The Project Gutenberg eBook of Discorso sopra la calamita

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Title : Discorso sopra la calamita

Author : Benedetto Castelli

Editor : Antonio Favaro

Release date : February 24, 2015 [eBook #48352]

Language : Italian

Credits : Produced by Claudio Paganelli, Carlo Traverso, Barbara
Magni and the Online Distributed Proofreading Team at
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DISCORSO SOPRA LA CALAMITA


BULLETTINO
DI
BIBLIOGRAFIA E DI STORIA

DELLE

SCIENZE MATEMATICHE E FISICHE

PUBBLICATO

DA B. BONCOMPAGNI

SOCIO ORDINARIO DELLA ACCADEMIA PONTIFICIA DE' NUOVI LINCEI
SOCIO CORRISPONDENTE DELL'ACCADEMIA DELLE SCIENZE
DELL'ISTITUTO DI BOLOGNA
DELLE R. ACCADEMIE DELLE SCIENZE DI TORINO,
E DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI DI MODENA
E SOCIO ONORARIO DELLA R. ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI BERLINO


TOMO XVI.


OTTOBRE 1883.


ROMA
TIPOGRAFIA DELLE SCIENZE MATEMATICHE E FISICHE
VIA LATA N. o 3.

1883


[545]

INTORNO
AD UN
«DISCORSO SOPRA LA CALAMITA»
DEL P. D. BENEDETTO CASTELLI

Fra i molti tesori di cose edite ed inedite che si conservano nella preziosa collezione dei Manoscritti Galileiani presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, e precisamente nella divisione quarta di tale collezione, dedicata ai «Discepoli di Galileo», è contenuto un Discorso sopra la calamita, scritto dal P. D. Benedetto Castelli [1] , ed indirizzato sotto forma di lettera a Monsignore Don Ferdinando Cesarini, prelato Romano e referendario dell'una e l'altra segnatura [2] .

Di questo Discorso non è a noi noto se non l'esemplare testè menzionato, il quale occupa le carte 191 recto usque 206 verso del Tomo I [3] della anzidetta divisione. Esso è scritto di mano ignota, con caratteri verosimilmente appartenenti alla fine del decimosettimo secolo e non contiene alcuna indicazione, dalla quale risulti con tutta precisione il tempo nel quale la presente scrittura è stata stesa. Nulla affatto poi è a questo proposito contenuto nell'indice premesso al volume che la contiene, nel quale si legge soltanto:

«Discorso inedito sulla Calamita diretto a M. r Ferdinando Cesarini, quaderno in fog. o di pag. 16 scritto in carattere del tempo.»

Non è tuttavia difficile l'argomentare per via di approssimazione in quale epoca della sua vita abbia D. Benedetto Castelli stesa la presente scrittura.

Anzitutto, accennandosi in sul principio di essa ad una conversazione tenuta in quei giorni con Don Ferdinando Cesarini, non v'ha dubbio alcuno che il Discorso, del quale ci stiamo occupando, fu steso da D. Benedetto Castelli [546] nel tempo della sua dimora in Roma, che fu dal Marzo 1626 [4] al Marzo 1641 [5] ; di più, richiamandosi in detto lavoro il Castelli ad altro suo discorso nel quale ebbe ad osservare la somma debolezza dell'intelletto umano intorno alle cose naturali ed anco geometriche, la quale «è tale che venendo noi interrogati di qualsivoglia problema, se vogliamo rispondere per verità, ed aggiustatamente, non possiamo rispondere meglio che con un sincero e schietto NON LO SO», ci sembra che con queste parole egli faccia evidente allusione alla seconda delle lettere da lui indirizzate a Galileo intorno al differente riscaldamento, che riceve dai raggi del sole la metà della faccia d'un mattone tinta di nero, dall'altra metà del medesimo mattone tinta di bianco, nella quale si legge il passo seguente: [6]

«Di più osservo, che quando mi fusse proposto vn problema geometrico, il quale fusse stato da qualche perito Geometra risoluto, come per esempio, se vno mi proponesse essere stato fatto vn quadrato eguale a vna parabola, e fussi interrogato, e ricercato del modo, che quegli auesse tenuto per risoluere il problema, io non potrei rispondere altro, che Non lo sò.»

Ora, siccome la lettera, alla quale questo brano appartiene, porta la data: «Roma li 15 d'Agosto 1638 [7] », resta provato che il Discorso sopra la Calamita, del quale ci stiamo occupando, è a questa data posteriore.

È bensì vero che, anche dopo la partenza da Roma del Marzo 1641, alla quale abbiamo accennato, e che ebbe per motivo un viaggio intrapreso allo scopo di prender parte al Capitolo generale dell'ordine al quale apparteneva, e che si tenne in quell'anno in Venezia [8] , egli fè ritorno a Roma, dove anzi finì i suoi giorni nell'anno 1644; ma parecchie circostanze ci inducono a credere che questo Discorso sia stato da lui composto intorno agli anni 1639 o 1640, certamente poi prima della morte di Galileo, seguita addì 8 Gennaio 1642, poichè nel Discorso medesimo si fa menzione di Galileo, come di persona ancora tra i vivi.

Di questo Discorso, rimasto sconosciuto ai biografi del Castelli, non videro finora la luce se non alcuni brani, i quali ebbero per effetto di far maggiormente [547] desiderare dagli studiosi la integrale pubblicazione di esso. Il Senatore Giovanni Battista Nelli, che era pervenuto in possesso dell'esemplare oggidì nella Biblioteca Nazionale di Firenze, ed al quale abbiamo superiormente accennato, nella occasione dell'avventurato acquisto da lui fatto del fondo dei manoscritti di Galileo e de' suoi discepoli [9] , ne diede per il primo il titolo, e ne riprodusse due brani. Questo titolo è da lui riportato nei termini seguenti:

« Discorso sopra la Calamita di Don Benedetto Castelli, Abate di S. Benedetto di Fuligno della Congregazione Cassinense. All'Illustrissimo e Reverendissimo Monsignore Don Ferdinando Cesarini . Questo Discorso esiste copiato in carattere del passato secolo nella libreria de' Nelli in Firenze.» [10]

Il primo dei brani suaccennati e riprodotti dal Nelli è il seguente:

« E perchè Ella mi comandò, che io dovessi in un particolar Trattato spiegare quel che avevo sopra di ciò considerato, feci mia scusa allegando la gran difficoltà della materia, la quale supera di gran lunga la mia debolezza, aggiungendo il poco tempo che avevo impiegato in questa contemplazione, e di più soggiunsi, che dopo il Gilberto, il signor Galileo Galilei era penetrato tanto avanti, che reputavo a me assolutamente impossibile arrivare a tanto esatta notizia di così alte conclusioni, non che trapassarle ecc. » [11]

E tale riproduzione è fatta dal Nelli nella occasione in cui, dopo aver accennato agli studi di Galileo sopra la calamita, soggiunge:

[548]

«Tra gli altri discepoli del nostro Filosofo, i quali su i mirabili effetti di questa Pietra fecero delle meditazioni, si enumera Don Benedetto Castelli Monaco Cassinese, e Nobile Bresciano, il quale in un suo discorso diretto a Monsignore Ferdinando Cesarini sopra la Calamita, fondato sulla teoria di Guglielmo Gilberto, ragiona con metodo geometrico sopra i mirabili effetti di questa Pietra. È degno di osservazione quanto scrive il Castelli al principio del suo Trattato, asserendo, che dopo il Gilberto, il Galilei aveva ragionato accuratamente sulla Calamita.» [12]

Ed indi proseguendo il Nelli nella relazione di ciò che in questo Discorso del Castelli attrasse maggiormente la sua attenzione, scrive:

«È mirabile quanto ivi narra il prelodato Castelli, cioè di aver veduto un pezzetto di Calamita armata, e pesante once sei, che donò il Galileo al Gran Duca Ferdinando II., la quale ciò non ostante teneva sospese libbre quindici di ferro, vale a dire un peso trenta volte maggiore di quello della stessa Calamita.» [13]

Ed in appoggio di questa sua asserzione riproduce il secondo brano del Discorso, che è del seguente tenore:

« Ho visto un pezzo di Calamita, di peso di sei once solamente armata di ferro con esquisita diligenza dal Signor Galileo, e donata al Serenissimo Gran-Duca Ferdinando, la quale tiene sospese quindici libbre di ferro lavorato in forma di un sepolcro. » [14]

In tempi a noi più vicini, questo medesimo Discorso attrasse l'attenzione del Signor Raffaello Caverni; il quale, prendendo a raccogliere in una pregevolissima pubblicazione alcuni problemi naturali di Galileo, e di altri autori della sua scuola, trasse da questo Discorso del Castelli sopra la Calamita alcuni passi che meglio si prestavano allo scopo ch'egli erasi proposto, e li inserì nel detto suo lavoro.

Un primo brano dal Caverni riprodotto si riferisce ad un esperimento, per il quale viene per la prima volta posto in evidenza il fatto dell'irraggiamento magnetico [15] ; gli altri vennero da lui aggruppati in una nota [16] , nella quale fornisce una idea generale del contenuto del Discorso.

Per quanto tuttavia agli studiosi fosse nota la esistenza di questo Discorso [17] , pure le parti fin qui fattene conoscere sono così relativamente insignificanti, che noi abbiamo stimato far cosa utile procurandone una integrale pubblicazione.

Antonio Favaro.

[549]

DISCORSO INEDITO
SOPRA
LA CALAMITA

DEL P. D. BENEDETTO CASTELLI

PUBBLICATO SECONDO LA LEZIONE DEL CODICE DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE DI FIRENZE, SEZIONE PALATINA: «DISCEPOLI DI GALILEO || TOMO I || CASTELLI BENEDETTO || NOTIZIE E SCRITTI» (carte 191 — 206) [18] .


I. M. [car. 191 recto .]

Discorso sopra la Calamita di Don Benedetto Castelli
Abate di S. Benedetto di Foligno della Congregazione Cassinense.

All'Ill. mo e R. mo Mons. re Don Ferdinando Cesarini.

Che le parti principali, che compongono la gran Macchina dell'Universo, Ill. mo e Rev. mo Sig. re , siano disposte ed ordinate fra di loro con un ordine maraviglioso ed inscrutabile dallo intelletto umano, m'è sempre parsa proposizione tanto vera che non abbia principio nessuno di dubitazione, ed in necessaria conseguenza mi pare che segua, che ancora qualsivoglia particolar Globo, e di questi che si rendono visibili alli occhi nostri, ed anco di quelli, che, o per la gran lontananza da noi, o per la piccola mole loro sfuggono la vista nostra, debba esser composto di parti ordinatissime fra di loro nell'ottimo, ed eccellente grado, non potendo mai essere un tutto ben disposto ed ordinato, se le due parti non stiino ancora costituite in una ordinatissima costituzione. E tanto mi pare che ricerchi la Grandezza, la Maestà e infinita Sapienza e Potenza del Sovrano Artefice e Creatore. Talchè ben possiamo con stupore esclamare: «Magnus Dominus Noster, et magna virtus eius et sapientiæ eius non est numerus». È vero, come abbiamo detto, che la cognizione nostra non può mai arrivare a comprendere questa grande, et immensa macchina. Con tutto ciò possiamo manifestamente apprendere e supporre per vere alcune cose più evidenti, con le quali poi a poco a poco trapassiamo ad acquistare altre più recondite, ed oscure conclusioni. La qual gradazione [car. 191 verso .] si osserva in tutte quelle scienze, che sono state scoperte da sublimi e lucidi intelletti umani.

Uno de' nobili campi di filosofare in questa materia fu proposto da V. S. Ill. ma a' giorni passati nella solita conversazione, portando il discorso intorno alle stupende proprietà della Calamita. Io allora rappresentai solamente che Guglielmo Gilberti, illustre Filosofo Inglese, con accuratissime diligenze e con molte osservazioni ed esperienze esquisite aveva aperta una gran strada a questa veramente mirabile Filosofia [19] : e feci menzione di alcuna [550] di quelle osservazioni come più principali. E perchè Ella mi comandò ch'io dovessi in un particolar trattato spiegare quel ch'io aveva sopra di ciò considerato, feci mia scusa allegando la gran difficoltà della materia, la quale supera di gran lunga la mia debolezza, aggiungendo il poco tempo che avevo impiegato in questa contemplazione; e di più soggiunsi che, dopo il Gilberti, il sig. Galileo Galilei era penetrato tanto avanti, che reputavo a me assolutamente impossibile arrivare a tanta esatta notizia di così alte conclusioni, non che trapassarle. Con tutto ciò, non ammettendo Ella la mia scusa, mi comandò con quella autorità assoluta che tiene sopra di me, ch'io procurassi di distendere in carta il mio pensiero. E pertanto, desiderando io obbedire in ogni a me possibile maniera, inerendo, e seguitando le vestigie di quei due Grand'Uomini, mi sforzerò obbedire in qualche parte, ancorchè non sia per riuscirmi l'impresa; e mi contenterò d'aver sodisfatto a' suoi cenni con dire se non tutto e bene, almeno qualche cosa ed imperfettamente.

Riceva V. S. Ill. ma tutto dalla prontezza della mia devota servitù.

[car. 192 recto .] Conforme a quanto dissi in un altro mio discorso, osservo che la debolezza del nostro Intelletto intorno alle cose naturali, ed anco Geometriche, è tale che venendo noi interrogati di qualsivoglia Problema, se vogliamo rispondere per verità, ed aggiustatamente, non possiamo rispondere meglio che con un sincero e schietto NON LO SO; aggiugnendo: ma quando fusse vera la tale, ovvero la tale proposizione, in tal caso la cosa camminerebbe nel tale ovvero nel tal modo; ed insomma la nostra risposta non può essere assoluta, ma sibbene come si suole dire, ex suppositione . Con un esempio geometrico dichiaro meglio il mio pensiero. Se io fossi interrogato da un perito Geometra del modo ch'egli avesse tenuto per quadrare una parabola, io risponderei bene rispondendo NON LO SO, ma se tu avessi osservato uno delli due modi che insegnò Archimede, tu avresti sodisfatto e risoluto il Problema; ovvero se tu avessi tenuta la strada che mostra il signor Galileo, parimenti avresti sodisfatto al quesito; ovvero se ti fussi valso della sottile invenzione del Padre fra Bonaventura Cavalieri avresti ancora quadrata la Parabola, e tutto questo potrei stabilire con le dimostrazioni di questi Grandi Uomini. E perchè i modi di risolvere questi ed altri Problemi possono essere moltissimi, e [car. 192 verso .] forse infiniti, io resterei perplesso, nè potrei mai risolvermi determinatamente in elegger quello del quale quel Geometra si fusse prevalso.

In simil maniera dovendo noi trattare delle proprietà della Calamita, stimo necessario supporre prima qualche verità, dalla quale poi con il discorso si [551] venga a concludere il nostro intento; e sopratutto, per sfuggire l'equivocazione, prima fermeremo alcune dichiarazioni di quei termini de' quali noi ci dobbiamo servire nel nostro Discorso, sia dunque la prima Diffinizione.

Diffinizione prima.

Unirsi due o più corpi insieme, i quali siano d'una stessa natura, diremo quando di due, o di più corpi se ne farà uno solo il quale rimanga della medesima natura che erano i primi due o più componenti.

Diffinizione seconda.

Corpo bene ordinato ed in sè stesso, ed in rispetto all'universo chiameremo quello che avrà sempre le sue parti determinate a corrispondere a determinate parti di se stesso, ed anco a determinate parti dell'Universo. E veramente non pare che un corpo possa mai esser ben ordinato nell'Universo, nè in se medesimo, ogni volta che confusamente qualsivoglia parte sua stia in qualunque modo collocata, dovendo l'ottimo ed altissimo grado di ordine essere un solo.

Supposizione. [car. 193 recto .]

Conforme a quanto si è accennato di sopra, mi pare che molto ragionevolmente si possa supporre, che questo Gran Globo Terrestre abitato da noi sia una parte principale dell'Universo; e che sia in conseguenza perfettamente disposto ed ordinato non solo in sè medesimo; ma ancora in rispetto all'Universo, del quale esso Globo è parte principale.

Proposizione prima.

Il Globo Terrestre ha in sè stesso due parti di tal virtù che lo mantengono sempre in una determinata disposizione in rispetto all'Universo.

Imperocchè, essendo parte principale dell'Universo deve avere in se medesimo un principio di mantenersi in tale costituzione; e tali parti dovendo con qualche movimento del tutto conservarsi indirizzate verso le medesime parti dell'Universo, è necessario che siano opposte l'una all'altra nel detto Globo. Una di esse sarà chiamata da noi Settentrionale, e l'altra, a questa contrapposta, sarà detta Meridionale.

Diffinizione terza. [car. 193 verso .]

Chiamisi questo Globo Terrestre la Gran Calamita.

Proposizione seconda.

Se sarà qualsivoglia parte di qualsiasi grandezza, che sia vera, genuina e connaturale a tutto il Globo terrestre o Gran Calamita, essa ancora avrà parti di virtù tali che cospireranno alla costruzione ordinata di tutto il Globo.

[552] Questo è manifesto, imperocchè, se ciò non fusse, il Globo Terrestre, come composto di parti non bene ordinate, non potrebbe esser bene ordinato, il che sarebbe contro alla supposizione. Adunque, se sarà qualsivoglia parte, ecc. che si voleva dimostrare.

Avvertimento.

Avvertasi che io non intendo coll'imporre questo nome di Calamita al Globo Terrestre, di dargli ancora la virtù, o proprietà della Calamita; è ben vero che quando noi ritrovassimo che quelle condizioni che competono alla Pietra da noi comunemente detta Calamita, convengono altresì a tutto il Globo Terrestre, si potrebbe con gran ragione conietturare che queste due cose fossero ancora similissime di natura. Ma per ora (se ben non siamo in obbligo di render ragione nessuna dell'imposizion del nome, la quale è in beneplacito e arbitrio nostro) basti dire, che avendo tutto il Globo terrestre, e anco ciascheduna sua parte le condizioni principali similissime a quello che noi dimostreremo del nostro Globo, con [car. 194 recto .] qualche ragione saranno con simili vocaboli da noi denominate.

Proposizione terza.

Se sarà preso un pezzo di calamita, e sospeso in aria, ovvero collocato nell'acqua, o altro fluido in modo che possa liberamente volgersi per ogni verso, non si fermerà mai sinchè con le sue parti, cioè settentrionale e meridionale, non si sia accomodato verso le parti sue corrispondenti della gran calamita. Imperocchè facendo altrimenti quella parte di calamita non concorrerebbe ordinatamente alla costruzione della grande, contro a quello che si è supposto.

Proposizione quarta.

Facendosi la unione di due pezzi di calamita, è impossibile che la parte settentrionale di una si unisca con la settentrionale di un'altra, nè la meridionale di una con la meridionale di un'altra. Ma sibbene l'unione de' due pezzi si farà congiungendo la meridionale con la settentrionale.

Siano due pezzi di calamita A e B e facciasi, se è possibile, l'unione delle lor parti settentrionali S ed S , è manifesto che il composto di ambedue sarà un corpo che avrà da tutt'a due le bande opposte la parte meridionale M ed M [car. 194 verso .] e parimente se l'unione si facesse attaccando insieme le parti meridionali M ed M , rimarrebbero nelle bande opposte S ed S settentrionali. Adunque con l'unione fatta in cotal guisa non si sarebbe fatto un corpo solo di calamita, come si supponeva, la quale di necessità deve avere le due parti opposte una settentrionale e l'altra meridionale, ma, congiungendosi il settentrione della calamita A con il meridionale della calamita B , vengono a restare [553] le parti opposte di tutto l'aggregato una settentrionale e l'altra meridionale; e così per l'unione delle due calamite si sarà fatta una calamita sola. Adunque è impossibile facendosi l'unione ecc. che era quello che si doveva dimostrare.

Corollario.

E conseguentemente se a una di queste calamite si attaccheranno altre parti e pezzi di calamita, sempre le parti settentrionali di esse si uniranno con le meridionali, e lascieranno dalla banda esterna la settentrionale per la ragione detta di sopra, in modo tale che tutto il composto sarà un corpo solo, il quale avrà da una banda la virtù settentrionale, e dall'altra la meridionale, e così esercitano tutte le operazioni come fanno ancora tutti gli altri corpi di calamita.

Proposizione quinta. [car. 195 recto .]

Se sarà un corpo per il quale siano disseminati moltissimi e minutissimi corpuscoli di calamita, i quali stiano in quel corpo disordinati con le loro parti principali, cioè settentrionale e meridionale, ma che siano facilmente mobili, e disposti ad essere da debol forza riordinati; ed ordinati che siano rimanghino in quella ordinata disposizione, se non tutti, almeno la maggior parte di loro. Col toccamento che si farà di cotal corpo sopra una parte ossia settentrionale ovvero meridionale di un pezzo di calamita, quel tal corpo acquisterà la virtù calamitica con tal legge, che quella parte di esso che avrà toccata la settentrionale della calamita acquisterà virtù meridionale e l'altra, senz'altro toccamento, diventerà di virtù settentrionale e s'indirizzerà in buona costituzione verso le medesime parti della gran calamita, ed avrà forza di comunicare la virtù ad altri corpi, quali siano della stessa natura. Chiamisi cotal corpo, corpo calamitico in primo significato, avvero del primo ordine.

Sia il corpo tale quale abbiamo detto A , nel quale siano sparsi i corpuscoli di calamita confusamente, cioè non siano ordinati come si è detto. Dico che toccando un estremo di detto corpo [car. 195 verso .] la parte settentrionale della calamita B , quel corpo in quella parte acquisterà virtù meridionale, e nell'altra senz'altro toccamento resterà settentrionale. Imperocchè mentre tocca il punto S settentrionale della calamita con una sua parte, è necessario per la precedente, che i prossimi corpicelli di calamita disseminati nel corpo A congiungendosi con questi si uniranno, combaciando le lor bande meridionali le settentrionali de' primi, e così faranno il medesimo tutti gli altri che seguono in modo che senza nuovo toccamente, col contatto solo d'una parte del corpo, e d'una parte sola della calamita, tutti i corpicelli sparsi pel corpo A verranno a ordinarsi con le lor parti meridionali verso l'istessa faccia del corpo, [554] e con la settentrionale verso la parte opposta ed in cotal guisa il corpo A sarà calamitato, ecc., che era quello che si doveva dimostrare. E questo tal corpo chiamisi calamitico in primo significato, ovvero calamitico di prim'ordine.

Avvertimento. [car. 196 recto .]

Per calamitare un corpo è necessario ovvero toccare con esso la calamita in una delle sue parti principali, settentrionale o meridionale, o almeno per qualche poco di tempo, come sarebbe per due o tre ed anco più battute di musica, tenerlo presente ed in faccia alle medesime parti della calamita, dando tempo di ordinare quei corpuscoli di calamita sparsi per esso corpo.

Avvertimento secondo.

Similmente notisi che la distanza tra il corpo calamitico e la calamita non sia molto grande, ma proporzionata, e, come dicono, entro la sfera di attività della calamita.

Proposizione sesta.

Se due corpi o più, calamitici in primo significato, saranno calamitati col toccamento della medesima parte di un pezzo di calamita, non si potranno unire insieme con quelle due parti che hanno toccata la calamita, nè tampoco con le altre due, ma una di esse si unirà con la contrapposta dell'altro corpo calamitico.

Siano due corpi calamitici in primo significato, quali per maggior dichiarazione siano in forma di saette, e siano calamitati col contatto delle loro cuspidi [car. 196 verso .] dalla parte settentrionale della calamita E . Dico che di tali saette non si può unire la cuspide con la cuspide, nè il calcio con il calcio, ma sibbene la cuspide di una con il calcio dell'altra. Imperocchè, per le cose dimostrate, toccando le due cuspidi il settentrionale verbi grazia della calamita, vengono ad acquistare la virtù meridionale, rimanendo il loro calcio settentrionale; ma di sopra si è dimostrato, che è impossibile farsi l'unione di meridionale con meridionale, nè di settentrionale con settentrionale, adunque è impossibile che due corpi calamitici in primo significato si uniscano insieme con quelle parti che si sono calamitate col toccamento della stessa parte della calamita, la qual cosa si doveva dimostrare.

Proposizione settima.

Se un corpo calamitico in primo significato, dopo essere stato calamitato col toccamento di una parte della calamita, sarà di nuovo rivoltato con l'altra sua parte opposta verso la stessa parte della calamita, può essere che perda [555] la virtù calamitica in modo che nè si congiungerà più con altri corpi calamitici, nè si adatterà per se stesso alla retta costruzione della Gran Calamita. Sia un corpo calamitico del primo ordine calamitato con toccamento di una [car. 197 recto .] sua parte B , e dalla settentrionale parte di una Calamita: dico che se si rivolterà l'altra parte A alla medesima settentrionale, può essere che perda la virtù diggià acquistata; imperocchè dovendosi per il nuovo toccamento rivoltare i corpuscoli della calamita sparsi nel corpo calamitico, ed essendo necessario, che cotal moto si faccia in tempo, è manifesto, che se il toccamento si farà con così poco tempo che non si rivoltino tutti, ma solo una parte di essi, restando l'altra parte nella prima posizione, ne seguirà che rimanendo tante parti settentrionali di quei corpuscoli, quante meridionali rivoltate verso la medesima banda, la virtù degli uni torrà e detrarrà la forza degli altri in modo che non si vedrà più esercitare in quel corpo la virtù calamitica, se di nuovo non sarà calamitato; anzi rimarrà come estinta.

Proposizione ottava.

Se un corpo calamitico nel primo significato sarà calamitato con una sua parte in virtù del contatto di una parte della calamita: voltando noi l'istessa parte del corpo calamitico e presentandola in faccia dall'altra parte della calamita, può essere ancora che perda la virtù.

Sia nell'istessa figura il corpo AB calamitico in primo [car. 197 verso .] significato calamitato col contatto della sua parte B e del settentrione S della calamita SM . Dico che se sarà la medesima parte B presentata alla parte M meridionale, può esser che perda la virtù. Imperocchè facendosi questa presentazione con così poco tempo che tutti i corpuscoli sparsi per il corpo calamitico, e diggià ordinati per il primo toccamento con le loro parti meridionali verso B , non si rivoltino, ma restino parte di loro nella prima posizione, ne seguirà come nella precedente proposizione che la virtù degli uni contrastando con la forza degli altri sarà cagione che nessuno di essi potrà operare: e però la virtù apparirà oppressa del tutto, che era quello che si doveva dimostrare.

Proposizione nona.

Se un corpo calamitico in primo significato sarà calamitato col toccamento di una parte della calamita in una sua banda, e poi sarà spinto verso quella stessa parte sopra il dorso della calamita, può essere che perda la virtù.

Sia un corpo calamitico in primo significato AB calamitato col toccamento di B e del settentrione S della calamita SM . Dico che se sarà spinto sopra 'l dorso della calamita verso la parte meridionale M può essere che perda la virtù. Imperocchè, essendo il corpo AB calamitato col contatto di B e del settentrione [car. 198 recto .] S , è manifesto per le cose dimostrate che la parte B è [556] divenuta di virtù meridionale, dovendosi esser rivoltati i suoi corpuscoli di calamita sparsi con i meridionali verso B . Ma muovendosi il corpo AB con B verso M , quei corpuscoli disseminati si rivolgeranno, e se il movimento verso M del corpo AB sarà fatto senza dare il debito tempo che tutti si rivolghino, ma solo una parte di essi, e gli altri restino nel loro stato di prima, verranno disordinati, e confusi quei corpuscoli in modo che non potranno operare nè le parti settentrionali nè le meridionali, e così la virtù rimarrà smorzata ed estinta. E però se sarà un corpo calamitico in primo significato calamitato col toccamento ecc., la qual cosa si doveva dimostrare.

Proposizione decima.

Se sarà un corpo per la sostanza del quale siano disseminati e sparsi minutissimi corpicelli di calamita, ma confusi e disordinati nella costituzione di quel corpo, in modo però che facilissimamente, e per dir così in istanti, siano mobili, ma abbiano propensione, ossia per la natura di quel corpo, o per altra qualsisia cagione, di ridursi nella lor prima costituzione, e poi dentro a questo corpo sia immerso un corpo di calamita, quel corpo primo acquisterà la virtù calamitica e la conserverà solo mentre gli sarà presente la calamita, la quale rimossa, si perderà la virtù [car. 198 verso .] e questo tal corpo chiameremo corpo calamitico in seconda significazione, ovvero del secondo ordine.

Sia il corpo ABCD tale quale abbiamo detto, e ci sia immerso dentro un globo di calamita SM . Dico che il corpo ABCD acquisterà la virtù calamitica e la conserverà mentre gli sarà presente la calamita &c. Imperocchè essendo la parte S della calamita settentrionale, è necessario che tutti i corpuscoli sparsi nel corpo ABCD dalla banda B si unischino con le loro bande meridionali alla settentrionale della calamita, cominciando da' prossimi e contigui alla calamita, ed in conseguenza restano le settentrionali loro verso le parti esterne, alle quali parti settentrionali si uniscono le meridionali de' corpuscoli susseguenti e così di mano in mano, e nel medesimo modo si ordinano i corpuscoli di calamita sparsi nel corpo tra M e D , ed in cotal guisa avendo il corpo ABCD le sue parti principali di settentrione e di mezzogiorno, sarà calamitato. Ma, rimossa che fosse la calamita, quei corpuscoli per la lor propensione, o per qual altra che si sia cagione, ritorneranno a confondersi e disordinarsi, e però la virtù si perderà, che era quello che si doveva dimostrare. Chiamisi questo corpo calamitico in seconda significazione ovvero del second'ordine.

Avvertimento. [car. 199 recto .]

Notisi che risedendo primieramente la virtù dell'unione nella calamita SM e venendo i corpuscoli a lei prossimi ordinati, sarà necessario che la virtù [557] vada mancando di mano in mano, quanto più si allontaneranno dal globo della calamita, a segno tale che finalmente svanirà totalmente. E però le operazioni calamitiche si faranno più vivide quanto più i corpuscoli saranno vicini alla calamita.

Proposizione undecima.

Se sarà un corpo calamitico in primo significato, e sarà sospeso in modo che possa liberamente girare e rivolgersi in se stesso, e orizzontalmente; e presentatogli da vicino un globo di calamita il quale venga girato in se medesimo pure orizzontalmente, sicchè i circoli descritti dalle sue parti siano paralleli all'orizzonte: ancora senz'altro contatto il corpo calamitico si rivolgerà in se stesso, in modo che quando sarà compiuta la revoluzione del globo di calamita, sarà ancora compita la rivoluzione del corpo calamitico.

Sia il corpo calamitico in primo significato AB sospeso come si propone, e gli sia presentata la calamita SM , e poi venga rivoltata nel modo detto, in se medesima. Dico che ancora il corpo calamitico si rivolgerà in sè stesso, e, fatta che sarà un'intera revoluzione della calamita, sarà ancora fatta un'intera revoluzione del corpo calamitico. Imperocchè, per quello che si è dimostrato di sopra, essendo la parte B di virtù meridionale, la parte S della calamita sarà di virtù settentrionale, ed essendo il mezzo circumfuso alla calamita, corpo calamitico in secondo significato, ne seguirà che le due parti verso S saranno di virtù meridionale, e però mentre la calamita starà ferma, rimarrà ancora fermo il corpo calamitico; ma venendo la calamita rivoltata in sè stessa, è necessario che ancora il corpo calamitico si rivolga, dovendosi sempre far l'unione della banda settentrionale con la banda meridionale, sicchè fatta che sarà la metà della revoluzione della calamita, e trasportata la parte S in M ed M in S , la parte [car. 199 verso .] B sarà in A , e l' A sarà in B , e così compita che sarà l'intera revoluzione della calamita, sarà ancora compita la revoluzione del corpo calamitico, e negli archi intermedii della revoluzione il corpo calamitico avrà varie e diverse positure ed inclinazioni in rispetto alla calamita; le quali inclinazioni in rispetto alla calamita si vanno mutando secondo il moto della calamita con tal legge e regola che sempre da tutti questi corpi, cioè calamita, calamitico del primo ordine e calamitico di secondo ordine, venga costituito come un corpo solo di calamita.

La qual cosa deve essere molto ben considerata ed osservata per le nobili e sottili conseguenze che da essa dependono. Adunque ecc. che era quello che si doveva dimostrare.

Corollario primo.

Quello che si è detto della revoluzione del corpo calamitico in sè stesso [558] nella proposizione antecedente, che consegue alla revoluzione della calamita, riuscirà ancora se noi porteremo per la circonferenza di un cerchio descritto intorno alla calamita, il corpo calamitico, poichè, stando ferma la calamita, il calamitico si rivolgerà in se medesimo, e con questa differenza però che mentre il centro della calamita descrive una revoluzione intorno al calamitico, il calamitico avrà compite due intere revoluzioni in sè stesso.

Corollario secondo.

E le medesime cose seguiranno quando ambidue fossero corpi calamitici in primo significato, come dalle medesime ragioni si deduce.

Proposizione duodecima. [car. 200 recto ]

Se sarà collocato sopra la gran calamita un corpo calamitico del primo ordine, e lasciatovelo stare per qualche tempo di tre o quattro e più mesi, finalmente acquisterà la virtù della calamita con le medesime condizioni come se avesse toccata la calamita in modo che quella parte del corpo calamitico, che riguarderà la parte del settentrione, della gran calamita, acquisterà virtù meridionale, e l'altra, l'altra settentrionale. E se dopo, il medesimo corpo calamitico sarà rivoltato di sito, e lasciato stare, perderà la prima virtù, ed acquisterà nuova condizione, mutando la virtù settentrionale in meridionale, e la meridionale in settentrionale.

Sia collocato sopra la gran calamita SBMR il corpo calamitico in primo significato TA con la parte A rivolta verso la banda settentrionale della gran calamita. Dico che acquisterà la virtù calamitica con le leggi e condizioni di sopra spiegate nella proposizione, imperocchè essendo l'emisfero BSR parte settentrionale è necessario per le cose dimostrate che i corpuscoli di calamita sparsi in TA si rivoltino verso il globo con le loro bande meridionali, ed in conseguenza le settentrionali saranno rivoltate alla parte opposta. Ma se il medesimo corpo sarà rivoltato in contraria posizione con la parte T verso il globo, allora i corpuscoli di calamita sparsi per AT muteranno situazione, e però il corpo AT [car. 200 verso .] muterà la virtù, e quella parte, che prima aveva la virtù meridionale, si farà di virtù settentrionale, la qual cosa si doveva dimostrare.

Avvertimento.

Notisi che tutte le cose da noi sin qui dimostrate e considerate si verificano quando s'intenda che la calamita sia nella sua vera, genuina e legittima natura, ma se accaderà che qualche parte di essa fusse depravata e cariosa in modo che le particelle di detta parte non conservassero precisamente [559] la loro legittima ed ordinata disposizione, in tal caso seguirebbe qualche alterazione nelli effetti da noi dimostrati.

Ora, per poter più facilmente e speditamente trattare di questa materia, non sarà fuor di proposito se noi intenderemo nella nostra gran Calamita la medesima distinzione di parti, e con i medesimi nomi come fanno i Cosmografi, e Geografi. Però chiameremo le due parti principali Poli, e polo settentrionale si dirà quello che sta perpetuamente rivoltato verso settentrione, e si chiamerà ancora Polo Artico, e Polo Antartico si dirà quello che gli è opposto. Quel circolo massimo, che avrà le sue parti egualmente distanti dai Poli, si chiamerà equinoziale, e così s'intenderanno descritti e nominati tutti gli altri circoli a questo paralleli.


E questo è quanto per ora intendo di rappresentare a V.S. Ill. ma in questa materia, con speranza di potere in altro tempo spiegare moltissime altre considerazioni, le quali sin ora non ho abbastanza maturate. Intanto Ella veda con quanto poco o nessun guadagno mi sono avanzato e per la mia debolezza, e per la grandissima difficoltà di questa materia.

Voglio però avanti di passar più oltre significarle qualmente [car. 201 recto .] facendo reflessione a questo mio discorso, ero precipitato in qualche mestizia; poichè, a dire il vero schiettamente, con questi progressi di sopra spiegati non trovavo d'aver fatto altro, che dopo avermi accomodate alcune cosuccie, e supposizioni per vere, ero poi trapassato avanti, ma mostrando sempre le medesime cose, solamente per modo di dire sotto diversa veduta, le quali poi in realtà sono le medesime che quelle prime debolezze, come facilmente si può comprendere. Ma mi sono poi consolato nella mia miseria, poichè ritrovo di aver compagni, e grandissimi uomini gli Euclidi, gli Archimedi, i Tolommei, gli Appollonij ed altri e per esemplificare in Euclide chiaramente il tutto: che altro ha fatto questo grand'uomo nella proposizione 47 del primo libro col dimostrarmi che il quadrato del lato opposto all'angolo retto nel triangolo rettangolo, è eguale ai quadrati degli altri lati, se non che mi ha ricordato, che quelle cose che si adattano bene insieme sono eguali fra di loro? Ma rappresentandomi egli questa tenuissima cognizione rivoltata con diversa faccia, mi ha fatto nascere avanti quella poi con ragione stimata tanto maravigliosa della egualità di quei quadrati nel triangolo rettangolo. Ma comunque si sia, ho però conosciuto al vivo che il nostro sapere è molto poco e tenuissimo, e che la vera gloria della scienza è solamente di Dio sapientissimo, il quale veramente pertingit a fine usque ad finem, e la sua somma sapienza in altissimis habitat, et cum illo fuit semper, et erit ante aevum, et effudit illam supra omnia opera sua ipsi Gloria in saecula. Pertanto [560] mi dichiaro che non pretendo di sapere cosa nessuna; e nel particolar nostro [car. 201 verso .] non ho fatto altro che dimostrare alcune poche proprietà dell'Universo e del Globo Terrestre e delle sue parti, non già di quelle che sono veramente in rerum natura; ma di quell'Universo e parti sue da me supposto e diffinito nel principio di questo discorso.

È ben vero che quando noi incontrassimo con diligentissime ed accuratissime esperienze che tutto quello che si osserva e si dimostra della nostra supposta gran calamita e delle sue parti, e degli altri corpi calamitici, si verificasse ancora nel Globo Terrestre della Natura e nelle sue parti, avremmo gran probabilità di dire che la nostra Gran Calamita fosse la Terra, e le sue parti fossero parti vere e genuine della Terra naturale; imitando Tolomeo nel principio del suo Almagesto, il quale diffinita e supposta una tal costruzione del corpo dell'Universo e delle sue parti, e dopo avendo con artifizio veramente maraviglioso investigate moltissime cose intorno alle grandezze, lontananze e movimenti loro, ed intorno a quelle apparenze che dovrebbero seguire da tali supposizioni, le quali ritrovò che incontravano molto bene con quelle che erano state e da esso Tolomeo e da altri Filosofi osservate ne' Pianeti ed altri corpi della natura, da questo potè egli ragionevolmente concludere che le sue diffinizioni e supposizioni erano state bene assegnate e supposte. E però noi, per terminare in qualche modo il nostro discorso, anderemo facendo reflessione [car. 202 recto .] a quello che si osserva nella natura ed incontrandolo similissimo a quanto con le nostre supposizioni e diffinizioni abbiamo stabilito, concluderemo di avere probabilmente filosofato.

Prima dunque dico che quello, che noi abbiamo spiegato della nostra calamita, si verifica ancora tutto nel Globo Terrestre della Natura, e prima è manifesto che il Globo Terrestre della Natura ha due parti principali opposte fra di loro, le quali si mantengono perpetuamente rivoltate verso determinate parti dell'Universo, cioè una verso la costellazione dell'orsa minore e l'altra verso le opposte parti del Cielo. Il medesimo deve fare ancora la nostra gran calamita, come si è dimostrato.

Secondariamente, noi abbiamo in natura quel corpo e quella pietra, che comunemente vien chiamata calamita, la quale parimente ha in sè le medesime parti, le quali, essendo libera, si rivolta verso determinate parti della terra, conspirando a una ordinata costituzione del Globo Terrestre. E tutte queste condizioni convengono precisamente alla calamita nostra, conforme a quello che si è dimostrato.

Terzo, le parti di Calamita naturale non si possono mai unire congiungendo le parti settentrionali con le meridionali, nè le meridionali con le meridionali fra di loro, ma sibbene le meridionali con le settentrionali, la qual proprietà è stata dimostrata ancora dalla nostra calamita; e pertanto le nostre diffinizioni [561] e supposizioni convengono con quello che si osserva nella natura. E qui è da [car. 202 verso .] notare una cosa che a prima vista pare stravagantissima, ma considerata bene è la medesima che già è stata dichiarata. Se sarà presa una parte di calamita, e pestandola sarà ridotta in arena, quale appunto è la maggior parte di quella arena nera che si usa qui in Roma, ed in molte parti d'Italia per spargere sulle lettere scritte di fresco, e rasciugar l'inchiostro, posta che sia questa polvere sopra la carta, sottoponendo noi un pezzo di calamita, il quale tocchi la carta, o almeno le sia assai vicino, subito quei granellini di arena si ordinano disponendosi a guisa di filamenti, e voltando un Polo della calamita verso la carta si erigono quei filamenti a perpendicolo sopra la carta; ma inclinando noi la calamita, in modo che con le sue parti di mezzo fra la settentrionale e meridionale tocchi la carta, allora quei filamenti aggregati di arena si vanno inclinando, talchè si riducono a star distesi sopra la carta, il che segue quando la parte della calamita che tocca la carta è egualmente distante dall'uno e dall'altro Polo, e continuando a rivoltare la sottoposta calamita, quei filamenti cominciano ad elevarsi più e più; erigendosi finalmente perpendicolari di nuovo sopra la carta, ma però capivoltati in modo che quella parte che prima stava impiantata sulla carta si rivolta all'insù, e l'altra s'impianta sulla carta. Il quale effetto deve ancora seguire puntualmente nella nostra supposta calamita, e nelle sue particelle. Imperocchè questo non dipende da [car. 203 recto .] altro, solo perchè toccando la calamita sottoposta alla carta col suo settentrione la carta, è necessario che con la carta sia unita la banda meridionale del primo granellino d'arena, del quale rimarrà rivolto all'insù il settentrione, al quale settentrione si unirà la parte meridionale del secondo granellino, rimanendo pure all'insù la settentrionale, e così di mano in mano, talchè essendo quel filamento un composto di ordinate particelle di calamita, ed avendo in conseguenza le sue parti settentrionale e meridionale, è necessario che col rivolgimento che si fa sotto la carta della calamita, esso ancora si rivolti, cosa che pure vien a confermare le nostre supposizioni.

Quarto, con grandissima probabilità crederei che la sostanza del ferro e dell'acciaro, e forse di qualche altro corpo, fosse di quella sorte di corpi che noi abbiamo chiamato corpi calamitici in primo significato, ovvero di primo ordine; e quando ciò fosse vero, dico resolutamente che seguirebbe che essendo per la sostanza del ferro disseminati e sparsi minutissimi corpicelli di calamita, questi col toccamento della calamita, si verrebbero ad ordinare e disporre conforme a quanto si è dichiarato nella quinta proposizione, e però il ferro rimarrebbe calamitato in modo che avrebbe forza ancora di calamitare altri ferri; anzi passando più avanti direi che se per la sostanza del ferro fossero disseminati corpuscoli di calamita, non solo come si è spiegato nella suddetta quinta, ma ve ne fossero moltissimi altri con le condizioni [562] di [car. 203 verso .] quelli che sono diffusi e sparsi per i corpi calamitici in seconda significazione proposti nella decima, avremmo forse pronta la cagione per la quale la calamita armata di ferro eserciti molto maggior forza che disarmata: a segno che io ho visto un pezzo di calamita del peso di sei once solamente, armata di ferro con esquisita diligenza dal sig. Galileo, e donata al Serenissimo Gran Duca Ferdinando, la quale tien sospese quindici Libbre di ferro lavorato in forma di un sepolcro, e la ragione di questo si potrebbe dir che fosse, perchè ordinando la calamita tutti i corpuscoli del ferro, con il quale ell'è armata, cioè di quelli che sono sparsi per il ferro conforme ai corpi calamitici del primo ordine, e conforme a quelli ancora del secondo ordine, tutti cospirassero a quella unione, la quale inoltre tanto più si deve far vigorosa quanto che il polimento esquisito del ferro viene a far contatto maggiore e più esatto, come dimostra il Sig. Galileo, trattando di questo particolare della Calamita.

Quinto, è facilissimo render la ragione di tutti gli altri accidenti che si osservano nella calamita della natura, ed osservare che sono similissimi a quelli dimostrati della nostra calamita, come sarebbe quando si fa perdere al ferro la virtù della calamita col toccamento artifizioso della contraria parte a quella che per prima aveva calamitato il ferro; ovvero con muovere destramente il ferro sopra il dorso della calamita in contrario [car. 204 recto .] di quel movimento con il quale l'aveva acquistata assegnando la stessa ragione che è stata assegnata della nostra calamita nelle proposizioni settima, ottava e nona, e in somma tutte quelle proprietà ed accidenti che si osservano e sono stati dimostrati della nostra gran calamita e delle sue parti, e de' corpi calamitici, si verificano ancora nel Globo Terrestre della Natura, e nella Calamita naturale e nei ferri.

E per intelligenza di quanto sono per aggiugnere metto in considerazione quello che osserva il mio Maestro Sig. Galileo, che è, che dovendo noi con una determinata forza, sia naturale ovvero violenta, muovere un corpo circolarmente, mentre sarà maggiore la circonferenza del circolo che dovrà fare quel corpo, sarà ancora maggiore il tempo che si consumerà in fare la intera revoluzione: e questa verità si osserva in tutti i corpi penduli da un filo, nei quali quelli che pendono da fili più lunghi spendono più lungo tempo nel fare le loro vibrazioni, e più breve quelli che pendono da fili più corti. Parimente lo stesso si vede in quella macchinetta degli orologi chiamata il tempo, con la quale si tempra il tempo detta sua andata e ritornata, portando quei pesi che se le aggiungono verso li estremi suoi, più o meno lontani dal centro della loro revoluzione, cioè più lontani [car. 204 verso .] quando vogliamo allungare il tempo della loro conversione, e più vicini al medesimo centro quando lo vogliamo abbreviare. Parimenti si vede lo stesso farsi dalla natura nella gran revoluzione ch'ella fa de' Pianeti, i quali consumano maggior tempo di [563] mano in mano quelli che descrivono circoli maggiori. Dal quale accidente possiamo dire che molto breve tempo consumerebbe un corpo rivolgendosi in sè stesso, quando piccolo fosse quanto un granello di miglio, e finalmente se il corpo fosse minuto nell'altissimo grado di minutezza, al sicuro farebbe la sua revoluzione in un momento, ovvero quasi momentanea, e pertanto essendo i corpuscoli di calamita sparsi nei corpi calamitici di secondo ordine minutissimi, e forse nell'ultimo grado di picciolezza, dovendosi rivolgere in se medesimi, si rivolgerebbero in un momento, ovvero quasi in un momento.

E però ritirandosi noi a più interna contemplazione di tutti i corpi naturali che sono congiunti, adiacenti, o circunfusi a questo globo terrestre, essendo eglino composti di terra, come di materia principalissima e fondamentale, non ci parrà totalmente improbabile di dire che per essi tutti siano sparsi e disseminati corpuscoli di calamita, alcuni anzi moltissimi de' quali come sottilissimi e minutissimi nell'altissimo [car. 205 recto .] grado di minutezza, siano mobilissimi come si è detto di sopra, ed in quel modo che sono descritti nella decima proposizione. La qual cosa supposta per vera si apre spaziosa strada di render la ragione come pare che la virtù della calamita penetri in certo modo quasi in istante ogni sorte di corpo, e che faccia la sua operazione come in un momento con le altre calamite, e con i ferri senza toccarli in distanza molto notabile; imperocchè quando si vedrà verbigrazia che la calamita operi trapassando il vetro, il legno, l'argento ecc. noi possiamo dire che i corpuscoli del secondo ordine sparsi per la sostanza de' suddetti corpi, con la presenza della calamita subito vengono ordinati calamiticamente, e però essi senza introdurre altra penetrazione di virtù sono quelli che operano con i loro ordinati toccamenti, e rimossa la calamita ritornando nella lor primiera constituzione, mancano di quella forza. E qui voglio aggiungere di più (giacchè forse ho scorso con troppa temerità in questa materia) che questi corpuscoli calamitici sparsi del secondo ordine, e per l'aria, e per l'acqua, ed insomma per la sostanza di tutti questi corpi trattabili fra di noi, per essere mobilissimi da ogni minima forza, è necessario che essi alla presenza di diverse calamite di varie virtù obbediscano sempre alla più vigorosa [car. 205 verso .] le quali calamite mancando tutte, ed essendo rimosse, sono necessitate ad obbedire alla virtù universale del gran Globo di calamita, o vogliami dire alla Terra. Ed in questo modo cotali corpuscoli poi ordinati dalla virtù universale Terrestre muovano ed ordinano i corpi calamitici del primo ordine disponendoli in retta constituzione alla costruzione di tutto il Globo della Terra, o vogliamo dire della gran Calamita. E così vediamo gli aghi calamitati e altri ferri indirizzarsi verso i Poli della Terra. Non è da passare in silenzio con questa occasione la nobile e sottile osservazione fatta dal Gilberti, il quale è stato [564] il primo che ha scoperto che i ferri calamitati non solo hanno il moto di direzione verso i Poli della Terra, ma ancora hanno un secondo moto, chiamato da lui moto d'inclinazione, mediante il quale si vanno inchinando variatamente sopra la superficie del Globo Terrestre, in modo che nelli suoi Poli stanno eretti, ma nell'Equinoziale stanno distesi sopra di essa, e nelle parti intermedie si vanno elevando con una lor parte più e più, secondo che più e più son lontani dall'equinoziale, e tutto questo si osserva ancora in ogni particolar globetto di calamita. Le quali cose tutte si verificano e si possono facilissimamente dimostrare con [car. 206 recto .] i medesimi principii della nostra Gran Calamita e delle sue parti.

Finalmente per un chiaro riscontro della verità del sopra accennato pensiero, cioè che tutti i corpi circonfusi, adiacenti e congiunti al Globo Terrestre siano corpi calamitici, almeno del secondo ordine, se non del primo, mi pare che serva mirabilmente l'osservazione del medesimo non mai abbastanza lodato Gilberti, il quale osserva che se noi descriveremo intorno a un Globo di Calamita diversi altri Globi concentrici al primo, siano di qualsivoglia materia o rame, o stagno, o legno ecc., le disposizioni de' ferri sopra detti globi circoscritti, vengono regolate ed ordinate non al globo della calamita, ma al Globo circoscritto, come se tutto fosse un globo di calamita. Segno manifesto che i corpuscoli sparsi nella sostanza di quel Globo con la presenza della Calamita si sono ordinati e disposti alla costruzione di un corpo solo calamitico.

E questo basti per ora di aver detto. Se con più lungo e maturo studio mi succederà, come spero, investigare altri particolari, o questi stessi dichiararli meglio, di tutti darò parte a V. S. Ill. ma . Intanto la prego a scusarmi se in materia tanto alta la mia bassezza è arrivata poco avanti. Sopra il tutto [car. 206 verso .] la supplico a non pubblicare a tutti indifferentemente questo mio qualsisia discorso, ed in particolare a quelli che solo si dilettano di contemplare la Natura, e le grandi opere sue sopra i libri, e sopra mazzi di carte, facendone di essi senza discernimento raccolta grande, empiendone con gravissime spese le stanze intere, nè mai si degnano alzare gli occhi alla contemplazione di questo gran libro dell'Universo, che pure è scritto di mano di Dio: anzi reputano che simile studio sia fatica da uomini vili e meccanici, e non da persone grandi e litterate. Serva solamente a V.S. Ill. per eccitamento di applicare il suo lucidissimo intelletto, a questa tanto nobile contemplazione; ed a me servirà per mia particolare soddisfazione di averla obbedita con l'esercizio della cognizione delle immense opere di Dio, per sollevarmi con l'aiuto suo dalle visibili all'altissima contemplazione delle invisibili ed all'Amore del Divino Maestro e Creatore, Cui Gloria in Saecula.

NOTE:

1 . Precise notizie intorno alla nascita del P. e Don Benedetto Castelli sono fornite da D. B. Boncompagni nel volume intitolato: « BULLETTINO || DI || BIBLIOGRAFIA E DI STORIA || DELLE SCIENZE MATEMATICHE E FISICHE , ecc. TOMO XI. || ROMA , ecc. 1878», pag. 587-588.

2 . Esatte notizie intorno alla nascita, alla morte ed agli scritti di Don Ferdinando Cesarini sono fornite da D. B. Boncompagni nel detto volume intitolato « BULLETTINO || DI || BIBLIOGRAFIA , ecc. TOMO XI. », ecc., pag. 588-589.

3 . Questo tomo è così intitolato sul dorso: DISCEPOLI DI GALILEO || TOMO I || CASTELLI BENEDETTO || NOTIZIE E SCRITTI. — Un generale ragguaglio intorno ai Manoscritti Galileiani abbiamo già dato negli: INEDITA GALILAEIANA || FRAMMENTI TRATTI DALLA BIBLIOTECA NAZIONALE DI FIRENZE || PUBBLICATI ED ILLUSTRATI || DAL PROF. ANTONIO FAVARO , ecc. || (Estr. dal Vol. XXI. delle Memorie dell'Istituto ) || VENEZIA || PRESSO LA SEGRETERIA DEL R. ISTITUTO || NEL PALAZZO DUCALE || TIPOGRAFIA DI GIUSEPPE ANTONELLI || 1880, pag. 4-5. — MEMORIE || DEL REALE ISTITUTO VENETO || DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI || VOLUME VENTESIMO PRIMO || VENEZIA, || PRESSO LA SEGRETERIA DEL R. ISTITUTO || NEL PALAZZO DUCALE || 1879, pag. 434-435. — ATTI || DEL REALE || ISTITUTO VENETO || DI || SCIENZE, LETTERE ED ARTI || DAL NOVEMBRE 1879 ALL'OTTOBRE 1880 || TOMO SESTO, SERIE QUINTA || Dispensa Nona . || VENEZIA || PRESSO LA SEGRETERIA DELL'ISTITUTO || NEL PALAZZO DUCALE || TIP. DI G. ANTONELLI , 1879-80, pag. 848-850.

4 . LE OPERE || DI || GALILEO GALILEI || PRIMA EDIZIONE COMPLETA || CONDOTTA SUGLI AUTENTICI MANOSCRITTI PALATINI || E DEDICATA || A S. A. I. E. R. LEOPOLDO II. || GRANDUCA DI TOSCANA || TOMO IX. || FIRENZE || SOCIETÀ EDITRICE FIORENTINA || 1852, pag. 103, lin. 6-7.

5 . LE OPERE || DI || GALILEO GALILEI || PRIMA EDIZIONE COMPLETA , ecc. TOMO X. || FIRENZE|| SOCIETÀ EDITRICE FIORENTINA || 1853, pag. 407, lin. 16-17.

6 . ALCVNI || OPVSCOLI || FILOSOFICI || DEL PADRE ABBATE || D. BENEDETTO CASTELLI || DA BRESCIA || Monaco Cassinese, e Matematico della Fel. Memoria di || Nostro Sig. Papa Vrbano VIII. non più stampati. || Al Serenissimo e Reverendissimo Principe || IL SIG. CARDINALE || DE' MEDICI. || In Bologna per Giacomo Monti. 1669. Con licenza de Superiori. || Ad instanza degli Eredi del Dozza , pag. 66, lin. 7-14. — In questa raccolta di opuscoli, le due lettere alle quali si allude nel testo sono così intitolate nella pagina 47 non numerata: DVE LETTERE || DEL PADRE || D. BENEDETTO CASTELLI || AL SIGNOR || GALILEO GALILEI. || Sopra 'l differente riscaldamento, che riceve || da' raggi del Sole la metà della faccia d'||vn mattone tinta di nero dall'altra || metà del medesimo mattone tinta di bianco. || Oue anco si discorre del caldo, del lume, del bianco, || del nero, e d'altri effetti naturali, la soluzione || de' quali per mezzo de' sopraddetti || problemi ci si fà nota .

7 . ALCVNI || OPVSCOLI || FILOSOFICI || DEL PADRE ABBATE || D. BENEDETTO CASTELLI , ecc. In Bologna, per Giacomo Monti, 1669, ecc., pag. 79, lin. 14.

8 . LE OPERE || DI || GALILEO GALILEI || PRIMA EDIZIONE COMPLETA , ecc. TOMO X. || FIRENZE || SOCIETÀ EDITRICE FIORENTINA || 1853, pag. 407, lin. 22.

9 . NOVELLE || LETTERARIE || PUBBLICATE IN FIRENZE || L'ANNO MDCCL. || TOMO XI . || IN FIRENZE, MDCCL. STIL. COM. || NELLA STAMPERIA DELLA SS. ANNUNZIATA. || CON LICENZA DE' SUPERIORI , col. 593-598. — NOTIZIE || DEGLI AGGRANDIMENTI || DELLE SCIENZE FISICHE || ACCADUTI IN TOSCANA || NEL CORSO DI ANNI LX. DEL SECOLO XVII. || RACCOLTE DAL DOTTOR || GIO. TARGIONI TOZZETTI . || TOMO PRIMO. || IN FIRENZE MDCCLXXX. || CON LICENZA DE' SUPERIORI , pag. 124, lin. 20-41, pag. 125, lin. 1-20. — VITA || E COMMERCIO LETTERARIO || DI GALILEO GALILEI || NOBILE E PATRIZIO FIORENTINO || MATTEMATICO E FILOSOFO SOPRAORDINARIO || DE' GRAN DUCHI DI TOSCANA || COSIMO E FERDINANDO II. || SCRITTA || DA GIO. BATISTA CLEMENTE || DE' NELLI || GIA' GHETTI SINIBALDI DA MONTECUCCOLI || PATRIZIO E SENATORE FIORENTINO || CAVALIERE DELL'INSIGNE MILITARE ORDINE || DI S. STEFANO IN TOSCANA. || VOLUME II . || LOSANNA || 1793, pag. 763, col. II, lin. 1-5. — MEMORIE E LETTERE || INEDITE FINORA O DISPERSE || DI || GALILEO GALILEI || ORDINATE ED ILLUSTRATE CON ANNOTAZIONI || DAL CAV. GIAMBATISTA VENTURI , ecc. Opera destinata per servire di supplemento alle principali Collezioni sin qui || stampate degli scritti di quell'insigne Filosofo. || PARTE SECONDA || Dall'Anno 1616 fino alla sua morte del 1642. || MODENA || PER G. VINCENZI E COMP. || MDCCC.XXI. car. 2ª, non numerata recto lin. 10-24. — STORIA || DEI MANOSCRITTI GALILEIANI || DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE DI FIRENZE || ED INDICAZIONI DI PARECCHI LIBRI E CODICI || POSTILLATI DA GALILEO. || NOTA || DEL SOCIO DOMENICO BERTI || Letta alla R. Accademia dei Lincei || il 20 Febbraio 1876. || ROMA || COI TIPI DEL SALVIUCCI || 1876, pag. 6, lin. 18-37. — BULLETTINO || DI || BIBLIOGRAFIA E DI STORIA || DELLE || SCIENZE MATEMATICHE E FISICHE || PUBBLICATO || DA B. BONCOMPAGNI , ecc. TOMO XI. || ROMA || TIPOGRAFIA DELLE SCIENZE MATEMATICHE E FISICHE , ecc. 1878, pag. 664, lin. 32-41., pag. 665, lin. 21-25. — ATTI || DEL REALE || ISTITUTO VENETO || DI || SCIENZE, LETTERE ED ARTI || DAL NOVEMBRE 1881 ALL'OTTOBRE 1882. | TOMO OTTAVO, SERIE QUINTA || Dispensa Prima . || VENEZIA || PRESSO LA SEGRETERIA DELL'ISTITUTO || NEL PALAZZO DUCALE || TIP. DI G. ANTONELLI , 1881-82, pag. 95, lin. 7-28. — INTORNO AD UNA NUOVA EDIZIONE || DELLE || OPERE DI GALILEO || PER || ANTONIO FAVARO ecc. VENEZIA || TIPOGRAFIA DI G. ANTONELLI || 1881, pag. 15, lin. 7-28. — GALILEO GALILEI || E || LO STUDIO DI PADOVA || PER || ANTONIO FAVARO || VOLUME II. || FIRENZE || SUCCESSORI LE MONNIER || 1883, pag. 442, lin. 30-34, pag. 443, lin. 1-15. — Importanti documenti per la storia dei manoscritti galileiani sono poi contenuti nel Tomo XVIII della Parte VI della Collezione della Biblioteca Nazionale di Firenze, il quale sotto il titolo di «Documenti all'opere» trovasi così descritto in un nostro indice: Cinquant'otto Lettere e articoli di lettere estratti dalla corrispondenza scientifica del P. Grandi, esistente nella Biblioteca dell'Università di Pisa, per servire alla «storia dei Mss. del Galileo, del Torricelli e del Viviani e all'edizione fiorentina delle opere del Galileo medesimo; Nelli, Appunti per la storia dei Mss. di Galileo, del Viviani e del Torricelli.»

10 . VITA || E COMMERCIO LETTERARIO || DI GALILEO GALILEI , ecc. || SCRITTA || DA GIO. BATISTA CLEMENTE || DE' NELLI , ecc. VOLUME I || LOSANNA || 1793, pag. 108, col. 1, lin. 3-11.

11 . VITA || E COMMERCIO LETTERARIO || DI GALILEO GALILEI, ecc. VOLUME I || ecc., pag. 108, col. 1, lin. 12-14, col. 2, lin. 1-12.

12 . VITA || E COMMERCIO LETTERARIO || DI GALILEO GALILEI , ecc. || VOLUME I || ecc., pag. 108, lin. 4-14.

13 . VITA || E COMMERCIO LETTERARIO || DI GALILEO GALILEI , ecc. || VOLUME I || ecc., pag. 108, lin. 15-20.

14 . VITA || E COMMERCIO LETTERARIO || DI GALILEO GALILEI , ecc. || VOLUME I || ecc., pag. 108, col. 2, lin. 14, pag. 109, col. 1, lin. 1-6.

15 . PROBLEMI NATURALI || DI || GALILEO GALILEI || E || DI ALTRI AUTORI DELLA SUA SCUOLA || raccolti, ordinati e annotati || DA RAFFAELLO CAVERNI || IN FIRENZE || G. C. SANSONI, EDITORE || 1874, pag. 179, lin. 13-30, pag. 180, lin. 1-4, lin. 6-17.

16 . PROBLEMI NATURALI || DI || GALILEO GALILEI , ecc. raccolti, ordinati e annotati || DA || RAFFAELLO CAVERNI , ecc., pag. 180, lin. 28-34, pag. 181, lin. 6-17, lin. 22-34.

17 . Avrebbe perciò potuto essere ricordato nella BIBLIOGRAFIA ITALIANA || DI || ELETTRICITÀ E MAGNETISMO || SAGGIO || COMPILATO || PER INCARICO DEL MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO || DAI PROFESSORI || F. ROSSETTI E G. CANTONI || IN OCCASIONE || DELLA MOSTRA INTERNAZIONALE || DI ELETTRICITÀ || CHE SI APRE A PARIGI NELL'AGOSTO 1881. || PADOVA || PREMIATA TIPOGRAFIA F. SACCHETTO || 1881.

18 . Il principio del recto e del verso di ciascuna di tali carte è indicato in margine nelle pagine 549 — 564.

19 . Parmi opportuno di qui avvertire che la Biblioteca Nazionale di Firenze possiede un esemplare dell'opera originale del Gilbert ( GVILIELMI GIL||BERTI COLCESTREN-||SIS MEDICI LONDI-||NENSIS,|| DE MAGNETE, MAGNETI-||CISQVE CORPORIBVS, ET DE MAG- ||no magnete tellure, Physiologia noua,|| plurimis & argumentis, & expe- ||rimentis demonstrata. || LONDINI || EXCVDEBAT PETRVS SHORT ANNO|| MDC ) contrassegnato «V. K. 1. 165», il quale appartenne già a Galileo, e porta sul frontispizio la indicazione: «Di Galileo Galilei» scritta di pugno del sommo filosofo. A. F.

Nota del Trascrittore

Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, così come le grafie alternative (circumfuso/circunfuso e simili), correggendo senza annotazione minimi errori tipografici.

Copertina creata dal trascrittore e posta nel pubblico dominio.