spirito come oscillazioni barometriche; non credete all'amore paziente, all'amore che resiste, all'amore che non può innamorarsi in una sera; non credete, vi prego, alle analisi chimiche del sentimento nè alle fredde ipocrisie degli amanti che adoprano l'ideale come una cintura di castità. Poichè tutto questo ha forse una musica, ma veramente non è poesia. Soltanto ciò che la vita fa nascere in voi come una rosa nella primavera e tutto l'esser naturalmente vi trasmuta in profumo, quando per voi, con voi, turbina di voluttà l'infinito, questo, nell'amore degli uomini, è veramente poesia. [Illustrazione: DECORAZIONE] Per due giorni e due notti a casa non la videro tornare. Solamente aveva telefonato a Linette: --Si on me demande, Linette, il faudra dire que je suis absente. --Oh!... c'est vous, Madame?! Allô! Allô! Ecoutez, Madame... --Zut! E la povera Linette, cameriera dalle calze di voilé, si era messa a piangere davanti all'apparecchio maleducato, che d'improvviso taceva. Per due giorni e due notti era stata con lui, perdutamente con lui, nella sua casa nascosta, baciandolo fino ad uccidersi, come si fa quando l'amore diventa una follìa. Su la neve del mese d'inverno si era levato nei due pomeriggi un pallido sole. Quella casa era nascosta in una piccola strada, calma, vecchia, di quelle che gli edili ragionevoli vanno cancellando a poco a poco. Si vedeva, lontana, la Colonna di Luglio sorgere dalla piazza della Bastiglia. Ma pranzavan ancora più distante, negli alberghi di barriera, nelle vecchie trattorie di Montrouge e Malakoff. Tornavano a piedi, per l'ombra, di sera, parlandosi piano. Bluette vedeva nei cinematografi splendere a caratteri di fiamma l'annunzio luminoso del suo nome ilare--Mimi Bluette--od apparire su le muraglie, nei molteplici cartelli dei teatri, la sua fisionomia sorridente fra i mazzi di fiordalisi--Mimi Bluette. Ecco, e lo amava. Era con lui piccina, modesta, umile, come una ragazza del quartiere. Le guardava talvolta con simpatia, queste belle ragazze del quartiere, quando passavano a fianco del loro innamorato, e le pareva di comprenderne la poesia, di amarle con un affetto improvviso, quelle svelte ragazze, umili e ben pettinate, che affrettavano sotto la balza delle gonne dimesse il piede leggero. Mimi Bluette, la rosa delle rose, il fiore dei fiori!... Tutta quella Città immensurabile, quella delirante Città del miracolo aveva pronunziato il suo nome!... Ora, nell'andarsene al braccio del suo amante, l'immenso rumore di Parigi le pareva una musica lontana, e quasi le stringeva il cuore una modesta paura, un umile desiderio di non esser riconosciuta. Mimi Bluette, la ballerina che aveva i più dolci capelli ed il piede più gentile di Francia, Mimi Bluette, la danzatrice che aveva l'anima e gli occhi azzurri come i suoi fiordalisi, Mimi Bluette, la creatura che pareva nata in un tempo di musica, la forestiera venuta d'oltr'alpe con il suo limpido cuore di Transalpina, sentiva improvvisamente la gioia di non essere più nulla, di non guardare in faccia più nessuno, di non amare che lui. Per due giorni e due notti gli diede il suo corpo inesaustamente, lo avviluppò ne' suoi capelli arruffati, lo strinse nelle sue braccia tenaci, si contorse in lui fino al delirio, con disperata felicità, e le parve che ogni respiro di gioia dovesse lasciare nelle sue fattezze una traccia di perpetuo godimento. Gli diede la sua fragranza rorida e violenta, lo impregnò di sè stessa come un fiore impólvera del suo pólline il tremante cálice che feconda. Gli fece sentire con le labbra, con il grembo e con l'intera sua bellezza, che una donna veramente innamorata è la più ebbra forza dell'infinito. Lo stordì come un veleno soavissimo che accende negli occhi angoli di paradiso. Poi tornò a casa, un mattino che le strade oscillavano davanti a' suoi occhi appassiti. Era un mattino freddissimo, limpido, quasi tremolante. La città prendeva un colore di ghiaccio; le forme delle cose, degli uomini, pareva che avessero un contorno di gelo. Quando i suoi specchi familiari la guardarono in faccia, ella si trovò mutata. Povera Bluette, che sonno aveva quel mattino! Com'era stanca e felice, povera Bluette! Avrebbe dormito fino a sera, nel suo letto grande, poi sarebbe tornata con lui, di nuovo con lui, perdutamente, laggiù, nella strada lontana. Ma un solo pensiero la irritava, quello di dover rispondere a chi le domandasse:--Dove sei stata? Era stata nella felicità, null'altro. E questa era una cosa da non potersi esprimere con parole. Ma Linette, cameriera dalle calze di voilé, non troppo severa, e giovine lei pure, fu la sola che per istinto la capì. Vide i suoi occhi appassiti, e non disse nulla. Vide i suoi abiti sciupati, e non disse nulla. Vide che nel suo corpo stanco era piena di una insolita felicità, e mutamente le sorrise, poich'ella pure, nel suo cuore di vent'anni, sapeva comprendere la poesia di tornare un mattino, sciupata e bella, dopo due giorni d'amore. Quando furono entrambe nello spogliatoio, Bluette le mise una mano su la spalla, poi la guardò negli occhi e le disse: --Oh, ma petite Linette, si tu savais comme j'ai été heureuse!... Allora due grosse lacrime caddero dagli occhi di Linette. --Quoi donc? Tu pleures? --Oui, Madame, je pleure... J'ai été si inquiète à cause de vous! Je ne savais plus que faire. Vous m'avez répondu: «Zut!» --C'est vrai; j'ai dit: «Zut!» parce que je n'avais pas le temps de m'expliquer mieux. Essuie tes yeux, Linette, et déshabille-moi. Stava per incominciare a confidarle il suo secreto, mentre Linette le toglieva e la slacciava le scarpe, quando la bionda Caterina entrò, in vestaglia di lana, spettinata e litigiosa come sono le donne mature prima di sottomettersi al restauro mattutino. --Ah, perdinci! se Dio vuole, eccoti qui! Bluette fece un lungo voluttuoso complicato sbadiglio, al termine del quale disse con naturalezza: --Buongiorno, mammina! Fammi preparare, ti prego, un bel caffelatte con le brioches calde, perchè ho molta fame. --Te le dò io le brioches! Si può sapere dove sei stata in questi giorni? --Sono stata via, mammina, via... via... --Davvero? E adesso, cara, starai fresca! --Io fresca? Perchè? --Ti avverto che Sua Eccellenza è tornata ieri, anzi è tornata iermattina. Sarà venuta qui cinque o sei volte per lo meno. E domanda un po' a Linette che ira di Dio è stata con quel suo telefono! Sino alle due di notte, mi capisci? Lui, così garbato, aveva perduta la testa e quasi m'insolentiva. «Bluette?... Bluette?...» Cosa ne sappiamo noi di Bluette! Insomma voleva perfino chiamare il Capo di Polizia. Bluette si mise a ridere più forte, mentre la cameriera l'aveva spogliata sino alla camicia. --E ridi anche? Bella insolenza! È una storia che finirà male. --Senti, mammina, fammi portare le brioches! Oppure vámmele a prendere tu, Linette. Ho una fame che muoio. --Già, naturalmente!... quando si fanno le porcherie che fai tu!... --Sei un po' matta, cara mammina... --Sì? ti pare?... Adesso, quando verrà Sua Eccellenza, te ne accorgerai. --Quando verrà Sua Eccellenza gli dirai che dormo ed ho bisogno di non essere svegliata. --Eh?... un accidente! Fargli dire che dormi ed hai bisogno... --Sì, di non essere svegliata; fino alle cinque per lo meno; perchè sono stanca, molto stanca, e me n'infischio di tutto il Ministero! --Ah, ma se te ne infischi tu, non me ne infischio io, per bacco! Ed a me non accomoda niente affatto che per i tuoi brutti vizi debba andarci di mezzo anche il decoro della casa! --Nientemeno! --Si proprio: il decoro, la situazione ufficiale che occupiamo e la rendita mensile che ti dà. Io non ci voglio perdere per le tue sporcizie, hai capito? E quando verrà Sua Eccellenza mi farai il santo piacere di alzarti súbito, o meglio di riceverlo in letto, spiegandogli con un motivo plausibile questa bella idea di nasconderti per due giorni senza dir niente a nessuno. Mimi, pettinando con un largo pettine i suoi capelli arruffati, si mise dolcemente a cantarellare: «Les mains des femmes, je le proclame, sont des bijoux dont je suis fou!» --Hai capito. Mimi?--seguitava la madre.--Non farmi andare in collera! --...je le proclame... --Ma dove sei stata? Si può sapere dove sei stata? --...dont je suis fou!... oouu!... --Canta, canta! Ma io posso dirti che una scriteriata della tua specie non riuscirà mai a far carriera! Bluette lasciò cadere indietro il grande mazzo de' suoi capelli, che le discesero fino alla piegatura delle ginocchia, ed incominciò a togliere dal pettine quelli che s'era strappati. Allora venne Linette con il vassoio del caffelatte, recando insieme le tepide brioches. Bluette ne rubò una, prima che Linette avesse apparecchiato, e con la bocca piena rideva, guardando sua madre. --Ve', che bella ciera!--disse la bionda Caterina.--I sottocchi ti arrivano in bocca e sei lì che mi sembri di ritorno da una messa nera! Voglio vederti all'età mia, bambina, se vai avanti di questo passo! --Mi trovi brutta, mammina? Sai cos'ho fatto? Niente... Sono stata, brava brava, in una strada che tu non conosci, in una casa che tu non conosci, con un uomo che tu non conosci... Ma che squisite brioches! Próvale anche tu, mammina. Ella ubbidì. Si mise docilmente a sedere davanti alla sua bella figlia, che divorava le brioches tepide spalmandole di burro. Frattanto Linette, con le sue mani agili, raccoglieva dietro la spalliera della poltrona tutto quel disordine di capelli biondi e leggermente li pettinava. --Tieni, mammina!--Le dette una mezza brioche, lucida, ben preparata.--Non è vero che son buone? --Bella novità! Le brioches sono brioches, il burro è burro, e tu sei una stupida! Cosa c'è di straordinario nel mangiare quello che mangiamo tutte le mattine? --Eh! dis donc, Linette, fais plus doucement! Ce n'est pas une raison, parce que j'ai beaucoup de cheveux, pour m'en arracher des touffes! --C'est qu'ils sont très embrouillés, Madame! --Te l'ho detto mille volte, Bluette: sii meno civetta e fa la treccia se anche non vai a letto sola. Perchè vi sono certi uomini i quali non sanno muoversi senza mettere i gomiti sui nostri capelli. --Però tu li hai conservati, mammina. --Io non ho mai fatto le sciocchezze che fai tu. Perdere un Ministro per stare qualche ora di più con un amante... è ridicolo! --Di', mammina!... fammi una confidenza, ma proprio una confidenza sincera... Qual'è l'uomo del quale sei stata veramente innamorata? quello che ti ha presa, anima e corpo, non appena l'hai veduto? --Io? Ma che sciocca! Ne ho avuti molti. --No: uno, il più forte... quello che, se ci pensi, tremi ancora. La biondissima Caterina sospirò, chiuse gli occhi per raccapezzarsi, poi divenne seria. --È stato, se vuoi che te lo dica, quel poco di buono al quale ho permesso di diventare tuo padre. Gli volevo tanto bene, che quando sono rimasta incinta di lui non ho avuto nemmeno il coraggio di dirglielo, per non dargli una seccatura, e nemmeno quello di andare da mia sorella, che fa, se ti ricordi, la levatrice. --Ah, sì?...--fece Bluette, guardandola con gli occhi divenuti grandi. --Sì, precisamente. Ma cosa t'importa ora di saperlo? --Nulla, mammina. Era una semplice curiosità. In quel momento si udì squillare la scampanellata lunga ed imperiosa con la quale il portinaio soleva distinguere le visite di Sua Eccellenza. La bionda Caterina, impaurita, si rifugiò nella propria camera; Linette, per lo spavento, rimase col pettine affondato nella treccia della sua padrona. --Voyons, Linette, est-ce que tu perds la tête à présent? Passe-moi ma robe de chambre, et file! Subito «Egli» entrò. Aveva una faccia da dittatore accigliato. --Bonjour, «Excellence!» Je vous croyais au Ministère... vous voilà! C'est de la chance! --Pas de plaisanteries, Bluette! Je viens pour savoir où vous avez été ces deux jours et quel était le personnage avec qui vous avez quitté, dimanche soir, à 11 heures, le Bar de la Grande Rouquine. --Tiens! On vous a déjà renseigné? C'est parfait! --J'attends une réponse, Bluette. --Oui? Et bien, j'ai été avec ce «personnage», évidemment! --Petite coquine!--esclamò il Ministro, andandole presso con aria minacciosa. --Plaît-il? --Vous avez l'air de vous ficher de moi, si je ne me trompe! --Mais, pas du tout... J'ai l'air de vous dire la vérité, puisque vous me posez des questions. Préférez-vous que je vous mente? --Je veux savoir quel est cet homme. Quant au reste... je m'en moque! --Cela ne vous regarde pas, Monsieur le Ministre. C'est quelqu'un, sans doute, qui n'est pas grossier comme vous l'êtes. --Hein? vous dites? --Je dis, «Excellence», que je vous prie de me ficher la paix! --Mais... vous plaisantez, j'espère! --Non, je ne plaisante pas du tout. A partir de ce matin je donne ma démission du Ministère et je rentre dans la vie privée. --Est-ce bien sérieux ce que vous dites? --Forcément... puisque je vous ai trompé. Ce qui serait encore pardonnable, si je n'avais pas l'intention de vous tromper derechef, tous les jours, et même deux fois par jour. --Et c'est tout ce que vous me dites pour vous justifier? --C'est tout... --Ma foi, ce n'est pas ainsi que je l'entends! --Tant pis pour vous, «Excellence!» Moi, j'ai tellement sommeil, que j'en tombe, et je vous serais bien reconnaissante si vous me permettiez de me coucher. --Nous réglerons cette affaire-là, Bluette! --Quand vous voudrez, «Excellence!...» Era un uomo di Stato, non volle insistere, partì. [Illustrazione: DECORAZIONE] Giorni d'amore. Solitudine perduta e stupenda in mezzo alla Città piena di strepito, nel potere di quest'uomo, che non sapeva chi fosse; lei, con il suo mazzo di fiordalisi, ma che non era più Bluette. Era una luce fedele su l'ombra della sua via. La neve se ne andò; vennero, per il cielo trasparente, le nuvole azzurre dei mesi di primavera. Gli alberi dei giardini si orlavano al crepuscolo d'una trasparenza d'oro; i vasi della povera gente mettevano già qualche fiore sui davanzali dei quarti piani, sotto le grondaie. Nel fiume che traversa la metropoli, ogni tanto, un'ondata quasi azzurra passava; i frettolosi battelli, sotto i ponti, correvano con ilarità. Le più belle ragazze d'ogni quartiere andavano per istrada con il collo nudo. E così fu primavera. Su la Città grande, rumorosa, che le aveva data la gloria, il suo nome di etera giovine tramontò. Non la videro più i teatri splendere alle ribalte, sui tappeti sparsi di fiordalisi, ove la danzatrice inimitabile danzava. Non la videro più le strade consuete, gli ippodromi fioriti nei giorni di primavera, i viali mattutini del Bosco, i ritrovi pomeridiani che si affollano verso l'ora del tè. Scomparve dalle case di mode, ove i più rari gioielli dell'ingegno parigino a lei gelosamente serbavano i maestri d'eleganze; scomparve dalle sale degli spettacoli notturni, ove il suo giungere sollevava ondate d'allegria, battaglie di fiori, e, sui trillanti violini, le cadenze dell'antico My Blu. Nulla riuscì a vincere la sua volontaria solitudine; sparì com'era venuta, simile ad un raggio di sole. Sparì come i fiori cadono dal maturo albero, in una sola notte, lasciando ancora nell'aria il loro inestinguibile profumo. Questa creatura limpida, ch'era stata così bella da innamorare una città, seppe divenir bella per un amante solo. Per lui sentì che ogni donna, quando s'innamora, dissuggella e perde veramente la sua più nascosta verginità. Era stata una femmina di gioia, splendida e libera, che si dava con la fredda passione, con la fredda mimica delle sue danze; qualchevolta si dava con una specie d'inebbriata illusione, quasi ubbidendo alla prepotenza della sua gioventù. Ma ora, d'improvviso, dopo tanti anni di vizio, conosceva il pudore. Sì, conosceva il pudore. Voleva mettere un velo sopra il suo corpo divino, che i talami ed i teatri avevano posseduto. Ed era piena di malinconia quand'egli le diceva una parola che potesse alludere al suo passato. Poichè l'uomo non riesce mai a comprendere questo rinverginire dell'anima, che forse rappresenta la più vera e forse l'unica purità. Era piena d'irritazione quando, in un modo qualsiasi, nei loro discorsi ripassava la storia di Mimi Bluette. Non era mai stata fanciulla, ora lo diventava. Ora capiva perfettamente il velo bianco delle spose che s'inginocchiano davanti all'altare. Sopra lo splendore de' suoi capelli biondi non avrebbe voluto portare il peso di quella bianca trasparenza; nondimeno la intendeva come una poesia, come un candore di quel sentimento che aveva incominciato a nascere anche nell'anima sua. Dopo aver avuto a' suoi piedi la Città più temibile, ora le piaceva immensamente rendersi una piccola schiava. Nascondersi le piaceva, trafugare agli occhi della gente la sua timida felicità, perdersi nella moltitudine sconosciuta, ove non si levasse neppure un bisbiglio dietro il solco di profumo che lasciava, passando, Mimi Bluette. Il suo corpo, nel danzare, nel muoversi, aveva rappresentato il piacere, aveva comunicata la voluttà, per gli occhi, ai molteplici amori che l'inseguivano; era stata paganamente la bellezza, la rea ma sacra nudità ove ogni desiderio può attingere; il suo corpo era stato quasi una viva opera d'arte, una fugace gloria della Città voluttuosa;--ed ecco, ella pensava che non avrebbe danzato mai più, che non avrebbe sentito mai più salire dalle platee tumultuose il torbido impudico bacio della folla, che inebbria ed esaspera, il bacio tentacolare della moltitudine, che avviluppa ed esaurisce... I fiordalisi di Mimi Bluette ritornavano ad essere quel che sono:--fiori di semplicità, nascosti nel grano. [Illustrazione: DECORAZIONE] Ed ella non sapeva nemmeno chi fosse quest'uomo. Gliel'aveva regalato la terribile Città splendente, in una sera d'ebbrezza e di musica. Le sue braccia lo avevano serrato con impeto, senza domandargli: «Chi sei?» Chi era? Nulla, quasi nulla; una cosa davvero indefinibile, davvero semplice: l'amore. Parigi le aveva data la sua vera bellezza, Parigi le aveva insegnato a danzare, le aveva prodigate ricchezze, l'aveva immersa come un limpido calice nella sua grande fontana di piacere; Parigi le aveva naturalmente regalata l'apoteosi, ed ora naturalmente le infliggeva l'amore. Le città stupende non regalano mai nulla per nulla; neanche agli imperatori. Quest'uomo aveva traversato il mondo, portava nel suo cuore di errante la polvere di tutte le strade. Per la terra piena di miracoli aveva trascinato alla ventura la sua nomade anima pesante. Chi fosse quest'uomo, nessuno in verità sapeva. Egli medesimo forse non se ne rammentava più. Aveva perduta la sua patria e perdute quelle indefinibili apparenze che rendono gli uomini somiglianti alla terra ove son nati. La marea di tutti i mari gli aveva pietrificata un'onda nel cuore; il sole aveva brillato ne' suoi occhi fermi con il colore di tutti gli arcobaleni. Era stanco; aveva un'oscura coscienza d'essere giunto al termine del suo cammino. In lui si vedeva il tramonto dell'anima, come nella conca d'una fontana si vede sorgere l'oscurità. Era venuto a lei traverso una vita forse tragica, forse ambigua, forse irritata; quest'uomo portava in sè qualche secreto, che nemmeno l'amore avrebbe saputo vincere. Su lui correvano molte confuse dicerie; poichè, dovunque passi, l'uomo non può venir meno all'obbligo di sopportare una definizione. Anche intorno allo straniero, v'è un prossimo vigilante che ha bisogno di conoscere la sua storia. Se un uomo non ha storia, o non vuol dirla, questo prossimo l'inventa. Si raccontava di lui che fosse un avventuriero ed un esiliato; che una donna tragica lo avesse anni addietro coinvolto in un processo clamoroso. La grande folla parigina, che pure non dimentica nessuno, si ricordava di averlo veduto altre volte apparire, sparire, nei burrascosi dedali della sua vita. Ma era fra quegli uomini che hanno per contorno l'ombra. Era passato di là, per quelle strade, con una donna straordinariamente bella, più incognita e più misteriosa di lui; forse una sorella od una complice, forse una vittima, una padrona od un'amante. Si era detto pure che egli fosse una spia politica, un agente secreto di comitati rivoluzionari; si era detto persino che fosse un ufficiale di palazzo perseguitato da imperiali gelosie. Di voce in voce, gli avevano fatto esercitare tutte quelle professioni che non è lecito inscrivere sul proprio biglietto da visita. Egli forse nulla era di tutto ciò. Solamente veniva da lontano. Questa lontananza era in lui, contenuta ne' suoi movimenti, espressa nel colore de' suoi occhi, ferma nelle risonanze della sua voce. Veniva da tutto ciò che nel mondo si chiama: «lontano». Era un disperso dalla grande moltitudine che si affolla intorno alle società costituite, un esule dai sentimenti che sono la storia di tutti, uno stanco e taciturno avventuriero, che portava in sè, come sola memoria, la polvere del grande cammino. Forse aveva una casa in qualche terra lontana, ed una sua donna paziente, che ogni sera l'aspettava in qualche lontana città. Forse, nelle sere profonde, piangeva egli pure di rimorso e di malinconia, pensando alla distanza invarcabile che lo separava dalla sua vita. Era un uomo bellissimo, arido, rapido, forte. Nella sua faccia vigile si vedeva che una volta c'era stata la serenità. Ora il sorriso non trovava più le sue pieghe fra i lineamenti restii, e, nascendo, pareva li forzasse ad una insolita fatica. La sua vita era modesta, quasi povera, con improvvise liberalità. Non giudicava mai di nulla, non diceva mai: «Questo è bene, questo è male»;--invece parlava d'ogni cosa come uno spettatore freddo e stanco. Si capiva che in lui c'era una specie di collera contenuta, una specie di opaco dolore, d'immobile ribellione, che non lo tormentava neanche più. La sola cosa che paresse ridargli un'anima, era veramente Bluette. Forse le aveva detto la verità, quella prima sera, dicendole: «... vous êtes ma dernière coupe de Champagne, mon dernier bouquet de roses... quelle folie!...» Che follìa veramente, questa bella creatura giovine, profumata, inebbriante, nel suo cuore terribile di uomo che non aveva più strada... Che follìa veramente, per lui e per lei, questo amore che li stringeva in una specie di funesta gioia, di torbida e paurosa felicità, come se andassero insieme verso il gorgo e la vertigine di un pericolo distante... Qualchevolta, nell'udirlo parlare, con la sua voce sonora e profonda, egli dava quasi l'impressione di un uomo che avesse legata in un sacco la propria anima e andasse in cerca di offrirla per due quattrini al primo rigattiere della contrada. Era forse un tale che aveva ben valutato il senso della parola:--vivere. Perciò era un uomo perduto. Quando per gli altri, da ogni fossa e da ogni letamaio nascevano aurore, per lui, su la terra infinita, su le infinite illusioni degli uomini, era tramontata per sempre, per sempre, la poesia. Parlava di solito con una quieta e fredda ilarità; guardava gli uomini senz'amarli, senza odiarli; ascoltava con indulgenza le loro enormi tragedie futili, perdonava senza bontà i loro miserabili peccati. Forse non aveva più voglia nemmeno d'avere ingegno, e considerava come un dannoso gioco di pazienza l'enorme fatica mentale che gli uomini spendono per dare un senso importante a questa vita che non ne ha. Chissà dove, chissà quando, aveva ricevuto in pieno cuore dagli uomini, o dalla fortuita bufera degli avvenimenti, un urto brutale come una stilettata; e poi s'era messo a camminare, a camminare per la terra grande, nascosto in una equivoca ombra, in un ambiguo mistero che incuriosiva la gente. Vide, nell'aria densa dei crepuscoli, quando le città stupende s'innalzano come isole dell'infinito, le vaporiere avvolte di nuvole cacciarsi urlando sotto le tettoie fuligginose delle stazioni; vide, nei limpidi mattini, quando la terra che sta per avvicinarsi al navigante non è che una striscia di fumo nel tremolìo del sole, d'improvviso il porto risplendere sotto la montagna trasparente, la terra venire incontro alla prua come un'apoteosi dell'infinito. E vide nascere i fiumi, i tumultuosi fiumi barbari, che rimbalzano giù dal granito inaccessibile, gonfi del lontano estuario; e vide le gigantesche alpi correre sui continenti come ondate di macigno, poi, lentamente, a poco a poco, estenuando la loro forza ciclopica, digradare in vaste zone montuose, abitate dagli alberi, abitate dagli uomini, e pigre adagiarsi quasi dormendo su la terra incollinata, ove crescono messi fiammeggianti e l'una dietro l'altra s'inseguono, sul pendìo dell'alpe caduta, le città vittoriose... Veniva da tutto ciò che nel mondo ha nome: «lontano». Come il navigatore d'oceani, portava nell'anima piena di spazio l'amore della stella più lontana. Era un uomo dappertutto in esilio, un nomade che non aveva più strada. [Illustrazione: DECORAZIONE] Sua Eccellenza entrò nel proprio gabinetto con un passo da Primo Console vittorioso, e tre o quattro volte di séguito premette l'indice sul bottone del campanello da scrivania. La squillante furia del piccolo batacchio non si era puranco dispersa fra le quattro pareti, che già la barbuta e panciuta sagoma di un decorato segretario s'incastrava con obesità nell'inquadratura dell'uscio. --Voyons, monsieur Pétimel!... Vous pourriez bien être là lorsque je rentre! --Les coups de sonnette marchent toujours plus vite que des pieds d'homme, Monsieur le Ministre! --Et vous êtes toujours un implacable sophiste, monsieur Pétimel! Faites-moi grâce de votre verbiage et donnez un coup de téléphone à cet idiot de Chef de la Sûreté, pour lui demander s'il veut avoir l'obligeance de venir chez moi im-mé-dia-te-ment! M'entendez-vous, monsieur Pétimel? dites-lui qu'il vienne à fond de train! --Le chef de la Sûreté Parisienne attend depuis bientôt une demi-heure. Il était sur le point de s'en aller, lorsque j'ai reconnu à travers la place la corne ministérielle de votre limousine... --En effet, monsieur Pétimel, je suis venu a pied et pas du tout par la place! Mais cessez donc de me corner aux oreilles avec votre voix horripilante, et faites passer, je vous en prie, cet aimable monsieur Ardouin. --Dans ce cas il faut conclure qu'il y a des trompes d'auto qui se ressemblent comme des sosies... Et, quant à monsieur Ardouin, j'ai très bien fait de le retenir. --Vous avez très bien fait, monsieur Pétimel... que le diable vous emporte! Questo era il commiato che per lo più riceveva il metaforico segretario Pétimel, decorato con la Legion d'Onore. Poco dopo entrò il Capo di Polizia, ch'era un uomo dall'aspetto segaligno e nevrastenico, il quale si faceva continuamente passeggiare fra le labbra un residuo di stuzzicadenti e nel sorridere arricciava le grinze del viso con una smorfia particolare, come se patisse di prurito agli zigomi. --Bonjour, monsieur Ardouin. Très aimable d'être venu,--disse il Ministro con un tono affabile.--Asseyez-vous, je vous prie. --Malheureusement, Monsieur le Ministre, je n'ai rien d'important à vous signaler. --Ah, ah... pas encore? --Pas encore. Naturalmente, come Capo di Polizia, l'irritabile monsieur Ardouin non si occupava neanche per sogno dell'ordine, del buon costume nè della pubblica sicurezza parigina. Ladri, malfattori, satiri, biscazzieri, spalleggiatori di prostitute, eran quelli appunto che fornivano la ragion d'essere alla sua funzione di Capo della Polizia; quindi egli si guardava bene dal muover un dito per impedire a queste brave persone di dedicarsi con tutto comodo ai loro innocenti e svariati commerci. Per il Capo della Polizia--come in genere per ogni altro Funzionario dello Stato--il cittadino che ha minore importanza, quello che non serve a niente, e del quale non si parla nemmeno, è precisamente il galantuomo. Sembra quasi un'ingiustizia; ma quando si pensa che i galantuomini saranno sì e no in proporzione dell'uno per mille, si capisce come non sia possibile sacrificare la comunità a beneficio d'una tanto esigua minoranza. Ordunque il Capo di Polizia ha ben altro da fare che mettersi alle calcagna dei malfattori o dipanare con troppa celerità i romanzeschi enigmi dei delitti passionali, che frattanto servono mirabilmente a riempire le timorate colonne dei giornali quotidiani. Di queste bazzecole, se mai, si occupa nei ritagli di tempo. Ma quello che deve anzitutto fare un buon Capo della Polizia è ubbidire ciecamente agli ordini politici che riceve dal suo Ministero; poi assumere informazioni secrete per conto dei grandi istituti bancari, essere in ottimi rapporti coi caporioni delle leghe proletarie, secondare la giustizia nel modo e nella misura che alla giustizia conviene, impedire o provocare un dato scandalo, una data manifestazione della volontà popolare, far coincidere le risultanze d'una inchiesta con l'esito già prima stabilito, fare in modo che la legge venga rispettata da chi deve rispettarla o presa in giro da chi ha licenza di prenderla in giro, ed in ultimo luogo provvedere affinchè i ladri, gli assassini e gli offensori della morale pubblica non eccedan quel numero medio che le tabelle statistiche accordano al consumo di una grande città. Poichè a tutti è noto che l'uso del calcolo statistico va ora diventando la pietra filosofale della scienza moderna. Non è dunque un mestiere facile quello del Capo di Polizia. Si noti per di più che anche l'amore dei Ministri, Granduchi, Principi del sangue, Parlamentari ed Ospiti ragguardevoli, è per lo più affidato alla solerte vigilanza del Capo di Polizia. Non farà dunque maraviglia a nessuno se, fra tanti grattacapi accessori, pochissimo tempo gli rimanga per occuparsi del suo mestiere. Questo era precisamente il caso dell'irascibile Monsieur Ardouin, che Sua Eccellenza aveva precipitosamente fatto chiamare nel suo gabinetto, la famosa mattina che Bluette gli aveva presentate le proprie dimissioni dal Ministero. --Voulez-vous me rendre service, monsieur Ardouin?--gli aveva detto il Ministro con insolita cortesia. --A vos ordres, Monsieur le Ministre! --Il s'agit d'une affaire privée, mais qui peut indirectement avoir rapport aux intérêts de la République. Quando un Ministro gli parlava «de la République», Monsieur Ardouin sapeva senz'altro cosa pensare. Rispose, con la sua voce piena di rispettoso malumore: --Je ferai tout ce qui peut vous être agréable, Monsieur le Ministre. --Eh bien, mon ami, c'est très simple. Un certain monsieur, aux allures très suspectes, respire en ce moment l'air de Paris. Vous trouverez un moyen pour qu'il décampe. --Je le coffre!--disse con eloquenza catilinaria il Capo di Polizia. --Doucement,--corresse con sussiego diplomatico il glorioso Ministro d'Agricoltura e Commercio.--Doucement, mon cher Monsieur Ardouin! La mesure ne doit être prise que selon la Justice, car tout abus est toujours préjudiciable. --Cela va de soi, Monsieur le Ministre. Veuillez me dire le nom de ce personnage. --Voilà ce que j'ignore, pour le moment. --Dans ce cas c'est moi qui vous le dirai. Il s'appelle, ou se fait appeler, Hilaire Castillo, et il vient de plaire pendant trois jours et trois nuits à la bellissime danseuse, M.me Mimi Bluette. Era un modo garbato ma energico per far notare al Ministro la sua condizione di Eccellenza cornuta. In verità, come Capo della Polizia, non faceva nient'altro che il suo preciso dovere. --Castillo, vous dites?... Oui, oui, c'est ça, Castillo... c'est bien ça!--ripeteva il Ministro, non sapendo bene che atteggiamento prendere. Poi concluse, da uomo di spirito:--Enfin... je ne serai ni le premier ni le dernier, n'est-ce-pas, Monsieur Ardouin? --C'est la règle, Monsieur le Ministre. --Bon; je vous confie cette affaire, mais je tiens à ce que cela soit fait d'une façon légale, et en douceur, pour éviter qu'on l'ébruite. --Comptez sur moi, Monsieur le Ministre. Ma nonostante la congiura d'un Ministro e d'un Capo di Polizia, il nominato Castillo seguitava a mantenere i suoi penati nella grande libera Parigi. Anzi era la terza volta ormai che il lunatico M. Ardouin, presentandosi nel gabinetto di Sua Eccellenza, gli dichiarava con una specie di maligna soddisfazione che gli estremi richiesti mancavano per sfrattare legalmente l' «undesirable» Castillo. --Que voulez-vous, Monsieur le Ministre? Nous avons dans les archives un dossier des plus romanesques autour de ce personnage, mais je me trouverais fort embarassé de vous dire qui il est et ce qu'il fait au juste. --Est-ce possible? --Comme je vous le dis, Monsieur le Ministre. Il est signalé à toutes les Polices de la terre, mais rien de positif n'existe contre lui, et Scotland Yard n'en sait pas plus long sur son compte que la Polizei de Berlin ou que la Questura de Rome. On le surveille depuis des années, mais, vous savez bien, Monsieur le Ministre: nul n'est aussi irréprochable qu'un homme surveillé. --Voyons, Monsieur Ardouin, vous plaisantez, j'espère! --Je ne me le permettrais pas, Monsieur le Ministre. --Parbleu! vous êtes bien censé savoir qui il est, d'où il vient, quel est son métier et d'où il tire ses ressources. --Dussé-je y perdre ma place, je ne pourrais répondre à aucune de ces questions. Voilà une dizaine d'années qu'il se promène à travers la terre, en faisant à peu près partout ce qu'il fait à Paris. --C'est-à-dire? --C'est-à-dire, rien du tout. Il flaire... on dirait qu'il flaire l'ambiance. Mais ses actes, ses fréquentations, sa correspondance, tout cela n'a rien de compromettant. Je l'ai fait filer pendant des semaines; pour le moment je puis vous dire qu'il ne s'occupe que de Madame Bluette. --Ah?... --Il a touché un chèque de 3.725 francs au Crédit Lyonnais, il y a quatre jours. Cet argent lui venait de Varsovie, de la part d'un certain Monsieur Louwoievich. Ce Louwoievich est un marchand de meubles; donc vous voyez que ce n'est pas une piste importante. --Et c'est tout ce que vous avez à m'apprendre sur son compte? --C'est tout, hélas!... bien malgré moi. Je vous ai déjà dit que, il y a cinq ans, on l'a cru l'âme damnée du procès de la baronne d'Elsoën; mais il fut d'ailleurs promptement acquitté, et, depuis, cet homme a fait des voyages sur mer. --Très bien!--disse il Ministro con una voce tetra. --J'ai même essayé d'avoir les confidences de Madame Bluette. J'ai envoyé auprès d'elle une dentellière qui est très habile dans cette sorte de sondages; mais je vous affirme que Madame Bluette n'en sait pas un mot de plus que nous. --Très bien!--disse il ministro con una voce ancor più tetra. --Et, à la fin des fins,--concluse il Capo di Polizia,--je vous repète ce qui fut mon premier avis: Si vous voulez, je le coffre, et je l'expulse pour raison d'Etat. C'era una sottilissima ironia, quasi un opaco sarcasmo, nella voce burocratica dello scrupoloso Monsieur Ardouin. --Non!--rispose fieramente il Ministro d'Agricoltura e Commercio.--Que Monsieur Castillo aille se faire pendre où il voudra! Et Bluette aussi! Pour mon compte je n'aime que le droit chemin. La légalité avant tout! --Fort bien, Monsieur le Ministre. Toutefois, quand cela vous fera plaisir, je le coffrerai. --Eh bien, Monsieur Ardouin, voulez-vous m'en croire? Il se passe en moi un phénomène psychologique. Depuis que nous nous occupons de ce Monsieur Castillo, il m'est devenu sympathique, et j'aurais presque envie de le nommer chef de quelque chose au Ministère. --Ne le nommez toujours pas chef de la Police, car j'y perdrai ma place, et cela me mettrait d'assez mauvaise humeur, «Excellence!...»--disse, con uno strale realista, il Capo della Polizia repubblicana. In quel momento la Francia democratica pagava con scrupolosa regolarità le sue tasse governative. [Illustrazione: DECORAZIONE] --Si vous faites semblant de ne pas me reconnaître, Bliouette, that is not right! Bluette, la quale accellerava il passo credendo di aver a che fare con un inseguitore da marciapiede, si fermò contro una vetrina e rimase qualche attimo a guardarlo bene in faccia. --Tiens! c'est toi? --Yes, c'est moi. D'un tratto le vennero quasi le lagrime agli occhi. --Oh, mon brave Jack!... --My dear Bliouette!... E rimasero qualche istante con la mano stretta nella mano, senza parlare. Poi ella ritrovò la voce per domandargli: --Qu'est-ce que tu fais ici, Jack? --Je danse à Marigny, avec deux camarades Américaines. --Tiens! Je ne le savais pas. --Yes. On m'a dit que vous avez quitté le théâtre et que vous êtes devenue un peu foolish, paraît-il.... --Oui, je suis un peu folle sans doute... Mais ça me fait plaisir de l'être. Viens, marchons. Gli prese il braccio, come tanti anni prima, e andarono. Sul marciapiede serale di Parigi l'immensa moltitudine ondeggiava con un frastuono ilare; la nuvola d'elettricità sospesa nell'aria traeva dalle facce dei passanti una specie di bianco fulgore, simile quasi al balenìo fosforescente che mandano le vetrine di perle false. --Mon brave Jack, tu ne pourras jamais te figurer combien ça me fait plaisir de te revoir! --Et moi donc! I have never forgotten My Blu. --My Blu, à présent, elle est morte,--disse Bluette con una leggera sorridente malinconia. --Alors c'est vrai que vous ne dansez plus? --Oui, c'est vrai, Jack. Cela me fait de la peine tout de même. --Oui? ça vous fait de la peine?... Très bien! J'espère, Bliouette, que ce ne sera pas pour longtemps. --Dieu sait!... A présent il me semble que ce sera pour toujours. --Quelle bêtise!--interruppe l'Americano, scrollando le sue larghe spalle.--Ce n'est jamais pour toujours! Dietro una siepe di folla dovettero fermarsi. Una quadruplice fila d'automobili sbarrava il quadrivio. Sciami di giornalai correvano frammezzo ai motori gridando le notizie dei giornali appena usciti. Nella profonda raggiera delle contrade opposte si vedevano a perdita d'occhio splendere, come lunghissimi canali di fiamme, le vetrine scintillanti. Bluette gli teneva il braccio e camminava silenziosa, raccolta in sè medesima, come se il rumore della strada fosse la musica d'uno dei balli che avevano danzato insieme. Vicino a quel semplice, a quell'onesto Americano, le sembrava di sentirsi ridiventare come una volta la ballerina di Parigi, Mimi Bluette. Finalmente riuscirono a traversare la strada. Ella disse: --Vois-tu Jack? On se retrouve, mais on n'est plus les mêmes... --Qu'y a-t-il de changé? --Tout, mon brave Jack; les yeux et le coeur. --On m'a dit que vous avez eu beaucoup de chance depuis que nous nous sommes quittés. --Oui, beaucoup de chance. Je suis devenue très riche. Et toi? --Moi je gagne passablement. J'ai acheté aux Etats Unis une petite propriété pour ma vieille mère. --Tu es un brave garçon, Jack! un très brave garçon. --Oh... mais c'est très simple! Les danseurs Américains sont parfois des gens bien élevés. --Ce n'est pas tellement simple; j'en ai connu qui étaient des fripouilles. --All right; moi aussi. --Et bien, vois-tu, Jack? Quand je suis avec toi, il me semble être avec un frère. Ça me fait du bien au coeur. --A moi aussi. --Alors, la prochaine fois, je te raconterai beaucoup de choses, que je ne raconte à personne. --Comme vous voudrez, My Blu. --Oui; car, si je te les disais toute de suite, j'aurais l'air de ne m'occuper que de moi même; ce qui n'est pas très correct. Je ne te demanderai qu'une chose: Est-ce que tu me trouves toujours jolie? --Yes, très jolie. --Comme autrefois? --Pas moins. Seulement on ne dirait plus de vous au premier abord: Voilà une danseuse!--Et c'est bien triste. --Diable!... Mais comment se fait-il que tu parles le français moins sauvagement qu'autrefois? --Vous vous mouquez toujours de moi, Bliouette! --Mais pas du tout! Je constate. --Bien, oui. C'est une Miss du Canada qui me l'a appris. --Fichtre! Une Miss danseuse? --Bien entendu. --Très chic! Alors tu étais amoureux? --Moi amoureux? --Oui; cela peut arriver à tout le monde. --Cela m'est arrivé aussi, une fois... Mais vous savez bien qu'on a trouvé cela ridicule. Si vous n'aviez pas trouvé cela ridicule, vous et moi nous aurions aujourd'hui notre «home» aux Etats Unis, près de ma vieille mère. Et nous danserions quand même, puisque c'est notre nature de danser. --Tu crois, Jack?... tu crois vraiment que c'est notre nature de danser? la mienne aussi? --Absolument, Bliouette. Votre corps de danseuse n'est fait que pour suivre une musique, et tout ce que vous essayerez d'autre ne pourra jamais vous réussir. --Toi, mon brave Jack, je te l'ai toujours dit: Tu as beaucoup de coeur, mas tu n'es pas intelligent. Aussi, quand tu fais un discours, tu dis toujours des sottises. --Quite right. Voilà My Blu! --Oui, des sottises. Et tu ne dois t'exprimer que par monosyllabes. Alors tu es parfait. Jack si mise a ridere; i suoi bellissimi denti scintillarono. --Jack... --My Blu? --Je me sens très à mon aise à côté de toi. --C'est parce que j'étais votre danseur; je vous ai donné «mon temps». Et, ce temps, est une espèce de complicité mécanique fort difficile à oublier. --C'est peut-être bien à cause de cela, Jack. Tu dis parfois des choses profondes. Cela vient tout seul quand on n'est pas intelligent. Enfin, dis-mois: est-ce que tu as de nouvelles danses? --Oui, j'en ai. --J'aimerais bien que tu me les apprennes. --Si vous voulez. --Viens chez moi demain, à quatre heures. Nous causerons. A présent je te quitte. --Vous me quittez? Oh!... vous me quittez déjà? --Mais, sans doute. Nous n'allons pas tout de même faire la traversée de Paris, par le train où nos allons depuis une bonne demi-heure!... --Je vois. --Qu'est-ce que tu vois? Qu'est-ce que tu vois, Jack, avec tes yeux de poisson frit? --Je vois, Bliouette, qu'on m'a dit la verité lorsqu'on m'a dit: «Elle est amoureuse comme une vraie folle... Quant à nous autres, nous sommes tout morts et enterrès dans son coeur!» --Il y a de l'exagération dans l'affaire de l'enterrement... Mais, ce qui est bien vrai, c'est que je l'aime. --Vous l'aimez?... oui? d'amour?--egli domandò, fissandole in viso gli occhi divenuti grandi. --Plus que d'amour, Jack... de folie je l'aime! Je suis devenue pour lui ce que la femme n'est qu'une fois dans la vie: sa chose... Tu es mon frère, Jack; il faut bien que je te dise la vérité. Egli abbassò la faccia e non rispose parola. Sembrò che il suo profilo rettilineo si scolpisse in un dolore immobile, in una specie di rassegnata malinconia. La strada camminava scintillando incontro alle nuvole del cielo abbassato. Sopra il dedalo del suo movimento, l'anima elettrica della folla scoccava e bruciava come un corto circuito. Ella di nuovo si serrò al suo braccio, che aveva lasciato, e ripetè con dolcezza: --Oui, tu es mon frère, Jack... tu ne dois pas m'en vouloir si je l'aime... --Il faut être heureux, Bliouette. Cela est l'important!... Le reste n'est qu'une farce. --Oui, tu as raison: le reste n'est qu'une farce. Mais moi, je ne suis même pas heureuse... Et, vois-tu, je te le dis à toi, Jack, parce que tu es mon frère... [Illustrazione: DECORAZIONE] La bionda Caterina, da qualche tempo, soffriva la nostalgia di rifare un assalto con quell'ottima lama ch'era il suo Maestro di scherma. Insieme bruciava dal desiderio di tornare per qualche mese in Italia a fare la Parigina. I suoi teneri legami con Maurice, maggiordomo impeccabile, si erano gradatamente allentati, per la sola ragione che il solerte maestro di casa, già molto grigio quando aveva cominciato a prepararle quelle famose tazze di camomilla, ormai si era fatto quasi del tutto bianco. Ella, che invece rimaneva rosso-bionda con pertinacia, grazie ai miracoli dell'Accademia di Bellezza, non poteva indulgere a quella nevicata, e la capigliatura da saraceno del suo gagliardo Maestro di scherma le rifolgorava più che mai nel riscaldato pensiero. L'idea di tornarsene fra le sue conoscenze lombarde, impariginita come una canzonetta napoletana messa in voga dai violini di Montmartre, l'idea di sbalordire tutta la clientela di sua sorella, integerrima Levatrice Diplomata, coi doviziosi abiti, coi mantelli e con le pellicce che le aveva regalati Bluette, la tentazione d'inframmettere, parlando con que' provinciali, qualche spízzico di francese fra i dialetti che si parlano con lente cantilene per la dolcissima valle del Po, tutto questo insieme, le diede così grande impazienza di rivarcare le Alpi, che Parigi ormai la disamorava di sè quanto il maggiordomo incanutito. Inoltre, da buona madre, non voleva più assistere alle follìe di Bluette. Pazza da mettere in un manicomio, secondo lei!... E, per di più, con un caratteraccio tale, che ormai non era possibile farle neanche la più piccola osservazione. Da quando s'era impastoiata con quel maledetto Castillo, geloso come un turco e più furfante senza dubbio che l'amabile signore d'Olonzac, non c'era verso di farle intender ragione. Bene: facesse pure di sua testa, la scioccherella sentimentale! Ma, quanto a lei, per non assistere a que' malanni, chiudeva i suoi bauli e se n'andava. Lasciare un Ministro per innamorarsi di quell'individuo, che non le aveva mandato finora neanche un mazzolino di garofani, era un'idea così balorda, che, per metterla in pratica, bisognava proprio chiamarsi Mimi Bluette! Ma lo mandasse un po' al diavolo, benedetta figliola! lui e le sue pretese da gran Turco! L'amore?... Macchè amore! «Quello lì--vuoi che te lo dica io?--quello lì ti riduce sul lastrico e poi riparte per il giro del mondo lasciandoti con un palmo di naso!» A tali discorsi Bluette la fissava, bianca di furore. Voleva dirle un'insolenza, grande, grande, come quelle che si usano sui palcoscenici... Poi non osava, perchè era la sua mamma. --Senti,--le rispondeva;--io ti prego d'una sola cosa: non ti occupare dei fatti miei. Comanda, spadroneggia, mettimi sossopra tutta la casa, ordina e disordina come ti piace: solo, non occuparti de' fatti miei. --Ma non capisci che ti rovini, figliuola? --Se mi rovino, tanto peggio per me. Vuol dire che il mio piacere consiste nel rovinarmi. Tu non c'entri. --Benissimo. Ed allora me ne vado. --Ti ho pregata io forse di rimanere? Non credo. Anzi ti ho detto: Fa un bel viaggio in Italia, mammina! Io ti mando laggiù tutto il denaro che ti occorre, tutti i mobili che ti piacciono... Se vuoi portare con te anche Maurice, te lo regalo... Dunque perchè non te ne vai? --Ti giuro, Mimi, che se tu avessi ancora il tuo Ministro, cioè se tutto fosse in ordine com'era prima, non aspetterei neanche domani per andarmene. Sii buona, Mimi, fagli una telefonata... Vedrai che torna súbito. --Non ci pensare! Ministri ve ne sono tanti; quando volessi partecipare al governo della Francia non avrei che riaffacciarmi alla vita politica. --Ecco l'ingenua! lei crede... --Non credo niente! Ma ti prego, ti supplico, di lasciarmi stare. Se no, sai cosa faccio? Vado a vivere addirittura con il mio amante, nella sua casa, e qui non mi lascio più vedere. --Oh... per quello che ci stai! Vieni a cambiarti e scappi. È una bella maniera di stare a casa tua! --Forse. Ma è la maniera che mi piace. Così rimani tu la padrona. E te ne lamenti? --Capirai che mi annoio, ragazza mia! Non c'è niente a fare, dal mattino alla sera, in questa benedetta Parigi! Ecco la ragione per la quale voialtre v'innamorate come stupide. Bluette sorrise di quella straordinaria opinione. --E di cosa v'innamorate poi?--si chiedeva la bionda Caterina.--Del più rifiutabile fra tutti quelli che vi sono capitati fra i piedi! E cosa ci trovate mai di così fatale?... Dio lo sa! Fece una pausa, e inumidendo sul labbro inferiore i due polpastrelli de' medii, si lisciò accuratamente i lunghi archi dei sopraccigli. Poi trasse fuori dal classico seno un sospiro grande come l'esperienza di tutta una vita, e concluse: --Ah, figliuola!... è un vero peccato che tu non possa prestarmi per quindici giorni la tua età... Ti farei veder io come la si adopera e cosa vuol dire chiamarsi Mimi Bluette! --Perchè sei stata forse tu, non è vero, a farmi diventare quel che sono? --È stata la fortuna, piccola mia, nient'altro che la fortuna. E tu la sciupi. Tu, il giorno che sei arrivata a Parigi, potevi con indifferenza finire nelle case di Montmartre o diventare Mimi Bluette. Sei stata Mimi Bluette: ma non credere di averlo fatto apposta. È la fortuna, mia piccola, nient'altro che la fortuna! --E allora?--domandò Bluette, senz'alcuna protesta. --E allora, siccome non ti è costato nessuna fatica ottenere i suoi favori, spendine almeno un poco per impedirle ch'essa ti abbandoni. --Sai cosa faccio per intanto? --Non so cosa, ma certamente una sciocchezza. --Ora esco, vado da Cock, ti compero un biglietto, fisso il tuo posto nello «sleeping» e fra un paio di giorni tu, mammina, te ne vai. Siamo d'accordo? Gli occhi lontani del Maestro di scherma vinsero l'amor materno e le fecero rispondere di sì. Ma poi le venne un soprappensiero e soggiunse: --Vedi, Bluette? Se tu fossi una ragazza ragionevole prenderesti due biglietti, due posti nello «sleeping», e fra un paio di giorni verresti con me in Italia. Non sai quanto bene ti farebbe allo spirito una boccata d'aria del tuo paese. --Il mio paese? Ma è questo il mio paese! Non mi ricordo nemmeno di averne avuto un altro. --Che orrore! Tu credi ormai di somigliare a questa gente, ma in fondo hai l'anima della Parigina come ce l'ho io. Ed ecco perchè ho paura quando mi dici: «Sono innamorata.» Me lo dicesse una di loro... peuh! nulla di grave! Quelle sono più intelligenti, più ragionevoli, ed è sempre un'altra cosa. --Un'altra cosa? cioè? --Niente... Sarà un amore, ma un altro amore. Più forte, se vuoi, più importante, se vuoi, ma è sempre un amore di Parigi, ossia qualcosa dove c'è dentro un po' di tutto, come nella «bouillabaisse». Bluette si mise a ridere; ma la bionda Caterina seguitava: --Io ti dico la verità, Bluette: ora che hai fatta fortuna, ora che hai spremuto come un limone questa città pericolosa, e le hai preso tutto il piacere che poteva darti, ora che si ricordano ancora di te come d'un raggio di sole, io, ne' tuoi panni, farei una cosa molto semplice, molto furba: scomparirei. --Davvero? --Sì, davvero. È una città che un bel giorno si vendica. Tu hai avuta fortuna: ringraziala e torniamo a casa nostra. Io sono quasi un'ignorante, ma ti assicuro che non m'inganno. Qui l'aria è avvelenata; per noi almeno, è avvelenata. La fortuna di Parigi è come il denaro vinto alla roulette; non si riesce mai a portarlo fuori dalla porta. --Ma che stramberie vai dicendo, mammina? --Stramberie?... Fa come vuoi. Solo ricórdati che tua madre te lo ha detto. Per me sono felicissima di tornarmene a casa, e ti prego, se vuoi prenotarmi uno «sleeping», di sceglierlo in modo che si trovi a pianterreno, perchè mi ricordo che nel venire in su mi avevano cacciata contro il soffitto, e non ho mai potuto chiudere occhio dal Sempione fino qui... [Illustrazione: DECORAZIONE] --Oui, Jack, il m'aime et il n'a jamais voulu mettre les pieds chez moi; il m'aime et je ne connais pas son vrai nom; il m'aime et jamais il ne m'a dit ce que nous deviendrions dans une semaine! --Pauvre Bliouette! vous me faites de la peine... --Tu as tort, Jack. Moi, au contraire, je lui suis reconnaissante. Il m'enivre. Il est mon flacon d'éther, ma morphine. Si demain il me proposait par exemple de me tuer avec lui, dans sa petite chambre... eh bien, je le ferais, Jack! je le ferais, presque souriante, sans que mon coeur tremble... --All right, Bliouette! Cela s'appelle de l'abrutissement. --Appelle-le comme tu voudras, Jack. C'est de l'amour tout de même. C'est quelque chose que je ne connaissais pas avant lui. --On m'a dit que vous l'avez rencontré au Bar de la Grande Rouquine. --Oui, au Bar de la Grande Rouquine, un soir de neige. --Ahô!... un soir de neige... It must have been very splendid! --Pourquoi dis-tu; ahô?... D'abord ça n'existe pas dans la grammaire; puis c'est tellement yankee que ça m'horripile! Est-ce que ça te gêne que ç'ait été un soir de neige? --Ça me gêne que ma danseuse d'autrefois perde la tête pour des inconnus qui traînent chez la Grande Rouquine. --Mince!... oh, pardon... je voulais dire: flûte! --Flûte ou pas flûte, ce monsieur n'était pas celui qu'il fallait pour vous, même si vous aviez envie de devenir amoureuse. --Ecoute, Jack... D'abord je te prie de ne pas mettre tes semelles sur mes velours, parce que tu les fripes; et ne tourmente pas ce coussin qui ne t'a rien fait de mal... Je préfère en ce cas que tu fumes ta pipe. Ensuite... --Yes? You permit? --Oui, je «permit». Empeste ma maison tant que tu voudras: je «permit». Ensuite je te prie de me dire quels sont tes griefs contre «ce monsieur». --Moi, d'abord, je ne le connais pas. --Et alors? --Et alors je pense qu'il doit y avoir une raison pour que tout le monde me dise:--«Cette pauvre Bliouette... quelle triste fin!» --Qui est-ce qui t'a dit ça? --Tous. --Très bien. Tu peux leur répondre, à ces «tous», que je m'en moque de leurs condoléances! Tu viens chez moi, soi-disant pour m'apprendre de nouvelles danses, mais je crois que tu viens tout juste pour me faire pleurer. --Puisqu'il n'y a pas le tapeur... --Il tarde, en effet. C'est qu'il habite loin, le pauvre. Rue des Fermiers... Je ne sais même pas où ça se trouve! Est ce que tu le sais, toi, où se trouve la rue des Fermiers? --Ce n'est pas mon affaire. Je ne suis pas cocher de fiacre. Moi, je suis danseur. --Oh... excuse-me! Indeed! Et comment s'appelle ta nouvelle danse? --Byrigo-step. --Où est-ce que cela se danse? --Nullepart. C'est une création. --Difficile? --Pour vous pas. --Pourquoi pas? --Parce que vous êtes danseuse, bonne danseuse. --Merci. Alors tu prétends qu'ils disent: «Cette pauvre Bliouette!...» --Oui: quelle triste fin! --Ils disent: fin? --Yes: fin. --Les femmes? --Les hommes aussi. Tous. --Et pourquoi donc? Est-ce qu'une femme est finie lorsqu'elle devient amoureuse? --Des fois oui. --Tu le penses toi aussi, Jack? --Oui, un peu. --A cause de quoi? --On n'est pas forcé de savoir la raison de ses propres idées. --Eh bien, continue. --Mais je n'ai plus rien à dire. --Alors montre-moi le Byrigo, sans musique. --Si vous voulez. --Non, attends. Quand tu recauseras avec ces gens, il faudra que tu leur dises:--«J'ai vu Bluette; elle est tout à fait heureuse.» --Pourquoi dire des mensonges? Ce n'est pas indispensable. On peut se taire. --Mais enfin... je t'avoue, Jack, que mon seul chagrin est de ne plus danser. --Et pourquoi ne dansez-vous pas? --Ça lui ferait de la peine... Il est très jaloux. --C'est ridicule. --Non, c'est juste. Il y a des choses que tu ne peux pas comprendre. Parce que ton cerveau à toi, Jack, on te l'a fourré dans les pieds. Il te sert à bien danser, mais non pas à être un psychologue. --Il faut voir si c'est la psychologie ou bien la danse qui a le plus de valeur. Ecoutez, Bliouette; j'ai une question à vous poser. --Pose-la. --Vous m'avez dit qu'il n'a jamais voulu mettre les pieds chez vous... Pourquoi? --Pourquoi?... Mais c'est très simple! Il m'a dit qu'il préfère m'avoir chez lui, quoique son petit appartement soit beaucoup plus modeste que le mien. --Oui; et la raison? --Mais je viens de te la dire la raison! Est-ce que tu es sourd? --Vous m'avez dit que chez lui c'est plus modeste; vous ne m'avez pas expliqué la raison qui l'empêche de venir ici. --Dieu, que tu m'énerves, mon petit!... Mais la raison est très simple! C'est parce que, chez moi, il faut croire qu'il ne se trouverait pas à son aise. Toi, chez moi, tu te trouves à ton aise... et la preuve c'est que tu m'écrases mes velours, tu m'empestes l'air, tu vas me brûler quelque chose tout à l'heure... Lui, au contraire, pas. Est ce que tu comprends? --Ahô... je ne comprends rien. --Zut alors! Et c'est pourtant si simple! Ecoute-moi, Jack. Tâche d'être aussi intelligent que possible; je vais t'expliquer. Lui, d'abord, n'est pas un homme comme tous les autres... --Non? Qu'est-ce qu'il est? A-t-il quelque chose qui lui manque? --Ne fais pas de l'esprit, Jack? Toi, qui es si adorablement stupide, n'essaye pas d'être un homme spirituel, pour l'amour de Dieu! D'ailleurs je te préviens qu'il est très beau, d'une beauté vraiment noble; c'est un de ces hommes qui forcent le monde à retourner la tête lorsqu'ils passent. --On me l'a dit. --Tiens! On te l'a dit? J'en suis très satisfaite. Et, avec ça, il n'est pas comme tout le monde; il a ses idées. Quand il dit:--Je ne veux pas telle chose,--il ne la veut pas. C'est très simple... Me suis-je expliquée? --Peut-être. --Mais comment peut-être? Attends... Ne siffle pas. Est-ce la musique du Byrigo, ce que tu siffles? --Yes: Byrigo-step. --Très joli. Je devine par là comment tu le danses... Mais, avant tout, je tiens à te faire comprendre la raison qui l'empêche de venir ici. Ma maison, et tout ce qu'il y a dedans, m'a été donne par des amants... Tu saisis? --Ahô... ce sont des admirateurs de vos danses. --Parfaitement. Mais lui, comme il est très fier, comme il est d'une fierté aveugle, ça le gêne, ça l'énerve... en somme il n'y vient pas! --Et c'est lui qui vous a raconté cette bonne blague? --Tu m'embêtes, Jack! Oui, tu m'embêtes prodigieusement! --Votre caractère est devenu très mauvais, Bliouette. --Eh bien, je t'avoue que ce n'est pas lui... non, ce n'est pas lui qui a trouvé ces prétextes, car, en somme, nous parlons très peu de ces choses. --Alors c'est votre imagination? --Voilà, mon imagination. Mieux encore: ma certitude. Je me suis dit: «Comme il ne doit pas être riche, et que moi je suis très riche, comme il ne doit pas être heureux et que moi je suis très heureuse, comme...» Oh, mais, après tout, à quoi bon gaspiller tant de mots pour te faire comprendre une chose si claire? --J'ai compris. --Tu as compris? --Yes. --Alors tu es plus intelligent que moi; car moi, je te l'avoue, jamais je n'ai pu rien comprendre à toute cette affaire! --Bravo Bliouette! Vous n'avez jamais été logique, et c'est là votre charme! --Ne ris pas, Jack. Ce ne sont pas des choses dont on puisse rire. Sache bien que toute logique n'est en générale que de l'artifice. Moi je me contredis parce que je suis sincère. Il n'y a rien de plus illogique, de plus contradictoire, que la sincérité. Lui il m'aime et moi je l'aime; cela est vrai. Tout le reste n'a pas d'importance... Quoi? Tu siffles toujours? --Yes: Byrigo-step! [Illustrazione: DECORAZIONE] Byrigo-step. Una maniera nuova di mettere i piedi sul pavimento e di musicare il proprio equilibrio facendo un poco di poesia con la suola delle scarpe. Questa non è soltanto la definizione d'un ballo; è anche la definizione di tutti quei tentativi che l'uomo fa per andare a tempo con la vita. Il ballo diverte, perchè si crede vi sia qualche importanza nel concordare un movimento con un suono, come si crede vi sia qualche verità quando si ottiene che le lettere dell'alfabeto sembrino andare a tempo con l'inconoscibile. Certamente nel pensiero dell'uomo v'è un desiderio di musica, un desiderio di poesia; e questo bisogno, in fondo, non è che tendenza verso il limite. Ma nella vita reale c'è soltanto quella musica, quella poesia, che tale può essere per le forme inferiori del pensiero. L'uomo di vera intelligenza perde la strada e sorpassa l'umana poesia. Quando è giunto a possedere la conoscenza, l'uomo vede con elementare chiarezza come l'invenzione di un nuovo ballo e quella d'una metafisica nuova rappresentino press'a poco la stessa incongruenza. In quest'ultima è il pensiero che cerca nuovi equilibrii, nell'altra è lo scheletro: ma in ogni caso, per dar valore all'una ed all'altra, bisogna cominciare con ammetterne l'importanza intrinseca, ossia dimenticare in entrambe la loro fondamentale comicità. È difficile ritenere che un sistema filosofico, un libro di giurisprudenza od un poema epico siano cose molto più serie che il Byrigo-step. Questo a noi «sembra», perchè siamo impigliati ancora dentro i nostri sistemi, i quali non son altro che piramidi e labirinti e circoli di lettere dell'alfabeto. L'ápice dei sensi, che l'uomo propaga fuori di sè, ha nome fantasia. Ma per alcuni uomini viene un momento in cui la fantasia stessa, come un decrepito albero, s'inaridisce. È stanca d'inventare la bellezza delle cose che non ne hanno alcuna, è stanca di ammettere con dogmatica fede l'importanza di tutto quello che non è. Si spegne. Il colore vola via, dal mondo, come da un'acqua morta il colore del sole che tramonta. L'infinito si rabbuia e si ferma: è il crepuscolo, muore la fantasia. Allora, sui nervi saturi, non hanno più vigore gli afrodisiaci spirituali che servono per propinare all'uomo le innumerevoli menzogne della vita; e soltanto la comprensione dòmina su tutte le facoltà dell'essere, la comprensione arida e sarcastica, il riso buio dell'intelletto che ha sorpassato l'ideale. Ma riesce assai difficile spiegare, a chi non lo provi, questo senso di fredda ilarità che allora comunica lo spettacolo del mondo. Riesce difficile, poichè, per intenderlo, bisogna disubbriacarsi, bisogna liberare il proprio cervello, i propri sensi, dal fumo di tutte le droghe artificiali che impediscono all'uomo di essere formidabilmente semplice. Il senso critico distrugge la vita. Byrigo-step. [Illustrazione: DECORAZIONE] Il giorno 31 del mese, alle ore cinque precise, come di consueto apparve il cronometrico Monsieur Bollot. Soffiava un poco d'asma senile quando, su la mensola dell'anticamera, depose la venusta cartella di cuoio sbiadito. Quella sua bella faccia da notaro della Reggenza, con i baffi ed il pizzo da vecchio moschettiere, una capigliatura d'argento che si gonfiava sotto l'antiquata solennità del cappello a mezza tuba, la sua faccia piena di grinze, ma dove ancora brillavano i colori della gioventù, sorrise familiarmente alla bionda leggiadria di Linette, cameriera dalle calze di voilé, che si affaccendava per liberarlo dal soprabito. --Bonjour, ma petite! Un vent d'Avril qui aigrit mes rhumatismes! A la bonne heure, Linette!... si je n'étais pas si vieux, j'aimerais encore bien vous conter fleurette.. --Mais vous n'êtes pas si vieux, Monsieur Bollot! Au contraire, vous avez une mine superbe aujourd'hui. --Des compliments! toujours des compliments! Ça fait plaisir quand même. Enfin!... comment va Madame? --Madame est en ville. Mais je suis sûre qu'elle rentrera bientôt. Elle est sortie après le déjeûner, en me disant:--Aujourd'hui, à 5 h., Monsieur Bollot viendra. Si par hasard je tarde, il faudra le prier de m'attendre. --C'est ça; nos attendrons. Pour abréger l'attente nous allons faire un bout de causette, à nous deux, dans le salon. --Avec plaisir, Monsieur Bollot. J'ai même bien envie de vous dire quelque chose. --Oui? Dépêchons-nous alors... Prese la cartella, i guanti, e camminò a piccoli passi, con quella particolare oscillazione d'equilibrio che hanno i vecchi ed i bambini. Un sole d'oro fiammeggiava sui mobili della sala di Bluette. --D'abord, voici: ce sont vos gages,--disse il vecchio amministratore, frugando nelle tasche della sua rigonfia cartella.--Vous y trouverez aussi vos étrennes pour Pâques: c'est un petit cadeau que je vous fais personellement, et cela n'a rien à voir avec les étrennes que vous recevrez de Madame. --Je vous remercie infiniment, Monsieur Bollot. --Il n'y a pas à me remercier. C'est pris sur les économies de l'administration, et, puisque vous êtes si fidèle, c'est bien juste. --Vous me faites rougir, Monsieur Bollot!--esclamò l'incipriata Linette, nascondendo il denaro nella tasca del suo fino grembiule di pizzo. --A présent n'oubliez pas que j'aime boire un petit verre de Kümmel en arrivant, un autre en m'en allant. Versez-le moi, Linette, et causons. Con le sue dita color dei gelsomini, Linette gli pose accanto il lieve calice del suo liquore preferito. Mentre girava intorno a quella sorridente canizie, lei co' suoi capelli biondi, lui con il suo pizzo da bianco moschettiere, apparivano entrambi così gentili, così onesti, che il vederli faceva ripensare a quelle buone vecchie stampe di cento anni fa, che illustrano con tanto garbo le indiscrete pagine dei galanti novellieri francesi. --Ce que j'ai à vous dire, Monsieur Bollot, est très court. Vous savez que j'aime Madame plus que moi-même... --Oui, je le sais, Linette. --Eh bien, Monsieur Bollot, vous êtes le seul homme qu'elle respecte et que parfois elle écoute. Je vous en prie, faites quelque chose pour lui ouvrir les yeux, pour lui rendre sa raison... car je vous assure que Madame est devenue folle! Il vecchio amministratore impiegò qualche tempo prima di rispondere; poi depose il bicchierino di néttare, asciugandosi con accuratezza le labbra inumidite. --Nous le savons, Linette. Et tu penses bien que nous lui avons déjà dit notre avis. Quoique, pour être juste, cet homme n'entame pas sa fortune. Cet homme, --C'est beaucoup, en tout cas, Linette. Car cela est indéniable. --Peut-être, bien, Monsieur Bollot. Mais l'économie n'est pas tout en ce monde. --C'est beaucoup, en tout cas, Linette. Car cela montre qu'on a de l'ordre dans l'âme. Mais pourquoi t'affliges-tu tellement? Que ce soit lui ou un autre, est-ce que ce n'est pas la même chose? --Du tout, du tout, Monsieur Bollot! Et je vous affirme qu'un de ces jours il va se passer quelque chose de très grave. J'en suis certaine. Voyez vous, Monsieur Bollot: les autres étaient presque toujours des gens très comme il faut; il étaient, parfois ses caprices, parfois ses habitudes ou ses devoirs: jamais rien de sérieux en tout cas; ce que chaque femme comme elle doit avoir... des amants, en somme! Elle ne les aimait pas du tout, c'étaient eux qui l'aimaient. Tandis qu'elle est folle de celui-ci. Je vous dis, Monsieur Bollot, qu'elle en est folle! Et pas du tout heureuse par dessus le marché! Il bicchierino di Kümmel tremava leggermente fra le dita bianche di Monsieur Bollot. --Est-il peut-être méchant avec elle? --Que sais-je? Depuis que Madame fréquente ce Monsieur, je puis vous dire qu'elle n'est plus la même femme. Arrachez-la de cet homme, Monsieur Bollot! Faites-lui violence, vous qui le pouvez, mais emportez-la très loin, très loin, car un de ces jours il va se passer, j'en suis certaine, quelque chose de très grave... --Quoi, par exemple? --Que sais-je? Un malheur sans doute. Cet homme, je ne l'ai vu que de loin, et en cachette, puisque vous savez peut-être que jamais il ne vient ici. Sa figure ne me dit rien de bon. C'est une de ces têtes, Monsieur Bollot, qui ont quelque chose de beau et de redoutable. Moi, voyez-vous, ça ne m'étonnerait guère si un matin je voyais paraître cette tête-là dans les journaux, à la place où l'on fait le récit des crimes... --Oh, oh, comme tu y vas, Linette! --C'est mon avis. En tout cas je n'exagère pas en vous disant que Madame y perd sa santé et sa carrière. Quant à l'argent, Monsieur Bollot, il peut se faire qu'il file aussi, comme tout le reste. --Nous lui parlerons... nous lui parlerons... calme-toi, Linette! --Tenez, Monsieur Bollot: depuis que cet étranger à pris place dans notre vie, la maison n'existe plus. Toujours vide, toujours morne. Madame passe avec lui toutes ses journées; elle ne rentre que pour se changer de robe, et s'en va de nouveau jusqu'au matin. Elle a maigri terriblement, Monsieur Bollot, et quand je lui fais son bain, ce n'est plus elle. Madame Catherine aussi prépare ses malles tous les trois jours, puis elle les défait. Pauvre femme! Elle non plus n'a pas le coeur tranquille. Personne à présent n'ose mettre les pieds chez nous. Le seul qui vient encore de temps à autre, et qui l'attend de longues heures, c'est ce pauvre Jack... vous savez bien, son danseur d'autrefois. Nous causons, nous causons, lui et moi, dans la garde-robe ou dans la véranda, parce que lui il fume dans sa pipe un tabac qui sent très fort. Ce pauvre Monsieur Jack!... Si vous saviez comme il est gentil. Des fois nous en avons tous les deux les larmes aux yeux... Il vecchio Monsieur Bollot, preso lui pure dalla commozione, guardava con fissità le ultime gocce del liquore nel lieve calice di fino cristallo. Poi si raschiò la gola, e disse un'altra volta: --Nous lui parlerons, Linette, sois tranquille. Questo «nous», ch'egli adoperava con pompa nella sua dolce umiltà, era una specie di abitudine professionale, che sembrava ravvolgere il suo cuore di padre nella toga del giurisperito. --Il ne suffit pas de lui parler, Monsieur Bollot. Car elle vous ferait, avec plus de politesse, la même réponse qu'à moi: «Fiche-moi la paix, Linette!» Alors c'est de l'énergie qu'il faut avec elle, ou bien de la ruse... oui, Monsieur Bollot, de la ruse! Vous, qui êtes si instruit et si bon, faites-lui comprendre sa folie, trouvez un moyen quelconque pour la remettre dans le droit chemin. --Par exemple? --Eh bien, d'abord, vous pourriez essayer de la raisonner, comme vous le faites parfois, d'un ton paternel. Je l'ai vue souvent devenir un peu pâle et se mordre la lèvre quand vous lui donniez des conseils. Vous, elle vous écoute. Parfois elle se rebiffe, parfois elle se met à crier: «Mon Dieu! mon Dieu! que vous avez des idées arriérées, père Bollot!...» Mais, vous parti, le soir même, ou le jour après, pendant que je l'habille, voilà que tout à coup Madame se prend à me dire: «Il avait tout de même raison, ce brave Monsieur Bollot. Il a des idées anciennes, mais elles sont justes. Je ferai comme il a dit.» --En effet, en effet, chère Linette, j'ai de l'expérience et je ne parle que pour son bien. --Oui, et alors vous devriez lui donner un ordre, voyez-vous, Monsieur Bollot: un ordre! Par exemple: «Tel jour, vous, moi et Linette,--vous, moi, Linette et Monsieur Jack--nous partons tous pour tel endroit». Pour n'importe où, pourvu que ce soit très loin. --Parfait, Linette. Seulement c'est beaucoup plus facile à dire qu'à obtenir. --L'idée, je vous l'avoue, n'est pas de moi. Elle est de Monsieur Jack. Il a l'abitude, lui, d'aller et venir d'Amérique; il trouve très commode qu'on ait à se trimbaler d'un point à l'autre de la terre. Quant à moi, mon idée serait bien différente. --Et quelle est ton idée, voyons? --Moi, si j'étais vous, j'irais tout droit chez ce Monsieur; je lui dirais: «Monsieur Castillo,..»--c'est son nom,--«Monsieur Castillo...» enfin je ne sais pas au juste ce que je lui dirais, mais sûrement des choses qui toucheraient son coeur, s'il est un honnête homme. --Et s'il ne l'est pas? --Je lui en dirais d'autres, mieux faites pour l'effrayer. Car nous sommes trois, après tout,--vous, Monsieur Jack et moi--qui sommes prêts à défendre Madame de toutes nos forces. Mais, voulez-vous que je vous dise, Monsieur Bollot?... C'est drôle, c'est absolument drôle, et pourtant je suis persuadée que lui aussi, malgré tout, il l'aime... --Veux-tu que je te dise, Linette? Je suis presque du même avis... --Et alors? --Alors, ma fille, tâche de comprendre que tout serait en vain. Ecoute ce que te dit un vieillard, dont la vie toute entière fut lente et monotone comme le tic-tac d'une pendule. Sache, mon enfant, qu'entre toutes les illusions de la terre une seule est vraie, une seule parvient à griser merveilleusement notre âme: c'est quand deux créatures s'aiment, et que tout le reste devient pâle comme si le soleil ne le touchait plus... --Oh, que vous dites de belles choses, Monsieur Bollot!... --Ces sont mes cheveux blancs qui les disent... Allons! verse-moi un autre petit verre de cet excellent Kümmel, et, puisque Madame tarde outre mesure, je vais commencer par payer leurs gages aux gens de la maison. Pour toi, d'abord, c'est réglé. Va donc dire aux autres que Monsieur Bollot les attend. E mentre se n'andava, rapida e seria, co' suoi piedini ben calzati, che luccicavano sul tappeto, il vecchio notaro, alzandosi con un po' di stento, incominciò a toglier fuori dalla voluminosa cartella i fogli amministrativi, cosparsi d'una grave scrittura simmetrica, poi, ad una ad una, le buste gialle in cui suonavano i marenghi, gli scudi e il rame degli stipendi mensili. Mentre aspettava, si mise a fare un'ultima verifica, brontolando: --Maurice... Maurice, maître-d'hôtel--125--cent vingt-cinq... Voilà du gaspillage, nom d'une pipe! Je ne comprendrai jamais pourquoi on doit jeter six louis et cent sous par mois, pour se payer le luxe d'un maître d'hôtel, qui ne fiche rien du matin au soir, et qui n'est même pas là lorsqu'il s'agit de m'ouvrir la porte... [Illustrazione: DECORAZIONE] Un giorno sparì. Senza dirle una parola d'addio, senza guardarla nel colore degli occhi, d'improvviso, con l'anima forse in delirio, un mattino di gran luce sparì. Prima che l'afferrassero, prima che l'oscura tragedia della sua vita giungesse ad un epilogo apparente, in silenzio, a cuore perduto, sopraffece il suo delirio e partì. Era venuto dal lontano mondo: ripartiva per il lontano mondo, per la strada morta ove camminano gli uomini che portano in sè, come tenebra, un dolore definitivo. Era giunto sino a lei ravvolto in una storia buia; l'aveva imprigionata nella sua ombra, si era lasciato per l'ultima volta ubbriacare dal profumo della sua bocca, dal profumo de' suoi fiordalisi... poi, senza nemmeno guardarla nel colore degli occhi, silenzioso e folle come i nomadi, ripartiva per la strada infinita. Era un mattino di Maggio, quand'egli uscì per l'ultima volta dalla sua casa deserta. Quella casa era nascosta in una piccola strada, calma, vecchia,--di quelle che gli edili ragionevoli vanno cancellando a poco a poco. Si vedeva, lontana, la Colonna di Luglio sorgere dalla piazza della Bastiglia. Barcollò. Tutte le finestre di Parigi brillavano, come se avessero nelle raggiere dei vetri una felicità di fuoco. L'amava, l'amava!... Sì, ma era troppo tardi... troppo tardi!... Bisognava partire, partire. La terribile Città Stupenda lanciava in alto, nel mattino di primavera, la potenza dell'infernale suo paradiso. Tutte quelle case, quelle finestre, quei lembi di cielo, per lui sembravano sereni come gli occhi di Mimi Bluette. Mimi Bluette!... Questo nome cantava nel rumore di Parigi, era la bellezza di tutte le cose che i suoi occhi vedevano, la sorridente anima della vita. Sì, addio!... addio per sempre, inesorabilmente, con terribilità, con disperazione, addio... Barcollò. Fece due passi... tre passi... la strada camminava. La distanza era una fuga. Mimi Bluette... Mimi Bluette!... I rumori vertiginosi della Città Babelica pareva lanciassero in alto, per l'aria bionda, questo nome felice. Le strade sollevate s'impennavano contro il cielo; turbini di folla giravano con fragore nella bianca immensità. Era stata il suo bicchiere ultimo di Sciampagna, l'ultimo suo canestro di rose... che follìa!... Parigi la Magnifica, tempio e sepolcro dell'ideale, Parigi fiore della terra, in quel mattino del mese di Maggio era bella come una donna giovine, che innamorata si guarda nello specchio, appena levata. Le sue piazze gremite, piene di tumulto, ridevano come se fosse un giorno di festa. I più rugginosi tetti, carichi di gloria, cercavano di riaccendere nello sfarzo del sole di Maggio l'antica loro novità. Ed egli si sentiva il cuore pesante come una macina da mulino. Mimi Bluette!... Mimi Bluette!... Era stata bionda come il grano, quand'esso lampeggia maturo nella fulgida estate. Aveva un'anima limpida e profumata, com'erano i suoi dolci capelli, quando con impeto li scioglieva per coricarvi la sua perfetta nudità. Camminare, camminare, per strade che non tornano più... Parigi cantava; Parigi la Grande aveva un fiore a tutte le finestre. Il fiume più maraviglioso della terra, con acque gialle di fango baciava la Basilica di Francia. Udì suonare a stormo le campane invisibili di Notre-Dame. Le cento basiliche della Senna risposero, nel mattino di primavera. Le campane a stormo cantavano: Mimi Bluette!... Mimi Bluette!... Sì, era stata l'ultimo paradiso... Camminare, camminare, per strade che non tornano più. [Illustrazione: DECORAZIONE] Ella trovò la porta chiusa, e, prima di suonare il campanello, battè all'uscio col manico dell'ombrellino. Battè ripetute volte, poi guardò il fragile parasole con il timore di averlo spezzato. Allora suonò il campanello. Intese distintamente correre per le stanze interne la velocissima biscia elettrica della scampanellata. E attese. Attese. Allora suonò tre volte, quattro volte ancora. Ma non udiva il suo passo rapido giungere dall'interno, sul tappeto. --«Il est sorti. Pourquoi est-il sorti?» Nulla di molto singolare in questo fatto; nondimeno era la prima volta che ciò accadeva. Per scrupolo di coscienza diede un'ultima scampanellata. Guardò in alto, per le scale vuote; guardò in basso, verso il primo pianerottolo deserto, e, con il cuore inquieto, ridiscese in cerca della portinaia. La portinaia di quella casa era una persona pressochè introvabile. Dio sa quali faccende avesse, o lì o nel vicinato, ma dentro la sua loggia mal rischiarata non v'era mai altri che un lucido gattone immobile, seduto alla maniera dei cani e che somigliava singolarmente ad una bestia impagliata. Bluette guardò se ci fossero le chiavi dell'appartamento. Non v'erano. Il gatto si mise a fissarla con una immobilità sinistra, che le fece paura. Suonarono le tre. I rintocchi del bronzo si allargavano come ondate di sole nel brillante spazio. L'ora pomeridiana mandava ronzìo. La casa, la strada, le ultime porte, il lontano quartiere, lavoravano in sordina. D'un tratto le pervase l'anima un grande presentimento di sciagura. Le parve ch'egli, non solo fosse distante, ma non ci fosse più. Volle sedersi e attendere; ma ebbe una sottile, inspiegabile paura. Uscì, chiuse l'uscio a vetri della portineria, ed irresoluta non seppe che fare. Il gatto lucido la fissava co' suoi magnetici occhi rotondi, colore di solfo. Allora si mise a camminare per la corte. Finalmente incontrò la portinaia, che aveva in mano un ferro da stirare. La interpellò: --Madame Greuze! Dites-moi, Madame Greuze, où sont les clés? --Les clés de l'entresol? Je n'en sais rien. Avez-vous regardé dans la loge? --Elles n'y sont pas. --Alors c'est que Monsieur Castillo les aura gardées dans sa poche. --A quelle heure est-il sorti? --Ma foi, je ne saurais vous dire., Il y avait pour lui des lettres ce matin; je les ai casées moi-même. A 9 h. elles n'y étaient plus. --Des lettres? Mais il n'en reçoit jamais! --Il y en avait bien deux ce matin, j'en suis sûre. Excusez-moi, Madame, sans ça mon fer se refroidit. Ella rimase ferma nella corte, a guardare la propria ombra che si disegnava nel sole. Poi sollevò gli occhi verso l'ammezzato, quasi per interrogare quelle tre finestre che davano su la corte. Ma erano deserte, piene di silenzio, piene d'immobilità, e si riscaldavano al sole. Tornò indietro, con una grande angoscia, verso la loggia della portinaia, che stirava. --Ces lettres. Madame, d'où venaient elles? Vous l'avez remarqué peut-être. --Parfaitement. Elles venaient de Paris. L'une d'elles au moins, était une de ces grandes enveloppes à entête qu'emploient les Bureaux de la Mairie ou des Ministères. --Quel entête? --Je n'ai pas lu, Madame... Je regrette. J'ai énormément à faire, vous pensez bien! --Merci. --A votre service, Madame. Bluette uscì nella strada e cominciò a camminare. Faceva dieci passi da una parte, dieci dall'altra, ossia percorreva rasente il muro tutta la lunghezza della casa. Di fronte, su l'altro marciapiede, il sole batteva con veemenza nella piccola vetrina d'un orologiaio. La strada calma cullava i suoi radi passanti. E camminò per mezz'ora, per un'ora, in su, in giù, lungo il muro, con gli occhi fissi or ad un capo or all'altro della contrada. Il suo tremante cuore d'innamorata non le batteva nemmeno più; non sentiva in sè che un principio di vertigine, anzi una piccola, intima, profonda ferita. Poi, macchinalmente, risalì per le scale fino al pianerottolo dell'ammezzato, e benchè sapesse ch'era inutile, tuttavia si provò a suonare un'ultima volta. Lo stesso rumore deserto ripercorse con velocità le stanze mute. Scese, faticosamente. Uscì. Un timore illogico e tuttavia profondo assaliva il suo timido cuore. Pensò: «Adesso torna.» E riprese a camminare lungo il marciapiede. Ma una stanchezza pesante imprigionava le sue caviglie da ballerina, come se, in tutte le giunture, avesse d'improvviso perduto il suo naturale miracolo d'equilibrio e d'agilità. Quell'assenza non poteva essere fortuita. Egli era uscito verso le nove del mattino, portando con sè le chiavi; adesso cadeva il tramonto; si vedevano i commessi arruffati, le sottili dattilografe dagli occhi stanchi rincasare con un senso di libertà lungo i marciapiedi che brillavano. Ma dov'era mai? Quale strada lo portava? Come ritrovare uno scomparso nel turbine di quella immensa Città, che aveva strade burrascose come fiumi, piazze babeliche ove la folla si avventava come l'ondata nell'estuario, e che, dal cerchio dell'infinita sua forza, dappertutto sollevava un pesante fragore d'oceano? Ella, in fondo, non conosceva nessun particolare della sua vita impenetrabile. Senza bene comprendere perchè avesse questa certezza, pure una voce profonda nel suo spirito le diceva che non sarebbe ritornato mai più. Ad ogni fragore di ruote che venisse dal capo della strada, sentiva il cuore darle un battito così forte, ch'ella, per un lungo istante, ne perdeva il respiro. Ma ogni volta erano viandanti ben dissimili da lui; non la sua fronte alta e buia, non la sua ruvida gentilezza di persona, i suoi luminosi occhi di nomade, che l'avevano tanto innamorata. Povera Mimi Bluette!... povera, piccola, bionda Mimi Bluette!... Si faceva quasi tardi; la fatica del crepuscolo pesava su la Città scintillante. Non v'era più sole nella piccola vetrina dell'orologiaio, ed ora si potevan leggere a distanza i nitidi cartelli appesi contro l'invetriata: _«Montre Oméga--Or garanti, 18 Carats Chronomètres--Réparations»_ E guardando e camminando pensava:--«Ai-je été assez aveugle? Pendant ces derniers jours il y avait bien dans ses yeux quelque chose de très sombre... Hier soir il m'a dit: «Je t'aime, Bluette...» J'ai baissé la tête, et nous avons pleuré. Avant hier j'ai vu qu'il fouillait dans ses malles. Ses malles autrefois étaient pleines; les derniers jours elles étaient presque vides. Mais je n'osais pas être curieuse, parce qu'avec lui j'ai toujours été si timide...» La strada ora si popolava di gente più veloce; un operaio, passando, le bisbigliò quasi all'orecchio:--«La belle fille!» Pensava:--«Est-ce possible qu'il n'ait pas laissé un mot pour moi? Comme je suis bête! Sans doute, sans doute il m'a envoyé une lettre chez moi!» E si mise a camminar così rapida, che quasi correva. D'un tratto era piena di speranza; la gioia della vita rifluiva in lei. Prese una vettura, ma questa camminava con un passo infinitamente troppo lento per la sua concitazione. Non appena scorse un'automobile, si mise ad agitar l'ombrellino; il guidatore si fermò. Balzatavi dentro, si affacciò al finestrino, quasi per accelerare con la sua folle impazienza i battiti del motore. Nessuna distanza di Parigi le parve mai così lunga. --Vite! vite! vite!...--diceva continuamente al meccanico, battendo con gli anelli contro il vetro. E la videro entrare nella sua portineria come se fosse inseguita. Non prese l'ascensore, volò su per le scale. --Linette! Linette, dis-moi!... où est la lettre, Linette?... --Quelle lettre, Madame? Mon Dieu, que vous êtes pâle! Qu'y a-t-il, Madame? --La lettre, je te dis! Il n'y a pas une lettre, un billet pour moi? --Non, Madame. --Et personne n'a rien téléphoné? --Personne. Cadde sovra una seggiola, piegò la faccia; tacque. --Madame,--disse Linette, prendendole un polso,--qu'est-ce qui est arrivé? Qu'est-ce qui se passe? Ma non rispondeva. Dopo qualche tempo le sollevò nel viso gli occhi folli e disse opacamente: --Il est parti. --Comment parti? Sans rien vous dire? Ella si appoggiò le mani sul cuore, scosse indietro il peso dei capelli, rispose un'altra volta: --Parti. Ma, dopo qualche attimo, sorse in piedi con un'energia convulsa: --Non, ce n'est pas possible!--disse duramente.--Ce n'est pas possible. Vite, vite, Linette! Envoie chercher un serrurier, et que mon auto soit prêt de suite. --Pourquoi faire un serrurier? --Pour ouvrir une porte. Vas-y toi-même, avec l'auto, sans t'habiller... vite! vite! --Mais, Madame... --Ne demande rien, je t'en prie! Tu vois bien que je meurs d'angoisse... Un quarto d'ora dopo il fabbro giungeva sotto l'atrio. Lo fece salire nell'automobile, a fianco del meccanico. --Viens avec moi, Linette; ne me laisse pas seule... --Je vais donc mettre mon chapeau, ma jaquette... --Oui, mais dépêche-toi! In quel momento la bionda Caterina rientrava dalla sua passeggiata crepuscolare, fresca e giovanile quanto è lecito essere ad una donna della sua età. Siccome nel medesimo tempo Linette scendeva già dallo scalone, sua figlia non le permise nemmeno di avvicinarsi allo sportello: --Dopo, dopo, ti spiegherò, mammina... ora ho fretta! E la lasciaron lì nel sottoportico, mentre i due pettegoli bambini del portinaio la tiravano per la bella sottana e le chiedevano sfacciatamente: --Est-ce que ce soir il n'y a pas de chocolats pour nous, madame Catherine? Non ne aveva. Ma restò per circa una mezz'ora, lì, sotto il portico, a far congetture su l'accaduto con quel personaggio gallonato e protocollare, che possedeva il senno proverbiale di tutti portieri. Laggiù frattanto, nella strada calma e lontana, le poche botteghe si erano accese di una pallida elettricità. Qualche gente vi discorreva su l'orlo dei marciapiedi; qualche altra, stanca della giornata, passava senza volgere il capo, lungo i muri. Dietro la porta vetrata il lucido gattone di Madame Greuze guardava con immobilità bollire una pentola sul fuoco. Salirono. Prima ella suonò ancora il campanello; poi, rapidamente, il fabbro fece saltare la serratura. Bluette osservava con occhi fermi le mani callose dell'operaio. Gli disse: --Partez avec mon auto. Faites tout de suite une nouvelle clé; donnez-la au chauffeur. Je l'attends. Ed ascoltò il suo passo pesante scendere per le scale scuotendo il mazzo dei grimaldelli. Non osava entrare. Linette le stava così presso che i loro gomiti si toccavano. --Je n'ai plus de courage, Linette... Il s'est tué peut-être... je vais voir son cadavre... --Appelons quelqu'un, Madame... moi aussi j'ai très peur... --Non, tais-toi. Ce n'est pas possibile... il est parti... parti... Entrarono, chiusero l'uscio. Nell'anticamera faceva buio. Ma un raggio batteva nel vetro d'un piccolo quadro. La casa deserta sembrava infinitamente profonda. Bluette cercò, lungo la cornice dello stipite, l'interruttore della luce elettrica, ma in quel grande smarrimento la sua mano incerta non lo ritrovava. Infine Linette riuscì ad accendere. Videro che l'attaccapanni era vuoto. Tre stampe di cacce inglesi pendevano dalla parete; v'eran su la tavola un bacile di rame, un vaso di cristallo, con qualche fiore appassito che aveva portato Bluette. D'un tratto, come una pazza, ella si mise a correre per la casa... Guardò, frugò... Nulla, nulla, nulla... Sì, era partito per sempre, partito come un vero nomade, partito senza dirle addio. In quel momento venne su la portinaia. --Je ne sais pas si c'est bien juste ce que vous avez fait, Madame. C'est vrai que vous êtes presque la patronne ici... Pourtant, s'il a fermé, c'est qu'il ne voulait pas qu'on fasse sauter la serrure. --Oui, oui, Madame Greuze... Oui, oui, Madame Greuze... --Il faudra lui écrire que vous l'avez fait sans notre permission. Car c'est nous, c'est-à-dire mon mari et moi, qui sommes chargés de l'appartement. --Lui écrire? Mais où? --Vous le saurez peut-être. Moi, pour sûr, je n'en sais rien. D'ailleurs il ne faut pas vous étonner: c'est presque toujours ainsi qu'il s'en va. --Reviendra-t-il, Madame Greuze? --Que sais-je? Il reste souvent plusieurs mois sans revenir; une fois son absence dura plus de deux ans. Nous recevions toujours son loyer, avec nos gages, très exactement. Cette fois-ci, ni gages, ni terme; rien. Il n'a rien payé. Et puis ses malles sont là. Venez voir, Madame. Trois malles, qui ont fait le tour de la terre... Voyez combien d'étiquettes! C'est vrai que parfois on vient les prendre même huit jours après son départ. --Et qui est-ce qui vient les prendre? --Un monsieur âge, qui s'appelle Dmitrieff. --Où est-ce qu'il habite? --Je n'en sais rien. Monsieur Castillo m'a dit une fois: «Vous ouvrirez toujours à ce Monsieur Dmitrieff,»--qui était avec lui. Un étranger sans doute. --S'il vient cette fois-ci, il ne faudra pas le laisser partir avant de m'avoir donné un coup de téléphone. Voici pour vous, Madame Greuze. --Deux louis? Mais c'est trop, Madame! --Je vous en donnerai bien d'autres, si seulement vous m'apporterez un renseignement quelconque. Aussi dites-mois tout ce que vous savez, tout, les moindres détails. Je me souviens par exemple qu'il avait aussi deux grands sacs; il n'y sont plus. Quand les a-t-il emportés? --Pendant la nuit peut-être, car je suis bien sûre de ne pas l'avoir vu passer. --J'ai été ici moi-même jusqu'à deux heures du matin; puis il m'a reconduit. Oh, je vous en prie, essayez d'en savoir quelque chose, Madame Greuze!... --Bien sûr, bien sûr; j'intérrogerai tout le monde. Seulement, ne pleurez pas, Madame... Il va revenir, soyez-en certaine... vous êtes si belle! Ma ella era bianca e ferma, e le lacrime cadevano da' suoi occhi, senza un tremore delle ciglia; cadevano come se perdesse tutta l'anima, a poco a poco, in ogni gocciola di pianto. --Je n'ai qu'une chose à vous dire; mais vous la savez sans doute,--concluse M.me Greuze.--Il y a un mois environ, des agents de police en civil sont venus et m'ont posé beaucoup de questions sur lui, sur sa vie, sur ses moeurs... J'en ai d'ailleurs prévenu M. Castillo, qui s'est mis à rire et a haussé les épaules. Il vous l'aura dit, je suppose. --Non, Madame Greuze. --Ah?... Ils sont venus deux fois. Et hier, dans l'après-midi il a reçu la visite d'un gros monsieur à longues moustaches et pardessus beige, qui a prétendu monter malgré la consigne. Un monsieur très désagréable et très arrogant. Un Parisien celui-là, c'est sûr. --Donnez-moi des détails, Madame Greuze. Il faut que je le retrouve. --Des détails? Je n'en ai pas. S'il revient par hasard, je téléphonerai chez vous. Pour mon compte, d'après son allure, j'ai fait une réflexion, quoiqu'un peu risquée... --Laquelle? --Je me suis dit: «Voilà un créancier de Monsieur Castillo.» Car il marchait comme les gens qui viennent pour réclamer de l'argent. E Linette era seduta su l'orlo d'una seggiola, tutta bianca, tenendosi con una mano l'altra mano, che non sapeva dove stare. [Illustrazione: DECORAZIONE] Così passarono tre giorni. La barbara Città Splendente le aveva rubato il suo amore. Quel dono che le fece in una sera di musica, le ritoglieva in un giorno di sole. Per vendicarsi d'averla resa bella ed innamorata, ora, d'un tratto--senza nemmeno dirle: «Preparati!» le uccideva nel cuore la felicità. Mandava un repentino soffio di tragedia ad investire i suoi capelli biondi, sciupava, sfogliava con adirata violenza i semplici fiori del campo, i fiordalisi di Mimi Bluette. Ella si accorse che Parigi la Grande cantava brillava roteava intorno al suo fermo spavento come il carrosello di una terribile fiera. Si chiamava Mimi Bluette, ed era più disperata che le ragazze vagabonde, le camminatrici delle vie notturne, quando l'ospizio le rifiuta e dormono sotto i ponti. Si chiamava Mimi Bluette, e non aveva più nell'anima neanche un fiore. Fece tutto quello che potè per ricercare lo scomparso, ma inutilmente. La distanza era implacabile; dal lontano silenzio non veniva neanche una parola. Ed ella visse in quell'appartamento, per lunghi giorni, da mattino a sera; cercò, frugò, mise ogni mobile sossopra, nella speranza di trovare un indizio che potesse ricondurla fino a lui. Nulla. Tutto quanto v'era, non faceva che accrescere l'ombra. Solo di un fatto si accorse: ch'egli era estremamente povero, poichè aveva tutto venduto. Allora pensò con desolazione alla propria ricchezza, che gli avrebbe offerta come si offre, a chiunque lo domandi, un bicchiere d'acqua pura; la sua ricchezza vuota e pesante, che ormai non servirebbe a nessuno. Capì che forse la miseria, forse la vergogna d'una fierissima povertà, lo aveva costretto a riprendere il cammino dell'esilio. Chissà? Forse non era nemmeno questa la ragione. Nel vasto mondo egli era un disperso, un camminante, uno di quegli uomini senza storia dei quali non è possibile incatenare la fuggente vita. Ma un soffocante pensiero la strinse. Ritrovarlo!... dirgli:--«Prendi! questo oro è tuo; questa ricchezza che mi pesa è tua». Perchè mai non ho saputo indovinare la tua povertà io stessa? Perchè non me l'hai confessato, Laire? Hai avuto forse paura di piegare quella tua fronte così alta? Ebbene, dovevi dirmi:--«Sii povera tu pure. Lascia ogni cosa, vieni con me; lavoreremo.» Una soffocante gioia d'un attimo... e più tardi pensò:--«Bisogna, bisogna ch'io lo ritrovi!» Era Mimi Bluette, aveva la bellezza e la ricchezza, la libertà ed il fascino: questa sua leggiadra potenza doveva pur bastarle per ritrovare un uomo. [Illustrazione: DECORAZIONE] --Madame désire?--le domandò con arrogante urbanità l'imbronciato Monsieur Pétimel. --Veuillez faire passer ma carte à M.r le Ministre. --Oh!... je vous préviens, chère Madame, que vous n'aurez pas moins d'une heure d'antichambre à faire... Il y a douze personnes avant vous. --Vous avez l'air de ne pas me reconnaître, M.r Pétimel! --Excusez-moi, Madame, je n'ai qu'une paire de lunettes et il fait assez sombre. Attendez un peu, attendez un peu... Così dicendo s'inforcò sul naso, già carico degli occhiali a stanghetta, un paio di grosse lenti convesse, dall'orlo di tartaruga, e si mise a guardarla da vicino, mentre la sua vasta faccia naufragata nella pinguedine sembrava che venisse a galla per illuminarsi di stupore. --Oh, mais c'est bien vous que je revois? N'y a-t-il pas d'erreur? Est-ce vous? madame Bluette? --J'en suis presque sûre... Toutefois regardez mieux, M.r Pétimel! --Enfin!... après si longtemps! Quelle bonne surprise! Je me figure bien la tête que va faire M.r le Ministre! --Voulez-vous lui passer ma carte à présent? --Mais certainement, Madame Bluette! Et, puisque c'est vous, je peux bien vous dire que les douze personnes se réduisent à un Délégué de province, fort négligeable et fort assommant, dont M.r le Ministre va se débarrasser en quelques secondes, aussitôt qu'il aura lu votre carte. J'y cours. Vous êtes toujours la plus jolie femme de Paris, M.me Bluette!... quoique un peu maigrie... J'y cours! --Eh bien courez, M.r Pétimel, car je suis très pressée. --Oh, ce que nous vous avons regrettée dans ces bureaux, M.me Bluette! Il y a eu de bien mauvais jours au moment de votre retraite! Et puis, un Ministère tombé, un Ministère refait... hélas!... la politique! --Mais courez donc, M.r Pétimel! --Parfaitement; j'y cours. Finse di allungare il passo quanto poteva, ma, prima di battere all'uscio del Ministro, volle compiere il giro di tutti gli uffici per diffondere la straordinaria notizia. --Crise de cabinet!... Crise de cabinet!--sussurrava presso tutte le scrivanie, soffocando un gorgolio di riso nella sua grassa pappagorgia. Infine si presentò nello studio del Ministro, e vedendolo accalorato a ragionare di riforme agrarie con il Delegato provinciale, questo adorabile M.r Pétimel si chinò all'orecchio di Sua Eccellenza, ma disse con voce che avrebbe udita pure un sordo: --Monsieur le Ministre! Il y a M.me Mimi Bluette, revenue comme par miracle, qui vous prie de la recevoir tout de suite, pour affaire urgente.--Poi soggiunse con una voce da filodrammatico:--On voit à ses yeux qu'elle doit avoir pleuré... Sua Eccellenza diventò bianco, rosso, purpureo; si dimenò, guardò in faccia il Delegato, il segretario, e per ultimo, non sapendo che dire, si carezzò la rotonda calvizie. Per fortuna il Delegato era un uomo di spirito, e visto l'imbarazzo nel quale si trovava il Ministro, cercò di abbreviarglielo per quanto stava in suo potere. Cinque minuti dopo il nervoso campanello di Sua Eccellenza invitava M.r Pétimel ad introdurre nel suo gabinetto l'impaziente supplicatrice. Sua Eccellenza l'attendeva in piedi, contro la scrivania, ritto e fermo, con una certa magnanimità. Era turbato, si mordicchiava un labbro con l'orlo dei denti. --Fermez la porte, M.r Pétimel. Je n'y suis pour personne. Allez. Mimi Bluette gli venne incontro con le due mani tese, ch'egli non toccò. --Asseyez-vous, Madame,--disse il Ministro, con un gesto à la Marquis de Priola. --Ne m'en veuillez pas, je vous en prie...--intercesse Bluette.--Je suis désormais si malheureuse, si malheureuse... Egli la guardò senza dir nulla, mentre Bluette sedeva nella poltrona con una specie di abbandonata e stanca umiltà. Forse quell'uomo le aveva sinceramente voluto bene; forse, quell'ambizioso giocoliere, quel tenace politicante ormai quasi vecchio, aveva perduto con lei, non solamente la più bella danzatrice di Parigi, ma una bionda creatura giovine che gli mandava nell'anima qualche soffio di primavera. --Ne m'en veuillez pas...--ripetè Bluette con pianissima voce. --Cela n'a aucune importance!--egli rispose con un tono sarcastico.--Vous est-il-arrivé quelque malheur? --Oui: j'ai été amoureuse comme une folle d'un homme qui a disparu. E gli occhi di Bluette lo guardavan nel viso, fermi, disperati, con una grande luce. Egli rimase qualche attimo sopra pensiero, indi fece una smorfia e si ristrinse nelle spalle. --Cela peut bien être, puisque vous le dites. Mais je ne découvre dans cette éclipse rien qui me concerne. Je ne suis point responsable des gens qui disparaissent. --Si! vous l'êtes! vous l'êtes! Ne jouons pas sur les mots, je vous en prie. Je ne suis qu'une pauvre femme après tout... Ayez un peu de pitié! --Que signifient ces paroles? Ma foi, il m'est impossible de vous suivre sur ce terrain. Est-ce que vous croiriez peut-être... --Je ne sais pas si je dois le croire, mais il est indéniable qu'on me l'a dit. Egli ebbe un sussulto rapido, visibile, contenuto. Le rispose: --Jamais je n'ai été un lâche, Bluette!--Poi soggiunse:--Même pas lorsque j'ai eu la tentation de l'être. Ella guardò i suoi occhi, poi tacque. --Je vous donne ma parole d'honneur, Bluette; ce n'est pas moi qui l'ai fait partir. --Merci... --Vous ne devez pas me remercier, parce que, en effet, j'ai été d'abord sur le point de le faire. Il y a presque longtemps de cela. Et pourtant, vous avez été bien rude, bien cruelle avec moi, Bluette! Mais, au moment où il fallait dire oui, où je n'avais qu'à faire un signe... eh bien, j'ai senti que je pouvais me battre sans merci avec un adversaire de ma taille, mais qu'il était bien lâche de sévir contre vous. Et je ne l'ai pas fait. Non, je ne l'ai pas fait, Bluette! Vous en aurez des preuves, si vous ne me croyez pas. --Merci, merci. Je suis bien sûre de vous à présent. J'en étais sûre d'avance, puisque j'ai osé frapper à votre porte. Il me semble que, malgré tout, vous êtes encore pour moi un véritable ami. --Non, Bluette, cela non. Pour vous je ne suis désormais qu'un étranger. J'aimerais mieux sans doute vous voir heureuse que triste, mais je suis un homme comme tous les autres et il y a des blessures dont les cicatrices sont toujours très sensibles... --Soyez bon, n'ajoutez pas à ma peine. Si vous saviez ce qui se passe en moi, si vous saviez ce que je souffre!... Voilà une semaine que je cours comme une folle à travers Paris, faisant mille démarches, questionnant à droite et à gauche, prodiguant l'or à pleines mains.... J'ai lancé un peu partout des meutes de détectives; j'ai couru les Bureaux de Police, les gares, les agences de voyage... Voulez-vous me croire? j'ai été à la Morgue voir les noyés et le suicidés... Mais rien! Rien nulle part. Cet homme a disparu sans laisser de trace. Et voilà, je suis à bout de forces, j'en perds la tête; il faut à tout prix, à tout prix, que quelqu'un m'aide... Et je suis venue chez vous, sans réfléchir, mais aveuglément sûre que mon désarroi vous ferait de la peine. --Je vous affirme, Bluette, que l'on pourrait voir de l'ironie dans le choix de ma personne en pareille circonstance! --D'autres peut-être; mais pas vous ni moi. --Passons! Que dois-je faire pour vous, Bluette? --M'aider. --Vous aider? Moi? Et comment? --Vous êtes un homme tout-puissant, je le sais bien. Si vous aviez intérêt à savoir où cet homme est parti, vous le sauriez au plus vite; vous le sauriez demain peut-être, et il ne vous en coûterait qu'un ordre donné par téléphone à ceux qui doivent vous obéir. --N'en croyez rien. Je ne suis pas un bureau de renseignements, chère amie! Je vous dis cela, en passant sur le reste. --Comme c'est triste! Vous mettez de l'amour propre où il y va de ma vie. --Mais non, mais non... Et d'abord ne dites pas des phrases si tragiques! --Elles ne sont pas tragiques du tout. Je suis blessée a mort dans mon orgueil, oui, surtout dans mon orgueil, et je vous demande une petite grâce, pour vous bien indifferente. Mais vous refusez... Tant pis! Je vous dis au revoir «Excellence!...» --C'est très gentil comme vous le dites ce: «Au revoir, Excellence!...» Mais enfin, puisque vous y tenez si fort, et puisque je vous aime toujours un peu, ma pauvre Bluette, je vais être ridicule autant qu'il vous plaira, et nous allons téléphoner ensemble au Chef de la Sûreté, pour qu'il déchaîne ses plus fins limiers sur les traces de votre fugitif, qui s'appelle... comment s'appelle-t-il au juste? --Hilaire Castillo, Monsieur le Ministre. --C'est un faux nom, évidemment. --Croyez-vous, Monsieur le Ministre? En tout cas je ne lui en ai jamais connu d'autre. Ed il Ministro d'Agricoltura sperò sinceramente che il bisbetico Prefetto di Polizia riuscisse a pescargli quel cadavere dai vortici della Senna. [Illustrazione: DECORAZIONE] --Voilà encore un embêtement qui n'est pas ordinaire!--bestemmiò con una voce fegatosa l'irascibile M.r Ardouin, non appena ebbe risposto al messaggio telefonico del Ministro d'Agricoltura e Commercio. La sua piccola persona era sepolta dietro l'enorme scrivania, fra una montagna d'incartamenti burocratici ed un mare di ordinanze che giornalmente gli affluivano dal Ministero della Giustizia. La fisionomia punto cesarea del supremo Capo-Ufficio repubblicano lo contemplava dalla parete opposta, con un sorriso dittatorio ma scevro di ogni deprecabile regalità. L'uno e l'altro parevano infischiarsi del proprio mestiere. --«Je lui souhaite de ne jamais tomber sous mes griffes, à ce vaurien de Castillo! Sans quoi je lui ferais payer assez cher tous les déboires qu'il me cause. Charmante journée! Comme si je n'avais rien à faire pour tuer le temps, voilà encore cette gourde ministérielle qui me régale d'une enquête sur l'ex-amant de son ex-maîtresse!... Charmante journée!» Al colmo del malumore si tolse di bocca e gettò via l'inseparabile stuzzicadenti. Ma poichè il Prefetto di Polizia non può esimersi dall'ubbidire al Ministro di qualsivoglia dicastero, l'inacidito M.r Ardouin andò a pescare nell'archivio l'incartamento del nominato Hilaire Castillo. Ne ricavò una confusa noticina, redatta con la sua scrittura illeggibile, poi diede ordine che fosse diramata senza indugio per tutti i Commissariati cittadini e forensi, nonchè nei capoluoghi dei Dipartimenti. Allora si trasse un altro stecco dal taschino, incominciò a rosicchiarlo piano piano, e concluse: --«Après tout il a bien raison, ce Castillo du diable! Grâce à la profession de fantôme qu'il exerce, il n'a personne qui l'embête, même pas le Chef de la Sûreté!» [Illustrazione: DECORAZIONE] Occorsero parecchi giorni di laboriose ricerche, al termine delle quali M.r Ardouin potè avvertire il Ministro che una traccia dello scomparso Castillo era finalmente ritrovata e poche ore gli abbisognavano ancora per sottomettere ad un esame rigoroso le informazioni ricevute. Nel medesimo tempo si fece consegnare da Mimi Bluette le fotografie ch'ella possedeva dello scomparso, e le diede appuntamento per il pomeriggio nel gabinetto del Ministro d'Agricoltura. Puntuale come un funzionario, all'ora prestabilita M.r Ardouin comparve. Un risolino di compiacenza gli orlava la bocca sardonica, ed il suo primo inchino fu per la bella donna, il secondo per il Ministro. Poi si tolse i guanti e cominciò: --M.r Hilaire Castillo jouit d'une santé parfaite. Il est en ce moment en route pour l'intérieur de l'Algérie, après avoir fait la traversée sur un paquebot des Messageries Maritimes. Mimi Bluette lo guardava con due vasti e fermi occhi da ipnotizzata; ma non trovò respiro che bastasse per rivolgergli una parola. E M.r Ardouin riprese: --Hier, Monsieur le Ministre, j'allais vous déclarer mon impuissance à retrouver cet homme, lorsqu'une idée soudaine a jailli de mon cerveau. Cette idée me vint au souvenir d'un fameux Norvégien, disparu dans des circonstances à peu près analogues, il y a une dizaine d'années. La Police eut beau le rechercher aux quatre vents de la terre: ce fut toujours en vain. Il demeurait insaisissable. Certain jour un gros scandale éclata à la Légion Etrangère. Il s'ensuivit une enquête, que le Garde des Sceaux eut la bonne grâce de me confier. Bref: je découvris mon homme sous la tunique bleue du légionnaire, portant les galons de sergent et décoré de plusieurs médailles. C'était, entre nous, un homme très cultivé, très aventureux, et pas du tout malhonnête; car la Légion est une pépinière où vous trouvez des galériens et des idéalistes, des princes et des rôdeurs, pêle-mêle. --J'ai toujours été plutôt sceptique au sujet de ces légendes, mon cher Monsieur Ardouin!... --C'est la pure vérité, Monsieur le Ministre. Et, ce qui est indéniable, c'est que là-bas ils deviennent tous des héros. Ces hommes, qui s'engagent le plus souvent sous un nom d'emprunt, ces hommes qui n'ont plus de patrie ni d'état civil bien défini, sont des soldats superbes, et vous y trouvez des gens qui se feraient tuer dix fois plutôt que de vous avouer leur véritable nom de famille. Mais enfin, peu importe. C'était pour vous dire que l'histoire du Norvégien a tout à coup ouvert une éclaircie dans mon esprit. Puisque nulle part on ne pouvait découvrir trace de son passage, et puisque les hommes ne disparaissent pas comme les brouillards, pourquoi, me suis-je dit, n'aurait-il pas signé un engagement à la Légion Etrangère? Sans perdre de temps je me rends sur place, et, au troisième Bureau d'enrôlement, celui de Belleville, je constate que le 17 Mai, à 9 h. du matin, un nommé Laire... --C'est lui! c'est lui!...--si mise a gridare Bluette, che un invincibile tremito scuoteva per tutta la persona. --Oui, Madame. Sur ce point, je n'ai plus le moindre doute. C'était bel et bien la personne qui vous intéresse. Il s'est engagé sous le nom de Laire, sujet galicien, âgé de 39 ans, ne possédant aucun papier... Il a signé pour cinq ans et a voulu partir le jour même... [Illustrazione: DECORAZIONE] «Sidi-bel-Abbès, 1.e r Régiment Etranger...» La strada cantava. Parigi era per lei nuovamente la città maravigliosa del suo regno. Le rifluiva gioia ed ilarità, musica e profumo dal rumore della vita. «Sidi-bel-Abbès... Sidi-bel-Abbès...» Camminava rapida e leggera, lasciandosi quasi trascinare dalla potenza rumorosa della folla, stordita e pur felice nella confusione ilare delle vie, nella ressa dei quadrivi, lucidi ancora di tramonto. E le pareva di vedere laggiù, nella distanza imprecisabile, nel sogno de' suoi chiari occhi pieni di cielo, splendere sotto l'oasi d'Algeria le vaste caserme arabe dalle calcine sfavillanti. Camminava con una specie di lievità, libera dall'angoscia dei giorni trascorsi come dall'oppressione di una orribile malattia; camminava portando il suo cuore giovine come si porta verso la finestra, verso il raggio del sole di primavera, una pianticella fiorita. Ora lo aveva ritrovato, conosceva il suo distante rifugio, immaginava la strada luminosa per andare fino a lui. «Sidi-bel-Abbès... Sidi-bel-Abbès...» L'Affrica barbara dormiva senza ombra negli uragani di sole, devastata e scintillante, laggiù, dove tutto brucia. Come ridevano, come splendevano le vie di Parigi quella sera! Quanta gente, nel passarle vicino, bisbigliava quasi volesse darle una carezza: «Tien, c'est Mimi Bluette...» Mimi Bluette!... Era stata per loro, per tutti, un fiore voluttuoso nel giardino di Parigi; aveva regalato ad ognuno qualche rara memoria di sè, quasi un immaginario contatto con la sua bianca nudità... Era stata per loro, per tutti, un piacere, una bellezza della vita; e quando passava Bluette per quelle strade gonfie di moltitudine, pareva che ognuno sentisse muoversi nell'aria il profumo selvatico degli azzurri suoi fiordalisi. Camminò. Si accendevano tra la chiarezza del tramonto le fosforiche vetrine dei gioiellieri. Una lancia di sole, invisibile per l'alto infinito, spezzava in arcobaleni di fiamme le vetrate dell'Opéra. Ecco, era giunta. Una fuga profonda, innumerevole, di lampadine elettriche illuminava gli Uffici di Thos. Cook and Son. Ella si mise a leggere con pazienza, l'una dopo l'altra, le insegne dei vari sportelli: _«Billets--Chèques--Excursions--Change--Nile Flottilla--Coupons d'hôtel--Renseignements...»_ Depose la borsetta su la mensola dello sportello, vi appoggiò i gomiti, e si rivolse con un timido sorriso al biondo elegante britanno, che dall'interno si affacciava sopra un mucchio d'orari e di cedole, pronto a soddisfare la sua legittima curiosità. --Monsieur, voulez-vous me dire, s'il vous plaît, le chemin qu'il faut prendre pour aller jusqu'à Sidi-bel-Abbès?... [Illustrazione: DECORAZIONE] Il cammino era distante, lungo, pieno di sole, pieno di vertigine, come tutte le strade che vanno incontro alla felicità. Eppure, con il suo piede leggero, avrebbe camminato per l'intero mondo, e camminato senza mai fermarsi, per rivivere un solo giorno di poesia. Adesso le pareva di comprendere tutto quello ch'era stato incomprensibile fra loro. Non avrebbe saputo spiegare a nessuno il perchè di quella fuga, eppure nell'intimo le pareva di «sentirne» la ragione. Le pareva quasi che un infinito amore di lei, troppo altero per umiliarsi, troppo in discordia con altre lontane bufere della sua vita, lo avesse travolto in quel rifugio d'uomini finiti, forse alla ricerca d'un sepolcro anonimo, laggiù, fra quei soldati di ventura. Sì, le aveva detto la verità quella prima sera, dicendole: «... vous êtes ma dernière coupe de Champagne, mon dernier bouquet de roses... quelle folie!...» Ora finalmente comprendeva, nella sua tragica e nuda semplicità, il fierissimo dolore di quell'anima, il suo disperato esilio nella vita, il suo terribile cuore di nomade che non aveva più strada. Negli ultimi tempi, quasi ubbidisse ad un oscuro presagio, le ripeteva ogni sera prima d'abbandonarla: --Bonne nuit, ma Bluette... souviens-toi que je t'aime!... que je t'aime... E le diceva queste parole con la voce d'un uomo che fosse già distante, con la voce d'un uomo che non dovesse tornare mai più. Povera, piccola, bionda Mimi Bluette!... Come gli voleva bene! Che profondo mutamento in lei, da quella prima sera, quando lo vide nel Bar della Grande Rouquine e la sua bocca gli sorrise, umida, sopra l'orlo del bicchiere di Sciampagna!... Quanta bufera, quanto strepito nel suo piccolo cuore di danzatrice, nella sua dolce anima colore de' suoi fiordalisi!... Non si pentiva d'essere stata bella, e desiderata, e posseduta, eppure gli aveva dato il suo amore di vergine, a piene vene, con un senso di paurosa novità. In lui solo aveva trovato l'amante, con lui solo aveva potuto conoscere quella totale fusione dei sensi e dello spirito, quella intima ebbrezza creatrice, piena di tremito e di purificazione, in cui la donna che fu d'altri sente nascere dalle sue colpe il senso dell'amore infinito. Quand'era più inebbriata e più femmina tra le sue braccia d'amante, sentiva persino la tentazione oscura di suggellare nel suo grembo innamorato, con un dolore materno, la fuggente voluttà. [Illustrazione: DECORAZIONE] --Monsieur Bollot, ce n'est vraiment pas la peine que vous me fassiez la morale... Je partirai quand même. Donnez-moi l'argent que je vous demande, faites-moi un joli sourire, et attendez patiemment que je revienne. --Mais vous me demandez une somme absurde, ma fille! Cent mille francs pour aller en Algérie, c'est du gaspillage, croyez-moi, c'est du gaspillage! --Et encore je les veux en espèces, des billets les uns sur les autres. Pas de chèques, pas de lettres de crédit. Je ne veux point avoir affaire aux banques africaines. Dépêchez-vous, Monsieur Bollot, car dans trois jours nous partons. --Nous, vous dites? Et qui donc? Partez-vous en caravane par hasard? --Nous, c'est ma mère, Linette et moi. Ma mère ne vieni que jusqu'à Marseille, d'où elle rentre en Italie. Moi et Linette nous allons aux bords du Sahara, une plage où la vie est très chère. --Mais vous plaisantez, ma fille! Croyez-vous qu'on tienne cent mille francs dans son tiroir comme de la petite monnaie? --Eh bien, vendez, hypothéquez, faites un emprunt, faites ce que bon vous semble; mais dans trois jours vous aurez l'obligeance de me procurer cette somme, pas un sou de moins. Et, à présent, je vous dis au revoir, cher Monsieur Bollot, parce que, vous voyez cette liste?... ce sont des commissions que j'ai à faire. Se ne andò. Jack l'aspettava con pazienza davanti alla portineria di Monsieur Bollot. In quegli ultimi giorni la sua poca loquacità era quasi divenuta un assoluto silenzio. Bluette invece non aveva nemmeno il tempo di badare alla sua tristezza. Gli parlava come ad un fratello, raccontandogli tutto quanto passava nel suo tremante cuore. Jack l'ascoltava con una pazienza irritata, senza guardarla, senza interromperla; in ultimo concludeva: --Quand une femme aime un homme, c'est du temps perdu. --Qu'est-ce que tu veux dire avec cette remarque très intelligente? --Je veux dire, Bliouette, que c'est du temps perdu. --Tu es un grand philosophe, Jack, un très grand philosophe! Ma una sera, che stavano come una volta nella sua camera da letto e, senza pudore verso di lui, Bluette non portava che una sbadata vestaglia, Jack, d'improvviso, tacendo, la rovesciò sui cuscini, e con la bocca premuta nel tepore del suo collo fece un tentativo quasi brutale per impadronirsi di lei. Erano passati lunghi anni, ed egli l'amava sempre come quando ella danzava il My Blu, come quando ne' suoi occhi di Transalpina v'era tutta la bellezza disonesta e docile della femmina da piacere. Ma ora, da lunghissimi giorni, la sua calda gioventù era piena di solitudine; un vuoto e profondo malessere le correva nel cerchio delle vene. Sotto quella repentina violenza, da prima ella non capì. Solamente provava una stordita felicità fisica nell'essere sopra una coltre, supina, con un peso d'uomo che le opprimeva il cuore, il grembo, il seno, e quasi le chiudeva il respiro al sommo della gola. Ma poi si ricordò con un brivido che non era il suo amante, anzi era quasi un fratello, che cercava di offendere la sua rinnovata castità. Un brusco dolore soverchiò nelle sue vene quella involontaria tentazione di gioia, e l'urto fu così ruvido che le parve di ricevere una ferita, mentre il suo docile corpo di femmina era già immerso in un principio di voluttà. Non seppe ribellarsi, non gridò; volse la faccia da un lato, e supplicava con la voce spenta: --Ne me fais pas de mal, Jack... tu es mon frère, Jack... tu es mon frère... Poi le scoppiò nella gola una convulsione di singhiozzi, e dagli occhi fermi, quasi morti, le cadevano lacrime brillanti su la spalla denudata. Egli allora la guardò. La guardò, pallidissimo, con gli occhi bui, perdendo il coraggio di offenderla. Poichè ne' suoi chiari occhi aveva egli pure un'anima, e non poteva impadronirsi d'una donna che piangesse. Anzi una orribile vergogna lo sopraffece: mormorò a fior di labbro: --«Excuse-me. Bliouette...»--E scomparve. Scomparve. Ella rimase a lungo su quel letto, fra il disordine de' suoi capelli, supina e tramortita. [Illustrazione: DECORAZIONE] In certi casi la bionda Caterina mancava di riconoscenza. Quando Maurice, maggiordomo impeccabile, terminò di far passare attraverso il finestrino l'ultima borsa del suo numeroso bagaglio, mentre al segnale della partenza, il bianco treno della Riviera stiracchiava le sue lunghe vetture gremite, la sola cosa ch'ella seppe dirgli furono queste parole insufficienti: --«Ne plôrez pas, mon pôvre Maurice, pour la raison que ze m'en vais... Qui sait qu'un zour ou l'autre ze ne retourne!... Et puis, dans ce monde, il faut tout prendre avec un pé de philosophie!» Maurice non piangeva: ma era veramente commosso e non poteva dimenticarsi lì per lì d'avere calmati così a lungo i suoi nervi generosi col servirle in camera ogni sera una tazza di camomilla profumata. Il treno frattanto s'incamminava senza urto su le rotaie luccicanti. Allora la bionda Caterina incastrò nel finestrino la gagliarda ricchezza del suo seno classico e sorridendo all'impassibile maggiordomo gli mandò con la punta delle dita un ultimo bacio d'addio. Poi si ritrasse nello scompartimento con un grande respiro di sollievo, mentre i gentili occhi di Linette la guardavano trasecolati. --«Tu as un pé de malinconie dans l'âme, pôvre Bluette!... Et moi viceversa ze me sens tout-à-fait heureuse de quitter cette ville tant riche et tant déchantée, qui est, selon ma manière de voir, un immense bordel...» Bluette sorrise, tranquilla, sotto il suo buio velo di viaggiatrice. Ma Linette, che non amava il frasario della bionda Caterina, e sopra tutto non amava sentir offendere la sua bella Città, con una sottil voce piena d'irritazione le rispose: --Pardon, Madame, je suis Parisienne, moi, et ça me fait de la peine de vous entendre débiner ma ville, qui demeure sans contredit la plus belle ville du monde! --«Oh, la, la!... oh, la, la!... toi tu parles parce que tu as la bouche, Linetta mia! Qu'est-ce que ça veut dire «la plous belle ville du monde»? Est-ce que tu as vu les ôtres avant de parler? Non, natourellement! Tu es une zeune fille sans expérience et tu veux mettre ta langue un pé partout! Moi, qui pourrais être ta mère, ze dis que c'est un bordel! Donc tu peux te fier, parce que ze vois les choses claires et ze n'ai pas comme qui dirait les tranches de saucisson sur les yeux!» --Oui, Madame,--rispose Linette, con una remissività beffarda. --«Parce que tu dois savoir,--ricominciò la bionda Caterina--que chez nous, par exemple, il y a moins de belles choses dans le magasins, et on peut traverser le rues sans risquer d'y perdre une zambe; mais la vie dans notre pays est beaucoup plous natourelle, et on n'est pas frustes comme de vieilles savates à l'âge de trente ans! Paris, si tu regardes bien, c'est l'etiquette: mais le bon vin se trouve dans d'ôtres bouteilles. C'est ainsi, Linetta mia! Et souviens-toi que te l'a dit Caterina.» --Oui, Madame,--rispose Linette con un impercettibile sbadiglio. --«Et toi, par exemple, tu n'as qu'à regarder ma fille. Quand elle est venue à Paris, c'était un bouton de rose, mais un de ces boutons de rose qu'on ne cultive pas au Zardin des Plantes, ni pas même à Saint-Zermain!... Or, tu peux la voir, si elle ne ressemble pas à ces têtes de cire qui tournent dans les vitrines des coiffeurs. Et puis, qu'est-ce qu'elle a eu de bon, après avoir été la reine de Paris? Un pé de galette? Oh, mais diable! les belles femmes en trouvent partout. Et encore, quoi? Une poignée de mouches!... Viens voir un pé dans nos villes d'Italie, toi qui chantes: Ze suis Parisienne! ze suis Parisienne!...» --Pour le moment nous allons en Afrique, Madame, et c'est aussi très intéressant. --«Eh, voilà la belle histoire!» Si ma fille en retourne, z'allumerai trois chandelles à la Madone! C'est encore un cadô de Paris ce mal de ventre dont elle est amoureuse! Car, si elle l'avait trouvé chez nous, ze parie ma tête qu'elle l'aurait envoyé se promener, lui et sa Lésion Etranzère! Mais à Paris c'est très chic d'avoir des béguins pour des gigolos qui ne valent même pas un sou troué du Pape! Bluette, con gli occhi affascinati, guardava la veloce campagna sparire. Adesso Parigi la Stupenda era già dileguata nel suo vortice di balenante atmosfera; incominciava senza confine il verde miracolo della terra di Francia. [Illustrazione: DECORAZIONE] --Addio, addio mammina...--ella gridò ancora una volta, sporgendosi dall'alto parapetto, mentre il piroscafo partiva. E le mandò quel saluto con la sua voce che più non poteva essere udita, con gli occhi suoi di fanciulla ch'eran pieni di lacrime, con la sua lunga sciarpa di velo che il vento sbatteva in ogni senso come una fragile bandiera. E la bionda Caterina rimase lì, sul molo de la Joliette, sperduta, immobile, quasi brutta, quasi vecchia, mentre vedeva l'unica sua figlia perdersi, confondersi, nelle azzurre distanze del mare. In quel momento si ricordò più che mai d'averla portata nel grembo, d'averle dato que' suoi dolcissimi capelli biondi. Il pomeriggio assaliva con fulgori pieni di veemenza il marmo e le cupole della trionfale Marsiglia. La città rapace, straricca e splendida, pareva che tenesse alla catena il suo folto naviglio come una dormente muta di cani da preda, velocissimi. Il grande piroscafo della «C.i e Transatlantique», descrivendo un'agile curva sotto i lunghi vortici di fumo delle due ciminiere, usciva nel mare libero cantando a sibili di sirena. Ma la buona madre non poteva muoversi da quell'asfalto luminoso e nero, in cui le pareva di sentir giungere il movimento ritmico del mare. Intorno a lei si pigiava la folla irrequieta, si accatastavano mucchi enormi di mercanzie; le bestemmie dei facchini scandivano il tuffo di qualche remo; l'acqua sudicia gorgogliava contro le fondamenta, senza rumore d'onda. Si alzavano grosse nuvole torbide, come per lo scoppio d'una mina, laggiù, presso i doks, ove i bastimenti fuligginosi rovesciavano valanghe di carbone. Ma questa povera bionda Caterina, che si era creata con le malizie di Parigi una canonicale gioventù, non vedeva che il lontano piroscafo di Bluette camminare nell'infinito con una scìa di sole. Un trattenuto singhiozzo le gonfiava il suo classico seno, e con gli occhi fermi, co' labbri chiusi, piangeva solitariamente. Le grosse zanzare di Marsiglia fecero intorno a lei tanto rumore, che d'un tratto la destarono. --«Zout!--esclamò ella, con un oltraggio estremo alla favella repubblicana;--z'ai le mal de mer à force de plôrer... Couraze, Caterina!» E tornò indietro passo passo, con la fronte china, finchè si risolse a prendere una carrozzella. Il suo treno partiva qualche ora dopo; non le rimase nemmeno il tempo di conoscere la galanteria dei Marsigliesi. E fu certamente un grande peccato. [Illustrazione: DECORAZIONE] Ora il piroscafo andava tra stelle, solcando la chiara notte mediterranea con un calmo rumore di velocità. Bluette guardava quel mare, ch'egli pure aveva guardato. Così curvo era il firmamento che non si poteva nemmeno discernere quali stelle fossero nel cielo e quali navigassero nella cosparsa onda lontana. L'Affrica invisibile mandava già il suo profumo di terra calda e barbara nel tremante spazio. Si sentiva il deserto respirare nella notte piena di fertilità. Le azzurre isole Baleari galleggiavano come grandi giardini marittimi, gonfie di vegetazione, ravvolte in nuvole d'oscurità e di profumo. Palma di Maiorca, ubbriaca delle sue rose, dormiva nel profondo semicerchio della sua baia notturna, tra un fantastico brulichìo di luci tremule, che si appendevano alla costa come leggere ghirlande. Era già il mattino, quando apparvero, confuse nei vapori distanti, le cime della Grande Kabylia, nuvolosi vertici della baia di Algeri. Poi, lentamente, questo grande anfiteatro apparve, sotto le raggiere del sole nascente, chiuso all'estremo confine dalla barriera ciclopica della Kabylia e dell'Atlante. Bluette guardò con gli occhi pieni d'aurora, e guardando baciò con l'anima sua d'innamorata quella terra stupenda che appariva. Le montagne di Buzarea scagliavano alta nell'azzurrità la cattedrale di Notre-Dame d'Afrique. Laggiù, con i suoi mille vertici, brillava la capitale moresca del Mediterraneo, l'antica emula di Cesarea, la schiava di Pedro Navarra, quella per cui pianse il Doria le sue belle armate, Algeri la sempre invincibile, Algeri la stupenda corsara. Simile ad una immensa gradinata di marmo bianco, si sciorinava e scendeva in un delirio di luce verso il mare indolente. Sul più alto gradino, la Kasba fanatica dei vecchi sovrani Berberi scintillava traverso la lontananza come un incendiato palazzo di cristallo. E Bluette vide, su le ovali colline di Mustafà, stendersi la pigra dominazione della città europea, che uccise ormai per sempre il vecchio labirinto, il leggendario mistero della città mauritana. La neve dell'alto Djurjura pareva d'una bianchezza inverosimile in quel colore di deserto. Era un sogno, e Bluette sentì con l'anima sua d'innamorata che stava per entrare nell'incantesimo di una grande poesia. Era la piccola ballerina di Parigi, che andava in cerca del suo amante, laggiù, verso le montagne azzurre della Grande Kabylia, nel sole del continente vertiginoso, nel rosso delirio dell'Affrica satura di malefizio e di voluttà. Essa l'accoglieva, le veniva incontro con una sua città sfavillante, che pareva il giardino estremo di Parigi; eppure lì, davanti a quel porto, sul limitare di quel mondo, la vita cambiava colore. V'erano ancora i sontuosi edifici d'Europa, le formicolanti corsìe, i viali percorsi da filari d'alberi, gettati come larghi nastri sul pendìo delle colline; v'erano ancora, di là dai sobborghi, le rotaie luccicanti, percorse dal fumo delle vaporiere. Ma ella sentì con l'anima sua d'innamorata che in questa indomabile terra, in quest'Affrica ove c'è ancora la distanza, ogni strada poteva chiamarsi veramente una strada, poichè tutte camminando si perdevano, svanivano, parevano andare non verso un luogo ma verso l'infinito, verso quel pericolo ch'è il solo confine delle strade:--la Distanza. Bluette s'incamminò dietro la gente che a lunghe ondate s'incanalava per la scala montatoia. I suoi grandi occhi azzurri guardavano lo spettacolo della Jetée Kheïr-ed-Dine con una specie di cosciente sogno. Di là il mare continuava, con lampi di sole, verso l'Affrica più lontana. Ed era verso quell'Affrica più lontana che la piccola ballerina di Parigi doveva inoltrarsi, portando il suo cuore lieve, ma intenso e profumato come la musica del My Blu. Era nel sole della grande Affrica barbara ch'ella doveva immergere, come in un bagno estenuante, la sua carne incipriata. Ella pure, la piccola ballerina di Parigi, aveva un errante sogno da portare nel deserto, verso le montagne azzurre della Grande Kabylia, verso i fermi uragani di sole che devastano il Tropico senza tramonto. Algeri, sollevata nel tremolio del grande incendio pomeridiano, sciorinava il suo bianco splendore su l'anfiteatro del golfo, dalle cave del Marmo di Bab-el-Oued sino agli ulivi antichi dei giardini di Mustafà. Quasi verticale nello spazio, Fort-l'Empereur vegliava inespugnabile su quell'immenso ventaglio di edifici; la moschea di Djama-Djedid, l' antichissima di Djama-Kebira, le zauie di Mohammed-ech-Chérif, di Safir e di Sidi-Ramdane, raccoglievano in sè tutta la luce di quell'aria maomettana, ove usurpavano cielo senza mandare un lampo le obese cupole cristiane di San Filippo e di Santa Croce. Bluette guardò con l'anima sua d'innamorata quel prodigio nuovo per i suoi occhi, mentre, un po' stordita, un po' ebbra, si lasciava portare dalle ondate di gente, fra cui suonavano le sillabe aspre del linguaggio arabo, le orientali cadenze, le sonorità impure del francese d'Algeria. Davanti a' suoi occhi ferveva con una specie di trepidazione solare l'intensa vita marittima della capitale d'Affrica, mentre, percorsa in ogni senso dalle fiumane di tutti i boulevards, la grande piazza del Governo, pavimentata di fiamma, brulicava, squillante, scintillante, sollevando nel rettangolo degli edifici ad archi la statua equestre del Duca d'Orléans. Da un lato s'alzavano come ruderi d'una fortezza di macigno i dirupi turchi del vecchio porto d'Algeri, gli spalti e le darsene che scoscendono l'aspra isola dell'Ammiragliato; di là correva, leggero come un nastro galleggiante, il molo di Kheïr-ed-Dine. Egli pure aveva camminato su quell'asfalto lampeggiante, aveva guardato Algeri splendere in una intensa nuvola di sole. Come lei aveva quasi rasentato gli scafi degli enormi transatlantici, le prore dei navigli da guerra, per scendere verso la stazione dell'Agha, ove il treno di Orano attende l'ora di avventarsi, lungo i giardini dei sobborghi, nella grande Algeria. E partì. Partì con l'anima sua d'innamorata verso l'immobile Affrica rossa, piena di silenzio e di vertigine, ove anche l'anima s'incendia in un terribile delirio di sole. Partì. Era un giorno gagliardo e scintillante: su tutte le cose immerse nell'aria pareva che tremasse una invisibile maglia d'oro. I giardini dei sobborghi bruciavano come incensieri, mandando larghe vampe di profumi tropicali. La città si dibatteva con fragore sotto la potenza incendiaria del sole. I cantieri d'Europa, le ciclopiche officine degli uomini bianchi, depredavano, pazze di fatica e d'avidità, la ricchezza barbara del continente affricano. Poi Algeri scomparve. Su la pianura immensa della Mitidja la velocità silenziosa del treno spargeva un insostenibile tremolìo. La piana di Algeri camminava, come un mare prosciugato, verso l'azzurro Atlante di Blida. Il sole bruciava da venti secoli sul leggendario Sepolcro della Cristiana. Bluette non parlava. Una tristezza grande, inesprimibile, un senso luminoso di sperdimento, pesava su la sua dolce anima. Qui la distanza era veramente la Distanza. Qui le strade potevano anche non arrivare mai. E si sentiva da lui più lontana che non le fosse mai sembrato nelle vie di Parigi, quando s'incamminò. Il fascino dell'Affrica la tormentava, le penetrava nell'essere come una terribile magìa. Poi cominciò a cadere il giorno. Fu per tutto l'infinito una veemente sollevazione di colori. L'anima delle cose rutilava; tutto splendeva; splendevano perfino i rumori. Abbandonò il capo all'indietro, chiuse gli occhi, sognò. Adesso era perduta; una irremissibile velocità la portava per l'Atlante azzurro, fra tempeste di luce, verso il deserto disperato. Adesso non era più l'innamorata ballerina di Parigi, ma una piccola nomade in balìa dell'infinito, che andrebbe dove andavano le strade, senza potere forse mai più, mai più, giungere alla sua meta. Ogni tanto, quasi per riafferrarsi alla realtà, metteva una mano fra le mani di Linette, che le stava presso, ed in silenzio lasciavano entrambe che il treno portasse nell'esilio, nel grande pericolo della strada, la loro indifesa gioventù. Ora la montagna d'Atlante saliva in ripide petraie deserte, con qualche profumo d'aranceto intorno ai gourbis degli indigeni. La voce montmartrese dello sbarbato maggiordomo passava per la terza volta nel corridoio, ripetendo a tutti gli sportelli:--«Messieurs, Dames, le dîner est servi!... Messieurs, Dames, le dîner est servi!...» E nell'Affrica della Terza Repubblica saltavano, sotto l'unghia d'un arabo, tra i fuochi della incendiata notte mauritana, i vivi turaccioli del vino di Sciampagna. [Illustrazione: DECORAZIONE] --Eh bien, Linette, puisque nous sommes tout près d'Oran, il ne nous reste plus qu'une heure et demie environ de chemin de fer jusqu'à Sidi-bel-Abbès. Pense donc, ma Linette, si nous sommes près de lui! Mon coeur tremble comme l'amorce d'un pêcheur à la ligne. Qu'est-ce que tu en dis, Linette? --Que dire, Madame? Je croyais qui il y avait des chameaux et des caravanes, en Afrique... Mais je vois qu'il y a des trains de luxe comme sur la Côte-d'Azur. Alors, voyez-vous, j'en suis tout de même désappointée. --Cela vient de ton ignorance, Linette. Car, si tu avais étudié un peu de géographie, tu saurais que l'Algérie n'est plus un pays nègre et que Oran est un des ports les plus commerçants de la Méditerranée. On m'a dit que c'est très chic d'aller prendre les bains de mer sur la plage de Sainte-Thérèse. Et réellement on a collé partout les réclames de cette plage. --En fait de réclame, ce Felix Potin est extraordinaire! J'ai vu son boniment dans plusieurs petites gares, où il n'y avait que des charbonniers. --Qu'y a-t-il d'extraordinaire, Linette? C'est sa façon à lui de coloniser les gourbis. Mais regarde donc! Cette grande ville toute ensoleillée, qui se deploie comme un large manteau fauve, c'est bien Oran, si je ne me trompe. Nous y serons dans quelques minutes. Dieu, qu'il fait chaud! Assieds-toi, Linette, et prends mon nécessaire sur tes genoux. Je vais me passer un peu d'Eau de Cologne sur les tempes, un peu de poudre sur la figure, car je me sens horrible! --Vous devez être bien fatiguée, Madame, si j'en juge par moi-même. --Fatiguée, Linette? En bien, non! Ce n'est pas le mot. Je me sens grise... tout à fait grise... et pourtant je pourrais aller bien plus loin encore, s'il le fallait. Tu viendrais aussi, n'est-ce pas, Linette? --Sans doute, Madame. --Pense donc! Une heure et demie de chemin de fer, puis c'est Sidi-bel-Abbès, c'est sa caserne, c'est lui!... Je le verrai ce soir, Linette... Ah, mon Dieu, quand j'y pense, il me semble que mon coeur étouffé n'aura plus la force de battre... --Assez de poudre, Madame! Par cette chaleur, il ne faut pas en mettre tant que ça. --Suis-je très décoiffée? --Ça dépend; pour l'Afrique c'est tout ce qu'il faut. --Et, d'ailleurs, je me voile. Je me sens déjà très musulmane... Comme c'est bête de traverser un si beau pays et de ne rien voir. Mais, au retour, puisque nous serons avec Laire, nous prendrons notre revanche. On ira partout voir les mosquées et les danseuses arabes. Je suis très curieuse de ces femmes, qui doivent être savoureuses et imprégnées de soleil comme des dattes mûres. Je t'en prie, Linette, ne perds pas le sac où nous avons toute notre fortune. Que deviendrions-nous, si, aux bords du Sahara, nous restions sans galette? --Je parie que Madame saurait très bien se tirer d'affaire même en Afrique. --Crois-tu? --Mais, oui. Madame! Cette Algérie, après tout, n'a l'air que d'un faubourg parisien, et il y aurait toujours pas mal de messieurs qui vous trouveraient belle... --C'est que tu ne te doutes pas combien j'ai peu envie de l'être, ma petite Linette! Et tu ignores sans doute qu'en disant cela tu me froisses... Je ne suis plus celle d'autrefois, et je deviens étrangement pudique... --Mais vous n'avez pas remarqué, Madame, ces trois ou quatre voyageurs qui n'ont cessé de se promener dans le corridor en fumant de gros cigares? --Tu leur plaisais, Linette! Voilà ce que je suppose. --Oh, oui, c'est bien la peine que vous vous moquiez de moi, Madame! --En tout cas prépare les cent sous que nous donnerons à l'employé du wagon-lit, car nous serons bientôt en gare. --Hélas, Madame!... c'est très ennuyeux de se remettre tout de suite dans un train, par cette canicule. --Sais-tu ce qu'on pourrait faire? Une heure et demie de chemin de fer, cela fait à peu près soixante-dix ou quatre-vingt kilomètres ce n'est pas beaucoup plus loin que la Forêt de Fontainebleau... n'est-ce pas? --Moi, Madame, je m'y perds avec les distances. Je sais que pour y aller il faut bien disposer de tout son Dimanche. --Eh bien, je suis certaine qu'il n'y a pas plus de 80 km. jusqu'à Sidi-bel-Abbès. On me l'a d'ailleurs dit chez Cook. --Très bien. Mais quelle importance cela a-t-il, Madame, qu'il y en ait quatre-vingt plutôt que cent? --Une très grande importance, Linette. Car, sais-tu ce que nous allons faire? Au lieu de nous remettre dans un train asphyxiant, nous allons descendre dans un bon hôtel, prendre un bain tiède et parfumé, dont je raffole;--toi aussi, Linette, tu vas prendre un bain à l'Eau de Lavande,--puis on se reposera, on se rhabillera avec du linge frais, on déjeunera au restaurant pour voir les têtes de ces Français d'Afrique, et pendant ce temps le portier se chargera de nous louer un auto dans un garage, afin qu'il nous mène à Sidi-bel-Abbès par la route nationale. On prendra l'air et on verra le paysage. Qu'en dis-tu, Linette? --Je dis que ce serait fort joli. Mais, d'abord, est-ce qu'il y a seulement une route? --Que tu es étourdie, Linette! Comment veux-tu qu'il n'y ait pas de route où il y a un chemin de fer? --On ne sait jamais, en Afrique... Et puis, ça doit coûter bigrement cher! Puisque nous avons nos billets jusqu'à Sidi-bel-Abbès... --Voyons, ce sera comme partout: un franc le kilomètre. Quatre-vingt et quatre-vingt ça fait cent soixante; il faut compter en plus la sortie du garage et le pourboire du chauffeur. Si le portier n'est pas un voleur, on doit s'en tirer moyennant une dixaine de louis. J'en donnerais bien cinquante pour le revoir un quart d'heure plus tôt! --Je vous dis, Madame, que nous sommes en terre noire et qu'il ne faut pas gaspiller l'argent. Je serai tout de même heureuse comme un poisson en me plongeant dans la baignoire! --Donc, c'est tout décidé. Dites-moi, monsieur le contrôleur, quel est le meilleur hôtel d'Oran? --Le Continental, Madame. Quoique le Victor et le Royal ne lui cèdent en rien. --Merci. J'irai au Continental. Mais, diable! vous avez des moustiques effroyables dans ce beau pays! --Eh, oui, Madame!... Sans compter qu'ils sont très malins; rien ne les attire comme le parfum d'une Parisienne!... [Illustrazione: DECORAZIONE] Ed ora la strada volava, arida e libera, impetuosa come la felicità. Orano moriva distanziata, in una grande burrasca di nuvole d'oro, sotto la erta sottile montagna di Santa Cruz, che pareva simile ad un albero di prua. Imbevute, sature di splendore, passavano le vigne rossastre del Tlelat, i lauri-rosa che fioriscono su le pendici del Téssala, gli sbarramenti agili che ritardano il mare ai leggeri e veloci fiumi discesi dall'Atlante. Passava, iridata e sfarzosa come la stoffa d'un telaio arabo, la bella campagna d'Algeria, che il sole impregna d'una rutilante fecondità. Passava, sollevata e quasi tremula nello sfarzo dell'estremo pomeriggio, l'anima della terra interna, che si avventa bruciando verso la disperazione, laggiù, nell'infinito oceano di sole, dove le strade bianche dell'uomo, come riviere morte, si disperdono sotto il furore della vampa, nella perduta vastità. Ed ella respirava con una specie di ubbriacamento quell'aria un po' drogata, che la terra calda mandava ogni tratto contro le sue narici avide. Rannicchiata nel profondo sedile di cuoio, si lasciava portare dalla velocità come da una potenza gioiosa che le carezzasse tutta la persona. I semicerchi d'oro delle sue lunghe ciglia tremavano di leggerezza e di piacere, mentre, nell'urto dell'aria, come in un sogno estatico vedeva la celere campagna e l'incendiato orizzonte sparire. Nella disperata serenità il sole pericolava su l'invisibile deserto; le case arabe scomparivano, quasi cancellate nel furore della luce: le palme sembravano ravvolte sino al vertice nella spirale di una nuvola bionda. Si sentivano le ruote sobbalzare, volando, su la terra battuta. Un non so che di rosso, di angoscioso, di barbaro, entrava nello spirito azzurro della piccola ballerina di Parigi: era il delirio dell'Affrica, il vertiginoso malefizio della terra lampeggiante. Mimi Bluette! Mimi Bluette!... Era stata la bellezza e la musica sui palcoscenici della Capitale; aveva regalato la sua nudità cosparsa di brillanti ai teatri della città notturna, ove una danza impudica diventa l'afrodisiaco di tutti gli amplessi. Ed ora portava la sua trasparente anima di ballerina verso la calamitosa bellezza del tropico, mesceva nel respiro della terra interna il suo leggero e tenace profumo di Coty. Quanta poesia nell'anima di questa lieve creatura, che andava per la terra d'Affrica cercando un amante perduto!... Quanto sole vedrebbe con i suoi occhi d'innamorata, la bellissima creatura!... Ed ecco apparvero con acque repentine lungo la strada balenante i fiumi della terra interna, l'Oued Sarno e la Mekerra, che si mescevano senza fragore sotto agili ponti. Ed ecco apparve la piana di Bel-Abbès, rosata e fertile nel luminoso vespero come una opulenta campagna della Provenza felice. La Mekerra disegnava traverso le biade fiammeggianti e gli ulivi azzurri una lunghissima scìa d'argento. La bianca lontana diga della città barricava l'orizzonte. Ella sentì d'un tratto il cuore venirle meno. Prese una mano di Linette, e la strinse, la strinse... Poi con l'ápice della sua fredda mano toccò l'ómero del meccanico, disse in fretta qualche parola, che il vento portò via... Ma egli capì; si volse: --Oui, Madame, nous arrivons à Bel-Abbès. Allora ella si rovesciò contro la spalliera, e giacque stupefatta, immobile, come se non avesse più vita. Nell'aria dolce navigava il profumo degli ulivi di Máscara; la porta di Orano splendeva, incorniciando un corridoio di sole. --Madame, ne soyez pas si pâle...--disse con un tremante coraggio la turbata Linette, cameriera dalle calze di voilé. [Illustrazione: DECORAZIONE] Fosse in grazia della sua natura premurosa, fosse per la profonda simpatia che gl'ispiravano le trasparenze di Linette, quel meccanico non volle abbandonare le due viaggiatrici su la soglia dell'albergo; ma quando ebbe sciolto il complicato, se pur succinto, bagaglio della Parigina, volle aiutare i facchini dell'albergo nel portarlo al pian di sopra e slacciarne le fodere impolverate. Le due camere non mancavano di un certo «comfort» coloniale; con le zanzariere di bucato e co' lor vecchi mobili di noce, rammentavano la buona locanda francese di mezzo secolo fa. Questo arrivo produsse un notevole movimento nel quieto albergo «d'Orient et Continental». Il portiere, tedesco naturalmente, perciò refrattario ad ogni sfumatura, immaginò senz'altro che si trattasse di una sontuosa e ricchissima «cocotte». Il Direttore, francese della riva di Provenza, un po' tinto di sangue levantino, andò subito col pensiero verso qualche scapestrato ufficiale della caserma di Cavalleria. Il maggiordomo, che aveva una certa grande aria da Casino di Deauville, non tardò molto a presentarsi con urbanità su la soglia della camera, per ricevere il nome della viaggiatrice nel bollettino dei forestieri. Ella si sciolse il velo, si tolse i guanti, e scrisse in fretta con la matita: --Mimi Bluette--Paris. Questi lesse, poi rilesse, guardò lungamente la bellissima Parigina, ed in ultimo non seppe frenare la sua naturale stupefazione. --Pardon, Madame... Est-ce bien Mimi Bluette qu'il faut lire? --Sans doute. Et pourquoi? --Mais alors... seriez vous par hasard la vraie, la célèbre M.me Mimi Bluette? --Je ne sais pas si je suis la célèbre, mais en tout cas je suis bien la seule Mimi Bluette que je connaisse. Faites-moi du thè frappé, si c'est possible; et, puisque le chauffeur doit avoir soif, donnez-lui de la bière, s'il en veut. --Merci, Madame, j'en boirai volontiers,--rispose il meccanico, tutto intento a disporre le valige sui vari sgabelli. --Connaissez-vous la ville?--gli domandò allora Bluette, che stava riannodando il suo lungo velo. --Ça va sans dire, Madame. --Vous savez donc où se trouve la caserne du 1e r Régiment Etranger. --Rue de Tlemcen, Madame. Pas loin d'ici. --Voulez-vous m'y conduire? --A vos ordres, Madame. --Descendez, je vous prie; nous venons de suite. Non appena egli uscì, e furono rimaste sole, Bluette con le due mani si compresse il cuore che le batteva. --Je le verrai, Linette! Je le verrai tout à l'heure... Oh, Linette, ma Linette!... E con un moto subitaneo d'intima sopraffazione l'abbracciò come una piccola sorella. --Viens, descendons. Je n'ai le temps ni de me rafraîchir, ni de me peigner. Sonne pour dire qu'on nous serve ce thè en bas, et très vite. Le coeur me bat. Chaque parole me coûte un effort; je suffoque. Sois à côté de moi quand je le reverrai, Linette!... Quand je le reverrai, ce sera terrible... Oh, tu ne sais pas, tu ne sais pas comme je l'aime! A pianterreno tutti gli impiegati dell'albergo fecero capolino per vedere Mimi Bluette. Il Direttore l'assalì di premure, mentre il dissetato meccanico di Orano riaccendeva davanti all'albergo il suo fragoroso motore. Due belle donne, ch'eran visibilmente le dive di qualche provvido caffè-concerto, prendevano il tè con alcuni ufficiali e con un paio di notabili del Montmartre algerino. Un giovine arabo, dagli occhi simili a grosse agate, la pelle color di bulgaro, esibiva le costose inezie del suo bazar ambulante. Quattro europei discutevano d'affari in un gergo fatto d'arabo e di spagnuolo. Senza indugio Bluette uscì. La diritta via Prudhon, fra la porta di Orano e quella di Daya, aveva l'aspetto comune ad ogni Sotto-Prefettura di Francia durante l'impero frigio della Terza Repubblica. Qualche gruppo di legionari camminava su l'orlo dei marciapiedi, con l'aria sfaccendata, stanchi del clima pesante, le mani conficcate nelle saccocce, adocchiando le ragazze che passavano, aspirando con ingordigia il fumo soave che produce la bionda foglia del tabacco d'Algeria. Cadeva sul rettilineo delle case un'azzurra oscurità; la vita provinciale del grande accampamento europeo molestava col suo rumore pomeridiano il profumato silenzio del cielo d'Affrica. E l'indigeno passava, tra quella folla d'invasori e di meticci, come un intruso che ne fosse il recondito padrone. Quando giunsero davanti alla caserma, tutta la rue de Tlemcen era piena di soldati. La musica militare camminava tra uno stormo di monelli, verso il Giardino Pubblico. Le balie d'Europa non si sarebbero dunque annoiate nemmeno a Sidi-bel-Abbès. La Francia di Mimi Bluette amministra le sue Colonie come può, ma non trascura in ogni caso di allietarle con musiche militari. Questa è senza dubbio una ottima determinazione. Allora ella scese dall'automobile con il suo piede leggero, e passò davanti alla sentinella. Siccome avrebbe camminato chissà fin dove, tanto era stordita, il caporale di guardia la fermò. Le si mise davanti con le sue larghe spalle quadrate, portandosi la mano alla visiera: --On n'entre pas, Madame. C'est défendu. --Ah... Le pareva impossibile. Ferma sotto il portico, affondava lo sguardo nel cortile inazzurrato. --Est-ce pour voir un officier, Madame? C'est qu'il est très tard à présent... --Non, un légionnaire. --Un légionnaire? --Oui. --Comment s'appelle-t-il? --Laire. --Laire?... Connais pas. --Pas possible! Est-ce que ce n'est pas-ici le 1.e r Régiment Etranger? --C'est bien le 1.e r Etranger, comme vous dites. Mais j'arrive de l'intérieur, moi, et je ne les connais pas tous. Attendez voir, la dame; nous allons vous faire parler avec l'officier de garde. --Merci, mon brave. Il caporale si volse, chiamò un legionario: --Eh, toi, Gouin! va donc appeler le lieutenant Silles. Tu le trouveras au mess. Y a des dames qui le cherchent. Dépêche-toi, Gouin!--Poi si rivolse amabilmente alle due visitatrici:--On ne peut pas vous dire de vous asseoir, car nous manquons de fauteuils, comme vous voyez... mais nous regrettons. D'ailleurs le lieutenant Silles a de longues jambes! In verità il caporale di guardia non aveva esagerato: quel tenente Silles presentava una strana rassomiglianza con il dromedario da corsa, e dello stesso animale aveva, nella barba, nei capelli e nel colore del viso, la rossastra biondezza. Si presentò con un rigido saluto militare, pronunciando un «Mesdames?» asciutto e lunatico, mentre non cessava dal masticare con la mandibola ossuta il boccone del suo pranzo, che aveva interrotto malvolentieri. Considerò quelle due donne, dall'aspetto molto singolare per una caserma di Sidi-bel-Abbès, poi, con un gesto quasi gentile, disse loro brevemente che si compiacessero di seguirlo. Entrò in una piccola stanza, dove c'eran un paio di seggiole, un tavolino ed una specie di ottomana. Era probabilmente la sala dell'ufficiale di guardia. Puzzava di rinchiuso e di aspro tabacco. Egli avanzò due sedie, le invitò a prendervi posto, accese una sigaretta, e, scovertosi il capo tutto selvoso d'una ispida cotenna, gettò con destrezza il berretto sul pomello d'un attaccapanni. --A vos ordres, Mesdames,--disse con una voce rapida e ruvida, che al pari di tutta la sua persona pareva essa pure combusta dal sole. --Je suis M.me Mimi Bluette, et voilà ma femme de chambre. Nous venons de France, de Paris...--disse Bluette con una timida esitazione. Egli non mostrò alcuna maraviglia, nè del nome nè della provenienza. Linette pensava intanto:--«Voilà un grand diable qui doit aimer les négresses...» --Eh bien, lieutenant,--concluse Bluette, ritrovando la sua spigliatezza;--j'ai fait ce long voyage pour revoir un homme que j'aime. --Je n'ai pas l'avantage de le connaître, mais, en tout cas, c'est admirable! --Oui, c'est admirable en effet, lieutenant. Car je suis Mimi Bluette, celle qui a dansé pour des rois, et mon amant n'est qu'un simple légionnaire. --Votre amant un simple légionnaire? Bigre! C'est tout à fait kouss-kouss! Excusez, madame Bluette, mais c'est ainsi qu'on s'exprime au Gharb. --Ecoutez, lieutenant. Il s'est engagé sous le nom de Laire; vous l'avez sans doute à vos ordres, il est probablement dans cette même caserne... Donc je vous prie, je vous prie de toute mon âme... non? est-ce que vous ne le connaissez pas? --Laire? Laire?... Mais oui... attendez un moment. C'est quelqu'un de nouvellement engagé... il y a deux mois peut-être?... --Oui, oui, lieutenant! --Attendez: un grand, pâle, aux yeux presque verts, trente huit ans, quarante ans peut-être?... --C'est lui! c'est lui, lieutenant! Oh, mon Dieu, quelle émotion affreuse!... Faites que je le voie sans plus de retard! --C'est qu'il n'est plus ici, Madame. Et il est même très loin... Je regrette. Si era levata, con le due mani protese verso di lui, con la voce sospesa. Udendo quelle parole, barcollò indietro, piegando la faccia, come se l'avessero colpita nel cuore. Il luogotenente Silles, molto impacciato, si cercò nelle tasche un'altra sigaretta, e quando l'ebbe accesa incominciò a stiracchiarsi la ruvida barba da stambecco. --Oui, Madame, c'est bien malheureux que vous ayez fait ce long voyage pour rien. Si vous aviez télégraphié par exemple... --Je ne pouvais pas le faire. Il y a des raisons... Et puis, qu'est-ce que ça fait? J'ai assez de courage pour aller n'importe où. Dites-moi où il est, lieutenant, et c'est tout ce qu'il me faut. --Il est très loin, à l'intérieur, tout à fait dans le Guébli, beaucoup plus loin que Colomb-Béchar... Vous voyez bien que ce serait une folie. --Pourquoi une folie? J'irai quand-même. Colomb-Béchar, vous dites? Où est-ce que ça se trouve? --Ah, ma pauvre dame! Je vois bien que c'est la première fois que vous mettez le pied en Afrique. Est-ce donc ainsi, avec vos chaussures et vos jolies toilettes, que vous prétendez aller jusque dans le Gharb? --J'irai, mon lieutenant; j'irai! Il y a des moments Où une femme vaut mieux qu'un soldat. E disse queste parole con una semplicità così tranquilla, che l'ufficiale d'Affrica si mise a guardarla, e non seppe cosa rispondere, poichè s'accorse d'essere davanti ad un amore. Dopo una lunga pausa domandò con una voce quasi gentile: --Et vous avez fait ce voyage, et vous irez jusque là-bas pour voir cet homme, vous, Mimi Bluette? --Moi, Mimi Bluette, j'irais au bout du monde pour le revoir une seule fois de ma vie. --Ah?... C'est qu'il y a des types qui ont de la chance!--borbottò il luogotenente Silles con un incredibile malumore.--Moi, par exemple, voilà bientôt neuf ans que je roule ma bosse dans ces bougres de Colonies, et il n'y a pas eu l'ombre d'une Française qui m'ait envoyé ni un oeuf de Pâques ni une paire de pantoufles brodées! Je m'en passe d'ailleurs, car je suis en rupture avec la société humaine. --Vous aussi?--fece Bluette con stupore.--C'est bien ce que Laire me disait parfois. Et il le disait même d'une façon très pittoresque:--«J'en ai soupé des hommes qui connaissent leur cimetière!...» --C'est bien ça, Madame. Cette opinion peut vous paraître obscure; mais pour nous c'est clair comme l'Evangile. D'ailleurs, je me souviens de cet homme à présent. Il avait tout ce qu'il faut pour plaire à une jolie femme telle que vous, mais il avait en même temps ces prunelles fièvreuses et mornes des hommes qui vont combattre au Gharb Marocain. C'est lui d'ailleurs qui a fait sa demande et qui a voulu s'en aller au plus vite. Nous autres, voyez-vous, nous sommes les vrais sans-patrie. Tout de même on se bat comme si on allait faire la noce, car, à la place de tout le reste, nous avons un drapeau. --Chacun de vous est donc un mystère?--domandò Bluette, con una specie di assorta maraviglia. --Chacun de nous est un vrai homme, tandis que les autres ne sont que des pantins dangereux. Bref: quand on est là-bas, c'est qu'on doit y être; quand on est là-bas, c'est qu'on ne veut pas en revenir. Je vous conseille, Madame, de rebrousser chemin. --Lieutenant Silles,--dises Bluette con un sorriso,--je ne suis pas la société humaine et je ne vous ai rien fait de mal. Vous devez être d'ailleurs moins méchant que vous ne le dites. Je vous prie donc de m'aider autant que vous le pourrez, puisque je ne suis qu'une femme et que je dois aller très loin. Vous aurez deviné, j'espère, qu'il s'agit pour moi d'une question très grave. --Si c'est pour qu'on le rappelle du Sud-Oranais, n'y songez pas, Madame. Le Colonel lui-même ne pourrait absolument rien faire. --Aussi je ne désire pas qu'on le rappelle, ni qu'on le prévienne de mon arrivée. Je vous demande une chose bien plus simple, lieutenant Silles. Tracez-moi un itinéraire détaillé du chemin qu'il faut suivre pour le rejoindre et adressez-moi aux personnes qui pourront m'être utiles dans cette longue route. J'ai d'ailleurs un laissez-passer du Ministère. Voulez-vous m'aider, lieutenant? Je suis peut-être indiscrète, mais je crois que nos meilleurs amis sont ceux que l'inconnu et le hasard nous présentent. --Oh, Madame, si ce n'est que ça, je le ferai de très bon coeur! Seulement, puisqu'il faut que je vous écrive un petit mémoire, avec nombre de détails, je vais m'en occuper ce soir, et je vous remettrai cela demain matin à votre hôtel, si vous en avez un. --Oui, lieutenant: hôtel Continental. Et vous aurez pour toujours l'amitié de Mimi Bluette. [Illustrazione: DECORAZIONE] E ricominciò la strada. La strada. Bisognava tornare ad Orano, prendere la ferrovia di Colomb-Béchar. Quel giorno il luogotenente Silles fece per lei una cosa molto gentile. Dopo averla condotta alla stazione di Bel-Abbès e dopo averla salutata con parole molto laconiche, d'un tratto, quando già il treno stava per muoversi, fece un salto sul predellino, entrò nello scompartimento, non si diede nemmeno la pena di rispondere all'impiegato che chiudeva lo sportello, e sedette fra loro con la massima tranquillità. --Après tout je n'ai rien à faire; je peux bien m'en aller jusqu'à Oran jeter un coup d'oeil sur la Méditerranée. Bluette sorrise, come se trovasse ciò del tutto naturale. Invece alla sospettosa Linette non garbavano affatto le maniere di quel bizzarro tenente. Aveva detto alla sua padrona: --Très bien: on va se faire au Sahara, et même au centre de l'Afrique, s'il le faut; mais je crains, Madame, que vous ne soyez trop facile dans vos liaisons avec ces coloniaux. Ils ont, ma foi, des têtes qui ne me disent rien de bon. --Toi, parce que tu t'es imaginée que c'est un homme à négresses, tu en as peur comme de l'Ogre! Moi, au contraire, ce lieutenant Silles, me fait beaucoup de peine. Sì; ed a bene guardarlo in fondo agli occhi, nella dura e squallida faccia, in lui si vedeva, sotto l'abbronzatura del sole, un colore d'infelicità. Era forse tra quegli uomini che la società respinge a' suoi confini, come verso le rive di un mare deserto i rottami dei sommersi velieri. Ed ormai Bluette conosceva queste calme tragedie, anzi era penetrata ella stessa da quell'atmosfera di pericolo e d'irrimediabilità che fascia queste anime d'avventurieri. Ella stessa ormai raccoglieva l'ultima sua fedeltà nell'ombra d'una lontana bandiera. Quando giunsero ad Orano, quand'ella fu nel treno che doveva portarla verso l'interminabile sole, Bluette s'accorse che l'ufficiale d'Affrica la guardava come una sera l'avevano guardata gli occhi del taciturno forestiere, allorchè, per la prima volta, la sua bocca gli sorrise dietro l'orlo del bicchiere di Sciampagna. Ed allora, con le pupille abbacinate nell'inestinguibile sole di Orano, ella rivide come in un sogno la remota strada parigina--una piccola strada, calma, vecchia, di quelle che gli edili ragionevoli vanno cancellando a poco a poco. Si vedeva, lontana, la Colonna di Luglio sorgere dalla piazza della Bastiglia. In verità erano due fratelli, due terribili fratelli, due nomadi per la grande strada, che l'Affrica vertiginosa travolgeva nella sua perduta vampa. L'amore che aveva per l'uno, per quello ch'era più distante, le diede un piccolo tremito nel volgere a questi che l'accompagnava una parola di riconoscenza e d'addio. Soli e fermi, su l'asfalto bianchissimo della stazione, l'ufficiale disse: --Que Dieu vous garde, Madame Bluette. Avant de vous connaître j'étais presque persuadé qu'il n'y avait pas dans la femme ce qu'on appelle une âme. Ella chinò la faccia e non rispose parola. E stette ferma, e sentì che avrebbe voluto posare un bacio di sorella, un bacio quasi d'innamorata, su quella ruvida fronte che immobilmente le sovrastava. --Un jour ou l'autre, Madame Bluette, ce terrible soleil blanchira quelquepart ma carcasse. Je n'aurai pas eu pour les hommes plus d'importance qu'un de ces méharis qui ravitaillent le désert. Pourtant, vous qui êtes si belle, et si fraîche, quand vous serez de retour là-bas, sur l'autre rive, au milieu des gens qui connaissent leur cimetière, envoyez parfois un joli sourire de votre bouche à ce lointain lieutenant Silles... --Je vous assure que vous allez me faire pleurer...--disse Bluette con un filo di voce.--Tenez, le train va bientôt partir; il faut que je monte. Au revoir, lieutenant Silles! Gardez tout de même ce petit souvenir de Mimi Bluette: il vous sauvera, là-bas, dans le Gharb... Au revoir, lieutenant. Et merci, et merci!... Si era tolto un piccolo anello dal dito e glielo aveva regalato, quasi di nascosto, nello stringere la sua mano. Egli guardò con gli occhi adusti quel fino gingillo che veniva dalla Rue de la Paix; lo strinse fra le dita con avarizia, come l'arabo stringe nel palmo la buona moneta; non ebbe nè un sorriso nè una parola; ma impassibilmente salutò quella donna come avrebbe salutato la sua bandiera. Poi si volse con rapidità, quasi per nascondere il suo turbamento; e lo si vide a lunghi passi traversare l'obliqua striscia di sole. Fra poco sarebbe tornato laggiù, dove muoiono tutte le strade, nell'infinito e calmo delirio della bufera di sole... Anche a lui, su la via del cimitero, Bluette, passando, aveva regalato un fiore. [Illustrazione: DECORAZIONE] Percorse l'Algeria. Respirò, traverso le paludi della Macta, quel sapore di orrenda carneficina che l'indomito Abd-el-Kader vi profuse. Vide splendere gli aranci di fuoco lungo le rive dell'Habra e pendere i lucenti grappoli dalle robuste vigne del paese di Máscara. Per lunghe ore l'accompagnarono le dorate immobili piantagioni di tabacco; poi, su la dolce montagna, nell'arcobaleno del tramonto, vide gonfiarsi di crepuscolo gli ulivi azzurri di Saïda la felice. E Saïda passò, con i suoi larghi giardini, con le sue limpide acque di sorgente, che brillano come impetuosi rivoli fra i terrapieni delle sue mura smantellate. Saïda passò, come l'ultima terra che feconda il respiro del gentile Mediterraneo, splendente rocca e gioiello di principi mauritani, sul limitare della sabbia invarcabile. Ma ora venivan incontro altipiani aspri e disabitati, simili a sconfinate petraie, dove soltanto cresce lo squallido albero Thuya. Qualche mazzo d'alfa spuntava tra i crepacci della pietra vampante. Era il principio della terra interna, dell'Affrica ove muoiono le strade. Ed ecco, passato Khalfallah, incominciava la steppa d'alfa, il desertico paese di miraggi. Si vedevano laghi e fiumi rutilanti; si vedevano barriere di fortezze ciclopiche; oasi prodigiose; foreste ferme, raggianti; lunghissime carovane; mandrie al pascolo su inclinate praterie: tutto questo appariva, spariva, sul monotono scenario dell'orizzonte vuoto. E la steppa d'alfa continuava, come un oceano d'erba che andasse alla deriva, senza onda, verso la perduta immensità. Che lunga, lunga strada... che infinita malinconia... --«Domani sera--pensava il suo cuore,--domani sera si arriverà.» Ecco, ed il treno correva per l'arido avvallo del Chott Chergui, strano paesaggio di sabbia e di limi d'argilla, con le rive piatte, fangose, ovali, che parevano camminanti. La luna incendiava con un luccicore insostenibile i cristalli di sale frammisti nell'arena; pareva di correre in mezzo alla fosforescenza d'un mare. Il firmamento accerchiava l'infinito con un delirio di stelle. Rari e spenti villaggi s'inseguivano a lunghe distanze, come sentinelle dell'uomo verso la terra nomade che non ha più focolari di pietra. Unica ed altissima la montagna di Antar si alzava nella pianura scintillante, ove incominciavano a correre le prime dune. Il deserto invisibile prolungava nell'Occidente, con lievi onde che appena si muovevano, le sue maree di sabbia. La notte era piena di uno spasimo fermo, di una magnetica intensità, quasi di una polvere azzurra, che traversando l'aria diventasse luce. Nelle curve, le accese rotaie balenavano come spade infinite. Al sorgere dell'alba--di un'alba striata, miracolosa, come se il mondo fosse pieno di lapislazzuli e di berilli--Aïn-Sefra passò, fra i suoi prati gonfi d'alfa e di drinn, fra le sue boscaglie d'alberi di pistacchi. La stazione di Aïn-Sefra era una piccola fortezza; tutto il borgo aveva l'apparenza d'un accampamento militare; si vedevano caserme, bastioni, depositi, e dappertutto l'uniforme dei soldati coloniali, fra i pochi sud-oranesi dalla testa bella e feroce. Si era già sui primi lembi della terra mobile, nelle vicinanze del grande oceano di sabbia, che insidia e seppellisce tutte le opere dell'uomo. L'oasi artificiale di Aïn-Sefra tentava di opporre un argine sotterraneo, fatto con i grovigli delle sue radici, al periodico assalto delle dune. Ma queste correvano a perdita d'occhio, sin verso le pendici delle montagne di Ksour, disegnando con la lor forma una specie d'immobilità veloce, che tutta balenava di sprazzi e di lampi sotto l'implacabile fuoco del perpetuo mezzodì. Sole, sole. Aveva già nell'anima il barbaglio di questa enorme luce, il peso di questa terribile materia solare, che in tutto si compénetra, e può accendersi, come la fiamma che dorme nelle molecole dell'esca. Ora comprese ch'ella veniva dai paesi dell'ombra, dalle terre crepuscolari, dove l'occhio dell'uomo non è costrutto per vedere il sole. Qui soltanto le creature sapevano cos'è questa potenza magnifica ed infernale, questa bufera immobile che incendia l'infinito, questa luminosità insostenibile che distrugge le forme in un diluvio di splendore. Non guardava più, non ascoltava più; era una specie di sogno che la portava, un rosso e faticoso delirio, nel quale sentiva battere più forte, più forte, il suo timido cuore d'innamorata. E passavano le belle oasi, le plaghe morte, le koube solitarie, i profili di lente carovane lungo le tracce carovaniere, le dune rosse come l'oro che andavano all'assalto dell'Atlante Marocchino, i fiumi senz'acqua, i prodigiosi dirupi delle gole di Moghrar, le vallate colore di solfo, tutte sabbia e macigno, dove soltanto cresce lo squallido albero Thuya... Che lunga, lunga strada... che infinita malinconia... Sopraffatta, esausta, Linette sonnecchiava lamentandosi; le scendevan lunghi rigagnoli di sudore dalla fronte spettinata. Il treno bruciava; l'aria quasi rossa produceva un senso d'asfissìa. Da venti ore stavano rinchiuse in quella prigione infiammata, e non v'era più ghiaccio nella dispensa, non era più possibile ristorarsi con un cálice appannato. Pochi viaggiatori andavano sino al termine di Colomb-Béchar; quasi tutti erano scesi prima di Aïn-Sefra. Scesero infine anche i notabili ed i mercanti indigeni che si recavano al mercato di Figuig. Non rimasero che pochi Europei, qualche soldato, e le due viaggiatrici. L'ora pomeridiana infieriva con tutta la sua vampa; il treno stesso pareva compiere una fatica enorme per avventarsi dentro quel sole. Verso l'occidente splendevano le azzurre montagne dell'infido Marocco; un senso di pericolo e di ostilità gravitava su la regione barbara. Le piccole stazioni sembravano bivacchi di truppa in un territorio guerreggiato; alle soste, l'ufficiale di guardia saliva nel treno per consegnare voluminosi plichi; si udivano i saluti ambigui delle truppe accampate ai legionari partenti. Andavano laggiù a combattere, probabilmente a morire, nella rossa terra dei nomadi ove il sepolcro cammina. E questa gente non tradiva il più piccolo segno di perplessità, non volgeva nemmeno gli occhi a riguardare le alte muraglie dei giardini tropicali, saturi di profumi ubbriacanti. Era una gente buia, che aveva già perduta l'anima, chissà dove, chissà quando, nella precorsa via. La società umana li aveva respinti fuori dal suo grembo, ed essi andavano, in silenzio, verso il perpetuo sole. Andavano con gli occhi fermi, terribili soldati di ventura, numeri prodigiosi nei battaglioni della morte, a conquistare nuovi territori, a mietere nuove ricchezze, radunando l'ultimo ideale nell'ombra d'una camminante bandiera. Aridi e sobri, taciturni e violenti, l'odore della polvere da schioppo era il solo profumo che li potesse veramente ubbriacare. A questi uomini la Francia doveva il suo magnifico impero coloniale. Adesso era tempo di guerra; dalle misteriose zaouie marocchine sparse per il non soggiogabile territorio del Gharb, i capi religiosi, gli astuti rappresentanti del Sultano di Fez e gli obliqui emissari d'altri governi d'Europa sobillavano ed armavano con ogni mezzo le battagliere tribù marocchine, perchè si opponessero con insidie continue alla sanguinosa e paziente fatica della penetrazione francese. Le residenze militari di Talzaza, di Bou-Anane e di Bou-Denib, a ponente di Colomb-Béchar, nell'aspro cuore del territorio marocchino, si trovavano sotto la minaccia continua dell'aggressione, mentre, lungo la valle dell'oued Zousfana, che scorre a sud di Colomb-Béchar, i posti militari avanzati di Taghit e di Beni-Abbès con sanguinosa fortuna combattevano contro l'insidia marocchina. E Bluette guardava con una specie di curiosità ipnotica l'insostenibile tremolìo della terra micidiale, che il treno andava solcando con gli ultimi rugghi del suo carbone. Guardava là in fondo, là in fondo, la barriera di fuoco del mezzodì, quelle tremende nuvole solari che soffocavano il bivacco di Laire... Ogni tanto consultava le minuziose pagine del luogotenente Silles, rileggeva le lettere di presentazione ch'egli le aveva date, contava i chilometri, le ore, i minuti. Ciò che più tormentava quelle due viaggiatrici era una orribile sete, una sete morbosa, un dolore di tutte le vene. L'acqua minerale, tepida e guasta, non dava alcun ristoro; gli occhi pesavano; le braccia non avevano più forza; la opprimente fatica del respiro comunicava un senso di vertigine. A tutte le fermate gli uomini di macchina, terribili a vedersi, balzavano giù dal treno e si appendevano sitibondi ai becchi delle fontanelle. Nessun rumore più; nessun visibile segno di vita. Un silenzio nefasto e lucido rotolava con le valanghe di sole per i contrafforti delle montagne incendiate. Era già verso l'ora del crepuscolo. Tutto l'emisfero si andava inclinando verso il terribile Gharb, la terra d'Occidente. Poi videro l'acqua; l'acqua viva, saltellante, limpida, rumorosa,--e la piccola stazione di Colomb-Béchar, in fondo al palmeto. [Illustrazione: DECORAZIONE] L'arrivo delle due Parigine mise addirittura sossopra quel Comando Militare e la poco numerosa colonia d'Europei. La notizia si sparse con incredibile rapidità. Messo piede a terra, il capotreno fece le sue confidenze al capo-stazione; questi ne parlò con il graduato che ritirava la posta militare; mezz'ora dopo tutta la guarnigione passeggiava curiosa e rumorosa davanti alla soglia del piccolo albergo di Colomb. Era Montmartre che arrivava su l'orlo del deserto, la Rue de la Paix che faceva una visita galante agli ambigui vicoli di Béchar. Il luogotenente Silles le aveva date due lettere: una «pour M.r Abel Khan, commerçant en gros, qui s'occupera de vous former une caravane»; l'altra «pour le capitaine Maylho de Forrest, qui essayera de vous donner une escorte.» Monsieur Abel Khan possedeva, nella strada principale di Colomb, un emporio di mercanzie d'ogni genere, una specie di Louvre coloniale, dove Mimi Bluette potè provvedersi di tutto quanto le mancava per viaggiare in carovana. Sidi Abel, come usavano chiamarlo nella regione, era un degno ebreo di Orano, carico d'anni e di famiglia, danaroso, furbo, servizievole. Non fece troppe difficoltà, mise in moto un nugolo de' suoi figli, e promise che, per quanto lo concerneva, in tre giorni la carovana sarebbe di tutto punto allestita. Quanto al carovaniere, le parlò súbito di un tale Jossuf-el-Foukani, ch'era la perla dei capitani di lunga strada. Questi venne per l'appunto a farsi conoscere il giorno appresso. Era un Berbero color d'oliva, che stando in piedi pareva mancare del suo cavallo; asciutto, rigido come un albero maestro, bellissimo uomo di tendini e di muscoli, con gli occhi tanto neri che mandavano iridescenze come il dorso degli scarabei. Una barbetta rossastra e ricciuta gli spuntava, simile a muffa, intorno alla mandibola infossata. Ravvolto nelle pieghe del suo caftano azzurro, le fece un vero saluto da Primo Console. --Esselame halikoume, lalla! Que le salut soit sur toi, Madame! Esselame halikoume, lalla! Parlava una orrenda miscela di arabo, di berbero, di spagnolo e di francese; la guardava impassibile, con una specie di rispettoso dominio. Era stato centinaia di volte a Gourara, a Touat, a Tidi Kelt; era stato più lontano ancora, di là dal Sahara interminabile, fino alle grandi foreste sudanesi e fino alle remote carovaniere di Tombouctou. Il viaggio dunque di Taghit e Beni-Abbès gli pareva una ben facile impresa. Quanto al prezzo non voleva discutere... --Sidi Abel, votre ami, fera prix juste, lalla! Solamente pretendeva per i suoi uomini e per sè stesso una certa indennità di cavalcatura, su la quale ad ogni modo Bluette non lesinò. Il capitano Maylho de Forrest, nei quattro giorni ch'ella rimase a Colomb Béchar, fece per lei tutto quello che un gentiluomo francese può fare per una bella e giovine donna. In primo luogo le fece sapere che il suo legionario si trovava precisamente a Beni Abbès, un posto militare a duecentosettanta chilometri di carovaniera oltre Colomb-Béchar. Le disse che la regione da percorrersi per andare fin là non era punto agevole nè sicura; le rappresentò i disagi ed i pericoli ai quali andava incontro, tanto più ch'era cosa difficilissima poterle dare una scorta. In quei giorni mancavano soldati; si aspettavano rinforzi da Aïn-Sefra; ma non verrebbero, al più presto, che fra un paio di settimane. Le consigliava di attenderli, per compiere il viaggio in loro compagnia. --Capitaine, quand on vient de si loin, c'est qu'on ira jusqu'au bout, coûte que coûte. Je suis prête à me mettre en chemin toute seule, même sans l'appui d'un guide comme Jossuf-el-Foukani, s'il le fallait. Et d'ailleurs, ce soir, je vous raconterai mon histoire... * * * * * Gliel'aveva raccontata, quella sera, camminando con lui per la frescura del palmeto, mentre i carrubi nascosti mandavano vampe di buon odore. Gliel'aveva raccontata con semplicità, con un soffio naturale di poesia, facendogli sentire ch'ella pure, come lui, come tutti quegli uomini dei Battaglioni d'Affrica, portava nel cuore la ferita irremediabile, il destino di andare distante, laggiù, nel sole, ove muoiono le strade... Egli era un uomo tutto grigio, immaturamente vecchio, un esiliato nel quale permaneva il segno gentile della razza. Nel sorriso, nel colore degli occhi, nel suono della voce, aveva quasi la trasparenza di una squallida e sciupata bontà. --Eh bien, oui, capitaine... j'ai été une danseuse, une courtisane, un bibelot de chair, précieux et fragile, que Paris mettait aux enchères... Mais, ce soir-là, ce soir terribile, quand je me suis affaisée sur une chaise dans sa maison vide, il m'a semblé soudainement que Mimi Bluette fut ma soeur morte, et pour la première fois de ma vie j'ai su comprendre l'amour de Marie Madeleine... Alors ne me dites pas que la route est longue; dites-moi seulement, comme mon chef de caravane: «Que le salut soit sur toi, lalla!...» Nous partirons demain, au coucher du soleil... [Illustrazione: DECORAZIONE] --Balek! Rod balek!--tuonava con la sua voce stupenda il capitano di lunga strada, mentre picchiava sodo, a colpi di randello, su la ciurmaglia indigena che ostacolava l'incedere della carovana.--Balek! Bara balek! I cammelli d'avanguardia già dondolavano su la carovaniera, sorpassando gli ultimi tugurii di Béchar. Il Residente aveva concesso dieci uomini di scorta; il Caïd arabo ne aveva provveduti altri sei. La carovana portava con sè provvigioni, otri e bagagli numerosi, pieni di tutto ciò che il prudente Sidi Abel aveva creduto necessario di vendere alla bella Parigina. Tutto il villaggio era venuto a salutare la partenza di Mimi Bluette. Gli ufficiali avevano adornato di fiori e di frasche il suo larghissimo basto a portantina, ove la sollevarono a braccia e lungamente l' acclamarono quando il suo cammello si levò. La stessa cosa fecero i sergenti per dare animo alla impaurita Linette. E mentre la carovana si avviava, lunga, lenta, per i tortuosi vicoli del villaggio di Béchar, un trombettiere galante diede fiato alla sua rauca tromba e fece risuonare nel cielo d'Affrica le cadenze dell'antico My Blu. Francia, Francia, divina e forte, che hai regalato al mondo le più belle canzoni!... * * * * * Ed ora la carovana si distendeva, lunga, oscillante, su la via di Taghit. Dietro la barriera dell'Alpe Atlantica scendeva negli abissi un altro giorno di sole. --«Toi, belle et courageuse, lalla!--diceva il capitano di lunga strada.--Toi commander, moi serviteur, lalla! Toi jamais parler avec hommes caravane; moi seul parler avec courbasc! Quand faim, quand soif, quand fatigue, quand sommeil, toi dire Jossuf-el-Foukani. Jossuf-el-Foukani veut tout bien pour lalla.» E i grandi cammelli andavano su la carovaniera lenta. con il loro dondolìo di animali fatti per la distanza e per il sole. Guardando con occhi umani la pesta che non finiva mai, addormentavano con la loro pazienza il ritmo della eterna camminata, simili a grandi velieri, per la scintillante solitudine di un mare quieto. Seguendo gli ordini di Jossuf-el-Foukani, la scorta si divise; otto cavalieri si allontanarono di galoppo su la pesta battuta e guidarono la marcia, tenendosi a circa un miglio dal primo cammelliere; gli altri seguivano la carovana. Jossuf-el-Foukani era montato sopra un méhari velocissimo, di pelo quasi falbo, con la testa bizzosa, caprigna, adunca, ed il collo simile ad un lungo timone. Quando Jossuf voleva rimontar la carovana, emetteva un suono gutturale per avvertire il suo méhari, e questi, con uno strillo dispettoso, prendeva la rincorsa d'infilata, piegandosi tutto in avanti, allungando l'esile collo, sicchè dava l'impressione bizzarra di un animale che corresse dietro al proprio muso. A poco a poco la terra diveniva uno sconfinato braciere: ogni traccia d'abitazione, ogni vestigio d'albero spariva. Tutto, sino allo zenit, era una immensa fiumana di sole. Il vento infuocato nulla trovava da scuotere; si camminava in un mondo senza ombre; un silenzio peggiore che la morte splendeva su quella vampa infinita. La carovaniera diveniva incerta come un fiumiciattolo che man mano si andasse disperdendo; qua e là cominciavano a saltare leggeri nugoli di sabbia; dall'oriente avanzavan dune cosparse di magnifici colori. Ella pativa il male della strada, quella ubbriachezza dell'anima e dei sensi che nemmeno l'oceano dà. Le pareva di sentirsi chiudere nell'infinito più strettamente che in un'angusta prigione. Sola, tra quegli uomini selvaggi, non provava nemmeno il senso della paura. Si era data in braccio alla strada, come la vergine ubbriaca se ne va col primo venuto. Non gli domanda nemmeno: «Dove mi porterai?..» Pensa che le farà male, stupendamente male; questo è ciò che le importa. Così per lei, che voleva solamente camminare. Con l'anima sua d'innamorata, una sera, nella Parigi Babelica, si era detta senza un tremito:--Camminerò. Aveva sempre il suo mazzo di fiordalisi nella cintura fragile di ballerina, profumati con un profumo di Coty. Ma era quasi un miracolo: aveva saputo comprendere l'amore di Maria Maddalena. Che lunga, lunga strada... Si ricordò la prima sera, quando Max la condusse per le vie di Parigi, e come in sogno rivide splendere ne' suoi lontani occhi di Transalpina le girandole di fuoco:--«Maxima Maximum--la Revue de l'Alhambra--Rouli Rouli... Crémieux... Luna Park... habille bien...--Le Matin... Michelin... Galeries... Polin... sait tout...» Che lunga, lunga strada... che infinita malinconia... Ed ora portavano il Sole. In sè, nella propria materia, nei propri atomi viventi, gli uomini, le cavalcature, le distanze, tutte le cose dell'infinito portavano il Sole. Anche il Tempo non era più che uno spazio immobile, pieno di Sole. Qui roteava l'infinità senza ombra. Qui, nell'incendio, morivano le strade. --Bon chemin, bon chemin, lalla! Animaux forts, désert calme, brigands Arabìs rien fusillade. Allah et mon bras droit toujours protegé Jossuf-el-Foukani. Moi avoir dit: «Pas danger aller Taghit et Beni-Abbès.» Sidi Abel aussis avoir dit: «Pas danger.» Sidi Abel bon Yudi; vole un peu, mais très honnête. Officiers Colomb-Béchar très magnifiques, mais connaître pas Guébli. Jossuf-el-Foukani connaître Guébli et tous chefs oasis. Chefs oasis un peu brigands, mais très honnêtes. Pas danger, lalla! Portava, oltre la carabina le pistole ed il courbasc, anche un lungo pezzo di fune, attorta e nodosa, che gli serviva per aizzare i cammelli o per carezzare familiarmente il groppone de' cammellieri, quando s'accapigliavan tra loro, picchiandosi ed ingiuriandosi con una serqua di bestemmie, in liti che duravano per chilometri di strada. E le diceva: --«Toi malade, lalla. Jossuf préparer bon tasse thè vert avec menthe et sucre. Thé marocain très magnifique. Toi goûter boisson Mahomet! Vin danger, eau danger, whisky anglich très danger; thè marocain pas danger, lalla! Moi préparer bon tasse thè vert. Boire ensemble avec Jossuf-el-Foukani.» E le ore passavano, i giorni passavano, solo interrotti a lunghissime distanze dalla breve oasi di un magro palmeto. Quando appariva sul più lontano cerchio dell'orizzonte la fulva caotica ombra della foresta che si delineava, gli uomini, oppressi dall'enorme delirio del sole, cominciavano ad urlare di gioia, ad urlare di sete, mentre pareva che gli animali stessi, carichi d'un mantello di mosche invelenite, fiutassero nell'aria morta il sentore dell'acqua sotterranea. --Sebala! Sebala!--gridavano i cavalieri della scorta.--La fontana! la fontana! E tra una furia di volanti criniere partivano verso l'oasi, di galoppo. Il grido liberatore correva, in giù, in giù, per il lungo nastro della carovana, fino al più tardo mulattiere, che urlava egli pure, dimenandosi e bastonando la sua logora cavalcatura: --Aïne! Aïne! La sorgente! la sorgente! Le scarse tribù che vivono di miseria nelle perdute oasi del Guébli si adunavano fuori dal palmeto per veder giungere la carovana. Dalla groppa del suo méhari falbo, Jossuf-el-Foukani, maestoso ed affabile, parlamentava brevemente con i capi-tribù. Da quelle misere genti si davano segni quasi di venerazione al potente Foukani, l'uomo che parlava il linguaggio dei roumi, il protetto francese, l'amico del Pascià di Beni-Ounif. Le donne del Guébli, scure, con occhi a mandorla, già crespe di vello sudanese, logore di selvaggia maternità, venivano a guardare in silenzio la bella Cristiana. I marmocchi arabi le si premevano in giro, nudi, oblunghi e lucidi come ghiande. Qualche negro spaventoso rideva con la bocca sino alle orecchie, tenendo la mano incastrata sotto l'ascella dell'opposto braccio, e così facendosi croce al petto cosparso d'una fuliggine ricciuta. Il latte aromatico delle piccole mandrie si offriva da quella misera gente in larghe ciotole di legno di palma.Le ragazze di nove anni avevano i seni maturi e protuberanti come nespole. Nel rumore dell'acqua sorgente cantava la musica naturale della vita. Poi le bestie si alzavano, pigre, l'una dietro l'altra, in fila. E via, nel sole, nel delirio, nel sole, per l'accecante sabbia, verso l'oasi più lontana. * * * * * Di tratto in tratto qualche carcassa di cammello divincolava dal tenace deserto le sue costole incenerite; qualche cranio d'uomo luccicava come una sfera d'avorio polito fra le dune ricamate con mille arabeschi dai lontani turbini del Khâmsyn. Un giorno, d'improvviso, quando i miraggi del Guébli salivano come torce vorticose nell'alto infinito, apparve una selva di padiglioni d'oro. E questa era, su lo scenario dell'orizzonte, la confusa macchia dei palmizi di Taghit. Vi giunsero al cadere del giorno, quando su l'alto palmeto s'impigliavano strisce di vapori quasi violetti e nell'oasi brillavano, fra le tende sparpagliate, i fuochi serali del bivacco francese. Non v'erano che pochi uomini ed un ufficiale infermo; gli altri erano andati a combattere verso il turbolento Gharb. L'oasi di Taghit era vasta, fertile, felice. In quella orrenda graticola di sabbia che per intorno l'accerchiava, i suoi palmeti onusti sotto il peso dei datteri maturi, le sue gonfie boscaglie di giuggioli selvatici, l'erba soffice che nei pressi delle fontane sbocciava tutta cosparsa di gocciole, davano all'esausta fatica dei nomadi camminatori un senso di beata ombra e di paradisiaca primavera. La carovana vi riposò fino al crepuscolo del giorno appresso, poi lentamente riprese la via. Si entrava ora in un paesaggio di dune instabili, si camminava con estrema lentezza nella bufera di sole. Verso l'occidente, verso il terribile Gharb, l'ondata estrema del Sahara s'impaludava su le propaggini dell'altipiano, seppelliva, soffocava nella sua morta marea le radici ultime del macigno d'Atlante. Ma dall'altro lato, verso il Guébli ed il Chergui, sollevando burrasche di luce sotto il curvo emisfero, si vedeva il deserto nomade avventare le sue procelle di sabbia contro la diga cerulea dell'antipodo scintillante. Nessuna distanza poteva uguagliare, per l'occhio dell'uomo, quella sua formidabile vastità. Su le criniere delle dune tumultuose qua e là si accendevano i prismi dell'arcobaleno. Il vento rosso infuriava nella grande solitudine; la terra mandava ondate; il deserto camminava. Lente, pavide, quasi respinte, le bestie avanzavano con fatica su la carovaniera sparente. Sembrava di andare lungo l'orlo d'una marea, curvi sotto il pericolo del flutto che sta per sopraggiungere. Da presso e da lontano, come rovesci di pioggia in un prato, la sabbia vorticando saltava; un tenebrone rosso veniva contro il cielo di tramontana, infiltrandosi negli occhi e nel respiro, simile quasi ad una fuliggine di sole. Si vedevan, nell'estrema lontananza, in un chiarore obliquo di cataclisma, le dune perdute andarsene alla deriva. Ecco, era la via per il deserto, la via del Guébli calamitoso, la via della terra che non beve mai. Gli animali, assaliti e paurosi, prendevano terribilmente la forma del loro scheletro; gli uomini, allucinati, non parlavano più. Si lasciavano portare, non dalla pesta cancellata, non dalla propria volontà uccisa, ma da una specie d'istinto ulteriore: quello di cercare una strada ove non c'è più strada. Camminarono per qualche giorno su l'orlo di quel prodigioso inferno. Il capo-carovana era il solo che non dormisse mai. Gli bastava quel suo mantello bianco perchè la bufera di sabbia non gli facesse alcun male. Aveva il deserto nell'anima ed era nato per la via del sud. Egli si mise a fianco di Bluette, prese la briglia del suo cammello, e di giorno e di notte mai non l'abbandonava. Quand'era più tramortita, le avvolgeva la fronte con un fazzoletto umido; quando il vento assaliva con troppa veemenza le tende lacere del suo baldacchino, egli prendeva la via del vento, e conosceva l'aria come se guidasse un veliero. Tre giorni e tre notti andarono fra i turbini della bufera; poi una infinita calma si adagiò su quel mondo infinito. Qualche duna, più agile, ancora volava in lontananza sul brulichìo della pianura morta; ma l'oceano di sabbia e di sole andava ricuperando a perdita d'occhio la sua luccicante immobilità. E finalmente ritrovarono la carovaniera; incerta, spesso cancellata, che andava grado a grado piegando verso il Gharb, verso l'aspra e collinosa terra d'occidente. Già, lontanissime, riapparivano le guglie azzurre della montagna d'Atlante. Là dietro, i nomadi predoni della Chaouia tendevano agguati e massacravano le colonne francesi, come rifiutavano l'imposta e l'obbedienza militare agli esautorati funzionari del sultano di Fez. El Foukani mandò avanti la scorta e diede ordine di far fuoco sul primo baraccano che fosse veduto strisciare od appiattarsi fra le dune. I leggeri cavalli berberi, assetati e miserabili, ormai galoppavano senza velocità. La carovana sprofondava e risaliva per le ondate ferme del terreno, con un barcollare sfinito, come se le ginocchia degli animali non reggessero più. I muli erano piagati sotto la greve soma; chiazze nere di migliaia d'insetti li coprivano come croste brulicanti. Più magri, più alti, più lugubri, solamente i cammelli andavano sempre, con un passo di bestie perpetue, che possano morire camminando. L'uragano infuocato aveva di quasi due giorni prolungata la marcia; l'acqua negli otri stava per venir meno. Il dromedario che portava gli ultimi sorsi fu messo nel centro della carovana, sotto gli occhi di El-Foukani, che non avrebbe certo esitato a spegnere con le sue pistole brillanti la sete pazza dei minacciosi cammellieri. E finalmente, un mattino, su l'estrema via del sud, egli vide nascere un confuso tenue disegno azzurro, come un fiocco di nebbia che rasentasse la terra, come una rupe d'aria nello sconfinato sole. Guardò, guardò prima di parlare; poi disse alla donna che mai non abbandonava: «Toi regarder petit couleur ciel droit dans le Guébli; toi voir Beni-Abbès, lalla! Beaucoup marcher, bessèfe marcher, lalla; puis arriver Beni-Abbès, où toi désir, lalla...» E giunsero dopo quindici ore nell'oasi lontana, dove il suo grande amore l'aveva portata. [Illustrazione: DECORAZIONE] Per niente. Tutte le strade vanno a finire in questa parola che domina l'universo:--Niente. Ed anche per lei, che aveva camminato con tanta bellezza dietro il suo piccolo sogno, ed anche per lei, che si era elevata con l'anima sua di danzatrice fino a conoscere l'amore di Maria Maddalena. Per niente. Le strade vanno; sono il principio della distanza, il colore dell'anima che si allontana: portano in sè molta polvere, molto sole, hanno tutte una meta--e non arrivano mai. Un piccolo cuore di ballerina, mandando un sorriso dietro l'orlo del bicchiere di Sciampagna, certa sera di neve, nella Parigi Babelica, si era divinamente innamorato. Per niente. Mandò amore come un rosaio manda profumo: per niente. Si avvolse di musica e di elevazione come un giardino addormentato, nel chiaro plenilunio del Maggio, si gonfia di poesia. Per niente. Un giorno la barbara Città splendente camminò sovra il suo piccolo cuore. Vasta e forte, con il suo peso tremendo, camminò sopra il suo piccolo cuore. Parigi la Grande brillava e girava intorno al suo fermo spavento come il carrossello di una terribile fiera. Mandava un repentino soffio di tragedia ad investire i suoi capelli biondi; sciupava, sfogliava con adirata violenza i semplici fiori del campo, i fiordalisi di Mimi Bluette. Allora partì. Prese la via del mare, del mare nomade che oscilla fra le bionde rive cariche di violenti giardini. Per niente. Sola camminò per l'Affrica vertiginosa, nei delirii della terra interna, verso i fermi uragani di sole. Camminò. Le fontane degli erranti abbeveravano la sua torbida sete. Le sue bianche mani si abbronzarono e l'anima sua divenne colore dell'esilio. Camminò. E pose il piede nella desertica terra ubbriacante, ove, nella dannazione del sole, nessuna eco più giunge del perduto mondo. Le dissero ch'egli era più lontano; e più lontano l'amore la portò. Per niente. Giunse dove guerreggiano e cadono, sotto le armi della Grande Repubblica, i soldati senza patria, la carne da macello e da conquista, gli esclusi per sempre dalle famiglie del mondo, che solo ridon nei giorni di massacro, quando li ubbriaca l'odore della polvere da schioppo, le baionette brillano, e spiegata batte nel vento la bandiera dell'ergastolo camminante. Li guardò negli occhi, li guardò nello spirito, concavo e spento come un'orbita senza pupilla: e nella rossa vampa ove si agita la potenza del delirio affricano le parve di essere divenuta una loro innamorata sorella. Poichè nell'anima portava ella pure il colore dell'esilio, il sogno dell'ultima stella che si accende su la strada più lontana. Quanto sole!... quanti roghi accesi nello spazio... e dappertutto, a perdita d'occhio, nel cerchio del mondo visibile, che infinito scintillìo!... Per niente. Come le strade, come il deserto e l'oceano, come la vita e la morte, così l'anima sua, l'amore dell'anima sua, portava un'azzurra fedeltà nei turbini della distanza infinita. Per niente. Nelle oasi profumate si addormentò con la fronte posata sovra il braccio bianco. Le donne del Guébli, scure, con occhi a mandorla, già crespe di vello sudanese, logore di selvaggia maternità, venivano a guardare in silenzio la bella cristiana. Era la ballerina di Parigi, quella che aveva prostituito il suo corpo divino sotto gli archi elettrici delle ribalte maravigliose nella musica dell'affascinante My Blu; era un gioiello da principe, l'etèra per un vizio da re, l'opera d'arte umana che Parigi aveva messo all'incanto; era la rosa delle rose nei giardini dei Campi Elisei... Ed ora la portavan le bufere di sole per la via senza ombra del terribile Gharb. Si fermava presso le tende bianche dei nomadi accampamenti, la sera, quando il remoto Sahara trema di una elettrica oscurità ed un orribile splene contorce le anime di questa gente che non conosce il suo cimitero. Li aveva qualche volta veduti partire in colonne agili e serrate, dietro i méhari che portavano le belle mitragliatrici; qualche volta rientrare in silenzio, a fronte china, come un gregge decimato nei tradimenti della Chaouïa. Li aveva qualche volta veduti nei giorni di «cafard», nell'iracondia e nell'angoscia dell'orribile splene, chiudersi con una tremenda gelosia, con una cieca rabbia, sul proprio essere anteriore; starsene in disparte, muti, avversi, obliqui, come bestie contagiate, quasichè li assalisse una torbida memoria di quel mondo che avevano sepolto nel lor cuore d'uomini, o li stringesse fino alla gola, chissà mai per quale urto, chissà mai per quale ombra, un subitaneo furore dell'anima non ancora sopita. Era la ballerina di Parigi, quella che aveva regalato alla Città Babelica il suo lieve cuore di danzatrice, la sua pura e scintillante nudità... Ma ora chiudeva nell'anima l'amore di Maria Maddalena, ed aveva traversato il deserto per recare all'amante che amava, nel trasparente cálice del suo palmo, un sorso fresco d'acqua di fontana. Ed ella non sapeva nemmeno chi fosse quest'uomo. Era venuto a lei da una storia buia, da tutto ciò che nel mondo si chiama «lontano». Forse aveva una casa in qualche terra straniera, ed una sua donna paziente, che innamorata l'aspettava in qualche lontana città. Forse, nelle sere profonde, anch'egli piangeva di rimorso e di malinconia, pensando alla distanza invarcabile che lo separava dalla sua vita. E chissà mai quante volte, nella terra senza ombra, dove l'acqua nascosta non manda fiore, dove la bandiera dei Legionari sventola come una fiamma nel sole del terribile Gharb, chissà mai quante volte gli aveva ubbriacato l'anima quel biondo profumo di poesia che dai giardini delle terre crepuscolari mandavano al suo cuore morto i fiordalisi di Mimi Bluette... Le strade vanno, sono la forma della velocità, la musica dell'esilio: sono distanti perchè si avviano, sono ferme perchè non arrivano mai. Le strade sono la polvere del Tempo:--nient'altro; la polvere di una distanza che non è mai cominciata, che non finirà mai:--nient'altro. Ecco; e forse quel Nomade lo sapeva. Quando per gli altri, da ogni fossa e da ogni letamaio nascevano aurore, per lui, su la terra infinita, su le infinite illusioni degli uomini, era tramontata per sempre, per sempre, la poesia. Ed allora forse quel Nomade pensò ch'era meglio fare come il sole; volgere verso il Gharb, la terra d'Occidente. Camminare laggiù, nella vampa, dove tramontano le strade, con l'anima seppellita nell'ombra d'una fortuita bandiera. E lasciò agli uomini saggi, agli uomini calmi, tutto quello che gli avevano dato: qualcosa che si chiama una patria, qualcosa che si chiama un focolare, qualcosa ch'egli portava sopra di sè come una veste importuna: il suo nome; qualcosa infine che lo aveva innamorato troppo tardi, troppo tardi... un amore. Vivere o morire, questo non era importante; ma solamente voleva dividersi dall'uomo che fra gli uomini era stato. Voleva mettere l'invarcabile fra il suo cuore e sè. Dovunque l'andassero a cercare, nei diligenti libri dello Stato Civile, di lui avrebbero detto:--«Scomparso»--di lui avrebbero detto:--«Forse non c'è più.» Camminare inforno al formicaio degli uomini saggi, degli uomini calmi, senz'avere la propria esistenza inchiodata nelle caselle d'un passaporto. Nemmeno davanti al suo cadavere, nessuno che potesse dire chi fu. Non v'era alcuna patria della terra che gli potesse dare questa orrenda libertà, se non l'esilio dei morti che vogliono ancor vivere, la truppa dove al soldato non si domanda che di saper morire. Chi era? «Laire.» Laire: il suono d'una sillaba, cinque veloci lettere dell'alfabeto... Era tutto, e bastava. Così erano a decine, laggiù, nei reggimenti stranieri, nel delirio del terribile Gharb. La sera talvolta si udivano cantare. Distesi all'ombra dei palmizi biondi, verso l'ora in cui s'accendono i fuochi tremuli dei bivacchi, tra il fumo denso che immobilmente sale verso lo zenit vertiginoso, cantavano a voce spiegata le afose nenie delle tappe, le buie canzoni d'Affrica dell'ergastolo camminante. Era forse, per quegli uomini, l'ultima sera di vita, l'ultimo colore di crepuscolo su la terra che non ha tombe nè focolari. E guardando con fissa maledizione il disco enorme che affondava nell'antipodo scintillante, con ira e con oblìo cantava, prima di farsi uccidere, «la gloriosa canaglia» della Legione Disperata. Questa era la gente che non avrebbe mai sepoltura. Là indietro, su le frontiere dell'esilio, avevano lasciato agli uomini saggi, agli uomini calmi, anche il cimitero. Qui, nell'oceano di sabbia, le bianche ossa dei morti perennemente cambiano sepoltura. Le strade vanno, sono il pendìo del sepolcro, la tappa della strada che non c'è; tramontano come le ore d'un giorno, convergono tutte nel deserto, laggiù, verso la terra folle, dove, negli uragani di sole, con l'iracondo nomade vento il sepolcro cammina... [Illustrazione: DECORAZIONE] --Eh bien. Madame, je suis désolé, désolé de ce que vous me dites, mais je ne me sens pas le droit de vous mentir, ni de vous épargner cette peine, pour cruelle qu'elle soit... Nell'oasi di Beni-Abbès, nella dorata penombra che riempiva la tenda spaziosa del capitano-aggiunto Letellier, Mimi Bluette si portò convulsamente le mani alla gola, e stette immobile a fissare l'uomo che le parlava; un ufficiale scarno, febbricitante, seduto quasi a terra sovra il suo letto da campo, e che ogni tratto alzava la mano con un moto meccanico, per toccarsi la fronte bendata. Sovra due cassette vuote un legionario scriveva celeremente; un altro riceveva i messaggi del telefono da campo. L'ufficiale medico preparava una fresca bevanda di cognac, di ghiaccio e di limone. --Est-il-mort?...--disse infine Bluette, con una voce che appena si udiva. --Dans des circonstances particulièrement héroïques, Madame, le matin du 23 Septembre, face à l'ennemi. Solamente i suoi occhi vissero quell'attimo di vertiginoso dolore; ma il suo corpo immobile nulla sentì. La ferita le passava il cuore senza ucciderla; solo, da quel momento, i suoi dolci occhi azzurri non furono mai più gli occhi di Mimi Bluette. Poi, d'un tratto, barcollò, aperse leggermente le braccia, il suo corpo si piegò in due come una sciarpa, e cadde per terra di schianto, senza far rumore. L'ufficiale medico non ebbe nemmeno il tempo d'allungare un braccio per darle aiuto; l'altro, il capitano ferito, riuscì ad alzarsi con estrema fatica, e, dopo averla sollevata, insieme la portarono a sedere sovra il lettuccio da campo. Ella riaperse gli occhi e li guardò con il suo cuore morto. Allora il capitano sedette vicino a lei, con le ginocchia rialzate fin presso il mento, le spalle raccolte nell'angolo che la tenda formava sopra un filo d'acciaio, mentre il medico, un bel fanciullo biondo con gli occhi di cortigiana, li guardava in silenzio muovendo le sue mani pallide. Si udiva in quel silenzio lo stridore veloce della penna sul ruvido protocollo militare. Nella distanza dell'oasi, ad intervalli, cantando, un falegname picchiava. Le voci aspre dei cammellieri giungevano dal profondo palmeto. Allora il capitano disse: --Le soldat Laire est tombé sous mes yeux pendant le combat que nos troupes livrèrent le 23 Septembre aux insurgés de la harka marocaine. J'y ai été blessé moi-même, comme vous voyez. Son nom a été porté sur la liste des morts, bien que nous n'ayons pas pu recouvrer son corps. Sur proposition de son chef de bataillon, on lui a décerné la Croix de guerre. Sa médaille a été portée à la salle d'honneur du 1.e r Régiment Etranger. Il fut un brave, Madame; soyez-en fière!--Donne-moi quelque chose à boire, veux-tu, major? J'ai horriblement soif. Con la sua mano delicata il medico versò la bevanda, e gli sorresse la nuca mentr'egli beveva. --Nous étions partis pendant la nuit avec les mitrailleuses. Nous savions très bien qu'il nous attaqueraient. On nous les avait signalés dans plusieurs directions du Gharb. Le Gharb, savez-vous, c'est comme le Bois de Boulogne pour les jeunes filles: il y a, paraît-il, des satyres. Nous étions trois cent quatre-vingt, quatre cents, pas plus; il sont, eux, comme les sauterelles; plus on en fauche, plus il en vient. Mais nous avions des ordres, quoi!... il fallait obéir. Nous avons obéi. Nous sommes revenus soixante-treize, et il fallait voir en quel état! Oh, je sais bien, à Paris on ne s'en doute guère!.. Les Coloniaux? eh, quoi, la belle affaire! C'est leur métier à eux de se faire «zigouiller!» Peste, Madame! Je vous dis que ces gros bourgeois ne se doutent de rien. Du cinq pour cent et Monsieur Fallières: voilà leur façon d'entendre la patrie. C'est commode, hein? Oui, sûrement, c'est tout à fait kouss-kouss!--Major, approche la carafe, je t'en prie... Bluette lo ascoltava immobile, piegata su l'ala che formavano le sue lunghe ginocchia, sola, deserta, con gli occhi allucinati nel vapore del lontano sole. --Mais lui, ce brave Laire, il avait du définitif dans l'âme, ce matin-là. Il marchait d'un pas allegre, à quelques rangs devant moi, et sa haute taille était la plus belle du bataillon. Pour un dernier venu, je vous assure qu'il était vieille-garde. Le sous-off me disaient:--«Capitaine, voilà un dandy!» Ce Laire, il n'avait pas prononcé quarante mots depuis son arrivée. Il avait le cafard des nobles, le cafards des gens qui se racontent à un brin d'herbe, mais qui jamais ne soufflent mot à leurs copains. C'est pour vous dire, Madame, que nous l'avions compris. Et moi, par exemple, je trouve assez naturel que vous ayez fait pour lui ce long voyage. Le strisce di fumo della sigaretta che aspirava il tenente medico rimanevano sospese nell'aria come larghi veli. --Oui, c'est bien sûr; pour nous tous, les Batt d'Aff, il vient un jour où nous avons du définitif dans l'âme. Il n'y avait qu'à le regarder, ce matin là, pour comprende que c'était «son jour». L'aube était rouge comme ces paniers de cerises qu'exposent les fruitières du Faubourg Saint-Honoré. Cela aide. Rien ne donne l'envie de devenir noir comme cette lumière écarlate... La colonne marchait, mitrailleuses en tête, essayant de glisser dans les plis du terrain. Le Gharb, au delà des dernières dunes, miroitait comme une terre volcanique parsemée de phosphore. C'est horrible! On s'aperçoit, dans ce spasme aveuglant, qu'on peut tuer l'homme à force d'étincelles. La terre montait; à l'horizon on voyait des collines. Ils pouvaient être partout, car le terrain faisait de hautes vagues. A un moment donné, sans aucune raison apparente, je sentis qu'ils étaient là, qu'ils rampaient comme des couleuvres dans les pièges de cette terre morte, qu'ils allaient surgir de partout, avec leurs cris sauvages. Une sensation, Madame!... cette sensation de l'embuscade que nous avons très claire, nous, les habitués de la harka. Quelques minutes plus tard, les voilà qui se dressent comme des fantômes chaotiques au sommet des collines. Deux, trois d'abord, puis des centaines, des hordes... Le soleil naissant du côté de Chergoui soulevait des nuées de sable; nous étions pris en même temps dans la bataille et dans la tourmente de soleil. Nos mitrailleuses, avec un bourdonnement de guêpes, sifflaient sur ces moissons de sauvages. On en fauchait autant qu'il en venait, par vagues. Mais ils étaient plus que nos balles, et ils approchaient toujours. Leurs drapeaux verts tanguaient sur ces troupeaux humains. Bref: quand nous fûmes entourés, quand nos mitrailleuses ensablées ne fonctionnèrent plus, il fallut marcher à la baïonnette, et le Commandant me cria: «Voilà du kouss-kouss pour toi, Letellier! Essaye tout de même! J'y vais de mon côté.» On y alla... Zut! que j'ai soif, Madame! N'en voulez-vous pas un verre? Ça fait du bien au coeur. E bevve, bevve profondamente, con assetata febbre, un lungo sorso. --Il y avait devant moi une borde composée de huit cent brutes au moins, qui grouillaient sur une colline et s'avançaient avec des oscillations de montagne russe. Leur drapeau vert était la chose la plus agréable à regarder dans cette atmosphère de pourpre. Je dis à mes hommes: «Crédieu! si on pouvait leur arracher cette sale guenille!...» --J'y vais tout-de-go, mon capitaine!--répondit une voix de bronze derrière moi. Un homme sortis des rangs. C'était le soldat Laire, très calme, baïonnette au canon. Il se lança tout droit, tout seul, faisant de temps à autre un geste comme pour écarter des rideaux. Les autres le suivirent. Il courait, une cinquantaine de pas devant nous. On arriva derrière une broussaille. A vrai dire on ne savait pas si c'étaient des arbres ou des pierres végétales. Ces chiens galeux n'étaient plus qu'à vingt mètres. Ils couraient aussi. Dans le choc, il y eut une mêlée épouvantable. C'est qu'on devient fou, là bas, dans le Gharb, Madame!... Ce n'est pas du tout de l'héroïsme: on devient fou. Ils tenaient leurs longs fusils par le canon et flanquaient des coups de crosse; ils avaient aussi des couteaux, des poignards et des larges sabres marocains; mais leur voix de fauves était encore plus effrayante. Le Commandant avait affaire de l'autre côté. Une partie de nos hommes, groupés autour des mitrailleuses, tiraient sans relâche pour aider nos baïonnettes. On voyait ces sauvages tomber comme des épis dans la moisson, avec une espèce de rire terrible qui les clouait par terre. Nous avions de leur sang jusqu'au poignet, jusqu'au coude; mais il en venait toujours du pied de colline. Savez-vous combien ça peut faire de cadavres le bras d'un homme? Je ne le sais pas moi-même. Plusieurs sans doute. Mais le poids des cadavres finit toujours par vaincre la puissance d'un bras. D'autant plus que nous étions presque tous blessés, sans compter les morts. J'avais une balle au dessus de la tempe, un coup de crosse à l'épaule et une déchirure dans le côté. Mais ça ne fait pas très mal, une blessure, tant qu'on est au Gharb... Ce brave Laire était toujours devant nous; il livrait à lui tout seul un combat merveilleux. Je crois même qu'à ce moment-là il n'avait plus sa raison, le pauvre, parce que je n'ai jamais vu un seul homme faire un pareil massacre. Il était tout rouge, de son propre sang et du leur, comme s'il s'était plongé dans le ruisseau d'une boucherie. Ceux qu'il avait tués de sa propre main et ceux qui s'abattaient sous notre fusillade formaient autour de lui une espèce de rempart macabre. Quelques pas en arrière de ce rempart flottait le drapeau vert du Prophète. Il avançait toujours pour s'en emparer, tombant sur les genoux, se redressant encore, tout rouge, complètement fou. A un moment donné je comptai mes hommes: nous étions restés trente-cinq; nous reculions; le Gharb dansait comme une mer en tempête. Ce n'était pas le courage, c'était l'haleine qui nous manquait. J'avais empoigné mes deux pistolets pour en brûler les dernières cartouches, quand, tout à coup, un miracle se produisit. Une de nos mitrailleuses, nettoyée à la hâte, avait fait un bond sur l'aile gauche et recommençait à chanter. Madame, quelle ivresse! quelle ivresse!... Je n'ai jamais lancé vers une femme le regard enivré dont j'enveloppai en ce moment la belle mitrailleuse... --Doucement...--gli consigliò il medico.--Vous aurez la fièvre. --Ah, tant pis! Ce n'est pas très important d'avoir la fièvre! On en guérit. Et puis on recommence... Après tout c'est la chose la plus bête que nous puissions faire, nous soigner d'une blessure. Oh, ce besoin imbécile de rester vivants!... Et pourquoi?... Pour crever demain, ou après demain, dans le Gharb ou dans le Guébli, et toujours avec le même délire... Ce n'est même pas comique, ce n'est rien du tout... De la bêtise! Dis-donc, major, ta quinine a des qualités sans doute; mais moi je puis te dire que j'ai appris quelque chose dans l'histoire du soldat Laire. D'abord, vois-tu, il avait dans son coeur des yeux de femme. Et cela ne l'a pas empêché de vouloir la guenille du Prophète, le chiffon vert que même ces brutes ont pris pour de l'idéal brodé... Oui, positivement, j'ai la fièvre; mais ça me fait bien plaisir qu'une jolie femme soit assise sur mon lit de camp. Et puis, Dieu sait si elle m'écoute... Dans ses yeux calmes il y a un peu de nord... --Je vous écoute, oui, capitaine,--ella rispose con voce tranquilla, senza nemmeno far muovere il velo d'ombra che le fasciava la fronte. --Et alors, quand la mitrailleuse chanta, la cohue de ces gueux sauvages eut une espèce de long balancement, un arrêt tumultueux devant la mort invisible, devant ces milliers de balles qui zigzaguaient dans leurs rangs comme des lézards métalliques. Ce n'était pas continuel, car elle devait aussi défendre cette partie de la colonne qui s'était engagée sur l'autre versant, aux ordres du Commandant. Mais elle nous protégeait assez pour que nous puissions nous replier, tant d'un côté que de l'autre, afin de nous réunir autour des mitrailleuses, qu'on essayait de remettre en action. Le soldat Laire était toujours au delà de la broussaille; il ne tournait même pas la tête. De temps en temps la mitrailleuse faisait des ravages devant lui; les monceaux de cadavres l'empêchaient de mourir. --«Soldat Laire!--lui criai-je.--En arrière! En arrière avec nous!» Il hocha sa tête nue, qu'une large blessure coiffait de pourpre; il fit un bond terrible, et plongea sa baïonnette dans le ventre du grand diable noir qui portait le drapeau. Il s'accrocha des deux mains à la hampe de l'étendard, et l'on vit une mêlée d'hommes, presque nus, gesticulants, hurlants, s'écrouler sur l'enorme cadavre de l'enseigne barbare. La mitrailleuse y darda pendant quelques minutes son éventail de flèches, et presque personne de ce groupe ne releva la tête. Ils avaient enseveli sous leurs cadavres la bannière du Prophète. Mais il y eut un silence. Et lentement, comme quelqu'un qui sortirait à plat ventre d'une kouba effondrée, nous vîmes le soldat Laire se dégager du poids de ces cadavres, surgir, et marcher vers nous en chancelant, les mains crispées sur la bannière du Prophète. Ce n'était plus un homme, Madame, mais un fou rouge, une loque humaine qui portait un drapeau. Il l'agitait, il l'agitait, il riait peut-être... Nous entendîmes sa voix ivre: --Je l'ai! je l'ai, mon capitaine!... Nous allions vers lui, mais la distance était encore assez grande. On voyait des marocains, des nègres, courir en foule. Nous avions peur de le tuer avec nos balles. De mes hommes, plus un seul ne pouvait courir; eux, ils couraient comme des diables. Mais sa voix était si épouvantable, que j'en rêve, depuis, chaque fois que mes yeux s'assoupissent. Il criait:--«Bien le bonjour à vos bourgeoises, n's pas!... Et quand j'aurai ma médaille, fous-la au drapeau... capitaine!... fous-la... au drapeau... ca... pitaine!...» Ce fut sa dernière parole. On s'empara de lui, malgré les mitrailleuses, et il mourut les poings crispés sur la bannière du Prophète.--J'oubliais de vous dire, Madame, que tout cela s'est passé au milieu d'une tourmente rouge, et que nous sommes revenus soixante-treize, dont vingt-quatre seulement n'étaient pas blessés. En voilà un, par exemple: c'est le petit gaillard aux yeux de chamelle, qui gribouille des paperasses pour expédier ma correspondance. Parce que moi, voyez-vous, le Gharb m'a joué un sale tour: je ne peux plus écrire les mots sur une ligne, je vais tout de travers, et je saute des voyelles... --Ah, ces chiens galeux! ces chiens galeux!...--borbottava il piccolo soldato, succhiandosi le falangi sporche d'inchiostro bituminoso. Là fuori, nell'oasi bionda, la sera scendeva in larghe vampe di tangibile profumo. Era quasi una lentissima pioggia di pólline d'oro, che pareva scuotersi dai carichi rami delle palme, bruciare, cadendo nell'ombra, come un pulviscolo di sole. Si vedevano, sui fiori tropicali, aprirsi le bocche ovali dei lucidi camaleonti. Due cadaveri di traditori pendevano dalla forca della più alta palma. Erano là, immobili, come due lunghi batacchi di campana, coi polsi legati dietro la schiena, gli occhi marci, la lingua grossa come un tumore fra le mandibole mummificate. La carovana di Colomb-Béchar si era sdraiata intorno ai pozzi, fra il disordine delle some; i cammelli masticavano la rugiadosa erba con una lentissima voracità; in larghe pentole d'argilla i cammellieri pazienti facevano bollire il kouss-kouss. Un vecchio negro, di membra gigantesche, dai lineamenti quasi europei, fumando una lunghissima pipa che gli pendeva dalle labbra tumide, faceva esaminare da Jossuf-el-Foukani i marenghi d'oro, i franchi d'argento che i Francesi gli avevano dati. Molti legionari, seduti fuori dalle tende, fra l'attenzione delle piccole negre, giocavano a carte oppure al tric-trac. Di esse, qualcuna era incinta; qualcuna portava i corti capelli annodati su la tempia con un nastro di colore. Avevano certe lunghe braccia da miss inglese, la bocca invereconda, e, nelle spalle, una specie di rassegnata ma gentile povertà. Mentre Bluette usciva dalla tenda del capitano, quei legionari si misero a guardarla. --Christi! Je te dis, Jacquelot, qu'elle est bougrement bien fichue, la môme, et que, surtout de la voir pleurer, ça me fait quelque chose! --T'en fais pas, Galitzine! Les femmes, ça pleure, ça rit... Pourvu qu'on les mette à poil, c'est à peu près tout ce qu'elles demandent! --Pourtant, ce qu'il était bath, ce Laire! Hein? Qu'en dis-tu, Jacquelot? Avoir tripoté des femmes pareilles, pour s'engager à la Légion... Fallait-il en avoir une couche?... Pas vrai, Jacquelot? --Oui... mais ne triche pas en attendant! Je vois que tu es en train de me monter le paquet. T'es propre, va, Galitzine!... Passe-moi les cartes. C'est à moi la donne. Oui, mon prince! Et puis je te dis que ce Laire, c'était peut-être un poseur, un aristo, une fiente à avoir une particule devant son Laire, mais il avait des goûts fins... ça, y a pas d'erreur! --Dis-donc, Jacquelot! Est-ce que tu ne marcherais pas ce soir, si elle te faisat de l'oeil? --De l'oeil à moi? Tu te payes ma tête, sale mec! --Dis-donc, Galitzine.... Veux-tu mon avis? C'est le jeune major qui se l'enverra, ce soir, au clair de la cafarde... --Ah, la chamelle!... D'ailleurs, que veux-tu? ces salops d'officiers, ils ont des aventures même au Gharb!... [Illustrazione: DECORAZIONE] E allora tornò. Tornò, con l'anima sua d'innamorata, verso Parigi la Babelica, verso il mercato glorioso che vendeva, nella sua fiera di tutte le umane gioie, la bellezza ed il piacere. Tornò, silenziosa, con la fronte chinata, gli occhi accesi di quella immobile vampa che bruciava nel remoto Gharb. Era divenuta ella pure lontana, come i tetri volontari dell'ergastolo camminante. Aveva lasciato cadere ad uno ad uno, su le carovaniere del Guébli, come foglie della propria vita, i fiordalisi di Mimi Bluette. Ora il senso dell'esilio era entrato in lei, come nell'anima di quei soldati nomadi che solo avranno per tomba l'emigrante bufera. E tornava per nasconder nel frastuono della Parigi Babelica la sua tacente anima di Maddalena. Vi giunse una fredda sera del mese di Novembre, quando il firmamento d'elettricità, che per l'alta nuvola propagano i lumi delle strade, con tremito si andava incurvando su la metropoli rannuvolata. Ella guardava con occhi stupiti, aperti, fermi, quella molteplice vita, mentre nell'anima deserta le infuriava un lontanissimo rumore di sole. Questa era la Città, questi erano gli Uomini, questa era la Vita... Povera piccola bionda Mimi Bluette!... Non afferrava più l'esatto senso nè più sapeva ben distinguere gli esatti contorni delle cose; nel suo profondo essere femminile si era disseccata, sotto la fiamma del deserto, quella fertilità limpida e giovine che ogni creatura porta in sè come una fontana. Ora capiva quel che significa non avere più strada, essere giunti a quell'ora di sconfinata e spaventosa libertà, oltre la quale finiscono anche le distanze. «Gli altri», quei mille che si chiamano «gli altri», avevano per lei smarrito il senso di creature umane. Passavano; erano cose poco più importanti che i paracarri di sasso, le colonne di bronzo, le ruote lente, stupide, che ripetono fino a consumazione il loro inutile perpetuo giro... «Gli altri» erano gli automi freddi e meccanici che attraversano la vita. La vita: questo rumore, questo colore--questo nulla. E poi? Le città? i parchi? le strade? le famiglie?... Tutta quell'opera che indefessi compivano? tutto quell'urto che insieme producevano, il giorno e la notte, ora per ora... Ma no! Ma no!... era pazzamente inutile... Inutile. C'era un immenso deserto, che «gli altri» non vedevano. E, poi? Essere bella? avere un nome gentile? potersi coprire fino alle ginocchia de' propri capelli biondi?... Avere la carne profumata, dolce, chiara, trasparente, come il più bel fiore coltivato nel miracolo d'un giardino; essere stata la gioia, essere ancora la gioia... la ballerina di Parigi... Mimi Bluette... Ma no! Ma no!... C'era un inganno!... Tutto questo non doveva essere mai avvenuto... La storia della sua vita, il colore di sè stessa era un circolo grande, remoto, interminabile, di sole... E poi? Cosa potevano darle ancora quelle finestre buie, che si aprivano verso l'interna ombra nelle case degli uomini? Quelle finestre che nei mattini di primavera si empivano di serenità e di sole; quelle grandi finestre opache, morte, come gli occhi di una creatura che non respira più... Cosa potevano darle ancora le strade magnifiche della Capitale, i grandi negozi luccicanti, le canzoni delle orchestre chiuse nei teatri saturi di nevrastenia?... Quanto rumore per nulla!... quanto rumore per nulla, o Parigi la Babelica!... E poi? Non c'era più. Qualcosa non c'era più. Qualcosa nel mondo era scomparso, distrutto, finito. Chi? Un essere? Non soltanto, non soltanto... La poesia. Tutto ciò che nel mondo ha nome:--Vivere. Quella grande ala invisibile che solleva il peso della materia nel colore della felicità... Ecco: era finita la poesia. Parigi la Babelica era per «gli altri». A lei rimanevano i suoi capelli biondi, le sue mani bianche, i suoi veri occhi d'innamorata, pieni di sole, pieni di sole... Questa era la Città, erano le strade ch'ella conosceva; queste le fiumane di gente fra le quali era uscita una sera, portando in sè come un fiore selvatico il suo timido cuore di Transalpina.... «Maxima Maximum.... La Revue de l'Alhambra... Le Matin... Michelin... Galeries... Polin... sait tout...» E poi? Dove? quando? chi le ridarebbe un respiro? Si ricordò le danze ch'ella faceva, le belle danze a piedi nudi, sovra un tappeto verde come lo smeraldo più puro... E le parve che la musica non fosse ancora morta in lei; anzi le parve che la musica fosse l'ultimo piacere, l'ultimo senso della vita... Era venuta al mondo così:--per danzare. No: per amare. Quante canzoni!... Era Parigi che gliele rendeva, che stupendamente le buttava come un laccio intorno al suo piede; intorno al suo piede, per farla danzare... Ma dove? ma quando? ma per chi? Le musiche vanno; forse vanno più lontano di tutte le strade. Però muoiono anch'esse, trovano anch'esse la loro distanza nel dolore infinito. Vestirsi, ridiventare la più bella danzatrice di Parigi, coprire di perle fredde la incipriata sua nudità, mettere su le tenui dita gli anelli vivi come il deserto, ridere, coprirsi di fiori, nascondere un sorriso ebbro dietro l'orlo del bicchiere di Sciampagna... dietro l'orlo del bicchiere di Sciampagna!... Oh, com'era lontana per sempre quella sera di stupenda poesia!... Ed allora pensò alla voce dell'amante, alla voce del nomade in quella perduta sera. Pensò al profumo che aveva ogni soffio d'aria nel respiro della sua viva bocca, alla forza che aveva la palpitazione del mondo, quand'ella era con lui, serrata come in un rifugio contro il suo veemente cuore. La femmina, l'amante ch'era in lei, tremò nelle sue profonde vene, poichè Parigi d'un tratto la risuscitava. E con pudore quasi di vergine ella si meravigliò che non fosse ancor morta. No: era come la musica; poteva giungere più lontano di tutte le strade. La gioia d'essere per quell'amante una femmina viva ed invereconda, come una rosa, quando nei giorni d'estate, si gonfia e trema del pólline che l'ubbriaca... la gioia di sciogliere con le mani un po' contratte, con i polsi piegati, le sue belle trecce pesanti, ascoltando il rumore insidioso che producono le forcelle cadendo, e poi nuda, e poi trepida, coi seni erti, con il grembo già umido, che si muove, attorcigliarsi con un piccolo vellutato grido a quella maschia forza che di lei, fino all'orlo dell'anima, stupendamente s'impadronisce... essere nuda...--ciò che forse vuol dire con felicità sentirsi donna--essere il suo piacere, la sua bellezza, la forma femminile della sua vita, essere la Maddalena e l'amante, ciò che si chiama la colpa e si chiama Dio... No?... Mai più?... Mai più. Qual era il guanciale ove i suoi capelli disciolti vestirebbero la bellezza del peccato? E lo specchio dov'era, nel quale guarderebbe con ilarità i suoi occhi appassiti? E dov'era una bocca d'uomo la quale potesse non offendere le sue rinnovate labbra di vergine? potesse non contorcere in una orrenda paura la indocile sua nudità?... Mimi Bluette... Un nome; nient'altro che un nome; anzi un piccolo fiore da mettere sui cappelli di paglia, nei mesi d'estate. Mimi Bluette... due parole troppo leggere... Il vento la aveva portate via. E i cimiteri?... Sì, anche i cimiteri. Di qua, di là, ve n'erano molti. Respiravano, quella sera, il fumo della nebbia inazzurrata che andava girando, pesando, su la Città sfolgorantissima. Erano anch'essi come i teatri: una rappresentazione ferma della vita. Si ricordò la frase ch'egli le aveva detta, una lontana sera di neve: «J'en ai soupé des gens qui connaissent leur cimetière...» I cimiteri? Sì, la più lunga strada; ma sempre una strada... E poi?... Ecco: bisognava gettare ancora una volta il suo piccolo nome su la Città immensa, e poichè Parigi aveva rappresentata in lei qualche ora della sua camminante bellezza, bisognava essere fino all'ultimo la ballerina dell'antico My Blu, bisognava danzare la danza del suo cuore morto sul più luminoso teatro di Parigi la Babelica... E poi?... [Illustrazione: DECORAZIONE] --Qui, Jack, j'ai été au delà de la mort, et je suis encore vivante... Me voici revenue. J'ai désiré te voir. Tu es le premier homme, tu es la seule créature à qui je sente le besoin de serrer la main. Pourquoi me regardes-tu, Jack? Suis-je bien changée? Egli era commosso; non le parlava. Non le poteva parlare. Chinato sopra il suo volto ancora giovine di ballerina, teneva una mano di Bluette fra le sue, dolcemente, fortemente, con una specie di fraterna ed innamorata paura. --Oui, sans doute, je suis très changée, très enlaidie peut-être... Si tu savais comme le désert brûle!... Si tu savais comme on y perd ses yeux, là-bas, dans cette terre où tout miroite... Ça ne fait rien! ça ne fait rien!... Parlons de toi, Jack. Est-ce que tu danses? Con un moto repentino egli scosse il capo, serrò i labbri; una smorfia contrasse la sua limpida fisionomia. --Non? Est-ce que tu ne danses pas? Toi non plus, Jack? C'est drôle! Qu'as-tu fait alors? --Je vous ai attendue, Bliouette. --Tu m'as attendue... Est-ce possible? Quel enfant que tu es! Et puis, ça ne vaut pas la peine d'attendre Mimi Bluette... Mimi Bluette est morte. --What a pity! You are a very naughty Girl! --Pas du tout méchante, pas du tout. Jack! C'est la vie qui fait ça... Il ne faut pas m'en vouloir. Et puis rions, Jack!... Si tu savais comme c'est triste de ne plus savoir rire! --«Avez-vous donc fait un voyage très uncomfortable?» --Tu appelles ça «uncomfortable»?... Oui, c'est ça! tu as peut-être raison, Jack... Pour moi ce n'est pas seulement l'Afrique, c'est la vie toute entière qui a perdu son comfort... Egli si guardò le unghie, le belle unghie rosate, la sua mano calma, onesta come il suo cuore. Pareva incerto se dirle quello che le voleva dire. Poi domandò: --«Etes-vous toujours une esclave, Bliouette?» --Ne me demande rien. Jack... Tu dois savoir que je n'ai pas versé de larmes... --«Et vous étiez nécessaire de verser des larmes?» --Oh, il faisait tant de soleil!... On ne pleure pas quand on est aveugle... Tu as dit pourtant: «vous étiez nécessaire»... C'est une grosse faute. Jack! Il vaudra mieux que tu dises à l'avenir: «Etait-il nécessaire... et coetera.» --All right! Mais je demande si votre ami... --Ah, non, Jack!... Pas ça! Jamais, jamais un mot! Tu es mon danseur et tu es mon brave Jack... mais ne demande jamais à Mimi Bluette ce qui s'est passe là-bas, dans la terre chaude... --Oh, yes! Linette avait donc raison... Je suis très coupable. --As-tu causé avec Linette? --Non. Elle m'a chuchoté en m'ouvrant la porte: «Parlez pas, Monsieur Jack! Faut la guérir d'abord.» --Pauvre fille! Elle a été si douce, si douce... Mais pourquoi donc les gens m'aiment-ils toujours, moi, qui suis d'une nature si horriblement égoïste?... Enfin, si ça te fait plaisir, allume ta pipe, Jack. --«Bon. Vous me direz après que je peste.» --Ou que tu empestes... Mais ça ne fait rien. Allume. Sedettero. Egli premeva il pollice con attenzione sovra il suo biondo Navy Cut. --Ç'a été très beau en Afrique. Tout le monde savait que j'étais Mimi Bluette. A Colomb-Béchar les militaires ont joué le My Blu. --Quand on a bien dansé comme vous, Bliouette, c'est naturel qu'on ait sa réclame aussi en Afrique. --Tu crois? --Yes. --Ecoute donc. J'avais un superbe chef de caravane qui m'appelait: «Lalla». C'était très gentil. --Question de goût. Moi ça me fait rire. --Jack, tu ne m'as pas encore dit si je suis devenue laide? --«Oui, un très petit peu.» --Parce que, sais-tu, j'ai un projet... --Aïe! --Tu dis aïe beaucoup trop tot. C'est ton vice. --J'ai toujours peur de vos projets, My Blu. --Pas cette fois. Mon projet va te plaire. --Par exemple? --Par exemple... écoute-moi bien... Je vais danser! --Oh!... My Blu! Non seppe risponderle con altre parole. Ma i suoi occhi mandavano luce. D'un tratto afferrò entrambe le sue mani, abbronzate ancora della vampa, mise un ginocchio a terra e le baciò. --Oui, je vais danser une danse que j'ai dans le coeur. C'est le mouvement de la caravane qui me l'a apprise. Et puis c'est le soleil du Gharb, le soleil de la terre où ils tombent... où il tombent, Jack, mes frères!... Quand je portais en moi mon coeur comme une pierre, cette danse montait dans mes veines, enveloppait mon être, dans une volupté rouge comme le soleil... Vois-tu? Chacun doit parlar avec son propre langage. Les poëtes font de la poesie; les peintres s'occupent de la couleur; moi, qui étais née danseuse, je sentais le désert comme une danse, et il y avait pour moi des orchestres dans la fureur du soleil... --Oh, comme c'est beau ce que vous avez dit, Bliouette!... --Mais non, Jack, c'est tout à fait simple... Nous avons marché des jours et des jours, assoupis dans la somnolence de la caravane; il y avait là-bas ce soleil que tu n'as jamais vu; et le silence furieux de cette atmosphère étourdissante m'envoyait des chansons qui étaient vastes comme l'inépuisable désert... J'ai senti naître en moi une musique de soleil, qui était nouvelle, sur laquelle personne, jamais, nulle part, n'a dansé... Je veux faire cadeau à cette ville de ma danse; elle m'a bien donne, Jack, mon amour... --Vous attribuez ça à la caravane; moi je crois, Bliouette, que le miracle est dans vos pieds. --Si tu étais philosophe on t'appellerait, je crois, un matérialiste. Mais, puisque tu es danseur, on ne peut t'appeler qu'un idiot. Enfin tu seras mon impresario, Jack. C'est toi qui m'arrangeras ce spectacle. Et quand j'aurai dansé ma danse, presque nue, sur des tapis rouges, alors, pour te faire plaisir, je danserai aussi les tiennes, avec toi Mais je veux que ce soit splendide! Un théâtre comme Paris sait en faire aux actrices qu'il aime. Tu vas d'abord m'envoyer un musicien. Je danserai: il devinera la musique. Tu m'enverras celui qui a écrit le My Blu. Quoiqu'il ait à présent un peu de morgue, pour avoir été joué aux quatre coins de la terre, grâce à Mimi Bluette, il se ressouviendra, j 'espère, qu'il était râpé comme une vieille culotte quand il vint m'offrir sa pièce, pour le prix de trois louis... une vraie aubaine! Maintenant il a un tarif de boxeur nègre. Mais tu peux lui dire que Mimi Bluette n'est pas à vingt-cinq louis près. Tu feras annoncer ce spectacle le plus bruyamment et le plus loin que tu pourras. «La Danse du Soleil... Mimi Bluette»--«Mimi Bluette... La Danse du Soleil»--C'est joli, hein? la Danse du Soleil?... Ce Dieu terrible me possède, Jack, et je danserai une danse furieusement ensoleillée... Aussi tu prieras Sem de me faire une affiche. Je ne suis pas tout à fait certaine que Sem soit un dessinateur extraordinaire, mais, quand c'est de lui, c'est du Sem, et ça colle! Puis tu iras faire une visite da ma part à Messieurs les Moucheurs de Chandelles, au Monsieur du Strapontin et à ses collègues; tu trouveras moyen de souffler à Fred Chinchilla que Bluette étalera sur son tapis rouge pour un million de bijoux... Enfin tu iras au Bar de la Grande Rouquine--tu iras ce soir même--dire à Sanderini qu'il s'amène chez moi, car j'ai une faveur très delicate à obtenir de sa vilaine gueule... [Illustrazione: DECORAZIONE] * * * * * E passò quei giorni ricinta nel suo dolore come in una fredda collana di pietre scintillanti. Mimi Bluette!... Un nome, nient'altro che un nome; anzi un piccolo fiore da mettere sui cappelli di paglia, nei mesi d'estate. Parigi l'aveva buttata in alto come il vertice luminoso d'una fontana, ed ora che la sua lievità non poteva più essere trasparente, con un'estrema vertigine del suo chiarore Parigi la ricoricava. Nella Danza del Sole, sul tappeto rosso come il Guébli, voleva calpestare con magnificenza il suo cuore morto. Davanti alla Città che l'aveva stupendamente innalzata, voleva passare, splendere, come rifulge dopo la tempesta il miracolo dell'arcobaleno. Gridare a quei milioni di uomini respiranti nella felice aria della vita: «Io che danzo ancora su questa musica del mio delirio, seminuda perchè mandai profumo, io sono Mimi Bluette!...» Gridare con la musica estrema dei suoi movimenti allucinati: «Città Raggiante!... Città Vertiginosa come il Guébli... Città barbara, dove il sole non tramonta mai!... guardami ancora una volta! Questo è il profumo di carne che a te mandarono i miei fiordalisi. Passai nella tua primavera come la musica d'un raggio di sole; fui, con tutto il mio corpo, la bellezza che ti è necessaria, o Parigi etera dei secoli!... Sono venuta per le tue strade folli un giorno della mia giovinezza, e nessuno mi guardava. Ero giovine come la primavera, e nessuno mi guardava. Io non sapevo nemmeno che l'arcobaleno avesse un colore il quale si chiama la Gloria,--e tu me l'hai data. Mi hai detto: «Va nel mio giardino, piccola fiamma, e scégliti un fiore.» Ho scelto i fiori del sole nei campi, questi azzurri fiordalisi, di cui mi feci una ghirlanda perchè andavano bene con me. Io non avevo altro che i miei capelli biondi e le mia caviglie leggere; tu mi hai sollevata come una piuma nelle tue bufere di sole... Guarda! Ora danzerò per sempre la danza del mio cuore morto, calpesterò, sovra un tappeto rosso come il Guébli, su la morta erba del mio giardino, i fiordalisi di Mimi Bluette...» [Illustrazione: DECORAZIONE] --Suis-je ou ne suis-je pas en présence de la divine Bluette?--disse per celia l'ottimo Sanderini. Era, come sempre, agghindato nella stralucida marsina e dondolava con una specie di sonno la sua vecchia testa d'avvoltoio domestico. --Eh bien, mon vieux Sanderini! Ça va toujours cette gonzesse que nos littérateurs appellent l'existence? Oui? ça va toujours? Tant mieux! Voilà des siècles que je ne revoyais pas votre bonne tête! Comme ça fait plaisir tout de même de se dire bonjour entre copains! --Et moi je vous dis, madame Bluette, que nous étions tous bien tristes chaque fois que nous entendions prononcer votre nom. On se regardait dans les yeux, la Grande et moi, sans rien dire; puis la Grande m'envovait une injure, car c'est sa façon à elle d'avoir du chagrin. Pensez donc si j'ai bondi, hier soir, quand M. Jack est venu me dire que vous étiez là, et que «Mimi Bliouette était nécessaire interview de vous, mister Sanderini...» --Ah, ce brave garçon! Il n'est pas ce qu'on appelle un polyglotte, et pourtant je l'aime bien, mon vieux Sanderini; je l'aime comme un frère. --Hier soir il était rayonnant. Il a fait le tour des tables, et il prenait tout le monde par les poignets: «Savez--vous? Mimi Bliouette va danser! Mimi Bliouette in the Sun Dance! Yes: dans la Dance du Soleil!...» Oh, qu'il en était aux anges, le pauvre petit! --Et bien, oui, nous allons voir une fois de plus si ça colle, mon vieux Sanderini! --En douteriez-vous par hasard? --Non, je n'en doute guère... Seulement j'ai été bien éprouvée depuis quelques mois, et, si les pieds restent agiles, des fois le coeur ne l'est plus. --Voyons! Quelle blague! --A la fin je me suis dit: «Sacrée Bluette, si c'est vrai que tu es née danseuse, il faut bien que tu recommences!» --Voilà qui est bien pensé, madame Bluette. C'est ce que je dis toujours, moi, quand je vois des figures mornes: «Faut pas s'en faire!... Faut pas s'en faire!...» A la fin des fins, madame Bluette, qui est-ce qui vous en dira merci? --En effet, Sanderini... --Et alors, à quoi bon? Faut pas s'en faire! Le sac est déjà très lourd à porter, sans qu'on y ajoute soi-même des pierres. Et puis, un beau jour, quand vous aurez le coeur libre et que vous ferez, comme une benne ménagère, la révision de votre compte de semaine, en voyant tout ce qu'il y a eu de cassé, de fripé, de perdu, sans le moindre bénéfice, vous n'aurez qu'une chose à vous dire, ma pauvre Bluette: «Dieu, que j'étais aveugle! que j'étais aveugle!» Vous m'excusez, n'est-ce pas, si je vous parle avec tant de franchise? --Je vous écoute sans protester, cher Sanderini. Vous êtes un homme d'expérience, et rien ne m'empêche de croire que vous avez positivement raison... --Mais, en tout cas, je ne suis point venu pour vous faire de la morale. Un Sanderini moraliste, un Sanderini cautériseur d'âmes, voilà un métier pour lequel je ne me connais point d'aptitudes! J'en fais bien d'autres, si vous voulez, et je m'en tire d'une façon décente, quoiqu'on me tienne pour un larron des plus fieffés... Mais pour vous, madame Bluette, pour vous je n'ai que de bons sentiments, et moi, qui suis pourtant un égoïste, je saurais tout de même sacrifier mon bien-être personnel pour le plaisir de vous rendre service. --Mon Dieu, oui, Sanderini, il y a de braves gens! Il y a de braves gens, surtout parmi ceux qui n'ont pas à chaque instant leur âme au bout des lèvres et vous la collent sur vos blessures comme du taffetas... --A la bonne heure, ma toute belle! Vous commencez à apprendre la vie. --Peut-être, mon vieux Sanderini... Ce qu'il y a de sûr c'est que je me sens moi-même...--oh, la phrase vous paraîtra bien drôle!--je me sens moi-même en rupture avec la société... Ces gens comme il faut, croyez-vous? ils m'horripilent! --Et moi!... Fichtre! si seulement on me laissait faire!... Dans tout homme résigné il y a toujours le sans-culotte qui roupille. Un jour vient où il s'éveille et veut ameuter les carrefours pour pendre les aristos à la lanterne. --C'est possible. En tout cas le mien aurait plutôt envie de se pendre lui même... --Et c'est triste. Il ne faut jamais envoyer son coeur à la guillotine. Vous avez le tort, ma toute belle, d'avoir lu des poëtes. Moi, les poëtes, je les laisse aux rafalés! --Les rafalés, vous dites? Ah, le beau terme! Et comme il me va, Sanderini! Car je ne suis désormais qu'une pauvre femme rafalée... Oui, je ne m'en cache guère: j' ai eu du chagrin, je suis éreintée, j'ai besoin, vraiment besoin, de trouver autour de moi un appui quelconque... Eh bien, ma foi, ce n'est pas aux gros bonnets, aux philanthropes, aux gens de bonne conduite, qu'il me prendrait jamais la faiblesse d'avouer ma peine! Pour ceux-là je vais danser ma Danse Rouge; devant ceux-là je vais paraître implacablement heureuse, ayant toujours aux lèvres mon sourire d'autrefois... Mais c'est ici, dans les coulisses, où les feux de la rampe ne m'embrasent pas d'une lueur artificielle, c'est ici, où Mimi Bluette redevient la pauvre fille de jadis, que je puis vous dire, Sanderini, combien mon âme est triste, et combien je me sens vide, morne, solitaire, hantée par la frayeur de mes nuits blanches... --Mais non! mais non! Il faut chasser tout cela! Il faut venir souper chez la Grande Rouquine, lever son verre plus haut que le front, et puis rire, rire!... ne rentrer qu'à l'aube, légèrement grise, l'âme gonflée comme une voile dans la vapeur du Champagne... Que diable! Est-ce possible que ce Paris, où l'on soigne des rois neurasthéniques, ne parvienne pas à vous guérir, vous, qui êtes une créature de joie? --J'ai été amoureuse comme une folle, mon pauvre. Sanderini... --Quoi donc? Il y en a bien d'autres qui ont été amoureuses comme des folles! Presque toutes l'ont été. C'est-à-dire qu'elles ont cru l'être, ce qui revient au même. Et avec ça? Faut pas croire que ce soit la fin du monde. Petit à petit, jour par jour, comme c'est venu, ça passe. Eh, oui! Ne hochez pas la tête... Il en est de cela comme des robes à paniers... ça passe! --J'ai été amoureuse comme une folle... je le suis, je le serai, comme une folle... --Bien sûr, bien sûr! Vous conjuguez à merveille... Mais c'est toujours de la conjugaison, ma divine!... Pas autre chose que de la grammaire du sentiment. Allez plus loin: vous tomberez dans le crépuscule de l'imparfait, vous vous éloignerez dans l'ombre du prétérit indéfini... Croyez-moi: la conjugaison des verbes n'a d'autre raison d'être que l'inconstance du coeur humain. Sans cela vous pourriez toujours dire: a «J'aime»--et ce serait vrai pour toute la vie. --Sanderini, savez-vous qu'il est mort à la Légion Etrangère? --Oui, je le sais. --Comment le savez-vous? --Qu'importe, puisque je le sais? --Mais... les détails? --Oui, les détails aussi. Nous savons qu'il est mort en brave, criblé de blessures, sur le drapeau ennemi. D'ailleurs, il n'y avait qu'à voir sa tête pour être sûr qu'il marcherait tout droit. Moi, voyez vous, j'ai toujours dit au nez des moqueurs: «Oui, elle l'aime, c'est bien dommage... Pourtant je suis sûr que ce type-là n'est pas un gangréné comme vous.» Et la Grande qui se rebiffait: «Mouche-toi, vieille chandelle! T'a-t-il fait cadeau d'une épingle de cravate, que tu en parles comme de ton cousin?» Bref, laissons tout ça, ma divine. Quand on a eu un malheur... eh bien, c'est dur, je le sais... Mais, tout de même, on l'accepte, on le plie en quatre comme un joli mouchoir de soie, on l'enferme dans la petite boîte secrète que chacun porte en son coeur, et puis on lui dit, à cette gueuse, oui, exactement ce que vous avez dit: «Chienne de vie, drôlesse à quatr'pattes, c'est très dur, c'est très très lourd, mais il faut bien que je recommence!...» Pas vrai? --Sanderini, je vous ai fait venir parce que je sais que vous êtes un homme à rendre de menus services... --C'est mon devoir. --Et parce que je sais que vous êtes un homme adroit, subtil, point bavard, point farouche... --On le dit. --Que vous savez devenir indispensable aux moments graves... indispensable et discret... --Disons: comme une faiseuse d'anges. --Ou bien... comme un marchand de paradis! --Ah, tiens, j'y suis! J'y suis, ma divine. C'est de l'oubli chimique, de l'ivresse au milligramme qu'il vous faut... --Oui, mon ami: de la morphine... --Aïe! --Car, je vous l'avoue franchement, Sanderini; tous les soirs j'ai envie de me tuer. --Hum! --C'est donc pour m'aider à revivre. --J'entends. --C'est pour que je puisse rentrer vers l'aube, l'âme gonflée comme une voile... Ne m'en donnerez-vous pas? --J'hésite. --Pourquoi donc? Vous en donnez bien à... --Chut! Ne disons pas à qui j'en donne. Le cas est très différent. --Sanderini, soyez gentil... --Très différent, vous dis-je. --En quoi? --Vous allez rire. Ces femmes, voyez vous, ça m'est à peu près égal qu'elles s'adonnent aux stupéfiants, aux aphrodisiaques délétères, qu'elle prennent de la coco, de la morphine, ou qu'elles s'éthérisent à leur gré... Moi, ça me rapporte; et qu'elles soient plus ou moins vannées, plus ou moins détraquées, pour Notre Dame de Pantruche il n'y aura rien de perdu! Mais, lorsqu'il s'agit de Mimi Bluette, voyons, ce n'est plus la même chose!... --Préférez-vous, Sanderini, que j'aille m'acheter mon coin de terre dans un petit cimetière de banlieue? Je le ferai sans doute, ce soir peut-être, ou le premier jour que j'aurai la force de vaincre ce petit frisson... Car là-bas, dans le Gharb, c'est plus facile qu'ici. Je sais bien pourquoi ils se font tuer... L'air est tellement rouge! Mais ici, quand on est sur le point de faire ce petit geste, c'est une sensation de froid qui vous arrête... Et puis on a toujours envie de ne pas s'enlaidir... Voyons, Sanderini, vous reviendrez ce soir, demain peut-être; vous m'apporterez ma vie dans un petit flacon très limpide... --Fichtre! Mais c'est que ça fait terriblement mal ces saloperies-là! --Qu'importe? Ça ne fera jamais si mal que d'être morte... Et puis, si vous refusez, mon brave Sanderini, qui est-ce qui m'empêchera d'en prendre ailleurs? --Tant pis! Je n'aurai pas à me dire que c'est «ma drogue». --Mais elle me guérira, et vous n'aurez pas non plus ma reconnaissance. --Vous guérirez du noir, sans doute, mais non pas de la morphine. --Croyez-vous? --Hélas, ma divine, c'est pire que l'alcool, pire que le jeu, que l'amour, que le crime... Rien ne vous sauvera d'elle, quand vous en aurez pris le vice. --C'est peut-être bien ce qu'il me faut, Sanderini!... --Horrible! --Et puis, vous ne savez pas qu'une petite femme comme moi peut avoir une volonté surprenante. J'en guérirai, quand elle ne me sera plus nécessaire. Ma parole d'honneur, Sanderini: j'en guérirai. --On le dit, Madame Bluette, on le dit... --Je vous en donnerai deux fois, trois fois le prix habituel... --Taisez-vous, de grâce! Je sais vendre, oui, mais pas à vous. --Sanderini, votre main... Promettez! --Mais pourquoi donc, ma Bluette? Voyez: je vous dis «ma Bluette», comme si vous étiez ma fille... --Ça m'est égal. Je vais écrire un mot à Frédéric de la Rue Blanche... J'en aurai ce soir même. Elle sera peut-être mauvaise, et, en plus, on me débinera. --Pour sûr. --Donc, Sanderini? Vous seriez le premier homme qui ait refusé quelque chose à Mimi Bluette... A Mimi Bluette!... Voyons, Sanderini! Vous ne dites plus rien?... Vous vous taisez?... Parfait! Alors c'est entendu. Pour ce soir, ou pour demain... et silence! [Illustrazione: DECORAZIONE] Una mattina Parigi si destò, azzurra e traboccante di fiordalisi, come un raccolto nei mesi d'estate, quando il grano ha da essere mietuto. «Mimi Bluette--La Danse du Soleil!...» Sui muri della immensa Capitale brillava come una bionda frivolità il suo limpido sorriso. Dappertutto ella camminava, co' piedi nudi, sul rosso tappeto che inazzurrava la giuncatura de' suoi fiordalisi. Dietro la sua carne trasparente, dietro i suoi capelli disciolti, si alzava, come la vampa del Gharb, un vortice di fiamme. La Città Stupenda per l'ultima volta s'impadroniva della sua bellezza; l'anima dionisiaca di Parigi per l'ultima volta splendeva nel miracolo della sua danzatrice. Lungo le strade, per ogni quadrivio, nei sobborghi, lungo i moli della Senna, tra un colore di fiamma e di giardino riappariva Mimi Bluette. I milioni d'uomini racchiusi nell'anfiteatro dell'immensa Capitale guardavano con un senso d'amicizia e di piacere il sorriso della divina Bluette. Non tutti sarebbero andati a vederla, ma tutti ricevevan da quel nome un senso di leggera e trasparente poesia. Era per tutti una cosa loro, un nome che aveva danzato le più belle danze di Parigi, una musica lieve in quell'enorme tumulto,--anzi un piccolo fiore da mettere sui cappelli di paglia, nei mesi d'estate. --«Mimi Bluette--La Danse du Soleil...» C'era stato un ballo, propagatosi ai quattro angoli della terra, che si chiamava My Blu; c'era stata una maniera d'esser belle che si chiamava la maniera di Mimi Bluette; c'era stato un fiore dell'anno, coltivato nelle vetrine fosforescenti e venduto a mazzi dalle fioraie de la Madeleine, che si chiamava «bleuet»; c'era stata la pelliccia, la stoffa, la piuma, il quadro, il libro, lo scandalo, che si chiamavano Mimi Bluette: ossia la musica e la bellezza di questa danzatrice non erano state altro che una bellezza ed una musica della trionfale Parigi. Le sue candide braccia nude si erano strette come un profumato capestro intorno al collo cattolicissimo di un giovine Re; avevano distratta con pazienza la noia siberiana di un folle Granduca; si erano infine avviluppate con delirio all'ombra di un tragico avventuriero... Parigi non ha mai domandato altro alle creature di sogno e di leggenda che l'anima di questa Città dionisiaca inghirlanda su gli altari della sua folle paganità, per la gioia di vederle splendere. «Mimi Bluette--La Danse du Soleil...» Ora tornava dal Gharb vertiginoso, dai bivacchi dell'ergastolo camminante; portava sul nudo suo corpo l'ombra d'una gloriosa bandiera. [Illustrazione: DECORAZIONE] --Cher Monsieur Bollot, ne bougez pas de votre fauteuil! Je viens pour une futilité... Vous allez rire. --Oh, ma fille! Est-ce vous? Tiens! Je m'étais assoupi depuis cinq minutes, je suppose. Hélas!... avec l'âge on devient roupilleur. Mais, où sont-elles mes lunettes à présent? --Les voilà vos lunettes. Elles ont glissé dans votre gilet. L'ampleur de votre cravate les a sauvées d'une chute. --Ah, cette fripouille de clerc!--Eh, là bas!... Justin! Mauvaise graine! Est-ce que je ne t'ai pas donné l'ordre de frapper dans tes mains quand tu vois que je m'endors?--Ah, ma chère fille!... comme c'est désespérant d'avoir affaire aux poëtes!... Car vous devez savoir que mons clerc Justin se croit un émule de Mr Alfred de Musset!... Je n'ai qu'à fermer l'oeil, et le voilà qu'il profite de mon somme pour composer des sonnets d'amour, qu'il envoie à des drôlesses! --Je ne crois pas qu'il ait tort, ce jeune monsieur. Car moi aussi j'aimerais mieux être poëte que d'avoir à recopier vos actes, rébarbatifs et grincheux comme les roquets des vieilles rentières! --Très bien, très bien! Venez me débaucher mon clerc à present! Déjà il spécule sur mon encre, sur mes plumes, sur mon buvard et sur la cire à cacheter; deux fois par mois, régulièrement, il souffre d'une envie de ne rien faire qu'il appelle cholérine; il fleurit sa boutonnière et fume dans mon corridor. J'avais une bonne de 36 ans: il a fallu que j'en prenne une de 59... A présent il ne manque plus que vous, Madame Bluette, pour approuver sa fainéantise! Mais venons à nos affaires. Y a-t-il du nouveau depuis la semaine dernière? Avez-vous per hasard l'intention de me réclamer quelques centaines de mille pour faire un plus long voyage? --Ne vous alarmez pas si vite, père Bollot! J'ai fini mon tourisme. Et d'ailleurs vous savez qu'à présent je danse!... --Oui, je vous ai vue partout en image. On ne rencontre que Mimi Bluette en se promenant dans Paris. Ça m'a fait grand plaisir! Vous allez donc m'apporter la forte somme. J'en ai grand besoin pour boucher les trous d'Afrique. --Oui, père Bollot; le contrat est des plus avantageux. Pourvu que je puisse danser jusqu'à la fin... --C'est-à-dire? --Mais, rien du tout, père Bollot! Je veux dire tout simplement: Pourvu que ma santé reste bonne... pourvu que le soleil de là-bas ne m'ait pas affaiblie... Car, vous savez, il brûle!... --Très bien, très bien, ma fille! Donc, voyons: vous aviez quelque chose à me dire... --Renvoyez votre clerc, père Bollot. Ce n'est rien de grave, mais j'aime autant être seule avec vous. --Eh, là-bas, dis donc, Justin!...--Le voyez-vous ce polisson? Il fait la sourde oreille.--Prends ton travail, Justin, et va-t'en dans ma chambre à coucher. Mais gare à toi si tu me fais une tache d'encre sur mon tapis! --Non, père Bollot. Pour ce soir nous allons le congédier. Pas vrai, monsieur Justin, qu'il vous faudrait une bonne heure de promenade pour confier aux Tuileries les rimes de vos sonnets? --Pour sûr que oui, Madame! --Mais comment? Le congédier à l'heure qu'il est? Quatre heures à peine... Jamais de la vie! --Je vous en prie, père Bollot. Quand on a un clerc qui est poëte... Faites-le pour moi; qu'il s'en aille. --Oui, qu'il s'en aille au diable, s'il le peut! Le voilà en vacances un jour de semaine! Toujours quelqu'un qui le protège, ce Zéphyr du papier timbré! Dis donc merci à Madame, et décampe. --Merci, Madame. --Bon. Et ne vadrouille pas ce soir. Demain matin, à huit heures précises! Si tu es en retard, je te mets à l'amende. --Bien, Monsieur. Bonsoir, Monsieur. --Bonsoir.--Heureusement que vous n'êtes pas venue à deux heures, ma fille! --Qu'importe? Lui il sera heureux, au moins... --Vous ne l'êtes donc pas, vous? --Je vais l'être, père Bollot! Je le deviens chaque jour un peu plus... Vous savez, ce n'est pas si simple de guérir! --Entendu. Mais c'est toujours la raison qui doit l'emporter. Les âmes claires et honnêtes comme la votre ont toujours la force de vaincre un cauchemar. --Oui, père. Laissons ce sujet; il m'attriste. Je peux faire maintenant des choses que je croyais impossibles: danser, par exemple. Mais je suis encore trop faible pour parler de ma douleur. Tout cela passera, tout cela s'évanouira... j'en suis sûre. --Bien dit, ma fille. C'est ainsi que parlent les âmes fortes. Venons au fait; je vous écoute. --Mais... vous allez rire... Mon Dieu comme vous allez rire, père Bollot! --Pourvu qu'il n'y ait pas d'argent à débourser, ni à déplacer, ni à jeter par la fenêtre, je vais rire sans doute. Car vos idées, ma fille, ne sont jamais que de l'espèce orageuse ou de l'espèce comique. --Eh bien, pour comique, elle est comique, celle-là!... --Voyons: je hume ma prise et je vais rire en éternuant. C'est le meilleur des rires. --Mais il faut d'abord que je vous raconte quelque chose... Oui, l'Afrique m'a donné des idées un peu rouges... pour ne pas dire noires... Elle m'a fait songer à des choses, qui, auparavant, étaient loin de mon âme comme les rafales du Gharb. L'Afrique est un pays... N'êtes-vous jamais allé en Afrique, père Bollot? --Heureusement non, ma fille. --Bien; l'Afrique est un pays qui laisse une couleur de rouille aux bords de l'âme, un frisson de vieillesse dans la chaleur du sang. Après être revenue de là-bas je me dis souvent, par exemple, qu'une femme jeune et forte peut très bien devenir malade... --Chaque Parisienne peut se dire la même chose. --Oui, sans doute. Mais je me dis souvent qu'une femme jeune et forte peut très bien, d'un jour à l'autre, devenir tellement malade... attraper, que sais-je? une maladie infectieuse, avoir un accident d'auto... en somme qu'elle peut très bien mourir... --Oh, alors... ma fille!... Vous avez dit que vous alliez me faire rire... --Oui, attendez. Ce n'est qu'un préambule. Vous rirez tout à l'heure. Donc, après ces réflexions plutôt lugubres, j'ai trouvé naturel de me faire une verte réprimande: «Toi, Bluette, tu es d'une imprévoyance extrême! Tu possèdes une belle fortune, une très belle fortune, et jamais tu n'as songé à établir ce que tu voudrais qu'on en fasse, si, par un hasard quelconque...» Bref: je suis venue, père Bollot, pour vous dicter mon testament. --Mais que diable me chantez-vous là, ma fille! Votre testament? A votre âge? Par le beau temps qu'il fait? Dois-je en entendre des bêtises? --Si, si, père Bollot! Riez-en tant qu'il vous plaira, mais c'est une idée que je ramène d'Afrique, et je suis très fidèle, vous le savez bien, aux idées qui me viennent de là-bas. --Je ne dis rien, ma fille. Si vous tenez absolument à faire votre testament, je croirai qu'une mauvaise che vous a piquée, et nous allons nous y mettre un de ce jours. Rien ne presse. --Au contraire... --Mais comment? --Oui, vous avez raison: rien ne presse. Rien ne presse, en effet... Mais je veux tout de même que ce soit fait au plus vite. --Ah, ma chérie, c'est un genre de gaîté à laquelle je ne m'attendais pas du tout. Tiens! Vous me faites penser au mien... qui est beaucoup plus nécessaire, quoique très simple. --Le mien aussi est très simple. Je l'ai écrit au courant de la plume, sur du papier à lettres, hier soir, puisque je ne pouvais pas m'endormir... --Mais, voyons, ma fille!... Je deviens de plus en plus inquiet su l'état de votre raison. --Du tout, père Bollot. Ce n'est que du gribouillage. Vous allez me dire comment il faut s'y prendre pour en faire un véritable testament. Vous êtes bien homme d'affaires, après tout! N'est-ce pas dans vos mains qu'on dépose cette littérature-là? --Moi, je refuse: --Par simple méchanceté alors? Mais je suis très têtue; plus têtue qu'une bourrique, père Bollot! Voilà des jours et des semaines que cette idée me hante. Ce sera pour moi une mascotte que ce testament. J'en aurai le coeur libéré, comme après un voeu accompli, et je ne penserai plus qu'à vivre. --C'est une affaire, nom d'une pipe, dans laquelle je ne vois pas du tout clair! --Mais il n'y a, là dedans, père Bollot, ni du clair ni du sombre. C'est un testament; une feuille de papier à lettres... Vous ne me forcerez pas tout de même à aller chez quelqu'un d'autre! Et puis, voyez comme c'est simple, clair, net... * * * * * «Moi, Mimi Bluette,--de mon nom Cecilia Malespano--je lègue toute ma fortune, composée de...»-- vous allez mettre de quoi, avec exactitude, parce que je ne le sais pas en détail--«... je lègue toute ma fortune aux soldats de la Légion Etrangère, pour que leur vie soit moins dure, et pour qu'il y ait quelqu'un qui pleure lorsque le désert les tue, Monsieur le Ministre de la Guerre aura la complaisance d'étudier comment et de quelle façon mon désir peut être le mieux accompli. «Si j'allais mourir avant vous, quoique plus jeune, vous seriez, père Bollot, mon exécuteur testamentaire, et vous aurez jusqu'à la fin de vos jours la gestion rémunérée de ma fortune. Dès à présent j'accorde ma pleine confiance à celui que vous désignerez comme votre successeur. «Tant que ma mère sera vivante, «l'OEuvre pour la Légion Etrangère» devra lui servir un tiers de mes rentes, plus une somme de deux cent mille francs, mobilier, tapis, lingerie et tout ce qui se trouve dans mon immeuble des Champs Elysées. «Je fais cadeau à Linette Messanges, ma fidèle femme de chambre et amie, d'une somme de cinquante mille francs, pour qu'elle épouse un homme honorable. Je lui permets de choisir parmi mes robes celles qui ne sont pas trop riches pour elle; je veux qu'elle reçoive aussi un de mes réticules en platine, et je lui souhaite d'être toujours douce et gentille comme elle l'a été jusqu'ici. «Vous donnerez à mon danseur, Jack Morrison, le plus beau brillant de mes bagues, mon grand portrait par La Gandara et une longue mèche de mes cheveux. Qu'il me pardonne, ce brave Jack, s'il m'a été impossible de faire son bonheur. «De mon vivant j'ai été danseuse; mon nom était Mimi Bluette; j'aimais les belles robes, les danses et les fleurs; j'ai vu le soleil de la tourmente africaine, et c'est là-bas que mon coeur a péri. «N'importe quand, n'importe où que je meure, vous me ferez dormir au seuil de cette Ville que j'aime, et je veux qu'on m'enterre en danseuse, au joli cimetière de Boulogne, dans un petit jardin. «Depuis l'Eglise jusqu'au cimetière, un tzigane,--peut-être Limka--suivra mon cercueil en jouant le My Blu. «Au printemps les bluets vont fleurir la douce terre qui me couvre... «Il n'y aura de grave sur ma pierre qu'un simple nom: celui dont je signe, toute heureuse... MIMI BLUETTE» [Illustrazione: DECORAZIONE] * * * * * E danzò. Bella come non era mai stata, piena di sogno come non era mai stata, viva e nuda su la scena divampante, con l'anima sua d'innamorata la ballerina indimenticabile danzò. Dal teatro curvo, gremito, con i suoi più belli e più profondi occhi Parigi la guardava. Ella sentiva battere, nella musica della sua danza, il cuore della Stupenda Città. Sentiva battere contro sè questa forza, come il palpito di una immensa vela. Ma con l'anima era lontana, camminava nel magnetico deserto, su la via del perduto Gharb. Il tappeto rosso copriva tutta la scena, cosparso d'inestimabili gioielli e di semplici fiordalisi. Un grande falò, anzi un immenso rogo di vera fiamma, sbucava dal mezzo della scena, incendiava il teatro come una vampa maravigliosa. Tutto era fuoco e fiori; fuoco, brillanti e fiori. Si vedeva il deserto rutilare, splendere la via senza ombra dell'infinito Gharb... Tutto il teatro barcollava in quella tragedia di luce; l'orchestra invisibile, su gli archi e sui címbali delle musiche mauritane, suonava la Danza del Sole. Era venuta la sera di gloria, la rossa ora di gloria per Mimi Bluette!... Quella danza era sua, quella musica era sua; l'aveva dettata, muovendosi, al musicista che la compose. Il suo corpo era il deserto, era la fiamma, era il disperato balenìo della terra nomade, lungo le carovaniere. Il suo corpo aveva in sè, come uno splendore divenuto movimento, la musica del Sole. Forse per una magìa di specchi, dovuta ai coreografi di quella scena, ella passava con i suoi veli, co' suoi capelli disciolti, frammezzo alle fiamme; ballava di là dal rogo; si vedevano le sue nude braccia salire, contorcersi, fra le spirali della vampa; vi cadeva nel mezzo tramortita; l'orchestra la faceva risorgere; ella buttava i suoi gioielli sul rogo, s'innamorava del bellissimo fuoco; nuda e posseduta ne usciva. Era il sogno della sua lunga strada per l'arsa terra che non beve mai, laggiù, dove il deserto assale co' suoi nomadi arcobaleni l'antipodo scintillante. Come in quei giorni disperati, ora e per sempre, nella sua danza intorno al falò, sul teatro della Città Babelica, ora e per sempre, la ballerina di Parigi portava il Sole. In sè, nella propria materia, nei propri atomi viventi, la ballerina di Parigi portava il Sole. Invece di parlar con la sua voce, danzando raccontava il suo amore. L'orchestra, sui címbali mauritani, suonava la Danza del Sole. * * * * * «Che lunga, lunga strada... che infinita malinconia... «Divenuta simile al suo carovaniere, aveva ella pure il deserto nell'anima ed era nata per la via del sud. «Bon chemin, bon chemin, lalla...» «A poco a poco la terra diveniva uno sconfinato braciere; ogni traccia d'abitazione, ogni vestigio d'albero spariva. E le ore passavano, i giorni passavano, solo interrotti a lunghissime distanze dalla breve oasi di un magro palmeto. «Le donne del Guébli, scure, con occhi a mandorla, già crespe di vello sudanese, logore di selvaggia maternità, venivano a guardare in silenzio la bella Cristiana. Le ragazze di nove anni avevano i seni maturi e protuberanti come nespole. Nel rumore dell'acqua sorgente cantava la musica primordiale della vita. «Si vedevan nell'estrema lontananza, in un chiarore obliquo di cataclisma, le dune perdute andarsene alla deriva. «I leggeri cavalli berberi, assetati e miserabili, ormai galoppavano senza velocità. La carovana sprofondava e risaliva per le ondate ferme del terreno, con un barcollare sfinito, come se le ginocchia degli animali non reggessero più. I muli erano piagati sotto la greve soma; chiazze nere di migliaia d'insetti li coprivano come croste brulicanti. Più magri, più alti, più lugubri, solamente i cammelli andavano sempre, con un passo di bestie perpetue, che possano morire camminando. «E finalmente, un mattino, su l'estrema via del sud, il capitano di lunga strada vide nascere un confuso tenue disegno azzurro, come un fiocco di nebbia che rasentasse la terra, come una rupe d'aria nello sconfinato sole. Guardò, guardò prima di parlare; poi disse alla donna che mai non abbandonava... «Disse alla donna:--Per niente. «Per niente. «Le strade vanno; sono il principio d'una distanza; il colore dell'anima che si allontana; portano in sè molta polvere, molto sole; hanno tutte una meta, e non arrivano mai. «Per niente. «Un piccolo cuore di ballerina, mandando un sorriso dietro l'orlo del bicchiere di Sciampagna, una sera di neve, nella Parigi Babelica, s'era data in braccio al pallido forestiero, come la vergine ubbriaca tremando si genuflette al primo tentatore. «Adesso portava nell'anima l'amore di Maria Maddalena. «Camminò. Giunse dove guerreggiano e cadono, sotto le armi della Grande Repubblica, i soldati senza patria, «la gloriosa canaglia» della Legione Disperata. «Questa era la gente che non avrebbe mai sepoltura. «Là indietro, su le frontiere dell'esilio, avevano lasciato agli uomini saggi, agli uomini calmi, anche il cimitero. «La sera talvolta si udivano cantare... «Cantare all'ombra dei palmizi biondi, verso l'ora in cui s'accendono i fuochi tremuli dei bivacchi, laggiù, per la terra folle, dove, negli uragani di sole, con l'iracondo nomade vento il sepolcro cammina...» * * * * * Questa era la danza del Sole. * * * * * Come danzò quella notte, povera piccola bionda Mimi Bluette!... Nessuna poesia della terra fu mai piena di leggerezza e di palpito come il suo corpo che mirabilmente si muoveva; nessun giardino del mese d'Aprile s'avvolse mai di primavera, come di musica il suo dolore, nella Danza intorno al falò. Sino alle ginocchia la vestivano i suoi capelli stupefacenti, ed era così perfetta nella sua nudità, che ogni movimento mandava splendore. Come le donne arabe aveva il palmo delle mani, le unghie, le narici ed i vertici dei seni dipinti con la tintura di hénné. Un segno azzurro, simile ad una profonda incisione, divideva i due lunghi e brillanti archi dei sopraccigli; quel tatuaggio azzurro si ripeteva sotto l'orlo del labbro inferiore. I piedi, venati e quasi trasparenti come gioielli di smalto, con le falangi ed i calcagni miniati all'hénné, pareva che avessero camminato sovra un grande mantello di porpora umida. Veniva dalla sua bellezza, cristiana e barbara, una sacra inverecondia, una evocazione religiosa dell'amplesso primitivo. Il suo profilo si tagliava nella fiamma, limpido, con una specie di crudeltà; per tutta la sua luminosa criniera si annodavano, come oscure trecce, i riverberi del fuoco. Era sempre lei, Mimi Bluette, la ballerina di Parigi; lei, con i suoi occhi di Maddalena, con la sua bocca di donna perduta; era sempre il gioiello da principi, l'etèra per un vizio da re...--ma ora danzava con l'anima, con l'anima sua di Transalpina. S'era innamorata come una donna semplice, del paese ove si ama l'amore; aveva conservato sino all'ultimo il suo piccolo mazzo di fiordalisi, come una ghirlanda naturale di buon odore selvatico e di azzurra semplicità. Parigi aveva sciorinato per lei quel grande mantello di porpora sul quale danzare a piedi nudi, con i capelli disciolti; Parigi aveva sollevato sino al vertice della gloria lo splendore della sua nudità; ma non aveva potuto soverchiare in lei, nè col fragore degli applausi nè col fuoco dei brillanti, la sua fedele anima di Transalpina. Ed allora il teatro sentì che passava davanti ai lumi della ribalta, non solamente una di quelle maravigliose creature che son necessarie a Parigi come il Duomo degli Invalidi o le cupole di Nostra Signora nell'Ile de la Cité; ma passava un'anima creatrice di bellezze, che sapeva esprimere il sogno nelle forme del movimento, come, nel colore o nella musica, nella parola o nella pietra, l'anima di un artefice rivelatore imprigiona la poesia. Sentì che un amore passava davanti al rogo della vertigine affricana; ed una specie di ebbrezza concorde sollevò, inginocchiò, l'anima di quel teatro, che acclamava con tutto il suo fervore la splendida ballerina di Parigi, la creatura di musica e di sole, ch'era caduta su la fiamma spenta, con le braccia ne' suoi fiordalisi... Mimi Bluette! Mimi Bluette... La Danza del Sole... Un nome; nient'altro che un nome; anzi un piccolo fiore da mettere sui capelli di paglia, nei mesi d'estate. [Illustrazione: DECORAZIONE] * * * * * --Est-ce toi, Linette? Qu'y a-t-il encore? --Madame a sonné... --Mais pas du tout! Si tu entres toutes les demi-heures il y a peu de chances que je m'endorme! Quelle heure est-il? --Onze heures dix, Madame, et il fait très clair. --Tant pis! Je n'ai pas fermé l'oeil. Cette maudite sonnette, elle m'énerve! Fais dire au concierge que je n'y suis pour personne. Pour personne! Mais, d 'abord, ouvre les volets. Doucement, petit à petit, avec un peu de grâce... --Bien, Madame; je vais ouvrir. Mais couvrez-vous d'abord, parce qu'il fait assez froid. --Je n'ai pas fermé l'oeil de la nuit; mes bras ont la fièvre. --Vous avez eu un trop grand triomphe, Madame. Le triomphe grise; il empêche de dormir. --Crois-tu, Linette?... --Je sais que vous étiez merveilleuse, hier au soir... que tout était merveilleux, hier au soir... Moi non plus je n'ai pas fermé l'oeil, Madame. A six heures j'étais debout. --Pour quoi faire? --Pour voir les journaux, diable! --Ah, les journaux!... Sont-ils polis? Font-ils du tapage, Linette? --Du tapage?... Mon Dieu! C'est de l'apothéose! Il y en a qui vous disent des choses pour lesquelles je voudrais les embrasser! --Tu es une altruiste, Linette. Moi, je m'en passe volontiers. Pourvu qu'ils ne viennent pas me faire des visites, avec leurs gants qui ressemblent à leurs articles! N'as-tu jamais remarqué les gants des journalistes? Il n'y a qu'eux et les cabotins pour en avoir de pareils. Je voudrais bien savoir où diable ils les achètent. Dieu!... que je dois avoir une vilaine figure! --Du tout, Madame. Un peu de fatigue. Je vous masserai tout à l'heure et ça passera. --Est-ce que j'ai faim?... Il me semble que oui et que non. Je l'ignore. En tout cas je vais prendre mon café au lait avec les brioches. Revoilà cette horreur de sonnette! Flûte! Arrache le timbre! détruis les piles! Et puis qu'il sonne, ce chameau d'en bas, qu'il sonne!... --On vous envoie des fleurs, des billets, des lettres... J'en ai déjà un plateau qui déborde. --Nous lirons demain, ou après demain, cette littérature... --Il y a aussi des bouquets, des gerbes, des corbeilles en telle quantité, que nous aurions de quoi installer un petit Jardin d'Acclimatation. --Ecoute-moi bien, Linette. Les fleurs, tu les mettras ici, dans ma chambre; tu les laisseras dans ma chambre, toutes. --Mais vous étoufferez, Madame! --J'étoufferai peut-être, mais tu feras comme je te dis. --Bien, Madame. Puis il y a des bonbonnières; des bonbonnières en laque, en étoffe, en carton peint. Il y en a même une en cristal, ornée de bronze. Voilà de braves gens, Madame, qui ont pour moi des attentions très appréciables!... Car vous me donnez toujours vos bonbonnières, presque pleines, et moi je les collectionne. --Tu les auras, Linette. --Merci, Madame. Puis le Régisseur est venu, le metteur en scène est venu, MM.rs Glimm, d'Héricourt et Vilmière sont venus. Enfin il y a Mr Jack, qui est là depuis neuf heures du matin. Mais ce pauvre M.r Jack, lui, Madame, il ne faudrait pas le renvoyer! --Tu dis? --J'ose le dire. Car il saute de joie comme un moineau, ce bon M.r Jack, et, en attendant votre réveil, il voulait à tout prix m'apprendre une danse qu'on danse maintenant au Bal des Quat' Zigues, ou des Quat' Flics, qu'il a dit. --Qu'il vienne, donc, ce brave Jack, du moment que tu le protèges. Mais, pour n'importe quelle autre personne, Madame dort. As-tu compris, Linette? Matin et soir, pour tout le monde, Madame dort. C'est absolu, et je ne veux plus entendre le carillon de la sonnette! * * * * * Non appena la cameriera fu leggermente uscita, per recare il suo passaporto al fedelissimo paziente Jack, la fisionomia di Mimi Bluette si spense; le sue braccia ricaddero su la coltre; gli occhi lentamente si volsero verso la finestra che inserenava. Tutto il cielo era pieno d'un chiarore di mattinata invernale, morbida e quasi dorata; il sole orlava di ondeggianti vapori le compatte nuvole, senza riuscire a penetrarle. Mimi Bluette si distese con una pigra e dolorosa voluttà nel soave tepore del suo letto; poi, osservando il proprio gesto, si raccolse nel palmo d'una mano l'altro suo braccio, che vedeva trasparir dalla camicia, d'un tessuto fino come velo; si ravvolse il braccio, lo percorse fino all'ombra dell'ascella,--e questo faceva con lentezza, con paura, con dolore, quasi per ritrovare nel proprio corpo una smarrita memoria di sè. Forse pensava che, nel quadrato azzurro della finestra, vedrebbe il sole ridere per l'ultima volta... E forse il cuore intimamente giovine le doleva un poco, pensando alle chiare nuvole che attraversano il cielo di Parigi, nei mattini di primavera... Aveva danzato; era stanca. Stanca per sempre. Su la Città Stupenda il suo nome correva, come il fumo rosso del vortice di fiamme, che le sue braccia nude avevano spento. Era Mimi Bluette, la ballerina di Parigi, e non danzerebbe mai più... Mai più. Addio!... Così finivano tutte le belle ore della vita. La sua gloria, in quel giorno d'inverno, era una porta che si chiudeva. La Città non porterebbe in alto che il suo nome lieve. Mimi Bluette.... un piccolo fiore del grano, falciato per sempre... Addio!... * * * * * Jack si era seduto famigliarmente su la bella coltre, teneva uno de' suoi polsi, ed un po' curvo le parlava. --«Pourquoi être si sauvagesse, Bliouette? Ne voir personne? Pas très juste. Paris délire! On n'a jamais vu de plus belle danse. Hier soir tout le monde m'embrassait. Je répondais très calme:--Je ne suis pas Bliouette! Fichez-moi la paix!» --Tu m'appelles une sauvagesse, mon brave Jack!... C'est vrai qu'on a voulu t'embrasser à ma place, mais ce n'est pas une raison pour que tu m'affubles d'un adjectif si ridicule! --«Moi je parle pour qu'on me comprenne, et sauvagesse est très bien dit. Vous verrez quel théâtre demain soir! Il n'y a plus moyen d'avoir une place avant quinze jours.» --Est-ce vrai, Jack? Il faudra donc que je me repose, la nuit prochaine... --«All right! Bien dormir, boire des oeufs et du vieux Shérry. C'est très tonique.» --Oui, Jack. Seulement tu dois me promettre de ne pas venir chez moi, sous aucun prétexte, ni ce soir ni demain... --«Comment? Est-ce que vous ne sortirez pas, Bliouette? On voulait vous offrir un grand souper, ce soir.» --Pas ce soir, Jack. J'ai la fièvre. Sens: mes doigts brûlent. --«Yes, les nerfs.» --Donc, si tu veux que je danse, il faut me laisser tranquille. Tu viendras me chercher demain soir pour aller au théâtre... C'est entendu, Jack? --«Forcément, Bliouette.» --Allons! ne boude pas, Jack. Montre-moi ta figure: tu deviens extraordinairement beau! Tu as des yeux comme des saphirs d'orient sur une bague. --«Oh! Oh! Mais, pour sûr, il y a des mômes...» --«Qui t'aiment? --«Ou qui le disent.» --Et toi? --«Moi, je vous aime vous, Bliouette.» --Oh, il ne faut pas, il ne faut pas!... Mais tu le dis comme une vierge, mon pauvre Jack!... --«Oui, parce que mon amour est très propre. Je vous aime vous, Bliouette; je n'ai jamais aimé que vous, Bliouette.» --Mon frère... --«Ne dites pas frère. C'est très plus loin.» --«Très plus loin» n'est pas correct. Mais je comprends. Tais-toi. N'en parlons plus. Ou bien il faut que je me couvre... Quoi? tu te lèves? --«Yes; je me promène. Vous avez la fièvre: moi aussi.» --Non, reste, Jack... Dis-moi: Si tu me voyais très laide, très laide... est-ce que tu m'aimerais toujours? --«Quand on est si belle, vous ne pouvez pas être laide.» --Erreur! Erreur de syntaxe et de concept! Quand on est belle, il y a mille accidents qui peuvent tout de même vous enlaidir. Donc, je te demande... --«Il me semble que je vous aimerai toujours.» --Ah... --«Oui, toujours. Guérissez-vous, Bliouette! Vous pourriez être ma femme, je serais votre bon camarade, la vie serait encore belle...» --Non, Jack. Bluette est morte. --«Oh!... si une rose dit: «Je ne suis plus une rose», qui est-ce qui peut le croire?» --En moi, Jack, c'est le parfum qui n'est plus. --«Comme c'est triste! Et alors, pourquoi danser?» --Parce qu'il fallait que je danse! Oui, mon camarade, il fallait encore une fois que je danse. Mais, voyons?... Qu'est-ce que tu fais avec tes yeux? Tu pleures... --Non, sûrement non! --Oui, sûrement oui! Et c'est bête... Car Mimi Bluette sera toujours ta camarade; elle t'aura aimé comme un frère, comme un vrai frère... Ecoute, Jack: donne-moi tes mains, donne-moi tes lèvres, si tu veux.... embrasse-moi, essuie tes larmes dans ma belle chevelure... --Vous étiez autrefois si différente! --Oui... autrefois mon coeur était celui d'une danseuse... On m'avait appris à être belle, et c'est tout ce que je savais. Aujourd'hui, quand je songe à cette Bluette loin, j'ai l'impression d'une grand'mère qui trouverait au fond d'un tiroir son portrait de fiancée. J'ai voulu danser la plus belle danse que cette Ville puisse voir pendant de longues années... Mais ce matin. Jack, si mes cheveux devenaient par hasard tout blancs, il me semble que je n'en aurais aucune tristesse. --Vous avez lu, je crois, de mauvais livres. Ceux qui écrivent des romans, moi je les méprise. --En effet tu es d'une adorable ignorance, mon brave Jack! --«Mais je sais, Bliouette, que vous n'avez rien gagné à devenir une femme savante.» --Savante?... Eh bien, comme tu voudras, Jack. Mais souris du coin des lèvres! Tu as été mon danseur, mon camarade et mon frère: quand je serai loin...--si par hasard je devais m'en aller très loin,--pense toujours que Bluette, au fond, très au fond d'elle-même, n'était qu'une égoïste... --On ne parle jamais clairement quand on ne veut pas dire ce qu'on pense. Nous exprimons toujours nos idées avec un langage bref, en Amérique. --Oui, en Amérique il y a moins de douleur... Ou aime, on pleure, là-bas comme partout, mais vous avez des, âmes plus fraîches, peut-être plus jeunes, et il y a chez vous moins de douleur. Vous restez presque toujours ce que vous étiez à votre naissance; nous autres, la vie nous change. Dans notre âme originaire il y a des étrangers. Moi, par exemple, j'ai été plusieurs femmes. --Et vous ne serez jamais la mienne, Bliouette? --Ecoute, Jack.... Essaye de comprendre ce que veut dire cette phrase: «Je n'y suis plus.» Mon âme s'en est allée je ne sais où; il ne reste en moi qu'un cercle béant; la place où était sa douleur. Je te parle, tu m'écoutes; je suis Bluette, tu es Jack; hier soir j'ai dansé, demain... je danserai encore!... Mais, vois-tu, en mon coeur il y a du vide. Il y a un vide que tu ne sens pas, une sensation de la mort qui nous sépare, quelque chose de fini, dont l'irréparable gravite autour de moi. Quand je regarde le soleil, je me souviens que c'est lui qui a brûlé mon âme. --On appelle ça du spleen. Vous croyez me dire des choses très graves; en Amérique nous appelons ça du spleen. Et il y a des moyens pour le guérir. --Tu es un définisseur, Jack... c'est terrible! J'appellerai ça du spleen, pour te faire plaisir. Oui, sans doute, il y a des médecins très subtils, ou très naïfs. qui prétendent connaître aussi la médecine de l'âme. Quant a moi je ne veux pas les suivre, Jack. Ce sont des fumistes. Je suis allée là-bas, aux Régiments Etrangers, où le soleil est si rouge qu'il peut tuer à force de lumière... Il y en a des centaines, là-bas, que ce spleen hante. Ils se guérissent bien, des fois, même très souvent... lorsqu'ils tombent... --Oh, mais ce n'est pas la même chose! --Si, la même. Jack, la même. Et ne dis plus rien, mon frère... Il ne faut pas que tu touches à ces pauvres coeurs. Ils sont là-bas, ils marchent, le grand soleil les accable... Il ne faut rien dire, Jack; tu ne les a pas vus. --Ils y vont parce qu'ils le veulent bien. --Oui, sans doute. C'est ça qui est grave. Moi aussi je le veux... --Quoi? --Rien... Je veux danser, oublier, vivre... Mais il fallait pourtant que tu saches combien je leur ressemble, car eux aussi ont perdu leur âme, un jour, dans les rafales de la vie, tout à coup. Moi, ce fut à la dernière étape, dans l'oasis, sous la tente, lorsque ce capitaine blessé me répondit d'une voix militaire: «... le matin du 23 Septembre, face à l'ennemi.» Il y a des moments au delà desquels on passe, uniquement parce que la vie est très tenace. Or, Jack, avant que je te prie de me laisser dormir, je veux que tu saches encore une chose. La vie est très forte, si forte qu'on peut la vivre même sans coeur. Mais il faut pourtant que chacun suive sa route... J'ai perdu la moitié de mon être le soir où je suis entrée dans sa maison vide; puis, j'ai parcouru cette longue distance, j'ai pâti de cet énorme soleil, je serais allée au bout de la terre, soutenue par la foi de le revoir, de causer un instant avec lui... Mais je suis arrivée juste pour apprendre qu'il avait sa médaille... Et les femmes, Jack, ne sont pas un drapeau... --Taisez-vous, Bliouette; je vois que ça vous fait très mal. --Non, Jack; je voulais que tu comprennes comment je suis morte, et pourquoi, mon frère, tu ne dois plus m'aimer... [Illustrazione: DECORAZIONE] Verso il cadere del giorno, tranquillamente uscì. Portava un mazzo di fiori d'inverno, racchiusi nel tepore della sua pelliccia di martora. Camminava con una specie di lievità, con un sorriso fermo e continuo su l'orlo della bocca profumata. Le strade crepuscolari salivano verso il cielo con un tremante pendìo. La gente passava, ilare, per i selciati che mandavano raggiere; poi lontana si confondeva fra una luce d'acquaforte, brillando, sparendo, in quello smerigliato balenìo. Qualche vetrina, bianca d'elettricità, sbucava con impeto nel colore della strada. La guardavano. I suoi leggeri piedi erano calzati d'antilope, con ricami d'argento. Qualcuno, dietro le sue spalle, talvolta ripeteva il suo nome gentile:--Mimi Bluette. Entrò in un ufficio telegrafico, tolse dal distributore un modulo di telegramma, scelse con attenzione il luogo dove posare il suo manicotto, e in piedi, contro il banco, velocemente scrisse queste parole: «Addio Mammina. Sono felice.» Rilesse; firmò con un sorriso; diede una moneta, che le cambiarono; uscì. La strada continuava. Di qua, di là, nella nitida sera d'inverno, al sommo delle case di molti piani qualche finestra inserenava. Camminò. Quella casa era nascosta in una piccola strada, calma, vecchia, di quelle che gli edili ragionevoli vanno cancellando a poco a poco. Si vedeva, lontana, la Colonna di Luglio sorgere dalla piazza della Bastiglia. Camminò. Per il groviglio dei quartieri di Parigi andava incontro a quella strada perduta. Con tutta l'anima si ricordava la storia d'una lontana sera, quando insieme uscirono dal Bar de la Grande Rouquine. «... La neve senza vento cadeva su la città in calme striscie verticali, che sembravano propagare un tremito nella bianchezza dell'elettricità. L'automobile camminava senza urto, nel dedalo dei quartieri deserti, per i bianchi anfiteatri delle piazze, andando via lieve, quasi tacita, su quell'elemento agevole che i fari avvolgevano d'un largo alone scialbo nelle zone di oscurità. «Monsieur Laire... j'ai presque froid... cette fourrure me glace... «Allora egli si mise più vicino a lei, spalla contro spalla, immergendo la bocca nel profumo del suo respiro, quasi per odorarla come un fiore. --«Que voulez-vous, Bluette? Le bonheur est la seule chose à craindre dans la vie. Quant au malheur... qu'importe?... c'est ce qui arrive tous les jours... On s'y fait! on s'en fiche! Mais aimer ce qu'on aime, voilà un luxe que certains hommes ne devraient pas se permettre... «Soltanto la fatica del motore interrompeva l'assiderato silenzio del Bosco; passavano, come scenari d'una fiaba nordica, i laghi pieni di nuvole, gli ippodromi vuoti come steppe, le fattorie, le fontane immobili, divenute un solo ghiaccio, e pareva che frammezzo a tanto inverno mai più non potesse rinascere la primavera. La primavera del bosco indimenticabile, odorosa di mammole, di resina e d'acacie, ove ogni filo d'erba diventa quasi un fiore, quando, nelle sere di Maggio, in larghi frastagli di serenità il cielo vi scende a profumarsi, e il Bosco turgido si gonfia di voluttà primaverile, sopraffacendo la Parigi dorata, su cui lancia in fontane di musica il fiume del suo grande respiro...» * * * * * Camminò. La sua tesa veletta si cerchiava intorno ai labbri d'un vapore d'argento. Le pareva che nel dedalo di Parigi forse non avrebbe mai potuto giungere a quella strada perduta. Invece la trovò. Si faceva quasi tardi; non v'era più sole nella piccola vetrina dell'orologiaio, ed ora si potevan leggere a distanza i nitidi cartelli appesi contro l'invetriata: _«Montre Oméga--Or garanti, 18 Carats--Chronomètres--Réparations»_ Pareva che, dopo tanti mesi, nessuno avesse toccato neanche una sfera. Traverso il portone quasi obliquo si vedeva brillare li cortile. Una ringhiera. Un po' di cielo. Qualche albero senza foglie. Un fulvo color di crepuscolo su la ruggine dell'opposto muro. Entrò. --Vous allez bien, Madame Greuze? --Pas mal. On s'éreinte. Et vous, Madame Bluette? --Merci. Je monte une minute. Où sont les clés? --Elles se rouillent. Madame Bluette. Et puis, j'allais vous dire:--A qui bon payer un loyer pour quelqu'un qui ne reviendra jamais? Il gatto lucido la fissava co' suoi magnetici occhi rotondi, colore di zolfo. --C'est juste. Madame Greuze... Et toujours pas de lettres pour lui? --Aucune. Salì. Per le vecchie scale dormiva con ambiguità un silenzio di edificio deserto. Il congegno della serratura scricchiolò restìo, con una specie di rugginoso dolore. L'uscio, nell'aprirsi, urtò contro una resistenza di tenebre. Veniva dalle stanze profonde un rumore di buio, un peso di polvere morta. Bluette cercò lungo la cornice dello stipite l'interruttore della luce. Ma nel suo smarrimento più non lo ritrovava. Barcollando contro la parete, riuscì ad accendere. Vide l'attaccapanni vuoto. Tre stampe di cacce inglesi pendevano dal muro. Su la tavola, un bacile di rame, un vaso di cristallo, con lo scheletro di qualche fiore che aveva portato Bluette. D'un tratto, come una pazza, ella si mise a correre per la casa... Guardò, frugò... Nulla, nulla, nulla! Sì, era partito per sempre, partito come un vero nomade, partito senza dirle addio... Tremando si fermò vicino al letto, ch'era stato il lor caldo rifugio, nel delirio e nel paradiso delle ultime notti d'amore; vi buttò sopra i fiori che teneva nella pelliccia di martora, si rovesciò su la coltre, disperata, senza versare una lacrima, e chiusa nelle braccia dell'amante, ubbriaca del suo morto respiro, per l'ultima volta nel mondo con tutto il suo piacere impallidì... [Illustrazione: DECORAZIONE] Quando fu rientrata, ed ebbe veduti nella sua propria camera tutti que' fiori, si fermò per un istante a guardarli con poesia. Fece un atto fervido con entrambe le mani, e leggermente sorrise, come se volesse ringraziare quelle anime floreali, che le venivano incontro quasi per regalarle un ultimo piacere. Sebbene fossero fiori d'inverno, eran nati su la riva mediterranea, il loro profumo stordiva. Li guardò attenta, con indugio, con malinconia, come se volesse rammentare la bellezza di ognuno. Le pareva necessario addormentarsi nel miracolo di una grande primavera. Fece con lentezza il giro della camera; poi, fermatasi davanti alla specchiera, si tolse i guanti, si disfece la veletta. I due spilloni, che le appuntavano il cappello nella treccia rotolarono sul marmo luccicante, con un rumore, ch'ella osservò. Per abitudine, prima di togliere il cappello, rimase un attimo a guardarsi nello specchio; poi, quando ebbe sollevato quel leggero peso dalla gonfia sua capigliatura, macchinalmente si mise a rigirarlo su tre dita, come sogliono fare le donne quando ripensano alla gente che le guardava per istrada. Era un gioiello di Suzanne Talbot, una cosa da nulla, piena d'invenzione, fatta con maestrìa per il suo viso e per il suo colore. Lo appoggiò sul ripiano dell'armadio, fra i guanti e la veletta, poi con le dita e coi palmi si ricompose le belle trecce, per ridare alla sua pettinatura la leggerezza consueta. I fiori empivano anche lo spogliatoio contiguo, pieno di specchi e di cristalli, che rompevano in molte raggiere il balenìo della ferma elettricità. Lo spogliatoio, che aveva lo zoccolo della parete in marmo rosa, i mobili di un candido legno trasparente come l'antico avorio, pareva un cofano di madreperla foderato con le vecchie sete che piacquero alla Marchesa di Pompadour. Incominciò a spogliarsi lentamente, pigramente, con una specie di delizia femminile. Sebbene la casa fosse addormentata, chiuse a chiave alcuni usci, che la isolarono dall'appartamento. Quando fu in gonnella, con le braccia nude, mise un ferro sul fornello a spirito e lungamente indugiò a contemplare la fiamma violastra. Poi si disciolse i capelli. Quel peso, quel folto e biondo peso, le fece piegare indietro la nuca. Li vedeva piovere nello specchio, scendere, splendere, fino a poca distanza dal tappeto. Erano vivi, ondeggianti, scintillanti, come la più bella criniera che mai donna portò. Ella stessa, nel guardarli, nel passarvi le dita, provava di quei voluttuosi capelli una timida gioia. Mentre aspettava che il ferro diventasse caldo, andò a cercare nell'armadio un paio di calze tessute come una trama di velo, poi certe sue scarpine da ballo, arcate, leggerissime, simili a due piccole guaìne ritagliate in una stoffa d'oro. Sollevò la gonnella di fresca seta e liberò dal morso delle giarrettiere le calze che portava. Slacciò e si tolse l'una dopo l'altra le scarpine da passeggio, intarsiate con ricami d'argento. Le sue belle aride caviglie, le sue lunghe snellissime gambe di danzatrice, apparvero fuor dai pizzi della gonnella, così bianche da parer modellate in un contorno di azzurrità. Le congiunse; appoggiò i talloni fragili su la compatta foltezza del tappeto. I suoi malleoli erano così snodati che poteva, con le ginocchia tese, appoggiare tutto il piede. I fiossi arcati s' intramavano di minute vene. Tutta la muscolatura della gamba usciva, in quella tensione, con un perfetto rilievo. Sopra i due stinchi esilissimi la luce batteva con riflessi d'oro. Le ginocchia rotonde s'innervavano di robusti ed agili tendini per tutta la lunghezza dei fianchi. Incipriò lungamente la sua pelle nuda; mise le calze di velo, gli scarpini da ballo, corti e ripidi, che scintillavano come filigrane d'oro. Si alzò. Si tolse il copribusto; nascose la camicia nel basso elastico di seta che fasciava l'intatto splendore del suo calmo seno. E così bella e così nuda fu, che, dagli occhi azzurri, ella medesima con invidia si guardava. Scelse nell'armadio la veste più bella che aveva; dolcemente la portò sui due polsi, la distese, per non sciuparla, su la spalliera di un lungo divano. La fiamma violastra, in quel vento, si piegava sino a lambire il vetro. Allora provò il calore del ferro in un pezzo di carta velina. Bruciava, e lo depose. Fece un grandissimo nodo con la stupenda sua criniera, vi mise poche forcelle, prese uno specchio a mano, ed attentamente si guardò. I più lievi suoi capelli, non ancora del tutto nati, brillavano sotto la capigliatura come un velluto biondo. Leggermente, col ferro venuto al giusto calore, ondulò i capelli che le nascevano dalla fronte. Ma prima di coprirsi con la veste, si guardò per un'ultima volta in quel suo grande specchio scintillante. Si guardò, e chiuse gli occhi, tanto le veniva un piacere sensuale dalla sua nuda e limpida bellezza, che nessuno bacerebbe mai più. Poi scelse una bella ghirlanda, fra quelle che soleva portare su la scena, e baciandola con malinconia se la ricinse intorno alla fronte. Era la sua corona di fiordalisi, profumati con un profumo di Coty. Allora spense la fiamma, chiuse il fornello a spirito, rimise nella scatola d'oro il piumino per la cipria, e dopo aver compiuto con ordine questi atti pieni di tranquillità, leggermente mise un piede appresso l'altro nella sua bella veste, ammirandosi come una fidanzata. E con le mani dietro la schiena, benchè fosse un poco difficile, speditamente se l'agganciava. Dalla strada calma non veniva rumore; le finestre chiuse, nascoste nei drappeggi delle tende invernali, per sempre la separavano dallo spettacolo della immensa Città. Il suo pensiero per un momento si allontanò verso i teatri notturni, verso le orchestre che infurian di musica sotto le ribalte meravigliose; per un momento pensò con con un tremito al suo leggero nome di danzatrice, all'azzurro innocente profumo dei fiordalisi di Mimi Bluette... Si mise una molteplice collana di perle, fredda e pesante, che le scendeva sino al grembo. Alzò le sue piccole mani, le guardò contro la fiamma elettrica, forse per vedere in quella trasparenza il disegno delle azzurre sue vene. Poi sorrise. Capì che nel mondo non aveva più nulla da fare. Più nulla da fare... Sì, una cosa. * * * * * In quel momento le passò davanti agli occhi la memoria di un giardino; di un giardino barbaro e stupendo, che aveva rasentato, nella fuga del treno, lungo i sobborghi di Algeri. Prese un bicchiere, un bicchiere fino e senza piede; prese una bottiglia ch'era sul lavabo, e versando l'acqua, fissando l'acqua, fin quasi all'orlo, adagio, attentamente, lo riempì. In quel momento rivide la sua mamma; rivide la sua mamma com'era prima della ricchezza, quando gli artefici di Parigi non le avevano ancora fatti nascere que' suoi fulgentissimi capelli biondi. Aperse l'armadio. In un cassetto, in un piccolo scrigno, fra le innocue medicine che si usan tenere con sè, v'era la scatola di cartone, piatta, scura, suggellata, ch'ella aveva saputo carpire con molti raggiri all'equivoco ed onesto venditore di paradisi. In quel momento rivide il banco della Grande Rouquine, la sua fisionomia di cera, con due grandi occhiacci da gatto, verdi. Le parve riudire quella voce fioca e sonora, bruciacchiata dall'arsura delle sigarette russe. Con l'unghia ruppe il suggello di ceralacca. Nell'interno della scatola, bene ordinate, come nelle caselle d'un alveare, trovò le dodici minuscole ampolle di vetro, colme d'un liquido che non aveva colore. Terminavano con un tubo filiforme, che si poteva spezzare come un esile fuscello di paglia. V'era inoltre una piccola siringa, tersa e fina, che brillava nella depressione dell'astuccio di velluto. Ma non la toccò. Rimase a guardare con occhi fermi quelle dodici ampolle minuscole, non piene, dove il liquido incolore formava una specie di occhio tremolante. Erano sei e sei, l'una presso l'altra, nelle caselle di cartone, sovra uno strato di bambagia. Non v'era scritto nulla, non v'era il più piccolo segno che ne tradisse la micidiale potenza. Col rovescio d'un'unghia le percorse tutte, come due piccole tastiere. Poi le tolse ad una ad una dalle cellette ove stavano; le contò fino a cinque; poi fino a sette; poi ne aggiunse ancor una. Questa volta si dimenticò di riporre la scatola; non spinse nemmeno il cassetto; non rinchiuse l'armadio. Ma teneva quelle fialette nella sua dolce mano, piegando il palmo affinchè non potessero cadere. Si muovevano, si urtavano, con un sottilissimo rumore di vetro fino. Quegli occhi tremolanti prendevano il colore della sua mano. In quel momento, con il suo cuore di ballerina che moriva, ella pensò tremantemente a Dio. Sciorinò sul marmo del lavabo un asciugamano a spugna, e quando fu certa che dal marmo non scivolasse a terra, con attenzione, con tremito, ve le depose. Udiva il rumore de' suoi braccialetti. Il rumore, non calmo, del suo respiro. Si guardò ancora nello specchio. Volle pensare alla sua faccia morta... Ma non la vide. Ruppe un'ampolla. Versò il poco liquore nel bicchiere. L'acqua non parve mutata. Produsse qualche circolo,--che si fermò. Udiva il rumore de' suoi braccialetti. Pensò al cadavere del soldato Laire, che non trovava sepolcro nella bufera di sole... Con la bocca serrata immaginò il sapore di quell'acqua innocente, che le avrebbe regalato il paradiso... Ruppe ancora due fialette, ancora tre... L'acqua non parve mutata. Il veleno stupendo vi entrava con leggere bolle d'aria. Scoppiavano. La stanza immobile brillava nel vetro fino. Le ruppe tutte, con deliberata velocità. Udiva il rumore de' suoi braccialetti. Prendendo il bicchiere nella mano, volle sorridere, volle dire che moriva, ma non potè... Bevve d'un fiato. Guardò i fiori, lo specchio, la vita... Il bicchiere si ruppe. * * * * * Camminò in circolo. Si guardò i palmi delle mani, le ginocchia, la stoffa d'oro degli scarpini da ballo che le calzavano i piedi. Aspettava di sentir nascere in sè una profonda ubbriachezza... Nulla: un bicchiere d'acqua. Rise. Le passò davanti agli occhi, nel fumo di una vasta nuvola, quel biondo vapore che dà lo Sciampagna, quando la mano d'un amante alza il bicchiere... Nella Città lontanissima qualcuno suonava il My Blu... Suonava il My Blu. Udiva il rumore de' suoi braccialetti. Traversò lo spogliatoio, la camera; si fermò con una specie di paura estatica vicino al capezzale del letto. Rimase immobile vicino al ietto. Ebbe voglia di guardar l'ora; ma non vedeva bene le sfere... Non vedeva bene le sfere. Le sembrò di perdere l'equilibrio; spinse le due mani su la coltre, affondò nella seta piena di guizzi le falangi che non sentiva quasi più... Alzò un ginocchio, poi l'altro; si mise carponi sul letto, poi seduta, poi supina; immerse la nuca nel guanciale, distese le braccia lungo i fianchi... Dormì. E rivide allora stupendamente le girandole di fuoco: «Maxima Maximum... La Revue de l'Alhambra...» nel vapore del primo sogno, nel colore di Parigi la Babelica... Mimi Bluette... Mimi Bluette!... Era stata la bellezza e la musica, nuda, su le ribalte maravigliose... Aveva portato, nell'anima dionisiaca, il dolore della eterna poesia... Nulla; un bicchiere d'acqua. E vedeva le perdute carovaniere avventarsi come turbini di fiamme verso l'antipodo scintillante, laggiù, per la terra senza ombra, dove, negli uragani di sole, con l'iracondo nomade vento il sepolcro cammina... Il sepolcro cammina. Era ferma, era lontana, sollevata nel grande miracolo, ravvolta in un principio di paradiso... Là indietro, nella Città lontanissima, quasi fuori dalla vita, qualcuno suonava il My Blu... Suonava il My Blu. Le parve, a poco a poco, in una musica, di sentirsi divinamente baciare... Ma non poteva esser certa, nè rispondere, non poteva capire da chi. E qualcuno, sul fiore dell'anima, divinamente le diceva nell'amore: «... vous êtes ma dernière coupe de Champagne, mon dernier bouquet de roses... quelle folie!...» FINE _Scritto lontano, con poesia. 1914-1915._ [Illustrazione: DECORAZIONE] [Illustrazione: DECORAZIONE] «....dove, negli uragani di sole, con l'iracondo nomade vento il sepolcro cammina...» [Illustrazione: DECORAZIONE] Bluette, il sole che dormiva ne' tuoi capelli biondi, ora si è spento. I leggeri fiordalisi che inazzurravano i tuoi profondi occhi d'innamorata, ora son caduti e son dispersi nel lontano crepuscolo di quel sole. Tu, che fosti la musica nella mia vita,--e per lunghi anni la musica d'amore nella mia vita,--Bluette, mia primavera d'una volta, Bluette, fiore del mio giardino, meravigliosamente ora te ne vai per la Città Stupenda, e vai senza guardare la gente, immobile tu pure, definitiva tu pure, come quei Nomadi che non hanno più strada. Laggiù dormirai, nel profumo de' tuoi morti capelli biondi, vicino al rumore del fiume che avviluppa la Basilica di Francia, laggiù, nel piccolo cimitero parigino, al limitare della Città Stupenda, su cui veglia, con la sua cupola d'oro, il Duomo degli Invalidi. * * * * * Sei stata la più limpida creatura che mai vidi con i miei occhi di nomade, sei stata--com'è la rosa--ciò che nel mondo ha nome poesia; ti ho portata come un fiore di semplicità, presso e lontano, fino al grande colore dell'antipodo, nella mia vita camminante. Le strade vanno; sono il pendìo del sepolcro, il colore dell'anima che si allontana, la tappa d'un ideale che non c'è... Le strade sono la polvere del Tempo:--nient'altro. La polvere di una distanza che non è mai cominciata, che non finirà mai... Nient'altro. * * * * * Così, Bluette, nel mio sogno, tu eri anche la strada. [Illustrazione: DECORAZIONE] Ora il tuo feretro se ne va per i quadrivi della Città Stupenda, e muore un giorno di primavera su questa Basilica eterna della sovranità mediterranea. Tu passi, e non sei che un limpido fiore del mio giardino; tu passi e non sei che la danzatrice per sempre addormentata nel rumore di Parigi la Babelica. Il violino dello zingaro Limka, piangendo, con sommesse musiche, ti accompagna fino al cimitero. È un sereno giorno di primavera, e la Città che ti diede la gloria, in silenzio ti guarda passare. Oggi la Grande Rouquine, donna che aveva un passato, per seguirti fino a Boulogne si è messa un abito nero. Boblikoff discorre piano con l'efebo Jean Kiki. Oh, il bel colore che mandano, in questa luce piena di natività, le grondaie di Parigi!... La povera Linette, cameriera dalle calze di voilé, ha la faccia tutta logora di pianto; è stanca, e se ne va piano piano, dando il braccio al vecchio amministratore, M.r Bollot. D'improvviso attraversa il cielo un gran profumo di alberi che si mettono in fiore. È il mese dei tigli; l'aria crepuscolare si gonfia di profumate vampe. Jack ti guarda con i suoi chiari occhi pieni di Atlantico. E Sanderini dice a Fred Chinchilla:--«Ah, 'l beau truc! Voilà 'l moulin à café ed' Pathé Frères!... Encore du cinéma... Ça biche! S' pas, Fred?... Mais, si c'est pour un film, j'ai bien 'l titre:--«Les bleuets de Biribi.» Moi, comme bleuets, j' préfère ceux d' la Banque ed' France!... S' pas, Fred?... Pis, vous allez voir: y aura sûr que'que rousto ed' journalisse, qui, dans son paquelard à chantage, m' foutra sur 'l dos 'l meurtre ed' la divine Bluette...» Ed ancora, tra questa lenta folla che ti accompagna verso il cimitero, mi sembra quasi di riconoscere alcuna fra le sorelle tue più distanti. Al pari della Grande Rouquine, anch'esse portano l'abito nero, e tacendo aprono su te quegli occhi senza tramonto che hanno le vere innamorate. Vólgiti e guarda, Bluette:--In questo giorno di primavera cammina dietro le tue belle ghirlande il sottile fruscìo pieno di grazia della sottana di Manon Lescaut... [Illustrazione: DECORAZIONE] Non questa era, Bluette, l'ora calma e serena per disciogliere il tuo mazzo di fiordalisi nella primavera della Città Stupenda. Ora la gente si ferma sui crocicchi, e poi dice: «Un nome: nient'altro che un nome: anzi un piccolo fiore da mettere sui capelli di paglia, nei mesi d'estate.» Ma tu eri nata, e già tu eri, prima che gli Ulani del Vandalo giungessero a bivaccare con turpitudine su l'orlo della foresta di Compiègne. Questa Città così vasta e così multanime, che sapeva essere anche il teatro della tua meravigliosa nudità, oggi è piena di un santo silenzio; i suoi teatri sono chiusi, come chiusa è per sempre la danza nelle tue caviglie, Bluette. Oggi, nelle vie di Parigi, solitario ed umile passa il tuo funerale. Tu, che rappresentavi nella Città Dionisiaca il suo divino e glorioso piacere, oggi sei ferma, e giaci, e puoi traversare la Metropoli che ti regalò tanta fiamma, perchè hai portato nell'anima l'amore di Maria Maddalena. Sei nata come un fiore selvatico nella dolcissima valle del Po; hai traversato le bufere di sole che incendiano il terribile Gharb; hai danzato, sovra un tappeto rosso come il Guébli, la danza del tuo cuore morto... Che lunga lunga strada... che infinita malinconia,... * * * * * Oggi cantano le belle mitragliatrici. * * * * * Hai cadenzato la musica di due loquele nel profumo de' tuoi fiordalisi; hai saputo confondere il sogno nell'armonia de' tuoi movimenti, come il poeta imprigiona la bellezza nelle musiche della eterna Poesia. * * * * * Oggi cantano le belle mitragliatrici. * * * * * E Parigi che ha sempre una canzone per la sua camminante bandiera, Parigi che può sorridere anche nelle ore d'immortalità, s'incurva su quella che torna dal rosso delirio affricano, e posa la medaglia di Laire sul feretro azzurro della Transalpina. * * * * * Oggi cantano le belle mitragliatrici. * * * * * [Illustrazione: DECORAZIONE] Bluette, porterai qualche musica nella trincea che non dorme, dal giogo bianco dello Stelvio all'onda calma che rispecchia le tragiche finestre di Miramare. Vedrai quelli che assaltarono la rupe del Carso formidabile; quelli che, guadato il fiume, terribilmente vissero nell'inferno di Doberdò. Vedrai quelli che salivano, di notte, senza luna, in gran silenzio, per scolpire nel granito inaccessibile la storia degli Alpini di Monte Nero. Forse nei bivacchi di linea, su la piegata erba dei nomadi accampamenti, la notte, al lume delle torce, scioglierai, danzatrice, la tua meravigliosa treccia bionda. Porterai, d'inverno, su la neve dell'Altissimo, l'azzurro profumo che trabocca da' tuoi semplici fiordalisi... * * * * * E ti sia perdonato, fra tanta guerra, quel tenue rumore di sciarpe che produce la tua lievità. * * * * * Questo è ancora ciò che rimane per ultima cosa negli occhi dell'uomo che non torna: la trasparenza d'un velo sul colore indimenticabile d'una treccia, gli occhi di un'amante lontana, che innamorata si addormenta nella musica di una lontana città... Questo è ancora ciò che rimane, dietro le finestre chiuse, dopo i grandi cimiteri: un profumo di grembo femminile che farà continuare la vita, che piegherà l'ideale dei popoli verso le necessarie cune... * * * * * Affinchè possa il mondo ricominciare ad uccidersi. * * * * * Oggi cantano le belle mitragliatrici. [Illustrazione: DECORAZIONE] [Illustrazione: DECORAZIONE] «...dove, negli uragani di sole, con l'iracondo nomade vento il sepolcro cammina...» _Maggio 1916_ G. d. V. NOTA DEL TRASCRITTORE: --Corretti gli ovvii errori tipografici e di punteggiatura. *** END OF THE PROJECT GUTENBERG EBOOK MIMI BLUETTE, FIORE DEL MIO GIARDINO: ROMANZO *** Updated editions will replace the previous one—the old editions will be renamed. Creating the works from print editions not protected by U.S. copyright law means that no one owns a United States copyright in these works, so the Foundation (and you!) can copy and distribute it in the United States without permission and without paying copyright royalties. Special rules, set forth in the General Terms of Use part of this license, apply to copying and distributing Project Gutenberg™ electronic works to protect the PROJECT GUTENBERG™ concept and trademark. Project Gutenberg is a registered trademark, and may not be used if you charge for an eBook, except by following the terms of the trademark license, including paying royalties for use of the Project Gutenberg trademark. If you do not charge anything for copies of this eBook, complying with the trademark license is very easy. You may use this eBook for nearly any purpose such as creation of derivative works, reports, performances and research. 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